Nell'anno scolastico successivo (1834-1835) Giovanni frequenta la classe di Rettorica. La decisione di entrare tra i Francescani è stata sospesa per l'intervento del parroco di Castelnuovo don Cinzano, che si impegna ad aiutare economicamente il giovane, e per consiglio di don Cafasso. Quest'ultimo gli ottiene un posto in casa del sarto Tommaso Cumino, presso il quale lui stesso era stato pensionante; don Cinzano, da parte sua, paga la pensione di lire 8 al mese (cf MB 1, 330).
Per alcuni mesi Giovanni alloggia in un seminterrato, che era stato precedentemente usato come stalla. Egli poteva accedervi attraverso una porticina direttamente dal cortile di casa Cumino; ora la casa è stata completamente ristrutturata.
Per i buoni uffici di don Cafasso, in seguito gli verrà offerta una stanza al piano superiore.
In quest'anno di Rettorica ha come professore il giovane teologo Giovanni Francesco Bosco, col quale entra in confidenza, e incontra per la prima volta Luigi Comollo di Cinzano. Questi frequanta il corso inferiore (Umanità), ma si trovano nella stessa classe. Infatti a Chieri gli allievi di Umanità e Rettorica sono riuniti in un solo ambiente, sotto la guida di un unico professore.
Il sarto Cumino (che morirà nel 1840 a 74 anni) è uomo allegro, amante dello scherzo, ma un po' ingenuo e Giovanni si diverte spesso a stupirlo con i suoi giochi di prestigio e di destrezza. “Il buon Tommaso non sapeva più che dire - narra Don Bosco -. Gli uomini, diceva tra sé, non possono fare queste cose; Dio non perde tempo in queste inutilità; dunque è il demonio che fa tutto questo”. Preso da scrupoli riferisce la cosa a un tal don Bertinetti, il quale denuncia il tutto all'arciprete canonico Burzio, Prefetto delle scuole. Questi interroga Giovanni che gli dà saggio della sua abilità. “Rise non poco il buon canonico (...), e come potè conoscere il modo con cui le cose facevansi comparire e disparire, ne fu molto allegro, mi fece un piccolo regalo, e in fine conchiuse: Va a dire a tutti i tuoi amici che ignorantia est magistra admirationis (ndr.: l'ignoranza è maestra della meraviglia)” (MO 78-79).
3.8.5. Stalla del panettiere Michele Cavallo (vicolo B. Valimberti)
Usciti dal cortile della casa del sarto Cumino, ritornando verso piazza Cavour ci si porta a destra sul vicolo B. Valimberti e, dopo un negozio di casalinghi, alla fine dell'edificio si incontra un vecchio muro in mattoni che recinge un cortiletto. Da questo si accedeva alla stalla del panettiere Michele Cavallo. Giovanni vi abita per alcuni giorni, in attesa di potersi trasferire nel caffè Pianta (autunno 1833). Egli ricambia l'ospitalità lavorando la vigna del suo padrone e accudendogli il cavallo.
3.9. Il duomo
Da via Palazzo di Città si gira nella prima traversa a sinistra, in via Cottolengo, e si incontra la casa in cui morì san Giuseppe Benedetto Cottolengo (30 aprile 1842), presso il fratello don Luigi, canonico del duomo di Chieri. Proseguendo si giunge alla piazza in cui sorge il duomo, uno degli esempi più illustri dell'architettura gotica piemontese, intitolato a S. Maria della Scala.
L'edificio sacro fu costruito tra il 1405 e il 1436, al posto di una precedente chiesa edificata nel sec. XI sui ruderi di edifici romani. Sul fianco destro sporgono il campanile a monofore e bifore (eretto tra il 1329 e il 1492) e il battistero, rimaneggiato nel sec. XV, ma costruito su un battistero paleocristiano. L'interno è ricchissimo di testimonianze artistiche di ogni secolo. Segnaliamo soltanto - ai fini della storia giovanile di Don Bosco - la quarta cappella di sinistra, dedicata alla Madonna delle Grazie.
La cappella fu costruita per voto, fatto dal consiglio comunale il 2 agosto 1630 in occasione della famosa peste "manzoniana". L'attuale struttura architettonica è opera di Bernardo Antonio Vittone (1757-1759), abbellita nel 1780, terzo cinquantenario del voto. La statua lignea (1642) è di Pietro Botto da Savigliano (1603-1662); i quadri laterali, che raffigurano scene della peste, sono del ticinese Giuseppe Sariga (+ 1782). Ogni anno fin dal tempo del voto, le autorità municipali rendono omaggio alla Vergine, nel giorno della sua festa, con il canto della Salve Regina.
Giovanni Bosco, studente della scuola pubblica, ogni giorno, mattino e sera, viene a pregare di fronte a questa statua, memore della raccomandazione della madre: “Sii divoto della Madonna!” (MB 1, 268). Pregando in questa cappella insieme all'amico Comollo ottiene luce per discernere la propria vocazione. Ci racconta, infatti, il Santo:
“Siccome gli ostacoli erano molti e duraturi, così io ho deliberato di esporre tutto all'amico Comollo. Esso mi diede per consiglio di fare una novena durante la quale egli avrebbe scritto al suo zio prevosto. L'ultimo giorno della novena in compagnia dell'incomparabile amico ho fatto la confessione e la comunione, di poi udii una messa, e ne servii un'altra in duomo all'altare della Madonna delle Grazie. Andati poscia a casa trovammo di fatto una lettera di D. Comollo concepita in questi termini: Considerate attentamente le cose esposte, io consiglierei il tuo compagno di soprassedere di entrare in un convento. Vesta egli l'abito chericale, e mentre farà i suoi studi conoscerà viemeglio quello che Dio vuole da lui. Non abbia alcun timore di perdere la vocazione, perciocché colla ritiratezza e colle pratiche di pietà egli supererà tutti gli ostacoli” (MO 85).
Negli ambienti annessi alla sacrestia Giovanni prepara il sacrestano Carlo Palazzolo all'esame di Rettorica. Sempre in questa chiesa conosce il campanaro Domenico Pogliano, che lo invita nella quiete della propria casa per studiare.
Da chierico seminarista ogni domenica viene in duomo a cantare la Messa "grande" con i suoi compagni e, durante l'ultimo anno di teologia (1840-1841), presta la sua opera come catechista dei ragazzi e dei giovani.
Il 9 giugno 1841, all'altare della Madonna delle Grazie, sacerdote novello, celebra la sua quarta Messa.
Ricordiamo anche che in questa chiesa, il 18 settembre 1735, fu battezzato Filippo Antonio Bosco, nonno paterno di Giovanni.
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