La chiesa, a croce latina, si presentava molto sobria e spoglia, senza marmi e decorazioni sulle pareti. Anche l'unica cupola era imbiancata a calce.
Gli altari erano cinque:
- l'altar maggiore col grande quadro dell'Ausiliatrice opera del pittore Tommaso Lorenzone (1824-1902);
- l'altare di san Pietro, nella crociera destra, con quadro del milanese Filippo Carcano (1840-1914); oggi quest'altare si trova in una cappella sotterranea della Basilica e al suo posto sta l'altare di don Bosco;
- l'altare di san Giuseppe, nella crociera sinistra, con quadro del Lorenzone (l'unico rimasto intatto fino ad oggi);
- l'altare di sant'Anna, nella cappella a destra della navata centrale: era il più bello e ricco di marmi, lavorato a Roma dallo scultore Luigi Medici, con quadro del pittore Giovanni Battista Fino (1820-1898): Ora il quadro si trova nel matroneo a destra dell’altar maggiore e l'altare è dedicato a santa Maria Mazzarello;
- l'altare dei Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria, nella cappella a sinistra, con quadro del torinese Giovanni Bonetti (che si trova oggi a Caserta nel santuario del Sacro Cuore di Maria; l'altare fu successivamente dedicato da don Rua a san Francesco di Sales; oggi è l'altare di san Domenico Savio).
Così don Bosco descrive la chiesa nel già citato fascicolo commemorativo:
“Se tu, o Lettore, osservi questa Chiesa all'esterno, vedi una facciata di stile moderno, di larghezza ed elevatezza proporzionata. La porta maggiore è un capo lavoro dell'artista Ottone Torinese, con disegno del Cav. Spezia.
Due campanili, che fra breve saranno sormontati da un angelo dell'altezza di due metri circa in rame battuto, squisito lavoro dei fratelli Brogi di Milano, fanno fronte alla cupola. Sopra uno di essi avvi un concerto di cinque campane in mi bemolle con cui si possono suonare pezzi di musica cantabili ed anche marce militari (...).
Dopo i campanili si eleva la cupola coperta di rame stagnato e ricoperto di biacca; ciò serve a guarentirla dalla ossidazione, dalla gagliardia dei venti, dai caldi, dai freddi e da altre intemperie della stagione. Sopra la cupola sta maestosamente collocata una statua di rame battuto indorata di circa quattro metri di altezza, lavoro del cav. Boggio e dono di una benemerita signora Torinese. La Santa Vergine è in atto di benedire i suoi divoti che dicono: Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria.
Se poi dalla porta maggiore tu entri nell'interno della Chiesa vedrai due colonne di marmo che sostengono l'orchestra sormontata da due piedestalli lavorati in modo che servano anche da acquasantino. Non è da omettersi che l'orchestra è dono e lavoro del maestro falegname Gabotti Giuseppe di Locarno ed abitante in Torino.
È l'orchestra di due piani, cioè di orchestra e di controrchestra con eco ossia con doppio pavimento. È capace di circa trecento musici.
Il pavimento è tutto alla veneziana. Ma i presbiteri dei singoli altari sembrano altrettanti mosaici. Quello dell'altare maggiore non ha bisogno di alcun tappeto per fare degna comparsa nelle più belle solennità. Le balaustre e gli altari sono eziandio di marmo lavorati dal Cav. Gussone torinese ad eccezione del primo a destra entrando che fu lavorato a Roma dall'artista Luigi Medici a spese di un patrizio Bolognese. Questo per preziosità di marmi supera tutti gli altri.
Chi arrestasse il passo nel centro della Chiesa volgendo il guardo al lato destro dell'altare maggiore, avrebbe di fronte il pulpito che è uno dei più belli ornamenti di questa Chiesa. Questo è dono di una patrizia Torinese, la quale, se volle che si tacesse il nome, desidera che tutti sappiano che è oblazione per grazia ricevuta, e perciò si legge a caratteri d'oro: Omaggio a Maria Ausiliatrice per grazia ricevuta.
Il disegno e l'esecuzione furono trovati degni di encomio. Ma ciò che lo rende specialmente commendevole si è il suo distacco dalle mura, cui mercé il Predicatore è veduto facilmente da qualsiasi angolo della Chiesa. È per altro bene di notare a norma dei Predicatori, che la forma della Chiesa riproducendo più volte l'eco della voce, bisogna che le parole siano ben staccate le une dalle altre per evitare la confusione mentre si pronunziano.
Le due crociere hanno due porte caduna, per modo che nei grandi concorsi de' fedeli si può avere facile entrata ed uscita. I cornicioni della Chiesa e della cupola sono muniti di ringhiere di ferro per assicurare la vita a chi dovesse praticare qualche lavoro nell'alto delle pareti, ed anche per allogare cantori od altre persone nelle maggiori solennità come appunto si praticò nell'ottavario di cui siamo per parlare”.
(G. Bosco, Rimembranza di una solennità in onore di Maria Ausiliatrice, Torino, Tip. dell’Oratorio di S. Francesco di Sales 1868, pp. 14-17).
3.2.5. Lavori di restauro e ampliamento Primo intervento (don Bosco: 1869-1870)
Appena don Bosco ebbe pagato i debiti residui del santuario si accinse alla costruzione di un coro dietro l'altar maggiore e di due sacrestie laterali, sul prolungamento di quelle fiancheggianti il presbiterio. L'idea gli era stata suggerita dal can. Gastaldi già agli inizi dei lavori, per evitare il passaggio da una sacrestia all'altra attraverso il presbiterio (cf MB 7 653).
Si poté così ampliare lo spazio per i cantori e i giovani dell'Oratorio festivo, ai quali venne destinata l'antisacrestia di sinistra che si apriva direttamente sul presbiterio.
Secondo intervento (don Rua: 1889-1891)
Tra 1889 e 1891 il beato Michele Rua, primo successore di don Bosco, promosse lavori di abbellimento e restauro del santuario. Aveva fatto voto in questo senso la sera stessa della morte di don Bosco, quando si trattava di ottenere il permesso di seppellire la salma o nella chiesa dell'Ausiliatrice o almeno a Valsalice, come poi era avvenuto.
“Lavorarono nei restauri e nella decorazione della chiesa di Maria Ausiliatrice, il pittore Giuseppe Rollini di Intra, ex-allievo di don Bosco; il prof. Carlo Conte di Vercelli per l'esecuzione delle parti decorative che sono il lavoro di maggior pregio; l'ingegnere architetto Crescentino Carelli di Fubine, soprattutto nell'altar maggiore dove chiuse in una magnifica cornice marmorea il grande quadro dell'Ausiliatrice.
Il timpano della facciata fu rialzato alquanto e modificato il coronamento dei campanili” (ODB 283).
Terzo intervento (don Ricaldone: 1935-1938)
La chiesa dell'Ausiliatrice col passare dei decenni andava acquistando sempre maggior importanza e fama mondiale, mentre quello di Spoleto restava un santuario locale, cosicché nel luglio 1911 san Pio X le conferì il titolo di Basilica Minore.
La chiesa, che era anche stata eretta a parrocchia, soprattutto nelle feste risultava inadatta ad accogliere i settecento giovani artigiani e studenti, la popolazione del borgo e i continui pellegrinaggi. Don Filippo Rinaldi decise allora di aumentare lo spazio senza deturpare possibilmente l'opera di don Bosco e ne affidò lo studio all'architetto Mario Ceradini, presidente dell'Accademia di Belle Arti di Torino. Questi progettò un ampliamento ottenuto trasformando la croce latina in croce greca e costruendo quattro grandi cappelle negli angoli rientrati che le navate formavano incontrandosi. La morte di don Rinaldi (5 dicembre 1931) sospese il progetto, che venne ripreso dal successore don Pietro Ricaldone.
Il disegno dell’architetto Mario Ceradini richiedeva l'abbattimento degli edifici adiacenti alla Basilica, e avrebbe comportato spese colossali. Si decise allora di affidare un nuovo studio all'economo generale don Fedele Giraudi e all'architetto salesiano Giulio Valotti.
Il progetto approvato nel 1934, anno della canonizzazione di don Bosco, ed attuato tra 1935-1938, comportò i seguenti lavori:
- allungamento del presbiterio, sul quale venne costruita una seconda cupola, e conseguente spostamento dell'altar maggiore e del quadro dell'Ausiliatrice;
- costruzione di due ampie cappelle ai lati del presbiterio, con tribune soprastanti;
- lunga galleria con sei altari dietro l'altar maggiore, che collega le due grandi cappelle laterali;
- costruzione di una spaziosa sacrestia sul retro verso l'ex casa Pinardi;
- ambulacro di cintura con due nuove porte sui corpi arretrati della facciata.
Le dimensioni attuali della chiesa sono: lunghezza metri 70; larghezza da 36 a 40 metri; altezza alla sommità della statua sulla cupola metri 45.
I lavori comportarono anche il rifacimento quasi totale delle decorazioni, degli altari e l'aggiunta abbondante di marmi, sculture e arredi.
L'inaugurazione dei restauri avvenne il 9 giugno 1938.
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