27/12/2018 11:46
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Accademia Nazionale dei Lincei
Università degli Studi di Pavia
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Prof. Amedeo Giovanni Conte
Filosofia del diritto
Giurisprudenza
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conte@unipv.it
Amedeo Giovanni Conte1
Accademia Nazionale dei Lincei
Némesis.
Filosofia della vendetta2
In:
Giuseppe Lorini e Michelina Masia (eds.)
Antropologia della vendetta
Cagliari
CUEC Cooperativa Universitaria Editrice Cagliaritana
2013
pp. 000-000
Esergo:
ᾳ .
En hēmérai ekdikēseōs antapodōsō.
Mea est ultio.
Mia è la vendetta.
A mimme toccat de mi bindicare.
Deuteronomiu3
EmoÜ ¤kdÛkhsiw.
Emoì ekdíkēsis.
Mihi vindicta.
A me la vendetta.
A mimme sa binditta.
Paulu, Littera a sos Romanos 4
Sommario:
1. Filosofia della vendetta: tre tesi.
1.1. Prima tesi: Costitutività della vendetta.
1.2. Seconda tesi: Incommensurabilità della vendetta.
1.3. Terza tesi: Irriducibilità del concetto di vendetta all’affine concetto di pena.
2. Testimonianza su Antonio Pígliaru.
Fuori testo
Fuori testo 1
Commiato dagli amici, antichi e nuovi, di Aústis.
Fuori testo 2
Ade, nun zur guten Nacht.
Fuori testo 3
Ca cousta lòn ca cousta.
1.
Filosofia della vendetta:
tre tesi
Esergo:
Wie das Aug so das Werck.
Wie das Auge, also das Werk.
Ut oculus, ita opus.
Come l’occhio, cosí l’opera.
Sebastian Franck5
Das Auge folgt den Wegen, die im Werk für es angelegt worden sind.
L'occhio segue le vie che nell'opera sono state per esso disposte.
Paul Klee6
1.1. Sono tre le domande filosofiche che si pongono (che si impongono) davanti ad una apparenza di messaggio.7
Eccole:
(i) ‘Qual è il messaggio?’
(ii) ‘Qual è il codice (il codice semiotico) del messaggio?’
(iii) ‘V’è un messaggio? Un messaggio v’è?’
1.2. Delle tre domande, la piú ardua è la terza:
(iii) ‘V’è un messaggio? Un messaggio v’è?’
La piú ardua: infatti, come decidere se un messaggio vi sia (un messaggio, e non una illusoria parvenza di messaggio, come avviene nel caso dello studente anziano che abbia un tic e ritmicamente “ammicchi”, “strizzi l’occhio”, alla matricola)? Ecco una domanda ad altissimo tasso di eroteticità.8
1.3. Di queste tre eroteticissime domande [(i) ‘Qual è il messaggio?’, (ii) ‘Qual è il codice (il codice semiotico) del messaggio?’, (iii) ‘V’è un messaggio?’], nessuna è esplicitata da Antonio Pígliaru nel suo fondamentale contributo alla filosofia della vendetta: La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, 1959.9 Ma esse sono in Pígliaru implicite, latenti; sono sullo sfondo di esso. È per questo che io mi sono súbito riconosciuto nel libro di Pígliaru sulla vendetta.
Ma questo libro di Pígliaru non mi è caro unicamente per le domande, in esso latenti, ad esso soggiacenti. Esso mi è caro anche (anzi: soprattutto) per le tesi che esso ha in me suscitato:
(i) la tesi della costitutività della vendetta,
(ii) la tesi della incommensurabilità della vendetta,
(iii) la tesi della irriducibilità del concetto di vendetta all’affine concetto di pena.
A queste tre tesi (ispirate dalla lettura di Pígliaru) sono dedicati, rispettivamente, il § 1.1., il § 1.2., il § 1.3. del presente saggio Némesis. Filosofia della vendetta.
1.1.
Prima tesi:
Costitutività della vendetta
Le regole della vendetta barbaricina sono, per Antonio Pígliaru, della vendetta, costitutive.
(i) Come le regole degli scacchi sono regole costitutive [konstitutive Regeln, constitutive rules, règles constitutives, reguły konstytutywne] di quella praxis (“gli scacchi”) della quale esse sono regola,10
(ii) cosí le regole della vendetta sono regole costitutive di quella praxis (“la vendetta”) della quale esse sono regola.
1.2.
Seconda tesi:
Incommensurabilità della vendetta
2.1. Per la sua costitutività, l’ordinamento della vendetta è incommensurabile [in tedesco, inkommensurabel; in inglese, incommensurable; francese, incommensurable] con altri ordinamenti.11
Ecco tre esempi di grandezze incommensurabili. Sono incommensurabili
(i) il lato e la diagonale d’un quadrato (il loro rapporto è il numero irrazionale Ö2);
(ii) la circonferenza ed il diametro d’un cerchio (il loro rapporto è il numero irrazionale p);
(iii) l’altezza ed il lato d’un triangolo equilatero (il loro rapporto è il numero irrazionale Ö3/2). 12
2.2. L’idea della incommensurabilità dell’ordinamento barbaricino costitutivo della vendetta con gli altri ordinamenti mi è parsa confermata da un geniale psichiatra americano d’origine ungherese: Thomas S. Szasz, The Myth of Mental Illness. Foundations of a Theory of Personal Conduct, 1964.13
Per Szasz, la malattia mentale [mental illness] è un mito [myth]: un mito, poiché in realtà lo psicotico segue, idionomicamente, sue regole costitutive: le regole costitutive della sua psicosi.
(i) Come le regole del gioco degli scacchi sono costitutive di ciò di cui esse sono regola (sono costitutive del gioco degli scacchi),
(ii) cosí le regole della psicosi sono costitutive di ciò di cui esse sono regola (sono costitutive della psicosi).
Le regole costitutive dello psicotico sono duplicemente incommensurabili:
(i) in primo luogo, esse sono incommensurabili con le regole costitutive del non-psicotico,
(ii) in secondo luogo, esse sono incommensurabili con le regole costitutive dell’altrimenti psicotico.14
2.3. Lo psicotico gioca un altro gioco, un gioco altro, come i dormienti di Eráclito []:
, .
Secondo Eráclito,
(i) per coloro che vegliano (che sono svegli) esiste un mondo unico e comune;
(ii) invece, di coloro che dormono ognuno torna nel proprio mondo.15
1.3.
Terza tesi:
Irriducibilità del concetto di vendetta
all’affine concetto di pena
Vendetta [in tedesco, ‘Rache’; in inglese, ‘revenge’; in francese, ‘vengeance’] e pena [in tedesco, ‘Strafe’; in inglese, ‘punishment’; in francese, ‘peine’] sono ambedue reazioni ad un’offesa d’un diritto.
Entro questo genus proximum (reazione ad un’offesa d’un diritto), la differentia specifica è facile a formularsi nelle lingue (ad esempio: l’inglese) nelle quali sia lessicalizzata la differenza tra diritto oggettivo (“law”) e diritto soggettivo (“right”):
(i) la pena [Strafe, punishment, ‘peine] è reazione ad un’offesa al law (reazione ad un’offesa al diritto oggettivo);
(ii) la vendetta [Rache, revenge, vengeance] è reazione ad un’offesa ad un right (reazione ad un’offesa ad un diritto soggettivo).
2.
Testimonianza su Antonio Pígliaru
ESERGO:
En la vida, como en ajedrez, las piezas mayores pueden volverse sobre sus pasos, pero los peones sólo tienen un sentido de avance.
Juan Benet Gotia16
La vita non è una carta che si possa giocare due volte.
A. G. C.
3.1. Antonio Pígliaru lo ho incontrato per la prima volta (prima e, purtroppo, ultima) a Roma, nel 1964.
1964: Pígliaru era giovane: aveva solo 42 anni; ma da tempo mi era noto, e da tempo era in me viva l’ammirazione per un filosofo nel cui febbrile fervore io riconoscevo la fervida febbre della mia vita.
3.2. Antonio Pígliaru era nato il 17 agosto 1922. È morto (a meno di 47 anni) il 27 marzo 1969, nel diciassettemilaventicinquesimo giorno della sua vita.
Non ha conosciuto l’umiliante vecchiezza, Pígliaru. A Pígliaru convengono le ambigue parole di Menandro:
On oß yeoÜ filoèsin poyn¹skei n¡ow.
Hòn hoi theoì philoûsin apothnēiskei néos.
.Colui che gli dèi amano muore giovane”,17
parole cosí tradotte da Giacomo Leopardi18:
Muor giovane colui ch’al cielo è caro.
3.3. Si è scritto:
È memoria di morte ogni memoria.19
Il pensiero formulato in questo endecasillabo non vale per Pígliaru. La memoria di Pígliaru
non di morte è memoria, ma di vita.
Fuori testo
Fuori testo 1
Commiato dagli amici, antichi e nuovi, di Aústis
Fuori testo 2
Ade, nun zur guten Nacht
Fuori testo 3
Ca cousta lòn ca cousta
Fuori testo 1
Commiato dagli amici, antichi e nuovi, di Aústis
Henri I, duc de Rohan [Blain, 1579 - Königsfelden, 1638] disse, di sé stesso (giocando sull’assonanza del proprio cognome (‘Rohan’) con il sostantivo ‘roi’ “re”):
“Roi ne puis,
prince ne daigne,
Rohan suis.”
“Re, no: non posso;
principe, no: non sono degno;
Rohan, sí: lo sono.” 20
Con una variazione sull’orgogliosa rivendicazione di Henri de Rohan, che di sé stesso dice:
“Rohan suis”
“Rohan, sí: lo sono”,
io, Amedeo Giovanni Conte, dico di me stesso [giocando sulla omonimia del mio cognome (‘Conte’) con il nome del mio titolo di conte (conte palatino, comes palatinus), titolo che io ho in quanto professore dell’università di Pavia21]:
“Roi ne puis,
prince ne daigne,
Conte suis.”
“Re, no: non posso;
principe, no: non sono degno;
Conte, sí: lo sono.”
Fuori testo 2
Ade, nun zur guten Nacht
Ade, nun zur guten Nacht
Deutsches Volkslied, 1847
Farewell! We must say our good-night
German folk-song, 1847
Ade, nun zur guten Nacht!
Jetzt wird der Schluß gemacht,
daß ich muß scheiden.
Farewell! We must say our good-night,
an end to our joy and delight;
now comes our sad parting’s pain.
Fuori testo 3
Ca cousta lòn ca cousta
Ca cousta lòn ca cousta, viva l’Aousta!
[Costi quel che costi, viva l’Aosta!]
(motto degli alpini)
Ca cousta lòn ca cousta, viva l’Aoustis!
[Costi quel che costi, viva l’Aústis!]
Prof. Amedeo Giovanni Conte
Filosofia del diritto
Giurisprudenza
Università
Strada Nuova 65
27100 Pavia PV Italia
+ 39 / 331 / 64 41 274
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