LIBRO III CAPITOLO QUARTO
Libro III:59 - 4, 1. Le truppe inviate da Vespasiano a proteggere i Sepphoriti, mille cavalieri e seimila fanti agli ordini del tribuno Placido, dopo essersi accampate nella Grande Pianura, si divisero; i fanti presero stanza nella città per presidiarla mentre i cavalieri rimasero in campo.
Libro III:60 Muovendo dall'una e dall'altra parte con continue incursioni e scorrerie nel territorio circostante inflissero gravi perdite agli uomini di Giuseppe, sia devastando le zone circonvicine quando quelli se ne stavano chiusi nella città, sia respingendoli quando avevano il coraggio di uscire a battaglia.
Libro III:61 Giuseppe intraprese un'azione contro la città sperando di prenderla, ma lui stesso l'aveva fortificata, prima che essa abbandonasse i Galilei, sì da renderla inespugnabile anche per i romani; perciò la sua speranza fallì, risultando egli troppo debole sia per persuadere i Sepphoriti ad arrendersi, sia per costringerveli con la forza.
Libro III:62 Causò invece un inasprimento della guerra nella regione perché i romani, inferociti per la sua incursione, non cessavano né di notte né di giorno di devastare le loro pianure e di saccheggiare i beni del paese, uccidendo tutti gli uomini validi alle armi e trascinando in schiavitù i più deboli.
Libro III:63 Tutta la Galilea fu un mare di fuoco e di sangue e subì ogni sorta di sofferenza e di rovina; infatti unico scampo alla popolazione braccata restavano le città fortificate da Giuseppe.
Libro III:64 - 4, 2. Intanto Tito, dopo aver compiuto il percorso dall'Acaia ad Alessandria navigando con una velocità superiore a quella che normalmente si tiene nella stagione invernale, aveva rilevato le forze per cui era stato mandato e a marce forzate arrivò a Tolemaide.
Libro III:65 Quivi s'incontrò col padre, e alle due legioni che stavano ai suoi ordini - erano le più famose: la quinta e la decima - unì quella da lui condotta, la quindicesima.
Libro III:66 Queste tre legioni erano affiancate da diciotto coorti ausiliarie; vi si aggiunsero poi cinque coorti e un'ala di cavalleria provenienti da Cesarea e altre cinque ali di cavalleria provenienti dalla Siria.
Libro III:67 Delle coorti, dieci avevano circa mille uomini ciascuna mentre le altre tredici contavano ciascuna circa seicento fanti e centoventi cavalieri.
Libro III:68 Un cospicuo contingente di milizie ausiliarie venne anche raccolto dai re, poiché Antioco, Agrippa e Soemo fornirono circa duemila arcieri a piedi e mille cavalieri ciascuno mentre l'arabo Malco inviò mille cavalieri e cinquemila fanti, per la maggior parte arcieri;
Libro III:69 in tal modo il complesso delle forze romane fra fanti e cavalieri, comprendendovi le milizie fornite dai re, arrivava a sessantamila uomini senza contare gli schiavi, che erano numerosissimi e che per l'addestramento guerresco non si potrebbero escludere dalle forze combattenti, poiché in tempo di pace partecipavano sempre alle manovre dei loro padroni e in tempo di guerra ne condividevano i pericoli, sì che per esperienza e bravura non erano inferiori ad alcuno eccetto che ai padroni.
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