Partecipazione elettorale. Tendenze e modalità.
Le prime elezioni comunali alle quali presero parte gli immigrati furono quelle del 1986. In queste elezioni e nelle quattro successive che ebbero luogo da allora (1990, ’94, ’98 e ‘02), l’affluenza alle urne degli immigrati fu notevolmente sotto la media nazionale. Nel 1990 la partecipazione complessiva degli immigrati fu maggiore rispetto a quella del 1986. Da allora si è verificata una diminuzione costante che rispecchia la tendenza generale nei Paesi Bassi. Solitamente i turchi costituiscono un’eccezione a questa regola: il loro tasso di partecipazione è vicino alla media. Per i marocchini la situazione è molto diversa. Alle elezioni del 1986, ad esempio, l’affluenza alle urne a Rotterdam fu del 62% per l’elettorato olandese contro il 38% per l’elettorato non olandese (Buijs & Rath, cit. in Entzinger H., 1999a). Ci fu, tuttavia, un gran divario tra l’affluenza dei turchi (61%) e quella dei marocchini (16%). Le elezioni furono largamente discusse dalle comunità, a proposito della partecipazione e della scelta dei partiti. Grande diffusione di queste tematiche avvenne attraverso i media stranieri, specie quelli turchi. Inoltre dei candidati provenienti da gruppi etnici minoritari sono divenuti il simbolo dell’associazione tra questi gruppi e la politica olandese. Questi candidati, facendo appello, deliberatamente o meno, ai sentimenti di etnicità, contribuirono alla mobilitazione degli elettori surinamesi, turchi e marocchini, soprattutto. Almeno 150 immigrati furono designati come candidati ma solo 50 (per la maggior parte socialisti) sono stati eletti (su un totale di 10 mila consiglieri). Questo dimostra la sottorappresentazione degli immigrati e al momento delle candidature e tra gli eletti effettivi ai consigli locali (Rath J., 1993). La partecipazione media è stata del 40%. La bassa affluenza dei marocchini fu la conseguenza immediata di un discorso politico di Re Hassan II alla vigilia delle elezioni, nel quale affermava che “un buon marocchino non dovrebbe mai votare per un altro paese”. Senza contare i marocchini, il tasso di partecipazione dei non olandesi sarebbe stato del 45%. Il tasso di partecipazione degli elettori turchi del 61% è stato più o meno equivalente a quello nazionale.
Distribuzione del voto secondo il gruppo etnico alle elezioni amministrative del 1998, in cinque grandi città* (percentuale rispetto alla totalità dei votanti del gruppo etnico).
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Socialisti
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Verdi
|
Laburisti (PvdA)
|
Democratici 66
|
Demo
cristiani
|
Liberali
(VVD)
|
Cristiani ortodossi
|
Altri
|
Turchi
|
1
|
16
|
30
|
2
|
29
|
1
|
-
|
21
|
Marocchini
|
1
|
45
|
42
|
1
|
4
|
1
|
-
|
5
|
Surinamesi
|
3
|
11
|
62
|
4
|
5
|
2
|
1
|
12
|
Antillesi
|
6
|
13
|
51
|
5
|
8
|
5
|
2
|
10
|
NL**
|
3,5%
|
7,3%
|
29,0%
|
9%
|
18,4%
|
24,7%
|
3,2%
|
4,9%
|
* Amsterdam, Rotterdam, L’Aia, Utrecht, Arnhem
** Risultati nazionali alle elezioni politiche del 1998.
Fonte: Tillie, 1998, p. 85
Nelle successive elezioni, le autorità pubbliche marocchine assunsero posizioni più neutrali e ciò ebbe un effetto positivo sul tasso di partecipazione dei marocchini. Ciononostante, nelle elezioni del 1998 l’affluenza dei marocchini fu ancora inferiore al 29% contro il 45% dei turchi e il 49% dell’intero elettorato (Çinibulak, cit. in Entzinger H., 1999a).
La tabella precedente illustra il crollo del voto degli immigrati alle elezioni del 1998 nelle cinque principali città che ospitano complessivamente poco meno della metà della popolazione straniera dei Paesi Bassi (Tillie J., 1998). I partiti politici sono raggruppati da destra a sinistra, secondo la loro collocazione nello spettro politico. Per limitare l’influenza delle situazioni locali nell’analizzare i dati, il voto degli immigrati è stato confrontato con i dati relativi a tutto l’elettorato alle elezioni politiche del 1998. Il dato più sorprendente è forse che il voto degli immigrati propende più a sinistra rispetto alla media, fenomeno riscontrato anche in altri paesi (Zincone G., 1992, p. 225). Il partito laburista e i verdi di sinistra sono in grado di attirare una percentuale consistente dei voti della maggior parte delle comunità etniche.
I verdi di sinistra riscontrano particolare successo tra i marocchini: non a caso alcuni importanti esponenti di questo partito sono di origine marocchina. Il caso dei turchi è completamente diverso da quello degli altri gruppi. Una fetta consistente del voto dei turchi è andata ai democristiani. A dispetto di alcune opposizioni interne, il partito ha ufficialmente affermato di essere aperto anche ai non cristiani. È altrettanto interessante notare che né i liberali (VVD) né i democratici (D66) sono in grado di attirare una parte cospicua del voto degli immigrati. Questi due partiti, insieme a quello laburista (PvdA), sono stati alleati nella coalizione di governo che ha guidato il paese dal 1994. Infine c’è da notare che gli immigrati hanno una forte tendenza a votare per i principali partiti politici. Alcuni dei voti sono andati a favore di partiti locali (dopotutto si trattava di elezioni amministrative locali), altri a partiti di immigrati. Contrariamente a quanto si aspettavano in molti, il ruolo dei partiti degli immigrati o «partiti etnici» è stato estremamente limitato. Anche in questo caso, fanno eccezione i turchi: in alcune città olandesi i partiti turchi sono riusciti ad ottenere uno o due seggi nel consiglio comunale.
Il sistema elettorale olandese è a rappresentanza proporzionale e l’intera circoscrizione amministrativa è costituita da un unico collegio elettorale. Non esistono “distretti elettorali” in cui si vota per un candidato specifico, ma è tuttavia concesso esprimere la preferenza per un candidato del partito per il quale si è votato. Indicare la preferenza è facoltativo e questa possibilità viene sfruttata maggiormente dagli elettori immigrati che dal resto dell’elettorato. Come illustrato nella tabella, molti elettori di origine immigrata esprimono la propria preferenza per candidati immigrati, solitamente appartenenti allo stesso gruppo etnico.
Voto a favore dei candidati etnici nelle elezioni del 1998 in cinque grandi città*
(percentuale rispetto alla totalità dei votanti del gruppo etnico).
|
ETNIA ELETTORE
|
ETNIA CANDIDATO
|
Olandese
|
Turco
|
Marocchino
|
Surinamese
|
Turco
|
8
|
83
|
2
|
1
|
Marocchino
|
42
|
5
|
47
|
2
|
Surinamese
|
47
|
2
|
1
|
47
|
Antillese
|
84
|
1
|
3
|
6
|
* Amsterdam, Rotterdam, L’Aia, Utrecht, Arnhem
Fonte: Tillie ,1998, p. 87
Ancora una volta, questo è particolarmente vero per i turchi: più di quattro elettori turchi su cinque esprimono la loro preferenza per un candidato turco. È quindi comprensibile che la maggior parte dei partiti politici provveda ad inserire uno o più immigrati nelle proprie liste. Questi immigrati non sempre figurano in una posizione “eleggibile”, ma alcuni ottengono così tanti voti di preferenza da sorpassare gli altri candidati e riuscire ad ottenere un seggio. Ad esempio, non è solamente in ragione della loro posizione sociale che gli immigrati votano in gran numero per il PVDA, ma anche perché quest’ultimo mostra l’immagine del grande partito difensore degli interessi delle minoranze (Rath J., 1993). L’interesse del partito per gli “elettori etnici” si è concretizzato nell’inserimento di un numero importante di candidati stranieri nelle sue liste. Attraverso questo gesto simbolico il partito vuole dimostrare la sua “solidarietà” con le minoranze. I candidati stranieri presenti sulle sue liste fungono da raccordo tra partito e società immigrata. Il sistema elettorale permette che anche persone in una posizione bassa della lista siano elette12.
Il numero di Consiglieri comunali di origine immigrata è gradualmente aumentato. Nel 1999, un Consigliere comunale su quattro nelle città di Amsterdam e Rotterdam era di origine immigrata. In queste cifre sono compresi sia i cittadini olandesi sia quelli stranieri. Nella seconda camera del Parlamento nazionale (la più importante), ci sono 10 membri immigrati di prima generazione su un totale di 150. Per i membri del Parlamento la cittadinanza olandese è obbligatoria. Sia Amsterdam che Rotterdam hanno consigli di amministrazione distrettuali per i quali hanno diritto di voto anche i cittadini non olandesi. In alcuni di questi distretti gli immigrati costituiscono la maggioranza dell’elettorato. In questi casi, il voto degli immigrati è veramente importante e le istanze di particolare interesse per gli immigrati potranno ricevere l’attenzione che meritano nei dibattiti. Ne sono esempi un’accesa discussione in merito alla costruzione di una moschea nella zona ovest di Amsterdam e un dibattito riguardo al fattore razziale nella cultura politica e nella pubblica amministrazione nel distretto sudorientale della stessa città, chiamato Bijlmermeer. Quest’ultimo dibattito è risultato nella spaccatura in due fazioni (bianca e nera) di numerosi partiti politici che agiscono nel distretto.
Come regola generale si può notare che, quando aumenta il numero dei Consiglieri comunali di origine immigrata, viene data maggior attenzione agli interessi etnici e agli interessi di gruppo degli immigrati. Alcuni politici locali di origine immigrata hanno difficoltà ad adeguarsi alla cultura politica olandese. Altri sono protagonisti di una continua lotta interna sul dilemma che essi stessi rappresentano. Sono essi infatti i rappresentanti dell’intera popolazione (come dovrebbero fare tutti i politici) o si limitano ad essere portavoce delle minoranze che rappresentano, come tendono a fare molti loro colleghi consiglieri?
Tuttavia, nonostante la scarsa affluenza alle urne, il voto degli immigrati può essere considerato come uno strumento prezioso per dar voce agli interessi degli stessi, nonché per aumentare il grado di consapevolezza dei problemi degli immigrati a livello di politiche locali (Entzinger H., 1999 b).
Si riportano due modelli interpretativi, criticabili in quanto generalizzanti, ma di un certo interesse per la questione della partecipazione politica degli stranieri nei Paesi Bassi. Entrambi mettono in evidenza le contraddizioni insite nell’appartenenza molteplice che caratterizza l’identità di un migrante.
a. Esiste una divisione sociale che, in primo luogo, separa le persone in termini di caratteristiche sociali chiave, come l’occupazione, lo status, la religione o l’etnicità. In secondo luogo i gruppi interessati da questa divisione “devono essere consci della loro identità collettiva, di lavoratori o impiegati, per esempio, e agire su queste basi” (Tillie J., 1998, p.73). Terzo, i gruppi sono suddivisi in base a principi organizzativi, dati dalle attività dei sindacati, o di una chiesa, di un partito, o di qualche altra organizzazione che dà un’espressione istituzionale e formale agli interessi di coloro che sono ricompresi nella classificazione (Gallagher, Laver, Mair, cit. in Tillie J., 1998).
Il cosiddetto class unity process assume, come spiega Tillie, che gli immigrati siano una parte strutturale della working class. Gli immigrati si associano con i partiti dei lavoratori, i sindacati e organizzazioni simili che raggruppano nazionali pari grado. “Ogni cittadino vota per il partito che crede si occuperà di lui con più benefici di chiunque altro” (Downs, cit. in Tillie J., 1998, p. 75).
Il cosiddetto ethnic organization process assume invece che gli immigrati organizzino e articolino i propri interessi politici rispetto canali etnici.13 Sono due, secondo Tillie, i metodi interpretativi per cogliere il significato del voto dei residenti stranieri. Un approccio è quello che vede le motivazioni “di classe” determinanti nella scelta elettorale e uno che mette l’accento sul condizionamento dell’appartenenza identitaria, detta “etnica”. Dapprima vi sono almeno tre modalità attraverso cui le persone di colore possono cercare di migliorare la loro posizione di svantaggio nella società attraverso meccanismi politicamente tradizionali. La prima modalità è quella di essere incorporati nella struttura di classe tradizionale, e in tale processo, ridefinire i propri problemi in termini di classe invece che di razza. Il secondo metodo è quello di organizzarsi su base etnica, vale a dire divenendo un gruppo di pressione con una posizione “tattica” al momento delle elezioni, in modo da eleggere propri candidati se possibile. Il terzo metodo interessa i gruppi etnici maggioritari che possono unirsi sotto il comune “emblema del colore” e adottare tattiche simili (Lawrence, cit. in Tillie J., 1998, pp. 77-78).
Secondo Tillie non è possibile identificare una singola determinante. I migranti combinano le spinte etniche con le preferenze ideologiche. È plausibile che in un contesto locale dominino le appartenenze di gruppo rispetto all’ideologia, più forte lì dove i grandi partiti nazionali giocano un ruolo decisivo. Sta ai partiti probabilmente integrare queste due istanze in modo da catturare l’attenzione dell’elettore straniero.
b. La partecipazione politica dei gruppi etnici non favorisce solo l’integrazione, ma legittima anche i consigli locali, soprattutto nelle città dove questi gruppi costituiscono una parte importante della popolazione. Gli “allochtones” rappresentano il 42% a Rotterdam, 38% a La Haye e almeno il 43% ad Amsterdam. La qualità di una democrazia culturale è tanto legata alla partecipazione politica dei membri dei gruppi etnici, quanto alla partecipazione politica dell’élite etnica: si parla di “democrazia multiculturale” quando le minoranze etniche vi partecipano realmente. Il concetto occidentale di democrazia prevede che tutti i gruppi possano essere espressi nell’arena politica. Nel sistema della rappresentanza, le élite giocano un ruolo importante nel portare avanti le rivendicazioni sociali e politiche. Secondo uno studio condotto da Berger, Fenema, Van Heelsum, Tillie, pubblicato nel 2001, si presuppone che più l’élite sarà integrata, maggiormente influenzerà la partecipazione della base. Maggiore è il grado di partecipazione, maggiore è la possibilità di assimilare l’élite etnica a quella politica.
Partecipazione politica e cooptazione dell’elite dei gruppi etnici.
Partecipazione politica dell’insieme dei membri di una minoranza etnica
|
Partecipazione politica dell’elite etnica
|
|
Forte Debole
|
Forte
Debole
|
Integrata Mobilizzata
Pacificata Isolata
|
Fonte: Berger M., Fenema M., Van Heelsum A., Tillie J., 2001, p. 113.
Da un punto di vista democratico la situazione è ottimale quando i membri di un gruppo etnico hanno una forte partecipazione politica e quando le élite di questo gruppo fanno parte dell’élite politica locale. Si parla allora di un gruppo politicamente integrato. La situazione meno auspicabile è quella in cui né la base, né l’elite partecipano alla politica. Si parla di un gruppo politicamente isolato. Un gruppo pacificato è quando a partecipare è solo l’elite. Viceversa un gruppo mobilizzato è politicamente attivo, ma i suoi dirigenti non sono integrati nella vita politica locale.
Nell’insieme il tasso di partecipazione delle minoranze (si parla qui dei non cittadini) è più flebile dell’insieme della popolazione del comune, ad eccezione dei turchi che in più di un caso hanno segnato una partecipazione più alta dei nazionali. Si può generalizzare dicendo che i turchi formano un gruppo particolarmente integrato, i surinamesi appaiono come un gruppo etnico pacificato. Come spiegare questa differenza? Per Berger, Fenema, Van Heelsum, Tillie il livello di organizzazione in quanto comunità etnica gioca un ruolo importante. In seno alle organizzazioni sociali, e alle comunità che ne sono la base, esiste un modo per ricompensare la produzione dei beni collettivi.
Chi investe per uno scopo comune, gode di un prestigio e di una considerazione tali da poter esercitare un’influenza. L’influenza può essere utilizzata per uno scopo personale, ma questo può portare anche alla perdita del potere acquisito. Una gestione corretta dell’influenza porta quella fiducia sociale che è la condizione di una collaborazione volontaria. Nasce in questo modo un capitale sociale, che è proprio del gruppo e non dei singoli. Spesso sono le organizzazioni sociali più che gli individui a controllare l’autorità. È per questo motivo che diversi gruppi etnici hanno formato delle organizzazioni etniche che perseguono uno scopo sociale per e con i loro membri. La solidità di una comunità può misurarsi, secondo i ricercatori, con la percentuale dei membri che sono effettivamente impegnati in un’organizzazione etnica, oltre che per i membri che leggono stampa “etnica” e guardano reti televisive “etniche”.
Tasso di partecipazione di tre gruppi etnici alle elezioni municipali del 1994 e del 1998 (%).
Origine
|
Amsterdam
|
Rotterdam
|
La Haye
|
Utrecht
|
Arnhem
|
|
1994
|
1998
|
1994
|
1998
|
1994
|
1998
|
1994
|
1998
|
1994
|
1998
|
Turchia
Marocco
Suriname- Antille olandesi
Partecipazione totale comune
|
67
49
30
56,8
|
39
23
21
45,7
|
28
23
24
56,9
|
42
33
25
48,4
|
(1)
-
-
57,6
|
36
23
27
57,6
|
55
44
-
59,8
|
39
26
22
56,5
|
56
51
-
57,2
|
50
18
20
52,0
|
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