215 Probabilmente, in relazione al numero dei balestrieri, i pavesari avrebbero dovuto essere più numerosi, ma essendo stipendiati allo stesso modo dei fanti generici, il notaio addetto alla registrazioneavrebbe potuto ritenere non indispensabile definirne la caratterizzazione.
216 Anche nella fanteria i conestabili lavorano quasi sempre in coppia, e appaiono nella registrazione scritti uno sotto l’altro a indicare un probabile rapporto gerarchico nella conduzione dei soldati.
217 Con 2 fiorini vengono remunerati i balestrieri della città, mentre con 5 i balestrieri centurioni della stessa. I gruppi, anche se entrambi appartenenti alle milizie cittadine, evidenziano, con tale differenza di soldo, ruoli distinti per mansioni e probabilmente anche per abilità, all’interno della loro categoria generica.
218 Ad esempio, se il pedone costa 4 fiorini, il “ragazino” ne costerà 3, cioè ¼ in meno. Va inoltre evidenziato l’esigua presenza di questi inservienti all’interno di ogni singolo gruppo, 1 o 2 al massimo.
219 Difficile appare la comprensione sulla scelta, da parte delle autorità, della quantità delle paghe morte da retribuire. Essa potrebbe scaturire da più fattori quali: il numero dei fanti assoggettati, la distanza tra luogo di reclutamento e quello di iscrizione, la presenza nella conduzione di un solo conestabile.
220 Per altri riferimenti a tali pene pecuniarie v. A. A. Settia, Rapine, assedi, battaglie. La guerra nel Medioevo, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002, pp. 204-205.
221 Vedi W. M. Bowsky, Le finanze del Comune di Siena, op. cit., pp. 227-228.
222 Vedi Cronaca Senesi, op. cit., tomo XV, parte VI, p. 583.
Per essere più esaustivi nei fatti si può dire che per impedire che le merci fiorentine arrivassero a Talamone, nel novembre 1357, Pisani e Genovesi si accordarono allo scopo di bloccarle via mare e di “guastarne” il porto via terra.I Fiorentini scoperte tali intenzioni, probabilmente per mezzo dei loro servizi segreti, avvisarono i Senesi ed assieme a questi inviarono armati a cavallo, fanti e balestrieri. Pisani e Genovesi dovettero perciò ripiegare, lasciando all’isola di Giglio però due galee poiché ogni naviglio diretto a Talamone fosse dirottato al porto pisano. Vedi M. Villani, Cronica. Con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, 2 voll., Ugo Guanda Editore, Parma, 1995, vol.II, libro VIII, cap.XI, p. 249.
223 Si ricorda nuovamente che marzo fu il mese in cui l’esercito senese dovette sostenere la massima bellicosità dei Perugini, rappresentata principalmente dall’assedio posto da questi a Cortona.
224 Vedi A. A. Settia, Rapine, assedi, battaglie, op. cit., pp. 211-237.
225 Nella registrazione delle entrate della “gabella de’salari” rientrano pure le trattenute sugli stipendi dei messi comunali.
226 Il notaio qui specifica pure il cambio della moneta da applicare: 69 soldi a fiorino.
227 Vedi Cronache senesi, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, in Rerum Italicarum Scriptores, Zanichelli, Bologna, 1931-1939, t. XV, parte VI; v. Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in “Archivio storico italiano”, XVI (1850), pp. 69-750; v. M. Villani, Cronica. Con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, 2 voll., Ugo Guanda Editore, Parma, 1995,
228 Vedi K. H. Schäfer, Deutsche Ritter und Edelknechte in Italien während des 14. Jahrhunderts, 2 voll., Druck und Verlag von Ferdinand Schöningh, Paderborn, 1911.
229 Vedi W. Föhl, Niederrheinische Ritterschaft im Italien des Trecento, in “Annalen des Historisches Vereins für den Niederrhein”, CLXV (1963), pp. 73-128.
230 Vdei O. V. Stotzingen, Schwäbische Ritter und Edelknechte im italienische Solde im 14. Jahrhundert, in “Württembergische vierteljahrhefte”, XXII (1913), pp. 76-102.
231 Per una visione più chiara e completa di tale analisi si rimanda alle tavole presenti a conclusione di questo testo.
232 L’Appennino tosco-emiliano, ma anche l’area lombardo-veneta, furono nel ‘300 tra le zone economicamente più depresse della penisola; v. D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 37.
233 J. M. Vigueur denomina tali gruppi familiari “famiglie di milites”; v. J. M. Vigueur, Cavaliers et citoyens. Guerre, conflits, et sociètè dans l’Italie communale, XII-XIII siécles, Editions de l’Ecole des hautes études en sciences sociales, Paris, 2003.
234 Tra i “Tedeschi” viene inserito dall’autore del registro anche un conestabile proveniente da Verona.
235 Informazioni sui conestabili dalla provenienza rintracciabile (“Italiani” o “Forestieri”) sono indicate nelle tabelle a conclusione di questo testo.
236 Qui fu reclutata la compagnia di Hannekin.
237 Essi percepiscono invece un fiorino al giorno.
238 Anch’essi sono registrati alla conclusione del documento analizzato, alle entrate delle “gabelle de’salari”.
240 Vedi D. Ciampoli, Il Capitano del popolo a Siena nel primo Trecento, Consorzio universitario della Toscana meridionale, Siena, 1984, p. 13.
241E’ molto probabile che alcuni di questi conestabili siano senesi, visto l’uso del solo patronimico per denominarli.
242 Fu forse membro dei Ranieri di Casole d’Elsa, i quali ripresero le loro terre, cadute in mano a nemici, grazie al supporto offerto dal Comune di Siena; v. M. Villani, Cronica. Con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, 2 voll., Ugo Guanda Editore, Parma, 1992, vol. I, III XXI, pp. 353-354.
243 Fu probabilmente imparentato con Agnolo di Tura del Grasso, autore della cosidetta “Cronaca maggiore” senese; v. Cronache senesi, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, in Rerum Italicarum Scriptores, Zanichelli, Bologna, 1931-1939, t. XV, parte VI, pp. 255-564.
244 Vedi nota 1.
245 Forse apparteneva alla famiglia fiorentina dei Della Tosa, famiglia di milites, come è stata definita da J. M. Vigueur, Cavaliers et citoyens. Guerre, conflits et société dans l’Italie communale XII-XIII siècles, Éditions de l’École des hautes études en sciences sociales, Paris, 2003, pp. 294, 309, 312, 327, 348.
246 Ibidem.
247 Dal Duecento i conti di Sarteano conducevano compagnie di armati, i cui nuclei erano costituiti dai loro vassalli e assoggettati. Essi furono ripetutamente al servizio di Siena, principalmente durante le lotte fra quest’ultima e Orvieto; v. D. Waley, Le origini della condotta nel Duecento e le Compagnie di ventura, in “Rivista Storica Italiana”, LXXXVIII (1976), pp. 531-538.
248 I Tolomei, come già evidenziato più volte in questo lavoro, furono già dal XIII secolo un’importante famiglia di magnati senesi, dedita agli affari ma anche alle armi.
249 I Porcelli furono già dal XIII secolo un’importante famiglia di milites; v. J. M. Vigueur, Cavaliers et citoyens, op. cit., p. 239.
250 Casata signorile dell’Appennino, gli Ubertini furono sostenitori e caporali di parte ghibellina. Furono al servizio dei Visconti e tesero ripetutamente a insediare la loro egemonia su Arezzo (per tale motivo spesso si trovarono in alleanza o in guerra con la famiglia dei Tarlati). Nel 1353 furono messi al bando dalla città di Firenze, probabilmente per la loro continua attività ghibellina. Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol.I.
251 Nel 1351 Guido e Martino dei Brandaglia, fratelli, cercarono di farsi signori di Arezzo, nonostante il potere della loro famiglia continuasse a crescere all’interno del governo del Comune, grazie al sostegno del signore di Gubbio e di quello di Cortona, del prefetto di Vico e del conte d’Urbino. Essi furono però ostacolati dai Fiorentini, accorsi in aiuto della parte politica avversa ai Brandaglia, e costretti al bando e alla perdita di tutti i loro beni. Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. I, II XXXVI-XXXVII, pp.255-261.
252 I Piccolomini furono una delle maggiori casate magnatizie di Siena.
253 Il testo in esame lo denomina “centurione balestriere”, cioè a capo di 99 balestrieri della milizia civica.
254 Vedi nota 9.
255 Vedi nota 9.
256 Probabile membro della famiglia dei conti Guidi, ghibellini convinti, banditi da Firenze e sostenitori dei Visconti di Milano; vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. I, I LXXIX, III II, pp. 151-153, 326-328.
257 I conti Guidi di Romena erano stati sicuramente capitani della tallia guelfa negli anni ’80 e ’90 del XIII secolo; v. D. Waley, Le origini della condotta, op. cit., p. 533.
258 I Guallandi erano una famiglia di milites pisana; v. J. M Vigueur, Cavaliers et citoyens, op. cit., p.118 e M. Villani, Cronica, op. cit., vol. I, V XXXIII 32, p. 653.
259 I Saracini, come i Tolomei e i Piccolomini, furono tra le maggiori casate di magnati senesi, dediti agli affari e alla guerra.
260 I Guazzalotri erano i signori guelfi di Prato.Inizialmente molto ben considerati dai Fiorentini furono nel 1350 da questi banditi, e nel 1351 quasi tutti decapitati a Firenze, per aver abusato del loro potere. Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., I LXXIII-LXXV, II LXII, pp. 139-145, 302-304.
261 Nel 1360 egli fu capofante a Bibbiena, al soldo dei figli di Pietro Saccone dei Tarlati; v. Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in “Archivio storico italiano”, XVI (1850), p. 190.
262 Mainetto fu capitano generale dell’esercito senese durante la guerra contro Perugia del 1357-1359; ivi, pp. 42, 67.
263 Nel 1358 Ronchone, ancora al soldo di Siena, trovò la morte; fu onorato dal Comune con un funerale che costò a questi 90 lire, 3 soldi e 6 denari. Vedi Cronache senesi, op. cit., t. XV, parte VI, p.589.
264 I Grillo erano una famiglia di milites genovese; v. J. M. Vigueur, Cavaliers et citoyens, op. cit., p. 346.
265 Potrebbe provenire dalle stesse località di Estefano di Iacomo di Bussi, v. nota 25.
266 Secondo K. H. Schäfer potrebbe provenire dai Büzer di Ostheim, ministeriali del signore di Hohenlohe, oppure dai Bussen di Riedlingen, famiglia di milites; v. K. H. Schäfer, Deutsche Ritter und Edelknechte in Italien während des 14. Jahrhunderts, 2 voll., Druck und Verlag von Ferdinand Schöningh, Paderborn, 1911, vol. II, p. 62.
267 La lastra tombale di un Luigi de Chamenet, morto nel 1348, si trova nella chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio a Siena. Egli fu probabilmente un cavaliere angioino proveniente dal napoletano; Cholardo potrebbe essere stato un suo stretto parente o compagno d’arme. Vedi L. G. Boccia e M. Scalini, Hic iacet miles. Immagini guerriere da sepolcri toscani del Due e Trecento, in Guerre e assoldati in Toscana (1260-1364), a cura di L. G. Boccia e M. Scalini, Museo Stibbert, Firenze, 1982, pp. 81-99.
268 La zona di Utrecht, in questo periodo subisce l’influenza della Borgogna.
269 I gruppi espressi tra virgolette sono stati così definiti dal registro degli Ufficiali della Condotta dell’anno 1357-1358.
270 Hanneckin von Baumgarten, proveniente dalla piccola nobiltà della diocesi di Colonia, creò una propria compagnia di mercenari e la denominò Compagnia della Stella poiché una stella appariva nello stemma della sua casata. A lui si associarono, per brevi periodi, altri condottieri quali Albert Sterz (a capo della Compagnia Bianca) e Conrad von Landau (a capo della Grande Compagnia). Nei primi anni ’60 del Trecento egli bersagliò i territori senesi con ripetute scorrerie e saccheggi. Il Comune di Siena offrì a Hanneckin cifre elevatissime affinchè lasciasse la Repubblica; a tale scopo i Dodici, allora Signori della città, dovettero imporre alla popolazione nuove preste. Nel periodo successivo si trovò al soldo ora dei Visconti, ora delle truppe papali. Vedi D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, pp. 41, 65-66, 68, 74, 90, 102, 108-109, 121.
271 Secondo K. H. Schäfer potrebbe anche trattarsi di Henrico dei Ramisberg di Pfullendorf; v. K. H. Schäfer, Deutsche Ritter, op. cit., vol. II, p. 109.
272 I Linden, sempre secondo lo Schäfer, appartenevano all’alta nobiltà di Giessen; v. K. H. Schäfer, Deutsche Ritter, op. cit., vol. I, p. 49.
273 Questo conestabile, nonostante proveniente da Verona, è stato inserito nel gruppo dei Tedeschi, come risulta anche dal registro qui analizzato.
274 Potrebbe trattarsi di un membro della famiglia nobile dei Paffendorf di Colonia; v. K. H. Schäfer, Deutsche Ritter, op. cit., vol. II, p. 98.
275 Probabilmente appartenuto alla famiglia nobile dei “von Schoeneck”, proveniente da Strasburgo o da Bruneck (Baviera); ibidem, p. 84.
276 Fu sicuramente un componente degli Andrássy, famiglia di magnati ungheresi. Nel 1347 e nel 1350 furono in Italia al seguito del re Luigi di Ungheria, durante la spedizione militare di quest’ultimo contro il regno di Napoli, su cui vantava dei diritti di successione. Vedi K. H. Schäfer, Deutsche Ritter, op. cit., p. 36.
277 Forse appartenente ai Landau, casata nobiliare sveva, che diede i natali a numerosi conti e baroni; ibidem, p. 48-49.
278 L’asterisco a fianco di alcuni nomi indica il rinnovo del contratto.
279 Quando il valore numerico di questa colonna si trova fra parentesi indica soltanto la paga e non la barbuta.
280 Per tali criteri di trascrizione si è fatto, in parte, riferimento a A. Castellani, La prosa italiana delle origini, I. Testi toscani di carattere pratico, I. Trascrizioni, 2 voll., Patron Editore, Bologna, 1982.
6 Nel documento, il numero della carta di riferimento è presente sempre sul recto del foglio, in alto a destra, ma, nella trascrizione, per problemi tecnici, il numero che appare indica il verso del foglio.