Cinzia rabusin



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78 Poiché una bandiera corrispondeva a 5 poste, e una posta a 5 barbute; la bandiera risultava comprendere 50 uomini. Se invece la bandiera era formata da lance, gli uomini salivano a 75; v. M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1359), op. cit., p. 34.

79 Ibidem, pp. 32-35. Vedi inoltre Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 184 e W. Heywood, La guerra con Perugia (1357-1358), op. cit., pp. 428-430.

80 Secondo il Graziani i battifolle furono però soltanto 4; v. Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 184 e M. Villani, Cronica. Con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, 2 voll., Ugo Guanda Editore, Parma, 1995, vol. II, libro VIII, cap. XXII, p. 252.

81 Vedi Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 184; v. Cronache senesi, op. cit., p. 586.

82 Vedi Cronache senesi, op. cit., p. 586 e M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap.XXVIII, XXXIII, pp. 254, 257. Gli “ungari” giunsero in Italia nel 1347 al seguito di re Luigi d’Ungheria, per vendicarne il fratello fatto assassinare dalla moglie, la regina angioina di Napoli Giovanna I. Erano cavalieri armati alla leggera con arco e lancia, particolarmente efficaci nelle brevi e veloci sortite in territorio nemico.

83 Vedi Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 185.

84 Vedi Cronache senesi, op. cit., pp.153, 586.

85 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1359), op. cit., pp. 37-53; v. inoltre Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 186 e W. Heywood, La guerra con Perugia (1357-1358), op. cit., pp. 430-432.

86 Firenze aveva tutto l’interesse a coadiuvare le forze senesi in Maremma poiché l’intero suo traffico marittimo faceva capo al porto di Talamone, possesso di Siena dal 1303.

87 Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap. XXXIX, p. 259.

88 Vedi Cronache senesi, op. cit., p. 587.

89 Egli si occupava della registrazione e dell’approvigionamento dei cavalli e delle bestie da soma.

90 Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap. XL-XLI, pp. 259-260.

91 Vedi Cronaca della città di Perugia, op. cit., p. 186.Tra questi vi era pure l’insegna donata al Comune dall’Imperatore.

92 Per poter proseguire la guerra il Comune indisse, alla fine del mese di aprile, una nuova presta per l’enorme somma di 100.000 fiorini; v. Cronache senesi, op. cit., p. 588.

93 I perugini furono scoperti dai fiorentini, e da essi bloccati, a causa dell’accordo con i Tarlati, famiglia nobile esule di Arezzo.

94 Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap. XLVIII, p. 262; v. inoltre Cronache senesi, op. cit., pp. 154, 587-588.

95 Ibidem, p. 588.

96 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1359), op. cit., pp. 55-74; v. ancora W. Heywood, La guerra con Perugia, op. cit., pp. 433-437.

97 Vedi Cronache senesi, op. cit., p. 588; v. M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap. XLII, LXII, pp. 260, 265-266.

98 Vedi Cronache senesi, op. cit., pp. 154-155, 588. Sull’accaduto le fonti differiscono fortemente: alcune sostengono la partecipazione all’imboscata di balestrieri e mercenari al servizio di Firenze, altre invece l’aiuto che quest’ultima diede nel far fuggire i superstiti al di là dell’Appennino.

99 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1359), op. cit., pp. 75-82; v. ancora W. Heywood, La guerra con Perugia (1357-1358), op. cit., pp. 438-439.

100 Si trattava della compagnia di Anichino di Bongardo e degli uomini capitanati dal conte Luffo, i quali, questi ultimi, avevano concluso il servizio al soldo di Perugia ed erano rimasti senza ingaggio. I Perugini si videro allora costretti a versare loro 4.000 fiorini purchè si spingessero nelle Marche.

101 Vedi Cronache senesi, op. cit., p. 589.

102 Vedi M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap.XCIII, p. 277.

103 D’ora innanzi la città di Montepulciano sarebbe stata retta da un governo popolare.

104 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia, op. cit., pp. 83-86; v. W. Heywood, La guerra con Perugia, op. cit., pp. 439-440 e M. Villani, Cronica, op. cit., vol. II, libro VIII, cap. CII, p. 280.

105 L’Albornoz dal novembre del 1358, era rientrato in Italia.

106 Al conte Lando, si era aggrato ora Anichino di Bongardo.

107 I Dodici, dopo aver imposto ai cittadini e agli abitanti del contado un prestito forzato di 1 fiorino e ½ per ogni 1.000 lire di reddito censito, dal conte Lando ottennero che si tenesse al di fuori della Repubblica per la somma di 6.041 fiorini più il rifornimento di vettovaglie gratuito.

108 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1359), op. cit., pp. 86-92; v. inoltre W. Heywood, La guerra con Perugia, op. cit., pp. 440-442.

109 Vedi A. I. Pini, Città, comuni e corporazioni nel medioevo italiano, Editrice CLUEB Bologna, 2000, p. 170.

110 M. Mallett e D. Waley sostengono che, nelle città comunali italiane, il servizio militare, almeno dal secolo dodicesimo, fosse retribuito. Vedi M. Mallett, Signori e mercenari. La guerra nell’Italia del Rinascimento, Il Mulino, Bologna, 1983, p. 18 e D. Waley, The Army of the Florentine Republic from the Twelfth to the Fourteenth Century, in Politics and Society in Renaissance Florence, a cura di N. Rubinstein, London, 1968, p. 72.

111 Vedi P. J. Jones, Comuni e Signorie: la città-stato nell’Italia del tardo Medioevo, in La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello stato del Rinascimento, a cura di G. Chittolini, Società editrice il Mulino, Bologna, 1979, p. 101.

112 Vedi F. Chabod, La genesi del “Principe” e l’esperienza delle cose d’Italia, in La crisi degli ordinamenti comunalie le origini dello stato del Rinascimento, a cura di G. Chittolini, Società editrice il Mulino, Bologna, 1979, pp. 323-342.

113 Vedi D. Waley, op. cit., p. 70. Vedi E. Sestan, L’Italia del Petrarca fra “tante pellegrine spade”, in Id., Scritti vari, vol. II, Italia comunale e signorile, a cura di M. Berengo, casa editrice Le Lettere, Firenze, 1989, pp. 205-229.

114 Vedi D. Waley, Le città-repubblica dell’Italia medievale, G. Einaudi editore, Torino, 1980, pp. 81-86.

115 Questa possibilità a Firenze era denominata “cavallata”. Vedi G. Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI , in “Archivio storico italiano”, Firenze, XV (1851), p. XIV e v. R. Davidsohn, Storia di Firenze, Sansoni, Firenze,1972, vol. IV, parte I, pp. 380-382.

116 La diversa considerazione per queste 2 tipologie di combattenti è riscontrabile anche nelle cifre pagate dai Comuni per il loro riscatto; vedi A. A. Settia, Comuni in guerra. Armi ed eserciti nell’Italia delle città, Editrice CLUEB, Bologna, 1993, p. 138.

117 Sulle modalità relative al condurre la guerra nell’età comunale vedi A. A. Settia, Comuni in guerra, op. cit. e id., Rapine, assedi, battaglie. La guerra nel Medioevo, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002.

118 Vedi M. Mallett, Signori e mercenari, op. cit., p. 20; v. E. Sestan, L’Italia del Petrarca, op. cit., p. 215.

119 Vedi D. Waley, Le città-repubblica dell’Italia medievale, op. cit., pp. 124-126. Per approfondimenti vedi E. Voltmer, Il carroccio, Einaudi, 1994.

120 Vedi G. Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI, op. cit., p. XVIII.

121 Ibidem, p. XVIII.

122 Oltre ad armi e munizioni, il ridotto custodiva arnesi indispensabili alla vita da campo: mannaie, scale, lanterne … .

123 Per tale motivazione, i magnati venivano generalmente esclusi dalle milizie.

124 Vedi G.Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI, op. cit., p. XIX.

125 Ibidem, p. XX.

126 Questa trasformazione sarebbe stata pilotata dai Nove allo scopo di garantirsi l’ordine costituito. Essi avrebbero mirato a rendere le compagnie “un efficiente corpo di polizia politica”.Vedi F. Tricomi, Istituzioni militari senesi in età novesca. L’”exercitus”di Siena fra 1287 e 1355 , tesi di laurea, Università degli Studi di Siena, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2002-2003, pp. CLII-CLIV.

127 Vedi F. Tricomi, Istituzioni militari senesi in età novesca. L’ “exercitus” di Siena fra 1287 e 1355, op. cit., pp. CLVII, CLVIII.

128 Ibidem, p. CLXVII.

129 Nel 1310 il numero dei vicariati venne portato a nove.Vedi F.Tricomi, Istituzioni militari senesi in età novesca. L’ “exercitus” di Siena fra 1287 e 1355, op. cit., p. CLXIX.

130 Vedi F.Tricomi, Istituzioni militari senesi in età novesca. L’ “exercitus” a Siena fra 1287 e 1355, op. cit., p. CLXX.

131 I 5000 armati, provenienti dal contado, venivano, allo stesso modo delle milizie urbane, scelti e registrati in elenchi dei mobilitabili.

132 Ibidem, p. CLXXIII.

133 Ibidem, p. CLXX.

134 Ibidem, p. CLXXV.

135 Vedi D. Balestracci, Le armi i cavalli l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri del Trecento, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 32.

136 Per barbuta genericamente si indica un’unità di combattimento di due persone.

137 Vedi Il libro di Montaperti (An. MCCLX), a cura di C. Paoli, Viesseux, Firenze, 1889.

138 Vedi D. Waley, The Army of the Florentine Republic from the Twelfth to the Fourteenth Century, op. cit., pp. 83-84.

139 La conestabileria, nell’Europa settentrionale, consisteva generalmente in un’unità di fanteria assoldata.

140 Ibidem, p. 84.

141 Ibidem, p. 85.

142 Ibidem, p. 85-86.

143 Ibidem, pp. 86-87.

144 Vedi G. Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI, op. cit., p. LX.

145 Ibidem, p. LX.

146 Ibidem, p. LXI.

147 Ibidem, p. LXII.

148 Vedi M. L. Lenzi, La pace strega. Guerra e società in Italia dal XIII al XVI secolo, Editori del Grifo, Siena, 1988, p. 57.

149 L’operato dell’Ufficio della Condotta e di quello della Biccherna era sottoposto al controllo dei 3 Riveditori, incaricati, di tale incombenza, appositamente dai Dodici a partire dall’anno 1358; dal 1363 invece presero il nome di Regolatori.

150 Tra le gabelle la più prolifera risulta essere quella del vino con il 40% dell’ammontare complessivo.

151 Vedi M. L. Lenzi, La pace strega. Guerra e società in Italia dal XIII al XVI secolo, op. cit., pp. 58-59.

152 Ibidem, pp. 65-66.

153 Ibidem, p. 64.

154 Secondo il Du Cange i “lupini” erano dei semi, mentre per il Rezasco delle fave.

Vedi Glossarium mediae-infimae latinitatis, a cura di C. Du Cange, 11 voll., Forni Editore, Bologna, 1971, vol. V, p. 155.

Vedi Dizionario del linguaggio italiano storico ed amministrativo, a cura di G. Rezasco, Forni Editore, Bologna, 1966, p. 582.


155 Vedi M. L. Lenzi, La pace strega, op. cit., p. 66.

156 Le tariffe da versare variavano in relazione ai giorni trascorsi dalla rassegna alla presentazione dinnanzi alle autorità incaricate di tale compito.

157 Ibidem, pp. 67-68.

158 Ibidem, p. 69.

159 Ibidem, pp. 69-70.

160 Ibidem, pp. 70-71.

161 Ibidem, p. 71.

162 Ibidem, p. 71.

163 Ibidem, pp. 72-73.

164 Ibidem, p. 73.

165 Ibidem, p. 73.

166 Ibidem, p. 74.

167 Ibidem, p. 74.

168 Ibidem, p. 74-75.

169 Ibidem, pp. 75-76.

170 Vedi W. Caferro, Mercenary Companies and the Decline of Siena, The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London, 1998, p. XIII.

171 Ibidem, pp. XIII-XIV:

172 Vedi D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro.Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento, op. cit., pp. 39-40.

173 Ibidem, pp. 41-42.

174 Ibidem, pp. 43-48.

175 M. Del Treppo, Gli aspetti organizzativi economici e sociali di una compagnia di ventura italiana, in “Rivista storica italiana”, LXXXV (1973), p. 253.

176 Ibidem, pp. 253-254.

177 Ibidem, pp. 254-256.

178 Per casa del condottiero s’intende il suo entourage personale ( Francesco Viviano la definisce talvolta corte).

Ibidem, p. 258.



179 Ibidem, p. 256.

180 Ibidem, p. 257.

181 Ibidem, p. 258.

182 Ibidem, p. 259.

183 Ibidem, pp. 260-264.

184 Ibidem, pp. 271-272.

185 Ibidem, pp. 272-275.

186 Ibidem, p. 275.

187 Vedi D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro, op. cit., p. 72.

188 Ibidem, pp. 74-76.

189 Ibidem, pp. 83-85. Vedi inoltre P. Pieri, Le compagnie di ventura e l’avviamento degli eserciti mercenari permanenti, in La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello stato del Rinascimento, a cura di G. Chittolini, Società editrice il Mulino, Bologna, 1979, pp. 187-196.

190 Vedi D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro, op. cit., pp. 88-91.

191 Le controparti, nella stipulazione, sono rappresentate generalmente da conestabili, ma, anche se molto raramente, da capitani e centurioni dei Terzi della città, da singoli combattenti, da condottieri di grandi compagnie e da gruppi assoldati per nazionalità (Ungari).

192 Soltanto in un unico caso la conestabileria comprende entrambe le tipologie di armati.

193 I dati numerici sono approssimativi a causa di alcune lacune di informazione nel documento; essi considerano le barbute come un’unità combattente di due soldati a cavallo (un uomo d’arme e un paggio) e gli Ungari come combattenti singoli in quanto armati alla leggera.

194 Nel registro, i componenti di tali coppie di conestabili appaiono scritti uno sotto l’altro in verticale, come se la loro ubicazione spaziale nel foglio rappresentasse una gerarchia di comando in cui il secondo, assoggettato al primo, può prenderne il posto in caso di necessità.

195 Soltanto per il conestabille Andrenollo da Ieci la paga è tripla.

196 “Hanichino di Mongardo” nella registrazione dell’Ufficio della Condotta.

197 Alcuni conistabili a cavallo percepiscono pure degli stipendi aggiuntivi (1 o 2 al massimo) detti “paghe morte”. Le interpretazioni del significato di tale remuneramento sono fondamentalmente due: un surplus dato per ripagare della distanza impiegata dai mercenari dal luogo di reclutamento a quello di iscrizione, oppure una paga vera e propria per gli addetti alla persona del conestabile. Vedi G. Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI , in “Archivio storico italiano”, Firenze, XV (1851), pp. LXV, 54.

198 La prima rata dello stipendio viene consegnata al momento dell’iscrizione o nei 3-4 giorni successivi.

199 Le rassegne avvenivano solitamente sul luogo di stanziamento delle truppe grazie a messi inviati dal Comune.

200 Spesso i cavalieri usavano sul campo cavalli diversi da quelli stimati inizialmente, in modo da guadagnarci con la menda (rimborso per la morte o per danni subiti dall’equino in battaglia).

201 Si è a conoscenza di assoldati i quali, essendo assenti dal luogo della mostra, si facevano illegalmente sostituire da altri loro compagni, nonostante fossero stati iscritti nel “libro de’soldati” al momento della stipulazione del contratto.

202 E’ questa la più rappresentativa assemblea della città che con le sue delibere pianificava militarmente gli effettivi da impiegare.

203 Altri luoghi di reclutamento, per i mercenari di altre provenienze, furono Arezzo, Cortona e la Lombardia.

204 Il numero di riferimento della carta è quello presente nel documento (la numerazione è romana).

205 I notai della città di Siena e del suo contado dovevano denunciare agli Ufficiali della Gabella tutti i contratti da loro stipulati entro 15 giorni o un mese in relazione alle diverse disposizioni statutarie. Sulle cifre o sui beni in questione, il saggio d’imposta variava costantemente nel tempo. Vedi W. M. Bowsky, Le finanze del Comune di Siena, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1975, pp. 206-211.

206 Sempre secondo il Caferro, le altre fonti d’entrata per l’Ufficio della Condotta, nei momenti di crisi erano: le gabelle sui contratti, delle porte, sulle truppe stesse, nonché quelle definite come le otto gabelle. Vedi W. Caferro, Mercenary Companies and the Decline of Siena , The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London, 1998, pp. 120, 143.

207 Questi “cavalli” o uomini d’arme sono organizzati per bandiere cioè in base a squadre contrassegnate da un vessillo in asta, indispensabile punto di riferimento sul campo di battaglia. Vedi M. Prestwich, Armies and Warfare in the Middle Ages, Yale University Press, New Haven and London, 1996, pp. 13-15. Nel caso specifico di Siena poi, il Comune pretende che i suoi combattenti espongano anche la bandiera con i colori della città.

208 Secondo Donato di Neri, Cronache Senesi , a cura di L. A. Muratori in Rerum Italicarum Scriptores, Zanichelli, Bologna, 1932, tomo XV, p. 586, “i Sanesi féro grande esercito di gente a piè e a cavallo, e soldoro per loro capitano di guerra Anechino di Boncardo con 800 cavalli e con 400 fanti, il quale scrisse sua gente a Staggia, e soldaro molti Ongari”. Pure il Graziani, Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di Diario del Graziani, in “Archivio storico italiano”, XVI (1850), pp. 184, 185, conteggia gli effettivi per “cavalli” anche per personaggi a cui il registro, qui esaminato, assoggetta delle barbute. Inoltre, sapendo che nelle bandiere della compagnia rientrano i “ragazini”, si potrebbe concludere che le denominazioni “cavalli” e barbute possono essere considerate equivalenti.

209 In realtà ne vengono pagati soltanto 400 poiché, per ordinanza comunale, Hannekin non può condurne un numero maggiore.

210 Secondo il computo senese si è però ancora nel 1357.

211 La prima controffensiva senese, allo scopo di interrompere l’assedio perugino di Cortona, avviene, per quanto specificato nel registro degli Ufficiali della Condotta, l’11 febbraio 1358; la seconda invece partirà in marzo.

212 Vedi M. Borgogni, La guerra tra Siena e Perugia (1357-1358), Edizioni Cantagalli, 2003, pp. 37-38.

213 Ibidem, p. 50.

214 La presenza della Balia, a fianco dei Dodici, come commissione decisionale in materia bellica, appare, nel documento analizzato, a partire dal mese di gennaio, probabilmente in relazione all’emergenza dettata dall’assedio di Cortona,.

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