4. I conflitti reali e virtuali: Strasburgo vs Lussemburgo?
Passando dalla analisi dei singoli cases alla disciplina giuridica di soluzioni normative adottate per ridurre il rischio dei conflitti65, abbiamo ricordato più volte che Strasburgo si serve di una Carta dei diritti fondamentali parziale e datata, la CEDU, che essa stessa ha contribuito a rendere viva tanto da non riuscire a distinguerla da una vera e propria carta “giurisprudenziale” dei diritti. Viceversa Lussemburgo non ha mai, completamente, riconosciuto alla Corte EDU questo ruolo di interprete autentico sia della Convenzione che dei diritti fondamentali in genere. La maggiore novità in questo campo è ora rappresentata dall’art. 52 della Carta di Nizza66.
Senza poter nemmeno sfiorare l’intenso e approfondito dibattito sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tuttavia uno dei sentieri che portano alla mutual cooperation tra le Corti parte proprio da qui. L’articolo in questione al primo paragrafo prevede che “eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta” debbano “essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà”; “nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità d’interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”. Clausola limitativa generale dei diritti che non trova, però, applicazione per i diritti che “trovano fondamento nei trattati comunitari o nel Trattato dell’Unione” (par. 2). Per quanto, specificamente, attiene ai diritti “corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, il terzo paragrafo del suddetto articolo stabilisce che “il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione”, salva la facoltà per il diritto dell’Unione di concedere “una protezione più estesa”.
Dagli atti preparatori – nota del Presidium dell’11 ottobre 2000– si ricava che il legislatore comunitario non può apportare all’esercizio di tali diritti, limiti ulteriori o più intensi di quelli previsti dalla CEDU. La nota in questione elenca, di seguito, i diritti contenuti nella Carta che hanno “significato e portata identici agli articoli corrispondenti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” 67.
Vi sono poi articoli che hanno “significato identico agli articoli corrispondenti della CEDU ma la cui portata è più ampia” (ad esempio, l’art. 9 della Carta, che prevede il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, ha lo stesso significato dell’art. 12 CEDU, ma il suo ambito di applicazione può essere esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente istituite dalla legislazione nazionale). Ad ogni modo, ai diritti della Carta desunti dalla CEDU non possono essere attribuiti né un significato diverso, né una portata più circoscritta di quelli risultanti dalla Convenzione68. Sotto questo profilo, appare chiaro il legame tra l’art. 52 e l’art. 53 della Carta, fortemente voluto dal Consiglio d’Europa, in virtù del quale il livello di protezione offerto dalla Carta medesima ai diritti tratti dalla CEDU non può in alcun caso essere inferiore a quello garantito da quest’ultima69.
Da quanto sopra detto si ricava l’altissimo tasso di consapevolezza della possibilità dei conflitti e che, nel contempo, proprio da parte comunitaria vi è il tentativo di ridurre il rischio dei conflitti. Tale posizione comunitaria potrebbe risolversi proprio a favore della CGCE per il ruolo di Corte costituzionale europea70. Il conflitto per tanti anni latente sarebbe, quindi, sul punto di deflagrare definitivamente e, si tratta di capire se la solenne proclamazione della Carta di Nizza riduca o aumenti le possibilità di conflitto.
Le prove giurisprudenziali dei conflitti e le prove giurisprudenziali della cooperazione in precedenza esaminate non sono di per sé sufficienti ad allontanare il pericolo di conflitti. Abbiamo potuto notare come la Corte del Lussemburgo si sia appropriata della giurisprudenza di Strasburgo, nel senso che i diritti CEDU sono tendenzialmente intesi nel significato in cui “vivono” nella sua giurisprudenza. Viceversa Strasburgo certamente tiene conto della giurisprudenza del Lussemburgo e pur utilizzando tecniche decisorie similari71, le Corti si riconoscono vicendevolmente il carattere autonomo e la natura specifica dei rispettivi ordinamenti giuridici che scaturiscono dalla CEDU e dai trattati. In effetti, i rapporti tra le istituzioni comunitarie – e, in particolare, le Corti – comunitarie, da un lato, e gli organi di Strasburgo, dall’altro, sembrano essersi assestati in termini di rispetto della reciproca autonomia72. La Corte del Lussemburgo ed il Tribunale di primo grado si rifiutano di agire come organi subordinati alla giurisdizione della Corte di Strasburgo, ma si dimostrano, comunque, disposti a rispettarne la giurisprudenza, come risulta, in particolare, dalle sentenze Grant, Baustahlgewebe e, soprattutto, dalla recente pronuncia in relazione alla causa Mannesmannröhren-Werke AG/Commissione73, nella quale il Tribunale di primo grado ha sottolineato, non a caso, che “il diritto comunitario riconosce il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e quello del diritto a un processo equo”. Principi, questi, “che offrono…una protezione equivalente a quella garantita dall’art. 6 della CEDU”; dal canto loro, gli organi di Strasburgo non ammettono di interferire nel livello di protezione dei diritti umani nella CE finché detti diritti ricevano in questo una tutela equivalente.
Indicazioni in senso contrario potrebbero ricavarsi dal celeberrimo caso Matthews c/ Regno unito del 18 febbraio 1999, ove la Corte di Strasburgo - pur riconoscendo “che gli atti delle Comunità europee non possono essere impugnati come tali davanti alla Corte, perché la Comunità in quanto tale non è parte contraente” - decide di valutare il rispetto dei diritti-CEDU da parte degli atti interni di attuazione del diritto comunitario. Ciò avviene in quanto gli Stati membri sono pur sempre responsabili della attuazione interna del diritto comunitario potenzialmente lesivo della Convenzione74.
La Corte di Strasburgo considerandosi interprete e giudice idoneo del diritto comunitario derivato 75, anticipa i termini di una necessaria actio finium regundorum, dove i confini sono: ridurre al minimo il rischio dei conflitti e garantire una maggiore certezza dei diritti76. Dall’integrazione dolce al progressivo assorbimento della tutela dei diritti fondamentali nella sfera della Corte di giustizia il passo è, infatti, molto breve77. Come detto la Corte del Lussemburgo nel parere del 28 marzo 1996 aveva negato l’ammissibilità, salvo riforma dei trattati, della adesione delle istituzioni europee come tali alla Convenzione. Di conseguenza, la Corte di Strasburgo non ha potuto pronunciarsi sulla legittimità degli atti degli organi comunitari come tali, comprese le sentenze della Corte del Lussemburgo, utilizzando la CEDU come fonte formale. In questo contesto i rapporti tra le due Corti sono destinati a rimanere circolari, sino a quando non si chiarirà il futuro istituzionale dell’Europa vi sarà una circolarità di reciproco e sospettoso rispetto.
I conflitti sono sempre possibili perché la UE si rende sempre più autonoma rispetto alla CEDU – la Carta di Nizza, al di là dei problemi relativi alla sua efficacia ne è un esempio – non foss’altro per il fatto che la CEDU non è che uno dei materiali utilizzati per scriverla78. I conflitti potrebbero sorgere proprio dalla fusione di materiali eterogenei79. Tuttavia non è chi non veda, come si è in precedenza rilevato, che il rischio della doppia pronuncia divergente fosse altrettanto probabile prima della emanazione della Carta. Dobbiamo dunque aspettarci in futuro un permanente stato di conflittif? In realtà possono essere individuate alcune soluzioni che tengano conto dell’effetto principale della proclamazione della Carta dei diritti: la consacrazione ufficiale dell’esistenza di due sistemi europei di protezione dei diritti fondamentali80, di due sistemi di tutela dei diritti senza Leviatano81.
5. Conclusioni.
La prima, che potremmo definire sussidiaria, può attivarsi mediante l’incorporazione nei Trattati istitutivi – o in un’eventuale “Costituzione europea” – della CEDU82. La Corte di giustizia sarebbe obbligata in questo modo ad adeguarsi allo standard minimo di tutela offerto dalla Convenzione, ferma restando la facoltà di concedere un livello di tutela più elevato al quale si potrebbe arrivare, invece, integrando la Carta di Nizza nei Trattati83. In questo modo, le possibilità che insorga un vero e proprio conflitto tra le due giurisdizioni – che, è bene sottolinearlo, si esercitano su due territori molto diversi uno internazionale e l’altro sovranazionale – risulterebbero considerevolmente ridotte, in quanto il margine di discrezionalità lasciato dalla Carta dei diritti alla Corte del Lussemburgo si limiterebbe alla fascia di protezione superiore a quella “di base” offerta dalla CEDU84. Un vero e proprio contrasto avrebbe ragion d’essere soltanto nel caso – piuttosto improbabile – in cui la Corte di giustizia riconoscesse ad un diritto della Convenzione una portata più ristretta di quella allo stesso attribuita dalla Corte di Strasburgo85.
Una seconda soluzione è quella di prevedere, previa la descritta adesione, una sorta di pregiudiziale “vincolante o solo consultiva, della Corte di Strasburgo in quanto Corte avente una competenza ed esperienza specifica”86. Un ragionamento analogo mi sembra emergere dalla sentenza del 2000, la BananenmarktordnungUrteil, della Corte federale tedesca. In tale sentenza si stabilisce il principio dell’obbligo di astensione del giudice costituzionale su un caso individuale di violazione di diritti fondamentali da parte del diritto comunitario, a meno che non si dimostri che il caso dedotto in giudizio non palesi un rifiuto generale delle Comunità di assicurare uno standard equivalente di protezione dei diritti fondamentali a livello comunitario87. In questa decisione “la parola determinante è “generale” essa richiede una estesa verifica di come gli organi dell’Unione proteggono il diritto fondamentale in questione”88. In via di principio, il controllo preventivo della compatibilità degli atti comunitari con i diritti fondamentali della CEDU e l’adozione della Carta dei diritti fondamentali porterebbe ad una maggiore protezione dei diritti a livello europeo, anche in prospettiva dell’allargamento dell’Unione89.
In entrambi i casi le possibili ambiguità vengono risolte con la creazione di un legame formale che, partendo da una riforma dei Trattati (e forse anche della Convenzione), sembra in linea con l’ampiezza delle possibili combinazioni dei futuri legami tra democrazia, sovranità e diritti così come emergono dallla dichiarazione congiunta di Laeken del 15 dicembre 200190.
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