LIBRO VII CAPITOLO QUINTO
Libro VII:96 - 5, 1. Tito Cesare, dopo essersi trattenuto alquanto tempo a Berito, come abbiamo detto, riprese il cammino, e in tutte le città della Siria in cui passava offrì magnifici ludi utilizzando i prigionieri giudei per dar spettacolo della loro strage. Durante il viaggio vide anche un fiume la cui caratteristica merita che se ne faccia un cenno.
Libro VII:97 Esso scorre tra Arcea, una città del regno di Agrippa, e Rafanea, ed ha una strana peculiarità.
Libro VII:98 Quando scorre è ricco di acque e non è lento il suo corso; poi le fonti cessano totalmente di alimentarlo e per lo spazio di sei giorni dà a vedere il suo alveo asciutto;
Libro VII:99 quindi, come se non si fosse verificato alcun cambiamento, al settimo giorno l'acqua rifluisce nella stessa quantità. Si è constatato che osserva sempre regolarmente questo ciclo, onde è stato chiamato fiume Sabbatico dal nome del settimo giorno festivo dei giudei.
Libro VII:100 - 5, 2. Il popolo di Antiochia, quando seppe che Tito era vicino, per la gioia non fu capace di restare entro le mura, ma si affrettò a muovergli incontro.
Libro VII:101 Vennero avanti per più di trenta stadi non soltanto gli uomini, ma anche una gran folla di donne coi bambini riversandosi fuori dalla città.
Libro VII:102 E quando videro che si appressava, si disposero sui due margini della strada protendendo le braccia fra grandi acclamazioni e, lanciando ogni sorta di evviva, tornarono indietro per accompagnarlo.
Libro VII:103 Fra le grida festose ricorreva continuamente l'invocazione di scacciare i giudei dalla città.
Libro VII:104 Tito non assentì per nulla a questa richiesta, limitandosi ad ascoltare senza alcuna reazione a ciò che dicevano; ma i giudei, essendo all'oscuro dei suoi pensieri e delle sue intenzioni, vissero giorni di grande angoscia.
Libro VII:105 Tito, infatti, non si fermò ad Antiochia, ma proseguì direttamente fino a Zeugma sull'Eufrate, dove lo aspettava un'ambasceria inviata dal re dei Parti Vologese per offrirgli una corona d'oro per la vittoria sui giudei.
Libro VII:106 Ricevuto l'omaggio, e offerto un banchetto in onore dei messi reali, Tito fece ritorno ad Antiochia.
Libro VII:107 Il senato e il popolo degli Antiocheni lo pregò insistentemente di recarsi nel teatro, dove tutta la popolazione s'era raccolta per festeggiarlo, ed egli benignamente acconsentì;
Libro VII:108 ma quando quelli con reiterate insistenza gli chiesero di bandire i giudei dalla città, egli ebbe una pronta risposta:
Libro VII:109 “La loro patria, dove si dovrebbe rinviare chi è giudeo, è ormai distrutta, e non esiste altro posto che potrebbe accoglierli”.
Libro VII:110 Abbandonata la prima richiesta, gli Antiocheni ne fecero una seconda, quella di rimuovere le tavole di bronzo in cui erano sanciti i diritti dei giudei.
Libro VII:111 Tito però negò loro anche questa concessione e, lasciando i giudei di Antiochia nella stessa condizione giuridica che avevano prima, proseguì alla volta dell'Egitto.
Libro VII:112 Durante il viaggio, passò per Gerusalemme e, paragonando quel lugubre spettacolo di desolazione all'antico splendore della città, dinanzi a quegli immensi cumuli di rovine richiamando alla mente la bellezza di un tempo,
Libro VII:113 si commosse per la sua distruzione: e non, come altri avrebbe fatto, vantandosi di averla espugnata nonostante fosse una città così grande e così forte, ma non stancandosi di maledire chi aveva la colpa d'aver fatto esplodere la rivolta e attirato una tale punizione sulla città. Così fu chiaro a tutti che egli non aveva voluto punire la città con la distruzione per poter far sfoggio del suo valore.
Libro VII:114 Delle grandi ricchezze della città una parte non piccola continuò a venir fuori dalle rovine; molte i romani ne scavarono,
Libro VII:115 ma per lo più le ricuperarono su indicazione dei prigionieri: oro, argento e gli altri oggetti di maggior pregio che i proprietari avevano sotterrato in vista dei dubbi casi della guerra.
Libro VII:116 - 5, 3. Tito, proseguendo nel suo viaggio verso l'Egitto, attraversò rapidamente il deserto e arrivò ad Alessandria.
Libro VII:117 Avendo deciso d'imbarcarsi alla volta dell'Italia, rinviò alle sedi di provenienza le due legioni che l'avevano accompagnato, la quinta in Mesia e la quindicesima in Pannonia.
Libro VII:118 Quanto poi ai prigionieri, diede ordine di trasportare immediatamente in Italia i due capi, Simone e Giovanni, assieme ad altri settecento scelti per la statura e la prestanza fisica, con l'intenzione di trascinarli in catene nel trionfo.
Libro VII:119 Il suo viaggio per mare si svolse felicemente, come meglio non si poteva desiderare, e Roma gli riservò un'accoglienza calorosa come aveva fatto con suo padre, tranne che quella di Tito fu resa più solenne dalla presenza dello stesso Vespasiano.
Libro VII:120 Per la folla dei cittadini vedere riuniti insieme i tre imperatori fu una gioia straordinaria.
Libro VII:121 Dopo pochi giorni, essi decisero di celebrare le loro imprese con un unico trionfo, sebbene il senato ne avesse decretato uno per ciascuno.
Libro VII:122 Preavvisati del giorno in cui si sarebbe svolta la cerimonia trionfale, senza che nessuno dell'immensa popolazione di Roma restasse in casa, tutti uscirono a prendere posto dovunque si poteva stare, lasciando libero soltanto lo spazio per far sfilare il corteo.
Libro VII:123 - 5, 4. Era ancora buio quando tutto l'esercito, uscito inquadrato nei diversi reparti sotto i rispettivi comandanti, si era disposto non dinanzi all'ingresso dei palazzi imperiali, ma nei pressi del tempio di Iside, dove gli imperatori avevano riposato quella notte.
Libro VII:124 All'apparire dell'alba, Vespasiano e Tito uscirono incoronati d'alloro e rivestiti delle tradizionali vesti di porpora,
Libro VII:125 e raggiunsero il portico di Ottavia, dove erano ad attenderli il senato, i magistrati e i cittadini di dignità equestre.
Libro VII:126 Dinanzi al portico era stata innalzata una tribuna su cui erano stati collocati per loro dei seggi d'avorio e, quando essi vi si furono seduti, immediatamente i soldati cominciarono a inneggiare rendendo testimonianza a una voce al loro valore; gli imperatori non erano in armi, ma portavano vesti di seta col capo coronato d'alloro.
Libro VII:127 Vespasiano, dopo aver ricevuto il loro omaggio, fece segno a un certo punto, sebbene quelli volessero continuare, di tacere;
Libro VII:128 si stabilì un generale, profondo silenzio ed egli, levatosi in piedi e ricopertasi col mantello quasi tutta la testa, pronunciò le preghiere di rito, mentre anche Tito pregava.
Libro VII:129 Dopo le preghiere, Vespasiano rivolse un breve indirizzo a tutti; quindi congedò i soldati, perché partecipassero al tradizionale banchetto offerto loro dagli imperatori,
Libro VII:130 e raggiunse la porta che prende il nome dal fatto che viene sempre attraversata dalle sfilate dei trionfi.
Libro VII:131 Ivi gli imperatori, dopo essersi rifocillati, indossarono le vesti trionfali e, celebrato un sacrificio in onore delle divinità le cui statue adornavano la porta, diedero il via al corteo facendolo passare attraverso i teatri, affinché la folla potesse più agevolmente assistere allo spettacolo.
Libro VII:132 - 5, 5. Sarebbe impossibile descrivere in maniera adeguata la varietà e la magnificenza delle cose messe in mostra sotto i diversi aspetti, sia delle opere d'arte, sia della varietà dei tesori, sia delle rarità naturali;
Libro VII:133 infatti, quasi tutte le cose più mirabili e preziose, che mai a vari individui fortunati fu dato singolarmente di possedere, in quel giorno erano raccolte insieme a mostrare la grandezza dell'impero romano.
Libro VII:134 Si poteva vedere argento, oro e avorio lavorato in mille modi e in quantità così enorme da sembrare non che venisse portato in corteo, ma che scorresse come un fiume; poi seguivano stoffe di porpora fra le più preziose ed altre ricamate secondo l'arte babilonese con disegni perfetti;
Libro VII:135 venivano poi gemme trasparenti, alcune incastonate in corone d'oro, altre in altre composizioni, e in tale abbondanza da far pensare che a torto noi le consideriamo una rarità.
Libro VII:136 Erano anche portate in processione, statue delle loro divinità, di mirabile grandezza, lavorate con arte raffinata e tutte di materiale prezioso. Seguivano poi animali di molte specie, tutti adornati in maniera appropriata,
Libro VII:137 e anche la moltitudine degli uomini che li conducevano sfoggiavano vesti purpuree trapunte d'oro, mentre quelli che erano stati scelti per sfilare in parata avevano una tale magnificenza di ornamenti da sbalordire.
Libro VII:138 Inoltre, anche le caterve dei prigionieri non apparivano una moltitudine scomposta, ma la varietà e la bellezza dei loro costumi nascondevano alla vista lo spiacevole spettacolo dei maltrattamenti da loro subiti.
Libro VII:139 Ma quello che più destava l'ammirazione erano gli scenari mobili, che per la loro grandezza facevano temere per la sicurezza del loro trasporto essendo per lo più di tre o quattro piani,
Libro VII:140 ma che per la complessità delle composizioni suscitavano a un tempo diletto e stupore.
Libro VII:141 Molti erano incorniciati entro drappeggi di stoffe trapunte d'oro, e tutti avevano riquadri di oro e di avorio lavorato.
Libro VII:142 Suddivisa in parecchie scene, la guerra vi era rappresentata con la più grande efficacia;
Libro VII:143 si poteva vedere una ricca contrada desolata dalle devastazioni, intere schiere di nemici sterminate, mentre alcuni si davano alla fuga e altri erano trascinati in schiavitù, mura di straordinaria grandezza diroccate dalle macchine, possenti fortezze conquistate, città con le difese gremite di difensori espugnate senza scampo,
Libro VII:144 un esercito che dilagava entro le mura, un luogo inondato di sangue, i nemici che non potendo più resistere levavano le mani in atto di supplica, templi dati alle fiamme, case che crollavano sulle teste dei padroni e, dopo tanta rovina e devastazione,
Libro VII:145 fiumi che scorrevano non attraverso campi coltivati, per dissetare uomini e bestie, ma attraverso un paese ancora in preda alle fiamme da ogni parte: erano le sciagure che i giudei erano destinati a subire quando si erano gettati nella guerra.
Libro VII:146 L'arte e la complessità delle scene raffigurate erano tali che a chi non aveva visto svolgersi quei fatti sembrava ora di assistervi di persona.
Libro VII:147 Su ogni scenario era stato collocato il comandante della città espugnata nello stesso arnese in cui era stato catturato. Seguivano poi anche numerose navi.
Libro VII:148 Il resto del bottino veniva trasportato alla rinfusa, ma fra tutto spiccavano gli oggetti presi nel tempio di Gerusalemme, una tavola d'oro del peso di molti talenti e un candelabro fatto ugualmente d'oro, ma di foggia diversa da quelli che noi usiamo.
Libro VII:149 Vi era infatti al centro un'asta infissa in una base, da cui si dipartivano dei sottili bracci simili nella forma a un tridente e aventi ciascuno all'estremità una lampada; queste erano sette, dimostrando la venerazione dei giudei per quel numero.
Libro VII:150 Veniva poi appresso, ultima delle prede, una copia della legge dei giudei.
Libro VII:151 Seguivano molti portatori di statue della Vittoria, fatte tutte d'oro e d'avorio, e dietro la quadriga di Vespasiano e poi quella di Tito,
Libro VII:152 mentre Domiziano cavalcava al loro fianco in splendide vesti, montando un magnifico cavallo.
Libro VII:153 - 5, 6. La meta del corteo trionfale era il tempio di Giove sul Campidoglio, e arrivati colà si fermarono; infatti secondo un'antica usanza si doveva aspettare l'annuncio della morte del capo dei nemici.
Libro VII:154 Questi era Simone, figlio di Ghiora, che fino a quel momento aveva sfilato fra gli altri prigionieri e che ora con una corda al collo venne trascinato, fra ingiurie e percosse, in un luogo vicino al Foro, dove i romani fanno eseguire le condanne a morte dei malfattori.
Libro VII:155 All'arrivo della notizia che era stato ucciso, accolta tra vive acclamazioni, gli imperatori cominciarono a celebrare i sacrifici e, dopo averli offerti con le preghiere di rito, si ritirarono nel palazzo.
Libro VII:156 Quivi alcuni vennero trattenuti a banchetto, mentre per tutti gli altri erano già state approntate le mense nelle loro case.
Libro VII:157 Quel giorno infatti la città dei romani festeggiò la vittoria sui nemici, la fine delle lotte intestine e l'inizio di liete speranze per il futuro.
Libro VII:158 - 5, 7. Dopo aver celebrato il trionfo e consolidato nella maniera più stabile le basi dell'impero romano, Vespasiano decise d'innalzare un tempio della Pace, che venne costruito in assai breve tempo e di una magnificenza superiore ad ogni umana immaginazione.
Libro VII:159 Egli infatti, oltre a dedicarvi gli straordinari mezzi della sua ricchezza, lo adornò anche con antichi capolavori di pittura e di scultura;
Libro VII:160 vennero infatti raccolti e conservati in quel tempio tutte le opere per ammirare le quali fino a quel momento gli uomini avevano dovuto viaggiare per tutta la terra, desiderosi di vederle pur essendo disperse in questo o in quel paese.
Libro VII:161 Qui ripose anche la suppellettile d'oro presa al tempio dei giudei, di cui andava fiero;
Libro VII:162 invece la copia della loro legge e i velari color porpora del santuario ordinò di riporli e conservarli nel palazzo.
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