Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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Salirono sulla macchina di superficie che avevano no-

leggiato e Trevize attivò la mappa elettronica della città

le cui torri erano visibili all'orizzonte.
--Sayshell City--disse--la capitale del pianeta. Cit-

tà, pianeta e stella si chiamano tutti Sayshell.


--Sono preoccupato per la nave--insistette Pelorat.
--Non c'è motivo di preoccuparsi--disse Trevize.--

Torniamo stasera perché ci conviene dormire sulla nave

se restiamo più di qualche ora. Dovete anche capire, Ja-

nov, che esiste un codice etico interstellare negli spazio-


'' porti, un codice che, almeno a quanto ne so, non è mai

stato violato, nemmeno in tempo di guerra. Le astronavi

che vengono in pace non vengono toccate. Se così non fos-

se, nessuno sarebbe mai al sicuro e il commercio sarebbe

impossibile. Il mondo in cui tale codice fosse violato ver-

rebbe boicottato dai piloti spaziali della Galassia. Vi assi-

curo che nessun pianeta sarà mai disposto a correre un si-

mile rischio. Inoltre...


--Inoltre?
--Inoltre ho sistemato le cose col computer in modo

che chiunque non abbia il nostro aspetto e la nostra voce

venga ucciso, se tenta di salire a bordo. Mi sono preso la

libertà di spie,~are la faccenda al Comandante del porto.

yl

Gli ho detto molto gentilmente che avrei tanto voluto di-



sinserire quel meccanismo di sicurezza dato che è noto in

tutta la Galassia come lo spazioporto di Sayshell City of-

fra una garanzia assoluta contro il pericolo di furto, ma

che non potevo farlo in quanto la navè è un modello nuo-

vo e non so come disattivarlo.
--Certo non ci avrà creduto.
--No, naturalmente, ma ha dovuto far finta di creder-

ci, perché in caso contrario sapeva che avrei potuto insul-

tarlo. E poiché ai miei insulti non avrebbe potuto oppor-

re nessuna ragione valida, avrebbe dovuto incassare l'

umiliazione. E dal momento che non aveva nessuna in-

tenzione di venire umiliato, non ha potuto fare a meno di

fingere di credermi.
--E un altro esempio di com'è la gente?
--Sì. Vi ci abituerete.
--Come fate a sapere che non ci sono microspie in que-

sta macchina?


--Ho pensato che ce ne potesse essere una a bordo. Co-

sì quando mi hanno offerto una macchina ne ho preso

un'altra a caso. Se poi le microspie ci sono su tutte, be',

che cos'abbiamo detto in fondo di così terribile?


Pelorat aveva un'aria afflitta.--Non so come dirlo, Go-

lan, mi sembra scortese protes~are, ma... Non mi piace

questo odore che si sente...
--Qui in macchina?
--Be', I'ho sentito innanzitutto nello spazioporto. Im-

magino che tutti gli spazioporti puzzino così, ma l'odore

continua a sentirsi anche qui in macchina. Non possiamo

aprire i finestrini?


Trevize rise.--Immagino di P,oter trovare sul quadro

comandi il bottone per aprire i finestrini, ma anche se li

aprissimo non servirebbe a niente. E il pianeta che puzza.

Non è però una cosa tanto grave, vi pare?


--Be', I'odore non è molto forte, ma si sente ed è piut-

tosto disgustoso. Puzza così tutto quanto il pianeta?


--Continuo a dimenticarmi che non siete mai stato su

un pianeta straniero prima d'ora. Tutti i mondi abitati

hanno il loro odore caratteristico, dato per lo più dalla

vegetazione, ma anche, immagino, dagli animali e dagli

esseri umani. Per quanto ne so, a nessuno piace mai l'

odore di un certo pianeta, la prima volta che ci atterra.

Ma vi ci abituerete, Janov. Fra qualche ora vi assicuro

che non ci baderete più.


F --Non vorrete dire che tutti i pianeti puzzano cosl?

--No. Come vi ho detto ciascun mondo ha il suo puz-

profumo. Se prestassimo più attenzione a queste co-

se, o se il nostro odorato fosse più fino, tipo quello dei ca-

ni di Anacreonte, probabilmente riusciremmo a distin-

guere i pianeti in base al loro odore. Nei primi tempi in

cui ero in Marina non mangiavo mai il primo giorno che

mi trovavo su un nuovo pianeta; poi imparai il trucco dei

- vecchi spaziali, i quali durante l'atterraggio annusano un

fazzoletto impregnato dell'odore del pianeta, in modo

F che quando si trovano su di esso sono già abituati e non

lo giudicano puzzolente. In ogni modo dopo un po' di

tempo si finisce per fare il callo a tutta la faccenda; si im-

~' para semplicemente a non badarci. Il peggio, anzi, diven-

ta tornare a casa.

--Perché?

--Pensate che Terminus non puzzi?

--State per caso dicendomi che puzza?

--Esattamente. Una volta che uno si abitua all'odore

di un altro mondo, come per esempio Sayshell, non avete

idea di quanto possa giudicare fetido Terminus. Ai vecchi

tempi, ogni volta che i portelli si aprivano su Terminus,

dopo un periodo piuttosto lungo di soggiorno altrove, I'

~ equipaggio gridava: «Eccoci tornati a casa, nella merda«.

1 Pelorat aveva un'aria nauseata. Le torri della città

adesso erano nettamente più vicine, ma lui continuava a

tenere gli occhi fissi sull'ambiente intorno a loro. C'erano

altre macchine di superficie che viaggiavano in tutt'e due

le direzioni e ogni tanto, in alto, passava qualche aero-

macchina. Pelorat però studiava gli alberi.

_ Le piante mi sembrano strane--disse.--Pensate

che ce ne siano di native del pianeta?

E --Ne dubito--disse Trevize, distratto. Stava studian-

do la mappa e cercando di regolare il programma compu-

I! ter della macchina.--Non c'è molta vita indigena sui

1 pianeti abitati dall'uomo. I colonizzatori hanno sempre

importato piante e animali dal pianeta d'origine o all'

epoca stessa della colonizzazione, o non molto tempo do-

pO.

--Mi sembra strano, però.



--Non dovete pensare che ci siano gli stessi esatti

esemplari sui vari mondi, Janov. Mi è stato detto una vol-

ta che quando gli esperti dell'Enciclopedia Galattica han-

no compilato un atlante delle diverse specie vegetali,


212 1 ` 213

hanno messo insieme ottantasette grossi dischi di compu-

ter senza riuscire a esaurire l'argomento, o in ogni caso a

garantirne la completezza.


La macchina continuò a procedere e ben presto fu in-

ghiottita dalla periferia della città. Pelorat provò un lieve

brivido e disse:--Non mi piace un granché la loro archi-

tettura.
--A ciascuno la sua disse Trevize, con l'indifferenza

del viaggiatore esperto.
--A proposito, dove siamo diretti?
--Sto tentando di indurre il computer a guidare que-

sto aggeggio fino al centro turistico--disse Trevize, al-

quanto irritato.--Spero che il computer conosca i sensi

unici e le regole del traffico, perché io non li conosco pro-

prio.
--E là cosa facciamo, Golan?
--Innanzitutto, dato che siamo qui come turisti, quello

è il posto dove è più logico andare se non vogliamo farci

notare. In secondo luogo dove andreste voi a cercare in-

formazioni su Gaia?


--In un'università--disse Pelorat--oppure presso un

istituto di antropologia, o in un museo. Non certo in un

centro turistiCo!
--Be', vi sbagliate. Al centro turistico noi saremo i tipi

intellettuali ansiosi di vedere un elenco delle università,

dei musei e degli altri istituti culturali della città. Poi de-

cideremo da quale posto cominciare e là potremo trovare

gente esperta di storia antica, galattologia, mitologia, an-

tropologia, che ci potrà aiutare. Ma tutta la faccenda de-

ve cominciare al centro turistico.
Pelorat restb zitto mentre la macchina avanzava in

mezzo al traffico inténso. Svoltarono per una strada se-

condaria, oltrepassando cartelli che forse indicavano di-

rezioni e stabilivano regole di traffico, ma che essendo

scritti in caratteri particolari erano praticamente illeggi-

bili .
Per fortuna la macchina procedeva come se conoscesse

la strada e quando si ferma, entrando in un parcheggio

lo fece davanti a un cartello che diceva, con i soliti carat-

teri: UFFIC10 STRAI~IIERI Dl SAYSHELL. Sotto la scritta ce n era

un'altr.l perfettamente leggibile che con i caratteri del

galattico standard annunciava il CENTRO TURISTICO Dl S~Y-
SHELL .
Entrarono nel palazzo, che non era così vasto come la
F facciata lasciava supporre. Dentro non fervevano partico-

lari attività.


C'erano varie cabine di attesa, una delle quali era occu-

pata da un uomo che leggeva le strisce-notiziario che

spuntavano da un piccolo eiettore. In un'altra cabina due

donne erano concentrate su un gioco complicato per il


F quale venivano usate carte e gettoni di varia misura. Die-

tro un banco, dove brillavano comandi di computer che

parevano troppo complicati per lui, c'era un funzionario

sayshelliano dall'aria annoiata. Indossava un vestito che

sembrava una scacchiera multicolore.
~ Pelorat lo fissò e sussurrò:--E certo un mondo dove l'

L abbigliamento è vistoso.


--Sì--disse Trevize--I'ho notato. Ma la moda cam-

bia da tnondo a mondo e a volte, passando da una regio-

ne all'altra, è diversa pérsino sullo stesso pianeta. E cam-

bia secondo le epoche. Cinquant'anni fa su Sayshell

avrebbero potuto anche vestirsi tutti di nero, per quel che

ne sappiamo noi. Non stupitevi troppo.


--Dovrò abituarmi, certo--disse Pelorat--ma prefe-
. risco la moda di Terminus. Se non altro, non costituisce

un attacco al nervo ottico.


--Perché tanti di noi si vestono di grigio? Alcuni criti-
T cano la cosa e lo definiscono un vestire sporco. D'altra

3 parte, è forse proprio la mancanza di colori che caratte-

` rizza la moda della Fondazione a indurre gli abitanti di

Sayshell a vestirsi di abiti multicolori. Così hanno l'im-

pressione di affermare maggiormente la loro indipenden-

za. Su, Janov, andiamo.


I due si diressero verso il banco e mentre lo facevano l'

uomo dentro la cabina lasciò perdere il notiziario, si alzò

e andò loro incontro sorridendo. I suoi vestiti avevano

una tonalità grigia.


In un primo tempo Trevize non guardò nella sua dire-

zione, ma quando lo fece si immobilizz~ di colpo.


--Per la Galassia!--disse, traendo un respiro profon-

do.--Il mio amico, il traditore!


DODICESIMA PARTE

L'agente


43

Munn Li Compor, consigliere di Terminus, tese con aria

incerta la mano destra a Trevize.
Trevize fissò con occhi duri quella mano e non la strin-

se. Disse, come parlando all'aria:--Non posso permet-

termi il lusso di creare un guazzabuglio tale da farmi ar-

restare per disturbo della quiete pubblica, su questo pia-

neta straniero, ma credo che me lo permetterò, quel lus-

so, se questo individuo si avvicinerà di un solo passo.


Compor si arrestò di colpo, esitò e alla flne, dopo aver

lanciato un'occhiata incerta a Pelorat, disse sottovoce:--

Posso parlare un attimo? Spiegarmi? Mi starai ad ascol-

tare?
Pelorat, corrugando la fronte, guardò prima Trevize,

poi Compor.
--Che significa tutto questo, Golan?--disse.--Abbia-

mo per caso incontrato su questo pianeta sperduto una

persona che conoscete?
Trevize continuò a fissare Compor, ma girò leggermen-

te il busto, in modo che fosse chiaro che si rivolgeva a Pe-

lorat.
--Questo... individuo--disse--perché in effetti dall'

aspetto si è costretti a definirlo tale, una volta, su Termi-

nus, mi era amico. Come faccio sempre con gli amici, mi

fidavo di lui. Gli ho confessato le mie opinioni, che non

erano proprio di quelle che si possono gridare ai quattro

venti. Lui è andato a raccontare tutto alle autorità, a

quanto sembra con dovizia di particolari, e non si è nem-

meno preoccupato di dirmi che aveva fatto la soffiata.

Così sono caduto in pieno in una trappola e adesso mi tro-

vo in esilio. E ora questo essere pretende che gli getti le

braccia al collo.
Girò di nuovo il busto verso Compor e si passò le dita

fra i capelli, riuscendo solo a scompigliarsi di più i ricci.


--Senti, tu, dimmi piuttosto una cosa. Che cosa ci fai

qui? Con tutti i pianeti che ci sono nella Galassia come

mai sei finito proprio su questo? E come mai adesso?
La mano di Compor, che era rimasta tesa per tutta la

durata del discorso di Trevize, ricadde lungo il fianco. Il

sorriso scomparve dal suo volto, insieme con l'aria di si-

curezza che gli era così caratteristica; Cornpor d'un tratto

apparve più giovane dei suoi trentaquattro anni, e abba-

stanza afflitto.--Posso spiegarti--disse--ma solo se

accetti che cominci la storia dall'inizio.
Trevize si guardò un attimo intorno.--Qui? Vuoi dav-

vero parlare della cosa qui, in un luogo pubblico? Vuoi


~ proprio che te le suoni di santa ragione davanti a tutti, do-
E po aver ascoltato le tue bugie?
Compor alzò le mani, tenendo le palme una davanti all'

altra.--E il posto più sicuro, credimi.--PQi, intuendo

che cosa l'altro si accingeva a dire, si corresse e aggiunse:

--O non credermi, non importa. Sto dicendo la verità,


~' però. Mi trovo su questo pianeta da un po' più di tempo

di te e ho fatto i miei controlli. E un giorno particolare

oggi, su Sayshell. E, pare, una giornata dedicata alla me-
lr ditazione. Quasi tutti si trovano, o dovrebbero trovarsi, a

P casa. Vedi com'è vuoto questo posto, no? Non pénserai

~ che sia così tutti i giorni, vero?
,~ Con un cenno di assenso, Pelorat disse:--Mi stavo pro-

prio chiedendo perché fosse così vuoto.--Avvicinb la

bocca all'orecchio di Trevize e sussurrò:--Perché non gli

lasciate dire quel che deve dire, Golan? Ha un'aria cosl

afflitta, poverino, e sembra intenzionato a scusarsi con

voi. Mi pare ingiusto non dargli la possibilità di farlo.


F --Il dottor Pelorat sembra ansioso di ascoltarti--disse

Trevize.--Sono disposto a fargli la cortesia che mi chie-

de, ma tu farai a me la cortesia di essere breve. Questo

potrebbe essere il giorno più adatto per perdere la pa-

zienza. Se è vero che tutti sono assorti in meditazione,

forse i tutori della legge non arriveranno in caso io faccia

un po' di casino. Domani potrei non essere altrettanto

fortunato. Perché perdere una così bella occasione?


Con voce tesa, Compor disse:--Senti, se vuoi darmi un

pugno, fallo. Non alzerò neppure un dito per difendermi.

Fallo, ma ascoltami!
--Parla, allora. Per un po' accetto di starti a sentire.
--Innanzitutto, Golan...
--Chiamami Trevize, per piacere, poche confidenze,
tra di noi.
--Innanzitutto, Trevize, devo dire che tu mi convinc~
sti anche troppo dell'esattezza della tua teoria...
~` --Hai saputo nasconderlo assai bene. Avrei giurato che

le mie opinioni ti facessero ridere.


--Cercai di buttarla sul ridere per nascondere a me

stesso di essere turbato dalle tue idee. Senti, sediamo-

ci vicino al muro. Anche se il posto è vuoto, non vorrei

che a quei pochi che entrano apparissimo troppo

vistosi.
I tre uomini attraversarono lentamente la grande sala.

Compor aveva di nuovo abbozzato un sorriso, ma si tene-

va prudentemente a una certa distanza da Trevize. Si se-

dettero su poltrone che sotto il loro peso cedettero, mor-

bide, accompagnando la forma dei fianchi e delle natiche.

Pelorat apparve sorpreso e fece per alzarsi.


--Rilassatevi, professore--disse Compor.--Ho già

avuto modo di studiare la faccenda. In alcuni settori, qui,

sono più progrediti di noi. E un mondo che crede nelle

piccole comodità.


Si girb verso Trevize posando un braccio sullo schiena-

le della poltrona e pariando finalmente senza troppa ten-

sione.--Mi avevi turbato. Mi avevi convinto dell'esisten-

za della Seconda Fondazione, e questo mi era parso terri-

bile. Pensai che se era vero che la Seconda Fondazione

esisteva, questa poteva intervenire in qualche modo e to-

glierti di mezzo in quanto personaggio scomodo. E che se

mi fossi comportato come uno che condivideva le tue

idee, sarei stato tolto di mezzo anch'io. Capisci il mio

punto di vista?


--Capisco che sei un codardo.
--A che sarebbe servito fare l'eroe da libro di scuola?

--disse Compor con foga, spalancando indignato gli oc-

chi azzurri.--Come possiamo, tu o io, tener testa a un'or-

ganizzazione capace di plasmare la mente e i sentimenti?

Innanzitutto, per combatterla, dovremmo preoccuparci

di nasconderle che sappiamo.


--Tu l'hai fatto e ti sei salvato eh? Eppure ne hai par-

lato col sindaco Branno. Un bel rischio.


--Sì. Ma ho pensato che ne valesse la pena. Se ne aves-

simo parlato solo fra di noi, forse avremmo ottenuto uni-

camente di farci controllare la mente o di farci cancellare

la memoria. Ho pensato che se invece avessi parlato col

sindaco... Sai, conosceva bene mio padre. Mio padre e io

siamo emigrati da Smyrno e il sindaco aveva una nonna

che...
--Sì, sì--disse Trevize spazientito--e risalendo in-

dietro di molte generazioni arrivi a trovare le tue ascen-

denze nel Settore Sirio. L'hai già raccontato a tutte le

persone che conosci. Avanti dunque, Compor!


--Bene, ho chiesto alla Branno di ricevermi. Mi sono

detto che se fossi riuscito, con le tue argomentazioni, a

convincere lei, la Federazione forse avrebbe preso qual-

che provvedimento. Non siamo più così indifesi come all'

epoca del Mulo. Poi ho pensato che, nella peggiore delle

ipotesi, diffondendo maggiormente le tue teorie pericolo-

se il rischio l'avrebbero corso più persone e non solo noi
~i due.
F Trevize disse, ironico:--Mettere in pericolo la Fonda-

i~ zione pur di garantire a se stessi l'incolumità. Che pa-

1 triottismo!
--Ho detto nell'ipotesi peggiore. Io speravo in quella

migliore.--Compor aveva la fronte lievemente imperla-

~ ta di sudore. L'atteggiamento di disprezzo di Trevize

J sembrava metterlo a dura prova.


--E non mi hai mai parlato di questo tuo astuto piano,
--No, e me ne dispiace, Trevize. Il sindaco mi ha ordi-

nato di non farlo. Ha detto che voleva tirar fuori da te tut-

to quello che sapevi, ma tu ti saresti bloccato e non avre-

sti detto niente se avessi saputo che le tue opinioni erano

.' state rese note.
--~ aveva pienamente ragione!
--Io non sapevo, non potevo immaginare assolutamen-

te che stesse progettando di arrestarti e di spedirti in esi-


i 1io.
--Stava semplicemente aspettando la congiuntura po-

J litica giusta, il momento in cui la mia condizione di con-

| sigliere non fosse sufficiente a proteggermi. Come mai

non l'hai previsto?


--Come potevo? Nemmeno tu l'hai previsto.
--Se avessi saputo che era al corrente di ciò che pensa-

vo, I'avrei previsto di sicu~o--ribatté Trevize duramen-


~.,
--E facile dirlo adesso, col senno di poi--disse Com-

por, con una nota improvvisa d'insolenza.


--E adesso, qui, cos'è che vuoi da me? Cos'è che vuoi,

i' adesso che hai anche tu un po' di senno di poi?


--Riparare il malfatto. Farmi perdonare per il torto

che ti ho involontariamente, involontariamente, bada be-

ne, fatto.
--Come sei buono!--disse Trevize, secco.--Come sei

gentile! Ma non hai risposto alla domanda iniziale. Come

mai sei capitato qui? Non è singolare che ti trovi sullo

stesso pianeta su cui mi trovo io?


--La risposta non e difficile--disse Compor.--Ti ho

seguito.
--Attraverso l'iperspazio? Hai seguito una nave come

la mia, che ha compiuto i Balzi uno dietro l'altro?
Compor scosse la testa.--Non è strano còme pensi. Ho

lo stesso tipo di nave che hai tu con lo stesso tipo di com-

puter. Sai che ho sempre avuto;'abilità di intuire la dire-

zione presa da una nave al momento di entrare nell'iper-

spazio. Oddio, di solito l'intuizione è abbastanza appros-

simativa, diciamo che tendo a indovinare una volta su

tre, ma col computer ci riesco molto meglio. E tu hai esi-

tato parecchio, all'inizio, e mi hai dato il modo di calcola-

re la direzione e la velocità che avresti preso nel Balzo.

Ho fornito al computer i dati e le mie estrapolazioni di

natura intuitiva, e lui ha fatto il resto.
--E sei arrivato in città prima di me?
--Sì. Tu nonhai usato i motori gravitazionali, io sì. Ho

immaginato che saresti venuto nella capitale, così sono

andato a colpo sicuro, mentre tu...--Compor descrisse

con l'indice il breve movimento a spirale di una nave che

seguisse un fascio direzionale.
--Hai corso il rischio di avere grane grosse con i fun-

zionari della Dogana.


--Be'...--Compor fece un sorriso così aperto e affasci-

nante che Trevize si sentì per un attimo meno diffidente

nei suoi confronti.--Non sono un codardo sempre e in

qualsiasi circostanza.


Trevize riprese immediatamente il suo atteggiamento

rigido. `


--E come mai hai una nave uguale alla mia?
--Per lo stesso motivo per cui tu hai la tua. Me l'ha as-

segnata la vecchia signora, ovvero il sindaco Branno.


--Perché?
--Voglio essere completamente sincero con te. Me l'ha

assegnata con l'incarico di seguirti. Voleva sapere dove

andavi e cosa avresti fatto.
--E tu, ligio, le hai fatto regolarmente rapporto, sup-

pongo. O hai per caso tradito anche il sindaco?


--Ho fatto rapporto. In realtà non avevo scelta. Mi ha

messo a bordo della nave un iper-relé che in teoria non

avrei dovuto trovare, ma che in effetti ho trovato.
--Allora?
--Purtroppo è collocato in modo che non posso rimuo-

verlo senza bloccare la nave. O almèno non so trovare la

maniera di toglierlo. Di conseguenza lá Branno sa dove

mi trovo e dove ti trovi tu.


--Metti che non fossi riuscito a seguirmi. In quel caso

non avrebbe saputo dove mi trovo. Ci hai pensato?


--Certamente. Ho pensato che avrei potuto riferire
r--
,F semplicemente che ti avevo perso di vista, ma lei non lo

avrebbe creduto, ti pare? E non sarei stato più in grado


~i per chissà quanto tempo di tornare su Terminus. E non

,~` sono come te, Trevize. Non sono una persona spensierata,

~` senza legami. Su Terminus ho una moglie, una moglie in-

~: cinta, e voglio tornare da lei. Tu puoi permetterti il lusso

! di pensare solo a te stesso, io no. E poi non ho rinunciato

f a seguirti anche per poterti avvertire. Per Seldon è da

~i quando ci siamo visti che sto cercando di fare questó, e tu

~; non mi dai retta, continui a parlare d'altro.


--La tua improvvisa sollecitudine nei miei riguardi

non mi commuove affatto. Contro che cosa puoi mettermi


~ in guardia? Secondo me, sei tu l'unica cosa contro cui de-

L~ VO essere messo in guardia. Mi hai tradito una volta e


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