Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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Isaac Asimov.
L'ORLO DELLA FONDAZIONE.
Traduzione di Laura Serra.
(C) 1985 Arnoldo Mondadori Editore.
(C) 1982 By Isaac Asimov.
Titolo dell'opera originale,

Foundation's Edge.


Introduzione di Giuseppe Lippi.

L'altra faccia della Fondazione.


E il mattino del primo agosto 1941; a New York, nella Setti-

ma Avenue, un giovanotto di belle speranze sale i gradini del

palazzo Street & Smith, la vecchia casa editrice specializza-

ta in pulp magazines che pubblica "Astounding Science Fic-


tion" (ex "Astounding Stories"). Il giovanotto ha un appunta-

mento col signor Campbell - sì, John W. Campbell jr., con-

ferma all'usciere mentre attende impaziente il pass.
Attraversa quindi alcuni corridoi, e finalmente (dopo la vi-

sione di una magica stanza in cui sono accumulati, in tanti

pacchetti, gli "Astounding" del mese dopo!), accede all'ufficio

del signor Campbell. Il giovanotto è Isaac Asimov, un pro-

mettente nuovo autore che ha già venduto cinque racconti e

che si considera ormai auno di famiglia" lì a "Astounding", il

re dei pulp di fantascienza. Quando si reca agli appuntamen-

ti con Campbell - vere e proprie story conferences, come si


dice oggi in gergo hollywoodiano - Asimov dimentica còm-

pletamente il mondo esterno, non riesce che a pensare a

"Astounding", al suo direttore e ai racconti in fleri di cui do-

vranno parlare insieme.


Cosl, oggi, primo agosto '41, Asimov non pensa all'ombra

minacciosa di Hitler che sovrasta l'Europa, all'invasione del-

la Russia o alla Battaglia d'Inghilterra: ma al fatto che lui

deve discutere un nuovo soggetto con Campbell, e che, pur-

troppo, non ha nessun nuovo soggetto in mente...
Preso dalla disperazione (é mentre l'usciere lo annuncia al

direttore3, Asimov comincia a sfogliare nervosamente un-vo-

lume che tiene sotto il braccio: sono i libretti di Gilbert &

Sullivan, i famosi autori d'operette che rimarranno per tutta

la vita gli idoli del nostro autore. Ed ecco, il libro si apre a

caso.su una pagina della lolanthe in cui la Regina delle Fate

si butta ai piedi del soldato Willis. Il soldato Willis... uhm,

fantastica Asimov abbandonandosi alla libera associazione

d'idee... Spesso, dove ci sono regine e soldati c'è anche un

impero. Come l'impero romano, ad esempio. Che cadde nel

476 per far posto a un lungo medioevo... A questo punto, la

scintilla: Asimov ha letto per ben due volte il Dectino e cadu-

ta dell'impero romano di Gibbon e si è trastullato con l'idea

di volgerlo in chiave fantascientifica. Ora sa di che cosa par-

lerà a Campbell: di un impero galattico e del suo crollo.
Perdinci, che idea!
- Appena in tempo, perché l'usciere si fa da parte e invita

Asimov a entrare: il signor Campbell lo aspetta.


John Wood Campbell è un pezzo d'uomo coi capelli taglia-

ti a spazzola e gli occhiali con montatura d'acciaio. Il suo

non è un grande ufficio, ma in quel momento gli occhi di Asi-

mov luccicano: sulla scrivania ingombra di carte, in un an-

golo, spicca l'originale della copertina del numero di agosto,

un bel disegno di Rogers che raffigura un gruppo di astrona-

vi azzurrine sulle rampe di lancio e che illustra il racconto di

Nat Schachner Jurisdiction. C'è anche il manoscritto di Ro-

bert Heinlein relativo alla seconda puntata dei Figli di Matu-

salemme, uscita quello stesso mese. Le correzioni editoriali,

a matita rossa, sono discrete ma evidenti. Ma il cuore di Asi-

mov ha un tuffo quando scorge un secondo originale di Ro-

gers, quello per il numero di settembre: illustra nientemeno

che un suo racconto, il celebre Notturno!


In un ufficio così c'è da perdere la testa, e Asimov deve se-

dersi. Campbell capisce: la sindrome dell'autor giovane ha

colpito ancora, e gli porge un bicchier d'acqua.
"Caro Asimov, di cosa parliamo oggi?"
~Asimov fa appena in tempo a rispondere: "Di imperi galat-

tici" che subito Campbell s'infiamma, I'idea lo ha conquista-

to, bisogna scrivere al più presto il racconto. Ne discutono

insieme i particolari, e ben presto Campbell convince il suo

scrittore che un'idea così non si può comprimere in una sin-

gola storia: ce ne vorranno due, tre, una serie. Facendo pic-

coli saltelli eccitati per la stanza (mentre Asimov lo guarda

con un misto di soddisfazione e d'apprensione) Campbell si

fa raccontare i dettagli, che il giovane collaboratore improv-

visa 11 per li. Dunque, il Primo Impero Galattico è crollàto: ci

vorranno mille anni prima che il Secondo possa sorgere dal-

le sue ceneri, e è di questo periodo d'interregno che si occu-

perà la serie. Vi saranno narrate le lotte, le difficoltà, gli im-
r
previsti cui i difensori della pace galattica andranno incon-

tro per porre fine al turbolento Medioevo stellare...


A questo punto (è facile immaginarlo) Campbell si volta

verso Asimov e fa schioccare le dita: "Caro Asimov, è tutto

grandioso, assolutamente inedito, ma come può un Medioe-

vo galattico durare solo mille anni? Andiamo, è ridicolo che

su scala cosmica si debbano rispettare tempi e cronologie

tipicamente terrestri! ~lo, qui ci vuole una trovata...".


E cosi, mentre la story conference prosegue sempre più in-

fervorata, Asimov e Campbell abborracciano assieme il con-

cetto di psicostoria. Si tratta di una scienza immaginaria in

virtù della quale i ricostruttori dell'Impero potranno preve-

dere scientificamente ciò che avverrà negli anni d'interre-

gno, influenzando direttamente gli eventi storici. In questo

modo il terribile Medioevo galattico, destinato a durare

trentamila anni, si ridurrà a soli mille.


Campbell e Asimov si lasciano il primo agosto su questa

intesa; Asimov corre a casa, scrive il racconto (intitolato

Foundation) e lo spedisce 1'8 settembre. Vedrà la luce s~ll nu-

mero di "Astounding" datato maggio 1942. Asimov, che fin

da quei giorni lontani è un saggio amministratore di se stes-

so, fa in modo che il racconto termini su un momento di

grande suspense: in questa maniera non c'è pericolo che

Campbell cambi idea e annulli il progetto di una serie.


Ma il nostro autore ha fatto i conti senza l'oste, e cioè la

sua immaginazione. Che, a quanto pare, si rifiuta categorica-

mente di escogitare nuove avventure per i seguaci di Hari

Seldon e i suoi psicostoriografi, i soli uomini capaci di far ri-

sorgere l'Impero abbattuto. Il 2 novembre del '41 - come Asi-

mov annota nel suo diario - lo scrittore, scQnfortato, incon-

tra l'amico Frederik Pohl sul ponte di Brooklyn. Gli confida

in breve le sue ambasce, specificando che da quasi dieci gior-

ni tenta inutilmente di dare un seguito a Foundation. Pohl ri-

batte qualcosa che Asimov non ricorda, ma che evidente-

mente mette in moto un meccanismo inconscio. Tornato a

casa, infatti, il nostro autore siede al tavolino e comincia a

comporre diligentemente Bridle and Saddle, il secondo episo-

dio della serie (pubblicato su "Astounding" del giugno '42).


Superato questo scoglio, dlce Asimov,l i raccont'i successi-

vi verranno scritti facilmente. Si tratta di: The Btg and the


' La mia fonte è un articolo int;tolato The Story Behind the "Founda-

tion", di Isaac Asimov, apparso nel numero di dicembre 1982 della

saac Asimov's Science Fiction Magazine". Anche le altre citazioni

tra virgolette sono estratte dalla medesima pubblicazione.

Little (agosto 1944), The Wedge (ottobre 1944), Dead Hand

(aprile 1945) e The Mule, pubblicato in due parti nei númeri

di novembre e dicembre 1945: quando apparirà la seconda

puntata, Asimov sarà ormai sotto le armi.


Terminato il servizio militare, il nostro scrive Now You See

It (gennaio 1948) e si rende conto che la serie della Fondazio-

ne ormai l'ha un po' stufato. Nelle sue parole: "Mi ero stan-

cato del ciclo Fondazione così in Now You See It cercai di

porvi fine, risolvendo il mistero dell'ubicazione della Secon-

da Fondaziorie. Ma Campbell, quando lo lesse, non ne volle

sentir parlare: mi obbligò a riscrivere il finale e ottenne la

promessa che avrei preparato almeno un altro racconto". La

storia conclusiva appare sui numeri di "Astounding" del no-

vembre 19~19, dicembre 1949 e gennaio 1950 divisa in tre

puntate. Si intitola And Now You Don't, forse i'inizio di una

minacciosa protesta nei confronti di Campbell: "E adesso

non ti azzardare a chiedermi un seguito".
Otto anni della sua vita, un totale di 220.000 parole: è que-

sto il bilancio che Asimov fa guardandosi alle spalle e ripen-

sando all'avventurosa storia del ciclo della Fondazione. L'ul-

timo racconto esce all'inizio di una nuova fase della sua car-

riera: ormai il nostro è diventato professore di biochimica

alla Facoltà di Medicina dell'Università di Boston, ha pub-

blicato il suo primo libro e non pensa più agli imperi galatti-

Ci. Ma come spesso succede, e a dispetto del suo creatore, la

creatura non vuol saperne di morire.
Chi pensava che il ciclo della Fondazione dovesse languire

per sempre nelle pagine di "Astoundingn, sbagliava di gros-

so: negli anni Cinquanta la fantascienza comincia a venire

pubblicata anche al di fuori delle riviste, sia in paperback

che in edizioni rilegate. Asimov fotocopia diligentemente i

racconti della Fondazione e li sottopone a due case impor-

tanti, ma sia Doubleday (destinato, in futuro, a diventare il

suo editore permanente) sia Little, Brown respingono il se-

rial. Ne è invece attratta una piccola ditta specializzata in

fantascienza, la Gnome Press, fondata nel 1950. L'editore ac-

cetta di pubblicare il ciclo in edizione rilegata, ma chiede a

Asimov il piccolo sforzo di scrivere un supplemento intro-

duttivo, perché ha la sensazione che il primo racconto co-

minci troppo bruscamente. Nel 1951, dunque, vede la luce

Foundation, che raccoglie l'introduzione e le prime quattro

storie originali; nel 1952 è la volta di Foundation and Empire

(con la quinta e la sesta storia) e nel 1953 Second Founda-

tion, con i racconti numero sette e otto.


Purtroppo, però, Gnome è un editore quasi amatoriale:

Asimov non percepisce un solo centesimo di diritti d'autore,

e questa situazione esasperante dura buoni dieci anni. Le co-

se cambiano nel 1961, quando la Doubleday - che è ormai di-

ventata la casa fissa di Isaac Asimov, almeno per quel che

concerne la fantascienza - riceve una richiesta di traduzione

del ciclo da parte di un editore portoghese. Dato che la serie

della Fondazione non le appartiene, Doubleday gira la ri-

chiesta a Asimov, il quale si sfoga sconfortato col suo editor:

"Al diavolo, Tim, quei libri sono fuori del mio controllo". Ti-

mothy Seldes provvede subito a che le cose cambino, acqui-

stando dalla Gnome tutti i diritti. L'accordo è raggiunto nell'

agosto '61: Doubleday stamperà l'edizione rilegata e la Avon

Books quella tascabile (anche se negli anni precedenti c'è

stata una versione economica, parziale, presso la Ace).
E da qu'esto momento che il ciclo - o ìa trilogia, a seconda

dei gusti - diviene patrimonio di quel vasto pubblico che

ignora tutto di ~Astounding", che storcerebbe la bocca al so-

lo sentir nominare un "dinosauro" come Campbell ma che di

fatto comincia ad appassionarsi alla fantascienza. L'edizione

italiana è del 1963-64, I'edizione omnib,us dello Science Fic-

tion Book Club americano viene costantemente ristampata

da vent'anni. Migliaia di lettori scrivono a Asimov, decretan-

do che il ciclo della Fondazione è la sua opera più riuscita.

Questa opinione viene ufficializzata nel 1966, quando la tri-

logia galattica riceve il premio Hugo per il miglior ciclo di

tutti i tempi, battendo 11 Signore degli Anelli di Tolkien.


A differenza di altre opere di successo "dataten, a cui si è

pensato di dare un seguito per ragioni puramente commer-

ciali, il ciclo della Fondazione non ha mai smesso di suscita-

re richieste di "ancora!" da parte dei fans. A un certo punto

un collega di Asimov, lo scrittore Lester Del Rey, ha minac-

ciato di scrivere lui stesso il seguito, se Isaac si fosse intestar-

dito a non farlo. E così, dopo varie pressioni, nel 1971 Asi-

mov siede alla macchina da scrivere e in cima a un virginale

foglio bianco batte il titolo del suo nuovo romanzo: The

Lightning Rod, capitolo numero quattro dell'ex-trilogia ga-

lattica. Má si arresta dopo sole quattordici cartelle. "Negli

anni QuarantaU scriverà, a sua parziale discolpa Umi trovavo

nello stato d'animo adatto a immaginare le avventure della

Fondazione.


"Trent'anni dopo non lo ero più: ormai scrivevo pochissi-

ma narrativa e il grosso del mio lavoro era rappresentato dai

saggi e dai libri di divulgazione. Nemmeno la rilettura dei

prími tre tomi del ciclo era bastata a ispirarmi... Anzi, preso

dal terrore, mi ero domandato: ma che diavolo ci troverà, la

gente, in uha storia come questa?a


Eppure, la gente continuava a trovarla irresistibile. Passa-

no altri ~dieci anni: I'attesa del pubblico è così spasmodica

che un pittore milanese appassionato di science fiction ~iu-

seppe Festino, Uricostruisce" un'ipotetica copertina deila ri-

vista "Urania" in cui si presenta il tanto atteso seguito della

trilogia. Il titolo immaginato da Festino per l'edizione italia-

na è "Terza Fondazione". Molti appassionati prendono la

burla per vera, e così, quando si diffonde la notizia che Asi-

mov sta lavorando davvero al quarto libro della saga, accet-

tano la cosa con una punta di condiscendenza: "loro" sapeva-

no già.
Invece si tratta di una coincidenza clamorosa: e i più infor-

mati (i quali sapevano benissimo che Festino aveva disegna-

to per il puro piacere di &rlo, senza nessuna "spifferata" da

oltreoceano) restano di sasso quando il miracolo s'avvera.

Certo, il romanzo non s'intitola "Third Foundationn, certo, la

sua prima edizione non vedrà la luce in "Urania", ma la pro-

fetica anticipazione non perde nulla della sua magia.
Per scrivere L'orlo della Fondazione Asimov subisce una

sorta di ricatto alla rovescia: la Doubleday gli spedisce un

assegno di 25.000 dollari (oltre cinquanta milioni di lire) pri-

ma ancora che lui si metta al lavoro. E un anticipo sull'anti-

cipo: alla consegna del manoscritto seguiranno altri 25.000

dollari, poi, naturalmente, i diritti d'autore non appena il ro-

manzo avrà cominciato la sua fortunata tournée nel mondo.
Sulle prime Asimov vorrebbe rifiutare: ma Betty Prashker

senior editor alla Doubleday, è irremovibile. Tienti l'assegno

o goditelo, dice. Ah, pensa il povero Asimov. Godermelo! Co-

me faccio a godermelo, quando so di essere indebitato per

cinquanta milioni?
Non gli resta che sedersi alla macchina da scrivere, rispol-

verare le quattordici cartelle di The Lightning Rod e battere

in cima al foglio virginale un nuovo titolo. Cominciato nel

giugno 1981, Foundation's Edge viene consegnato agli editori

il 25 marzo 1982. Inizialmente l'autore pensa di mantenere il

vecchio titolo, The Lightning Rod; ma gli fanno presente che

sarebbe carino se la parola aFondazionen si potesse in qual-

che modo incorporare. Asimov propone quindi Foundations

at Bay (Scacco alle Fondazioni), per giungere infine al più la-

pidario Foundation's £dge.


E auesta ~ la st~ria.
.S n tema centrale della saga - e quindi anche di questo ro-

manzo, che tuttavia è in sé autoconclusivo - è quello del crol-


~ lo di un gigantesco impero galattico e dei problemi che sor~

r gono per abbreviare il turbolento periodo d'interregno. Il ge-

nere "imperi galattici" non è un'invenzione di Asimov, seb-
1~ bene la fantascienza abbia cominciato a farne un uso co-
~, sciente più o meno negli stessi anni in cui prendeva corpo il

ciclo della Fondazione. Perché non prima? Ma innanzitutto

per una questione di scope, cioè di grandezza degli orizzonti:

la neonata science fiction degli anni Venti e Tr`enta impiegò

un certo tempo per rendersi conto delle sue potenzialità, per

capire che sì, la velocità della luce poteva essere infranta,

che l'uomo poteva spingersi fuori del sistema solare, ché le

stelle - sia pure a prezzo di avventure titaniche - potevano

venir "domate" e raggruppate in ideali Federazioni. Questi

piccoli miracoli di aallargamento dell'orizzonte" avvennero,

più o meno, fra il 1928 e il 1940. Solo allora comincib a lavo-

rare una generazione di scrittori che si era formata leggendo


. la fantascienza altrui, e che quindi, più che essere preoccu-

pata di rendere accettabili determinate convenzioni (il viag-

gio nello spazio, nel tempo, ecc.) le dava per scontate e le

portava alle loro estreme conseguenze.


Il ciclo della Fondazione di Asimov non sarebbe stato pos-

sibile senza le avventure della Pattuglia Galattica e dei Lens-

men di E. E. "Doc« Smith; della Legione di Williamson; della

Federazione di Edmond Hamilton (in quei capolavori della

space opera che sono L'invasione della galassia e I soli che si

sco~trano). Perché un impero galattico sia concepibile, infat-

ti, occorre: a) postulare non solo il raggiungimento, ma il su-

peramento della velocità della luce, cosa teoricamente im-

possibile per i flsici ma poeticamente ammissibile dagli

scrittori, b) I'esistenza di una forma d'amministrazione cosi

complessa da rendere possibile una civiltà relativamente

omogenea pur se sparsa su stelle distanti fra loro; c) lo svi-

luppo, ~indi, di una vera e propria "diplomazia« stellare, di

una politica stellare e così via; d) I'ammissione che la storia

dell'uomo non si svolga più su un piano planetario, ma uni-

versale. E un balzo concettuale notevole, perché significa il

pas~saggio da storia microcosmica a "macrocosmica«: uomo

e universo si ritrovano, coincidono.


Naturalmente, per la loro stessa "grandiosità", i racconti

sugli imperi galattici fanno acqua da tutte le parti se esami-

nati da un punto di vista logico. Come giustamente sostiene

lo scrittore inglese Brian W. Aldiss, che all'argomento ha de-

dicato un'esémplare antologia,' questi racconti piacciono in

definitiva più per il loro sapore di "kolossal", di film in co-

stume, di avventura per l'avventura, che non per le implica-

zioni concettuali... Salvo alcune eccezioni.


La serie della Fondazione rappresenta la più celebre e, for-

se, la più riuscita di queste eccezioni. Il suo fascino non risie-

de infatti in qucll'amalgama di colori violenti e forti sensa-

zioni per cui amiamo la space opera "calda« (Hamilton o

Williamson), ma nella "credibilitàn, o almeno nella relativa

complessità con cui è costruito lo scenario e è mandata avan-

ti l'azione. Nella galassia di Asimov insomma, non contano

le batta~lie o i mostri verdi (che infaiti sono assenti), quanto

le nozioni di politica stellare, di economia, le schermaglie di-

plomatiche e scientifiche. E a chi, inorridito, si ritraesse di-

cendo: "Ma è suspense, questa?", dovremmo rispondere: sì, è

suspense, perché Asimov riesce a tramutare quella che al-

I'inizio sembrava solo una complicata partita a Monopoli in

un'avventura affascinante, ricchissima di colpi di scena, im-

previsti, trabocchetti, tale da far invidia al più consumato

romanziere d'avventure.


Con la differenza, ripetiamo, che le avventure di Asimov

sono imperniate sull'elasticità degli intelletti piuttosto che

su quella dei muscoli; sulle battaglie politiche piuttosto che

su quelle a cannoni laser. Il "movimento" di questa movi-

mentatissima saga è di tipo cerebrale: la trilogia della Fon-

dazione può a buon diritto definirsi la "summan della cosid-

detta Età d'Oro della fantascienza, cioè di quegli anni Qua-

ranta che furono dominati da "Astounding" e dal suo diretto-

re Campbell. In quegli anni i lettori scoprirono, accanto all'

intramontabile sense of wonder, il nuovo piacere della specu-

lazione, dell'idea sofisticata e molto elaborata. A questo tipo

di fantascienza Asimov e alcuni colleghi - soprattutto il

complesso e affascinante Robert Heinlein - hanno dato pa-

recchi capolavori: opere di un genere difficilmente compren-

sibile a chi oggi si appassiona alle super-semplificazioni di

Star Wars o E. T.


Con la trilogia della Fondazione siamo in presenza di uno

dei libri di fantascienza più soddisfacenti d'ogni tempo.


L'impero galattico di Asimov è costruito non solo su tutta

la serie di premesse che elencavamo sopra (superamento del-


' Brian W. Aldiss, a Cura di, Impen galatrici (Galacric Empires), Fa-

nucci, Roma 1978.


~`
la velocità della luce, civiltà stellare, storia a livello cosmico,

ecc.) ma su alcune idee originali e specifiche che qui trovano


~k fortunata applicazione. In primo luogo, il concetto di Fonda-

zione: Asimov ritiene che per salvare la galassia dal caos sia

necessaria l'opera di scienziati avanzatissimi, e sono appun-

to questi scienziati a popolare le due Fondazioni istituite

centinaia d'anni addietro da Hari Seldon, I'inventore della

psicostoria.


In secondo luogo, la psicostoria stessa: questa scienza im-
~, maginaria non è, al contrario di quel che si potrebbe pensa-

re, la parente prossima di un fosco determinismo, ma si basa

in sostanza sulle leggi della statistica. Se il comportamento

del singolo è imprevedibile, dice Asimov (o meglio Hari Sel-

don), il comportamento di grandi masse di individui è stati-
~, sticamente inquadrabile in una serie di tendenze. Quanto

più vasta è la porzione di umanità presa in esame, tanto più

precise risulteranno le "previsioni" dei suoi movimenti di
~; massima. Grazie alla psicostoria il lunghissimo interregno

fra il crollo del Primo Impero e l'avvento del Secondo verrà

accorciato a proporzioni sopportabili. Ma il bello di uno

scrittore come Asimov è che non si limita a postulare un'idea

e a farla campare di rendita: no, si diverte a contraddirla, a

immaginare gli ostacoli che le sbarreranno il passo, a inven-

tare i tranelli a cui andranno incontro le soluzioni prospetta-

te solo un minuto prima. E da qui che nasce la suspense, il

senso del mistero: e nel caso della trilogia della Fondazione

quest'imprevisto si chiama Mule (o Mulo, secondo la nuova

traduzione italiana), un essere dotato di poteri "psi" che pro-

prio per questo rischia di mandare all'aria il lunghissimo la-


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