La ricostruzione medico legale



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Sulla prosecuzione dei rapporti tra CALÒ e CARBONI fino al 1982 – l’asserita contraddittorietà del recupero dei 19 milioni di Dollari da parte di Cosa Nostra e le dichiarazioni di Anna PACETTI – la natura delle dazioni SOFINT nel periodo fine 1981 - Febbraio 1982 (in particolare: rif. 20 – 26 nota di udienza della difesa Carboni del 26 Marzo 2010)

In proposito va richiamato, in primo luogo, quanto affermato a pag. 522 e 523. dell’atto d’appello.

Nessuna contraddizione è ravvisabile tra l’attività di recupero delle somme precedentemente investite nel Banco Ambrosiano, espletata per il tramite di Flavio CARBONI, e la consegna di denaro da parte di CALO’, in un periodo anche contestuale alla ricezione della prima tranche di denaro in Svizzera da parte di CARBONI nel Febbraio 1982. Nel ruolo rivestito da CARBONI di uomo di fiducia e strumento di attuazione di riciclaggio e reimpiego da parte di Pippo CALO’ vi è perfetta coerenza tra il recupero di somme all’estero anche nell’interesse di CALO’, il trasferimento in Italia e la consegna di parte delle stesse, riconducibili a “Mario”, per essere impiegate nelle attività imprenditoriali di CARBONI (SOFINT). In altri termini, non vi è contrasto tra la figura del CARBONI recuperatore di denaro da CALVI e quella anche contestuale di soggetto che continua a riciclare o reimpiegare denaro proveniente da CALO’. La circostanza dimostra, invece, che CARBONI stava adempiendo al proprio impegno recuperatorio e che continuava a riscuotere la fiducia di CALO’. A ciò si aggiunga che dall’agenda tenuta da Anna PACETTI, citata dalla difesa, risulta un’annotazione il 22.3.1982, alle ore 14.50 “Mario per DEP – 15.30. 15.45” e il 23.3.1982 dopo le ore 11.00: “visita amico di Mario per DFC – Dep. - ”. La teste, come si è evidenziato, ha affermato che, nel periodo compreso tra la fine del 1981 e il 1982, aveva ricevuto la visita degli amici di Mario due o tre volte e, probabilmente, in altre due occasioni si erano rivolti direttamente al dottor PELLICANI (vedi pag. 5 e 6, trasc. 22.2.2006). Ne deriva, pertanto, che la sovrapposizione temporale tra il recupero dal Banco Ambrosiano e la consegna alla SOFINT è solo parziale, in quanto non si verifica dalla fine del 1981 sino al mese di Febbraio, data della percezione del primo bonifico. In ogni caso, i titoli e le ragioni della percezione dal Banco Ambrosiano e della consegna alla SOFINT sono, certamente, riconducibili a rapporti diversi sotto il profilo ontologico.

Dal suo canto, la difesa CARBONI (vedi, in particolare, punti 23 e 24 della nota difensiva 26/03/2010), punta a escludere una riconducibilità a CALÒ delle dazioni in contante registrate dalla PACETTI, sostenendo, nella sostanza, che tali somme, versate dagli “amici di Mario”, siano riconducibili ai primi accrediti di CALVI a CARBONI, precedenti ai noti bonifici per complessivi 19 milioni di Dollari, provenienti dalla banca svizzera UBS. Il difensore afferma che tale versione dei fatti sia sostenuta tanto dalle dichiarazioni dibattimentali del Generale GOLINO (pag. 84-85 e 99 – v. all. n. 36) quanto da alcuni passaggi della sentenza di bancarotta dell’Ambrosiano (pagg. 2871 -2877 e 3115 e segg.) e, in particolare, dalle dichiarazioni rilasciate in quell’ambito processuale dal funzionario dell’UBS, Dott. ZOPPI. Potrà essere facilmente verificato da codesta On.le Corte dalla stessa lettura dei documenti sopra citati:



  • che il Gen. Golino fa riferimento a somme (individuate in 4 miliardi e 100 milioni di Lire) che sarebbero giunte al sodalizio CARBONI / PELLICANI tra il Marzo e il Maggio 1982, quindi nel periodo successivo al primo “bonifico” da Calvi a Carboni, facente parte dei noti 19 milioni di Dollari -parte dei quali transitati proprio da conti svizzeri presso UBS - e non già riconducibili al denaro pervenuto in precedenza (fine 1981 – Febbraio 1982) in contanti alla SOFINT di CARBONI; che, proprio per tale sovrapposizione temporale, il riferimento che il Gen. GOLINO fa a tale “Mario”, quale soggetto che avrebbe recapitato le somme alla SOFINT, è frutto di una sua mera deduzione non già di un riscontro documentale, nel tentare una correlazione tra le informazioni tratte dalla lettura dell’agenda PACETTI (riferita unicamente a periodi successivi al 22 Febbraio 1982) con i riscontri relativi alle note somme di denaro (parte dei 19 milioni di Dollari) provenienti da CALVI pervenute a CARBONI, e quindi a SOFINT, nel frangente successivo al Febbraio 1982.

  • che la sentenza di bancarotta fa anch’essa unicamente riferimento, anche nella citazione delle dichiarazioni del dott. ZOPPI, alle somme distratte dal Banco Ambrosiano e pervenute a CARBONI dopo il Marzo 1982, quindi facente parte dei noti 19 milioni di Dollari distratti attraverso le consociate estere del Banco; viepiù, il nome di “Mario” è sì riportato nelle riflessioni fatte dai giudici alle pagine richiamate della sentenza, ma unicamente “citando” la prospettazione dei fatti sostenuta da CARBONI!!

Nella sostanza, quindi, non sussistono elementi di prova per ricondurre le somme pervenute alla SOFINT prima del Febbraio del 1982 a CALVI, così come non si offrono elementi per escludere che le stesse provengano dal tal “Mario” identificabile in Mario AGLIALORO, alias, al tempo, Giuseppe CALÒ.
  1. Sull’essere smentita la consegna di denaro di “Mario” prima del Febbraio 1982, di cui parla Anna PACETTI prima del Febbraio 1982, sulla base dell’agenda della PACETTI (v. pag. 13 memoria della difesa).

In proposito, è sufficiente rilevare che la stessa parte dal Febbraio 1982. Come fa allora a smentire che è avvenuto in epoca precedente?




  1. Sull’individuazione dei finali destinatari dei 19 milioni di Dollari (rif. nota difensiva: punto 38, alla pag. 16; punto 124, n. 3, alla pag. 38)

L’affermazione difensiva circa l’individuazione dei “finali destinatari” delle somme “distratte” al Banco Ambrosiano da CALVI e affidate a CARBONI (i noti 19 milioni di Dollari) che “nulla hanno a che fare con la mafia” e sarebbero “quelli espressamente indicati nella sentenza del Banco Ambrosiano e in quella per l’attentato a Rosone” non può non essere stigmatizzata come priva di fondamento, in relazione agli stessi atti citati, e totalmente fuorviante. Dopo aver ribadito che i 19 milioni di Dollari rappresentano, per quanto emerge dalle complessive evidenze della stessa sentenza del Banco Ambrosiano, solo una “quota parte” delle somme che Calvi doveva “restituire” per il tramite di CARBONI, deve essere ribadito quanto già sottolineato in sede di requisitoria nel procedimento di I grado (da pag. 300 a pag. 345, II vol., II parte), ovvero che, a meno della quota oggetto di sequestro da parte delle autorità elvetiche nell’Agosto 1982 (circa 9,6 milioni di Dollari), la restante parte (9,4 milioni di Dollari) è stata oggetto di attente verifiche nel corso delle indagini sul crack del Banco Ambrosiano, le quali hanno portato all’identificazione di “effettivi beneficiari” solo per una quota di circa 2,9 milioni di Dollari. La parte più consistente (per oltre 6,5 milioni di Dollari) si riferisce alle seguenti movimentazioni finanziarie:



  • sono state prelevate da CARBONI somme in contanti per un importo complessivo di 1.468.374,00 Dollari, in larga parte in epoca successiva all’omicidio di Roberto CALVI (fino all’Agosto 1982, data del sequestro da parte delle autorità elvetiche);

  • sono stati effettuati, da CARBONI o suoi “delegati”, prelevamenti, genericamente così definiti e verosimilmente anch’essi in contanti, per l’ulteriore importo di complessivi 1.622.227,00 Dollari;

  • sono stati effettuati da CARBONI bonifici in favore di soggetti suoi “fiduciari / prestanome” (RIBONI, ANGELINI - come tali qualificati nel giudizio sulla bancarotta BA SpA) per un importo complessivo di 2.113.754,00 Dollari; di cui risultano effettuati da CARBONI bonifico su conto proprio UBS NY (USA) per un importo complessivo di 100.000,00 Dollari;

  • risulta effettuato da CARBONI un bonifico a beneficio di un conto corrente intrattenuto presso banca austriaca intestato a Manuela KLEINSZIG per un l’importo di 200,00,00 Dollari;

  • sono stati tratti, in date successive alla morte di Roberto CALVI, assegni al portatore, dei quali non si è resa identificabile la finale destinazione, per l’importo complessivo di 1.012.826,00 Dollari.

In massima sintesi, alla luce dei suindicati riscontri, si può affermare che - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa CARBONI, la somma complessiva di almeno 6,5 milioni di Dollari (all’epoca dell’Agosto 1982, pari a circa 8,9 miliardi di Lire) è stata deliberatamente “utilizzata” dal CARBONI, direttamente e/o per il tramite di suoi “prestanome” e/o fiduciari, con modalità tali da non consentire l’identificazione dei beneficiari ultimi delle somme in parola, che, di fatto, è rimasta ignota all’esito delle diverse indagini esperite nel corso dell’istruttoria per i fatti di bancarotta.

Dunque, non vi è alcuna incompatibilità con la destinazione di tali somme - per via, come è evidente, volutamente non “tracciabile” - alla mafia vincente, rappresentata da Giuseppe CALÒ.

V’è, poi, da dire che la sentenza sulla bancarotta del Banco Ambrosiano non accredita affatto la tesi difensiva, vale a dire che i destinatari finali dei 19 milioni di Dollari erano “CARACCIOLO, PISANU e BINETTI” e i primi due erano venuti in dibattimento a mentire.

Non si può sottacere che non solo CARACCIOLO e PISANU hanno negato di essere i destinatari del denaro, ma la circostanza è resa inverosimile e smentita da quanto hanno dichiarato AGNELLI, DE MITA, SCALFARI, ANDREATTA e BINETTI.

In ogni caso, è bene sottolineare che le valutazioni della sentenza del 16 Aprile 1992 del Tribunale di Milano – ancorate alle dichiarazioni di CARBONI, rilanciate da PELLICANI in qualche misura – sono basate su un quadro probatorio diverso rispetto a quello di cui disponiamo oggi in questo processo. Del resto, il Tribunale ha esaminato PISANU, CARACCIOLO, BINETTI, PALAZZINI, ROICH, CORONA e Ilary FRANCO, trasmettendo gli atti al P.M. per falsa testimonianza, con riferimento agli ultimi due. Non ha escusso i testi DE MITA, AGNELLI, SCALFARI e non ha tenuto conto di quanto ha riferito PELLICANI, in ordine alle fantomatiche riunioni condite da messinscene, di cui si è detto nell’atto d’appello. Le stesse dichiarazioni dell’imputato CARBONI non sono state apprezzate con la completezza effettuata in questo dibattimento, che ha consentito di individuare innumerevoli covi di mendacio idonei a minarne in toto qualsiasi parvenza di credibilità. Sicché, nemmeno astrattamente è oggi possibile attribuire alle sue indicazioni una generica attendibilità con riferimento ai destinatari delle somme percepite da CALVI. Si è dimostrato in questo processo che il c.d. “gruppo di sostegno” non è nemmeno esattamente individuato, posto che l’imputato lo ha descritto in maniera, di volta in volta, diversa.

Inoltre, non può essere sottaciuto che, nel processo milanese, non sono state acquisite le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e, in particolare, quelle di Francesco Marino MANNOIA e Antonino GIUFFRE’, inerenti all’attività recuperatoria del denaro, precedentemente dato al banchiere per essere riciclato, svolta prima dell’omicidio.



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