The Writer’s group in Schwäbisch Gmünd



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Canzone per mio padre

Mariana Cova
Sono nata in Argentina, nella provincia di Córdoba, in una città dallo stesso nome, Córdoba, in un quartiere meraviglioso pieno di alberi, frutteti, spazi verdi e aria pura e delicata, pieno di bambini per giocare e socializzare. Adoravo i miei genitori, guardavo la mia mamma con rispetto e a volte paura, avevo invece un eccellente rapporto con il mio babbo che mi riempiva di attenzioni e amore. Mi raccontava, anziché favole, della sua Italia, della gente, degli amici, dei parenti e della gioia nella sua famiglia e della tristezza della guerra. Io attenta ascoltavo e sognavo un giorno di riuscire a conoscere il paese dei suoi ricordi. La Scuola elementare l’ho frequentata in una scuola di suore, gentili e affettuose, le medie e superiori nello stesso collegio, una delle parti migliori della mia vita: illusioni, speranza, progetti, la vera amicizia e l’innamorarsi. Ma sempre pensavo all’Italia, i posti della famiglia, degli amici, i luoghi di mio padre. L’università si è dimostrata fantastica; studiavo, lavoravo, ma già avevo scoperto il mio vero amore, la musica: abbiamo formato un gruppo musicale, cantavamo a quattro voci.! I ricordi, le persone conosciute in quel periodo e i momenti vissuti mi basterebbero per essere felice durante tutta la mia vita .E pensavo sempre all’Italia. La mia vita di artista ebbe il suo massimo splendore quando dopo un concorso entrai nel coro lirico della provincia di Córdoba. Cantare opere, recitare e guadagnarmi da vivere con la musica era il massimo! Però sempre il mio cuore e i miei pensieri volavano al paese del mio babbo. Finalmente le circostanze, il mio spirito avventuriero e i ricordi di mio padre mi portarono in Italia a sperimentare quello che aveva sperimentato lui, conoscere la sua famiglia che era anche la mia, i suoi amici e i suoi luoghi, conoscere la gioia, la serenità e l’amore che mi raccontava anche se tutto ciò non mi è mai mancato in Argentina.

Mariana Cova è nata a Cordoba, Argentina, nel 1959. E’ sposata e vive a Faenza.




Song for my father

Mariana Cova
I was born in Argentina, in the province of Cordoba, in a town with the same name, Cordoba, in a wonderful district full of trees, orchards, green open areas, clean air and lots of children to play with. I deeply loved my parents, looked at Mom respectfully, sometimes almost fearing her, but my relationship with Dad was wonderful. He used to pamper me, told me stories, but not fairy tales…tales about Italy, the people there, relatives, friends, about life there, happy moments and how sad war had been. I was fascinated and dreamt of being able to see the country of his memories one day. I attended Primary School in a school run by Nuns, kind and tender, actually. Secondary School was in the same Boarding School, one of the best periods in my life: ambitions, true friends, delusions, singing, dancing, plans for the future, falling in love….and love for music, too, but somewhere deep in my heart I kept on dreaming of Italy, of my family’s places. And success as a singer and university…and wonderful friends….but Italy stood there. University time was brilliant. I studied, had a part-time job but, very important, I discovered my true passion: music. We formed a band, a quartet of four singers.The memories of what we did, the people we met, the wonderful moments together …I think I could live on memories and be happy with them! At last circumstances, need for adventures, my dad’s memories took me to Italy. I wanted to live what he had lived, meet his family, experiment the happiness, joy, love Dad used to talk about even if all this had never be lacking in Argentina. It was Italy I longed for.

Mariana Cova was born in Cordoba, Argentina, in 1959. She lives in Faenza and she is married.


L’uomo della medicina

Omar Giama
Sembra incredibile! L’uomo che ho davanti a me, un medico di successo, in giacca e camicia, una leggera barba che sta ingrigendo e che nei neri fa tanto Nelson Mandela e li fa somigliare a ‘vecchi saggi’, quest’uomo una volta correva nella savana: E ora mi sta raccontando una storia singolare, più che una storia un crocevia di identità, di famiglie perse e ritrovate, una storia che si mescola con la Storia, quella insegnata nei libri occidentali e quella tramandata oralmente dai padri africani ai loro figli e ai figli dei figli, cosicché tutti sono poi capaci di snocciolare i nomi di almeno una dozzina di antenati…cosa che, se io ci provo, mi fermo al bisnonno…E’ la storia di Omar Mohamud Giama, italiano, la cui discendenza, italiana, un giorno ha compiuto il percorso a ritroso e ha ritrovato, in Tanzania, il tassello mancante della propria mulatta e unica identità.

Omar era nato nel sud della Somalia nel 1957, in un villaggio chiamato Bulo Yak, abitato dalla tribù dei Wasigua, una minoranza bantù di origine tanzaniana, deportata in Somalia nell’800 dai mercanti arabi come forza lavoro agricola. I cinquecento uomini che riuscirono a fuggire si insediarono più a sud nei pressi del fiume Giuba e qui nacque Omar, figlio del capo tribù Mohamud Giama. Fu terzo di nove fratelli e fu chiamato come il secondo ‘Califfo Ben Guidato’ della religione islamica, a cui la famiglia si era convertita pur conservando tradizioni animiste e antichi rituali. E gli imperscrutabili disegni celesti hanno voluto che Omar ‘il sapiente’, figlio di uno stimato guaritore, sia poi diventato un medico.

“Nel 1966 una terribile carestia prostrò il mio villaggio. I ‘saggi’ si riunirono per discutere incoraggiati da un prete missionario: chi si poteva mandare in Italia, a chi si poteva offrire una diversa opportunità di vita? Certamente non il figlio primogenito del capo e, per scaramanzia, neanche il secondo. E se fosse stato il terzo? Sì, si poteva fare un tentativo. E così fu, nonostante le lacrime di mia madre. Io stesso non posso dire di essere stato contento, anzi scappai nella foresta verso un villaggio vicino. Naturalmente mi ripescarono presto. “Perché sei scappato? Starai bene lontano da qui.” “Se è così…perché la mamma piange?” “ Le donne non sanno fare niente, piangono e basta!”

Omar Giama è nato in Somalia nel 1957. Vive a Faenza, è sposato e ha due figlie.



A ‘Medicine Man’

Omar Giama
Incredible! The man in front of me, a successful doctor wearing jacket and shirt, a light grayish shadow, kind of Nelson Mandela, which makes black people look like old wise men, well, he used to run in the savannah one day. And this man is telling me a very singular story, more than a story a crossroads of identities, of families lost and regained a story which mixes up with History taught in western books and the History orally handed down from African fathers to sons and the sons of sons. So this is the story of Omar Mohamud Giama, an Italian citizen, whose Italian descendants decided one day to go back and retrace to the root of their mixed up, unique identity.

Omar was born in southern Somalia in 1957, in a village called Bulo Yak, inhabited by the Wasigua, a Bantu minority tribe of Tanzanian origin, deported to Somalia as farm laborers in the 19th century. Five hundred people managed to break free and settled down along the river Jubba. That’s where Omar was born, the son of the tribal chief Mohamud Giama. He was the third of nine brothers, named Omar after the second of the four ‘Rightly Guided Caliphs’ of Islamism, to which the family had converted even if retaining animistic traditions and ancient rituals. And the unfathomable divine plans decided for Omar “the wise man”, son of a ‘medicine man’, to become a doctor himself. - In 1966 a terrible famine prostrated my village Bulo Yak. The wise old men of my tribes gathered to discuss, encouraged by a missionary priest: who should be sent to Italy, who should be offered a different opportunity? Certainly not the first-born of the tribal chief and not the second born…to avoid bad luck! What about the third? Yes, they could make an attempt. And so they did, careless of my Mum crying. I can’t say I myself agreed with all this. I fled away into the forest towards a nearby village. I was easily found out: ‘Why did you flee away? You’ll be much better in the place you’re going to’.

‘If so… why’s Mum crying?” “ Women can’t do anything good. They just cry” –

Omar Giama was born in Bulo Yak, Somalia, in 1957. He lives in Faenza, is married and has got two daughters.



Questa è la mia casa, per ora.

Larysa Godovanets
Cosa è una casa? Un posto dove incontrare parenti e amici, rilassarsi, discutere, prendere decisioni, dormire e mangiare, in poche parole ‘vivere’. Pure nella vita succedono delle cose e per una ragione o l’altra devi lasciare la tua casa: può essere bella da uscire di testa, confortevole, carina, piccola, grande, lussuosa, anche solo una capanna di legno, è sempre un posto dove ti senti protetta, al sicuro, un’isola di pace e tranquillità, lontano dalla vita caotica che viviamo di solito.

Non mi sarei mai aspettato di lasciare anch’io la mia casa, per cambiare la mia vita con la speranza di migliorare le cose che mi sono capitate, soprattutto per cambiare lo stato d’animo, per scappare dai problemi sentimentali (anche all’estero, per cambiare mentalità, modo di vivere), per aprire nuovi orizzonti, prospettive, opportunità, avventure, per provare qualcosa di diverso. Ero pronta per farlo, sicura di me, lo sapevo! Ma dubbi e paure erano presenti sempre: la più difficile era la decisione di allontanarsi dalla casa, dove era tutta la mia vita. Mi è capitato un viaggio in Italia. Perché Italia? Ci sono persone che quando parlano dell’Italia o sentono gli altri si trasformano completamente: gli occhi diventano lucidi, si riempiono di entusiasmo e ammirazione, il fiato si interrompe dalle emozioni. Tutte queste persone amano Italia non conoscendola realmente, perché hanno letto, ne hanno sentito parlare, hanno studiato a scuola, hanno visto film o famose opere d’arte e sperano che il loro desiderio in qualche modo sarà realizzato. E quando succede, arrivano alle condizioni di follia. Non sanno spiegare, non riescono a capire perché gli altri non condividono i loro sentimenti. E’ qualcosa nel sangue? Io sono una di loro. E forse è per questo che sono qua. Certamente la realtà è molto diversa, non quella che si presenta ai turisti che godono della bellezza delle città d’arte, non quella che dà la gioia per rilassarsi su fantastiche spiagge. La vita di un italiano comune trascorre purtroppo non cosi, la realtà è un po’ diversa. Qui comunque adesso trascorre la mia vita quotidiana con le sue passioni e preoccupazioni, con le gioie e offese, con realizzazioni e fallimenti. In questa vita io sono arrivata e per il momento posso dire che questa è la mia casa.

Larysa Godovanets è nata a Lugansk, Ucraina, nel 1974. Vive a Faenza.

This is my home, as for now.

Larysa Godovanets
What is a home? A place where to meet relatives and friends, where to relax, tdiscuss problems, take decisions, where you can sleep and have meals, in short it’s where you live. Yet things happen in life and for one reason or another we must leave our home: it may be gorgeous and comfortable, nice or just cosy, small or large, or maybe luxurious; or even a simple wooden hut, it is always a place where we feel protected, safe, a haven of peace and relax, far from the chaotic life we usually live.

I would have never dreamt of leaving home myself, one day! But I did, ‘cause I wanted to change my life following the hope for a better life ( abroad? why? different mentality, different way of life!), to leave behind love problems as far as you can, to open up new horizons, new opportunities and adventures, to experiment something new. I felt I had to do it, I was ready, but doubts and fears were always with me: the most difficult decision was to leave home, all my world.

But things happen. And so Italy. Why Italy? Simply somebody offered me the opportunity to come to Italy. People in my country love Italy very much; you can see them, their shining eyes, their enthusiasm!! But they don’t actually know Italy: They heard about it, saw films o works of art, they maybe studied something at school. They wish to live as the Italians do and if they can make this dream come true they get crazy with joy. They can’t explain this fascination, don’t understand why other people are not prey of it, it’s in their genes?? I’m one of them. So I’m here now. Real life was different of course, not only art cities or wonderful beaches but ordinary life, the life of common people.

My life now is here, my daily routine flows away with its passions and its worries, happiness and injuries, when you win and when you loose.

Here I came and this is my home, as for now.

Larysa Godovanets was born in Lugansk, Ukraine, in 1974 and lives in Faenza.



I colori della mia vita

Amissăo Lima
Nero

Quanti episodi di diversi aspetti possono essere determinati dalla diversità del colore della pelle? Tanti! Ma per il momento ne cito uno che mi sembra divertente o piacevole da sentire, soprattutto se i protagonisti del fatto sono i bambini ( una fase di età in cui l’essere umano è così sincero, naturale o trasparente). Nell’anno 1987 mi trovai a Gravina di Puglia per la mia prima personale di pittura, grazie all’invito di alcuni amici pugliesi. Durante il mio soggiorno sul posto fui invitato a pranzo da una famiglia (parente di quella che mi ospitava), Entrando in casa incontrai due gemelline di circa tre anni di età. Dopo aver salutato i genitori, diedi la mano anche a loro. Ognuno guardava la propria mano poi si sono guardate tra di loro ma non dissero nulla. Mi fecero accomodare nella sala da pranzo. Dopo qualche istante la padrona di casa iniziò a portare i cibi in tavola. E siccome di abitudine si lavano le mani prima di mangiare, le gemelline mi mostrarono il bagno. Presi il sapone, aprii il rubinetto e iniziai a lavarmi le mani. Loro guardavano attentamente quello che facevo. Conclusa la pulizia, si sono guardate di nuovo e hanno scooso la testa. Allora, incuriosito dal gesto chiesi il motivo di ciò. Una di loro mi rispose che le mie mani sono rimaste nere anche dopo che le avevo lavate. Essendo piccole ho creduto fosse doveroso spiegare loro il perché…ma questa è un’altra storia!

Amissăo Lima è nato a Calequisse, in Guinea Bissau, nel 1958. Vive a Faenza, è sposato e ha tre figli.

The Colours of my life

Amissăo Lima
Black

How many stories can be written about the different colours oh human skin? So many! I just want to tell you one today, a very funny and nice story to listen to, above all because the main characters are children!. What an innocent age! Human beings are sincere, almost transparent at that age!

It was 1987, anyway, and I had been invited to dinner by some relatives of the family I was staying with in Gravina di Puglia, southern Italy. I was there for my first solo exhibition, well I’m a painter actually…Two wonderful twins, aged 3, welcomed me together with their parents. I shook hands with them all, the two kids as well, of course. Well, they started watching their own hands, then exchanging strange glances but no words at all. They showed me to the dining-room and dinner was about to start. So it was time to wash hands and the twins asked me to go with them to the bathroom. Same strange glances, no words, again. I took the soap, opened the tap and started washing my hands. They intently followed my movements, then pensively shook their heads. I was curious now and asked for explanations,

“Before washing them your hands were black and they still are! They are black!” So young, so innocent! I had to tell them the reason for my strange black hands and that’s what I did…but this is another story!

.Amissăo Lima was born in Calequisse, Guinea Bissau, in 1958. He lives in Faenza, is married and has got three sons.

Sono una cittadina del mondo

Jeannette Mikuela
Non è facile per me parlare di migrazioni, perché io non sono mai uscita dal mio paese.

Sono nata in Costa d’Avorio, ad Abidjan, dove sono cresciuta insieme ai miei genitori e fratelli fino ai 12 anni. I ricordi della mia infanzia sono legati alle palme della costa, al sapore del pesce dell’oceano e ai grattacieli di questa grande capitale. Poi siamo rientrati in Burkina Faso, nel piccolo villaggio di Tangaye. Ho proseguito quindi gli studi a Fadà e poi nella capitale, Ouagadougou.

A 21 anni ho conosciuto mio marito e dopo sette mesi ero già qua a Faenza, dove ho lavorato e mi sono diplomata. A dire il vero, ho avuto un bambino mentre ero ancora a scuola; tutti sono stati molto gentili e di grande aiuto, i miei suoceri, mio marito, i miei compagni di classe e anche i miei professori. Quando è venuto il momento, mi hanno lasciato usare la Sala Insegnanti per allattare il mio bambino!

Ora studio all’Università di Modena e lavoro a Forlì. In questi anni sono stata in vacanza in Francia, in Svizzera, a Praga…Ho dovuto fare visti, passaporto, un sacco di documenti per spostarmi da una parte all’altra. Eppure, lo ripeto, non sono mai uscita dal mio paese.

SONO CITTADINA DEL MONDO.

Jeannette è nata ad Abidjan, in Burkina Faso. Vive a Faenza, è sposata e ha due bambini.



I am a world citizen

Jeannette Mikuela
It is not easy for me to speak about migration. I’ve never actually gone out of my country.

I was born in Cote d’Ivoire, in Abidjan, where I grew up together with may parents and brothers till I was 12. The memories of my childhood are tied to palm-trees, to the flavour and taste of fish from the Ocean and to the skyscrapers of this huge capital town. Then we went back to Burkina Faso, to a small village called Tangaye; later on I studied in Fadà and then in the capital Ouagadougou. I was 12 when I met my husband and 7 months later I already was here in Faenza, where I started working and where I got my diploma. I actually had a baby while I still attended school. Everybody was very kind to me and helpful, my parents-in-law, my husband, my class-mates and even my teachers. When the time came I was allowed to use the Teachers’ Room to feed my baby!

Now I’m studying at Modena University and working in Forlì. I’ve travelled to France, Switzerland, Prague. I needed visas, documents to move from one place to another. Yet, I’ll say it again, I’ve never gone out of my county : I AM A WORLD CITIZEN.

Jeannette Mikuela was born in Abidjan, Burkina Faso, in 1978. She lives in Faenza, is married and has got two children.



Destino

Sumaiya Sykes

La mia storia è diversa da quella di molti latri immigranti africani in Europa. Sono venuta in Italia, con la mia famiglia: mio padre era ambasciatore tanzaniano in Italia e siamo arrivati a Roma nell’ottobre 1980, tre giorni prima del mio diciassettesimo compleanno. Nel 1987 sono venuta a Faenza a studiare ceramica, visto che non volevo più fare Scienze Politiche all’Università americana di Roma. Ignoravo allora che quella mia decisione era destinata a perseguitarmi per molti anni a venire. La mia famiglia è ritornata in Africa nel 1991 ed io son rimasta a completare i mie studi per poi tornare a Zanzibar ( Tanzania), ma il mio destino era un altro. Mi sono sposata con un italiano, abbiamo due figlie e viviamo a Faenza. La ma vita è stata un lungo viaggio e a volte guardando indietro mi chiedo come sarebbe stata se non fossi venuta in Europa. Molte volte mi chiedono se mi sento italiana?! La mia riposta è ‘No’, ma l’Italia è la mia casa, perché qui sta la mia famiglia. Sono stata accettata con rispetto e tolleranza. Sono un’ immigrata? ‘Sì per il momento’. Lo dico perché non sono stata costretta ad allontanarmi dal mio paese per ragioni gravi come la guerra o la povertà. E ho intenzione di tornare. Quando sono arrivata nella piccola città di Faenza mi sono sentita come un pesce fuor d’acqua, ma tanti stranieri hanno avuto difficoltà serie a causa della loro razza. Ma si impara ad adattarsi, per integrarsi nella società in cui ci si trova. In alcune occasioni ho dovuto lavorare ancora più duramente per dimostrare che i pregiudizi sugli africani erano sbagliati. Io sono stata educata a rispettare gli altri e a essere consapevole che io stessa ero la persona più importante. E talvolta è stata una vera sfida perché non tutti erano disposti ad accettare le differenze! Venti anni più tardi, con tanti immigrati in più, si può forse dire che la popolazione faentina abbia accettato di vivere insieme agli immigrati. I miei figli vanno a scuola, si sono integrati bene, ma hanno ed avranno sempre paura dell’ignoto. Io credo che il razzismo sia in tutti noi; lo dico perché a tutti capita di sperimentare nella vita un sentimento di intolleranza verso un'altra persona. L’aspetto positivo è che abbiamo la possibilità di controllare quel sentimento imparando a conoscere le persone diverse da noi.

Sumaiya Sykes è nata a Zanzibar, Tanzania, nel 1963. Vive a Faenza, è sposata e ha 3 figlie.

Destiny
Sumaiya Sykes

My story is different from that of an African immigrant. I came to Italy, almost 30 years ago, with my family. My father was a Tanzanian ambassador in Italy; we arrived in Rome in October 1998, 3 days before my 17th birthday. In 1999 I came to Faenza to study ceramics as I did not want to do political science at an American University in Rome. Little did I know that decision was gong to haunt me for many years to follow! In 1991 my family left for Africa and I remained to complete my studies. My intention was to finish and go back to Zanzibar. But my destiny was different. I got married to an Italian man, we have two daughters of mixed race and we live in Faenza.

Sometimes I look back and wonder what it would have been like if I did not come to Europe. I have been asked many a times if I feel Italian!? My response is no, but Italy is my home because my family is here. I have been accepted with respect and tolerance. Am I an immigrant? …yes, for the time being. I say that because I was not forced out of my country for inconvenient reasons, such as poverty or war. And I intend to go back.

I must say living here has not been easy. Anyway, when I arrived in Faenza, I felt like a fish out of the water! I have heard of foreigners who had difficulties in renting homes, getting good jobs and so on because of their race. But one learns to adapt in order to integrate into the society. In some cases I had to work harder to prove people wrong from whatever prejudice they had over Africans. I was brought to respect others. Twenty years later with a lot more immigrants, one could say Faenza has accepted the fact of living with immigrants. My children go to school here, they have integrated well. But they will always be afraid of the unknown. I believe racism is in all of us. And we often experience the feeling of intolerance towards another being. Fortunately we have the capacity to reverse the feeling by learning about people that are different from us.

Sumaiya Sykes was born in Zanzibar, Tanzania, in 1963. She lives in Faenza and has got three daughters.





No izaicinājuma līdz lieliskai pieredzei

Līvija Mukāne
Katras projekts ir kā mūžizglītības mācībstunda tā dalībniekiem un projekta komandai. Tas attiecas arī uz projektu „Kultūru migrācija autobiogrāfijās”. Mēs daudz uzzinājām viens par otru, par mūsu visu tik dažādajām un tik interesantajām kultūras tradīcijām, par to, kā dzīvo cilvēki dažādās pasaules malās. Mēs atklājām sev dažādu valstu un pat kontinentu cilvēku dzīvesstāstus – brīžiem jautrus, bet brīžiem arī dramatiskus un sāpīgus.

Par mūsu darbu šeit, Mālpilī. 2009.gada oktobrī avīzē „Mālpils Vēstis” publicējām informāciju ar uzaicinājumu pieteikties dalībai projektā, uzaicinājām angļu valodas skolotāju Enviju Svikšu uzņemties biogrāfiju rakstītāju grupas konsultēšanu. Projektā un biogrāfiju rakstītāju grupā tika aicināti piedalīties cilvēki, kas bija gatavi pielietot un pilnveidot savas angļu valodas zināšanas, komunicēt ar partneriem starptautisko sanāksmju laikā. Lai pilnveidotu rakstītāju komunikatīvās iemaņas, tika organizētas angļu valodas sarunu kluba nodarbības skolotājas Inas Turkinas vadībā. Vēlāk viņa pievienojās arī rakstītāju grupai. Tikšanās angļu valodas sarunu klubā notika vienreiz nedēļā. Tā nekādā ziņā nebija slēgta sabiedrība – jauni dalībnieki varēja pievienoties katrā nodarbībā. Tas pats attiecas uz datorapmācības pamatiemaņu kursiem, kas tika piedāvāti projekta dalībniekiem, lai viņi varētu veiksmīgāk noformēt tekstus un sagatavot prezentācijas. Tādēļ varam teikt, ka ieguvēji no šī projekta bija ne tikai tiešie tā dalībnieki –rakstītāji, skolotāji, projekta komanda, bet arī Mālpils sabiedrība kopumā.

Taču ne tikai biogrāfiju rakstīšanu, angļu valodas un datorkursus mēs atcerēsimies pēc šī projekta. Tie ir mūsu jaunie kolēģi un draugi, ko satikām starptautisko sanāksmju laikā, viņu viesmīlība, smaidi, draudzīgums, radošums ir tas, ko varējām baudīt šajos divos gados. Mūsu projekta komandas vārdā vēlos teikt sirsnīgu paldies visiem partneriem par veiksmīgo un radošo sadarbību. Tiksimies nākamajos projektos!


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