ANTONIETTA PAPPALARDO
Credo che dobbiamo chiarire tra di noi che cosa stiamo facendo. Noi donne sappiamo analizzare, definire i nodi etc, ma se non facciamo un patto e non ci si dà una strategia, tutto finisce qui.
Noi abbiamo tre tipi di tensioni che costituiscono la peculiarità ma anche la difficoltà proprie delle nostre associazioni come anche delle nostre imprese. Parlo di tensioni, e non di conflitti per non spaventarci, perché non dobbiamo aver paura delle nostre contraddizioni. Esse sono la nostra ricchezza, se sappiamo elaborarle.
Nelle nostre associazioni e nelle nostre imprese, dunque, avvertiamo tre tipi di tensioni:
- tensioni tra il femminile e il maschile che c'è dentro di noi, cioè tensione tra la autonomia cui tende l'impresa e il bisogno di protezione che riporta alla associazione
- tensione tra una visione emancipazionista del ruolo femminile che spinge ad adeguarsi alle leggi di mercato, e una visione di genere che ci chiede di non rinunciare alle nostre specificità e ai nostri sogni, che sono i fattori che ci spingono ad associarci.
- tensione tra intelletto e corpo, tra funzione dirigente ed esecutiva
Per allentare queste tensioni bisogna andare verso il centro, trovare un equilibrio tra questi poli di contraddizione. Un equilibrio che richiede, per essere attuato, un minimo di regole. Regole flessibili, perché dobbiamo anche sempre tener presente che il nostro è un lavoro totalmente sperimentale, in fieri. Siamo in una continua sperimentazione, all'interno della quale ci diamo delle regole, consapevoli che queste rispondono alle condizioni attuali, e che nel rapporto associazione-impresa ci possono essere delle fasi di cambiamento
Qui, noi, dovremmo fare un patto, intorno ad alcuni obiettivi comuni.
Una serie di obiettivi ruota intorno all'economia, alla valorizzazione economica della molteplicità dei saperi, all'armonizzazione tra stato e mercato e a tutte quelle problematiche che vengono affrontate nel cosiddetto terzo settore.
Una seconda serie di obiettivi possono essere contenuti in quella che chiamerei "casa della cura". La cura deve essere la nostra strategia, deve informare tutte le nostre sfere di azione e i processi che coinvolgono le nostre imprese: cura degli habitat sociali e dei rapporti con le istituzioni, cura dei processi socioeconomici, cura dei prodotti.
A questo si lega un altro aspetto della nostra strategia che è la liminarità, lo stare insieme dentro e fuori. Dentro e fuori le istituzioni, dentro e fuori le case…è una condizione che tutte viviamo, sempre, qualsiasi sia il lavoro che facciamo. Il criterio da darsi è valorizzare il dentro, l'oikos, per farlo emergere "fuori" e farlo diventare impresa.
Quello che noi facciamo nelle case non è semplicemente pulire e cucinare: è curare, è generare, è formare. E' medicina, è educazione. E' trasmettere . E' creare la connessione tra passato e futuro. E' organizzare le relazioni. Portare tutta questa ricchezza all'interno di una impresa significa accettare la sfida di saper armonizzare il lavoro intellettuale con quello manuale, rielaborare questo a livello artigianale fino ad arrivare alla elaborazione artistica. Far diventare arte il lavoro della casa. Impresa è anche elaborare la memoria storica di tutto il nostro lavoro.
Vorrei percorrere quelle che secondo me sono le tappe del rapporto associazione-impresa.
In una prima fase, assistiamo alla creazione di un gruppo e alla ricognizione delle opportunità esterne e delle potenzialità , desideri e competenze interne. Questa prima fase si svolge in ambito associativo.
La seconda fase è lo sviluppo di attività economiche a livello informale, ancora dentro l'associazione.L'associazione ha qui il ruolo forte di ricognizione delle possibilità, e quello di fornire un supporto tecnico per rendere formali quelle attività che sono ancora informali.
Poi inizia la gemmazione dell'impresa. Sta ancora alla associazione definire i modi e darsi gli strumenti per questa gemmazione. La nascita dell'impresa può avvenire sulla base di una spinta esterna -la constatazione che c'è mercato per un certo prodotto, come nel caso della ristorazione a Livorno. Ma può anche avvenire sulla base di un desiderio, di una aspirazione, come per chi sceglie di fare attività nelle scuole, nonostante il poco mercato. Allora la soluzione può essere quella di svolgere queste attività come un secondo lavoro, o quella di riunirsi in un consorzio.
RABEA ABDELKRIM
Vorrei anche io portare un contributo alle riflessione sul rapporto associazione-impresa. Questo rapporto non va affrontato solo in termini di tappe. Bisogna riflettere sul tipo di legame che si stabilisce tra le due, e che è sempre in relazione con gli obiettivi che ci poniamo. Dobbiamo chiederci se per noi l'impresa non è che uno strumento al servizio di una strategia più globale, e se non ci dà fastidio, forse, che le donne che la mettono in piedi si accontentino, in una certa fase almeno, del risultato dell'indipendenza economica, della risoluzione di problemi pratici.
Vari obiettivi si intrecciano nella nostra discussione: ci sono gli obiettivi di trasformazione sociale che sono propri della associazione. Ma anche all'impresa chiediamo a un tempo che sia efficace e che generi trasformazione. A che tipo di trasformazione pensiamo? E' la trasformazione della società, di un modello, o di noi stesse? L'autonomia economica di una donna è un obiettivo forse minimo se considerato a livello globale, ma può essere prioritario in un percorso vitale, in una traiettoria.
Chi ha risolto i suoi problemi economici è più disponibile a perseguire degli obiettivi politici generali. La difficoltà a stabilire legami chiari tra associazione e impresa forse si intreccia con questa disparità di obiettivi tra donne che hanno risolto i loro problemi di autonomia economica, e che hanno difficoltà ad assumere e accettare il percorso di altre verso l'autonomia.
Forse dobbiamo cercare un modo nuovo di definire la strategia politica: ridefinire che cos'è il cambiamento, che cos'è la trasformazione sociale, e più in generale articolare delle visioni politiche al cui interno siano possibili alleanze che tengano conto di percorsi, traiettorie e bisogni e centri di interesse diversi.
MERCEDES FRIAS
Sono molto d'accordo con Rabea, che penso abbia centrato un problema focale: la disparità tra le persone che hanno risolto i problemi economici e quelle che non lo hanno risolto. La questione è centrale anche per il nostro discorso. Anche qui, tra di noi, chi parla della opportunità di valorizzare certi tipi di attività e di lavori, sono giusto quelle che non li svolgono e non rischiano di doverli svolgere. Delle donne italiane che sono qui, quante sono andate a pulire casa degli altri? E quante delle immigrate? Abbiamo collocazioni diverse. E va benissimo che ci siano donne in grado di occuparsi della elaborazione teorica dei problemi. Ma il rischio è di andare per strade troppo diverse. Per noi il problema è semplice: non possiamo fare poesia di una condizione di necessità e di marginalità.
ELETTRA LORINI
Vorrei fare un intervento che ricapitoli un po' il nostro percorso. L'anno scorso, dopo l'incontro preparatorio per l'Università Estiva, ci siamo lasciate con l'immagine di un grosso gomitolo da dipanare.Oggi ho l'impressione che il gomitolo si stia dipanando, che numerosi fili si siano sciolti ed abbiano formato altri gomitoli, con cui è forse possibile tessere qualcosa. Ma la tessitura richiede la messa in campo e in discussione dei diversi temi che ci occupano. Oggi ci stiamo ponendo una domanda: e ora? E poi? E' vero che il "poi" si prospetta in modo diverso, a seconda delle diverse collocazioni di ognuna di noi. Ma nella tappa odierna del nostro percorso, il fatto stesso che oggi stiamo ragionando di impresa e associazione e che abbiamo quasi cancellato dal nostro vocabolario il termine "impresa associativa" è già un salto notevole. Significa che abbiamo posto al centro il processo, e che non ragioniamo più sulla definizione e sul nocciolo, ma su una complessità che ci assumiamo, sapendo che è il nostro è un processo di sperimentazione che può e deve avere modalità di attuazione diverse, pur ruotando intorno a nodi che sono condivisi da tutte. Alcuni nodi forti sono stati enucleati: il tema della persona e dell' ambiente è già un nodo fondamentale.
Vorrei anche richiamare all'attenzione un altro salto simbolicamente rilevante. Il fatto che quest'anno il nostro dibattito si sia svolto in uno spazio di grande visibilità e suggestività, che è il Palazzo Comunale di Siena. Eravamo però ancora una volta tra di noi. Il problema che ci si pone è come queste nostre prospettive ed elaborazioni possano acquistare più peso e più valore. Che di donne, economia e cultura si possa ragionare nelle sale della politica, e con voci altre, chiamate a confrontarsi sulle impostazioni, sui criteri, e su cosa vuol dire "cura".
LAURA MAZZOLI
Volevo fare due chiarimenti. Uno è che penso che il termine "impresa associativa" è molto suggestivo , ha un forte impatto emotivo e può stimolare molto dal punto di vista teorico, ma noi ci dibattiamo in problemi molto pratici da affrontare, e che ci impongono di tenere distinti i due fenomeni, quello della associazione e quello dell'impresa. Mi è sembrato importante quello che diceva Antonietta Pappalardo rispetto alla necessità di un patto tra soggetti diversi all'interno di un gruppo associativo che lavora a un progetto di trasformazione e di cambiamento.
Da questa riunione io esco con molta più chiarezza rispetto alla situazione dell'Alma Mater e sulla necessità di ricontrattualizzare, di formulare un patto nuovo tra cooperativa e associazione e all'interno della associazione stessa. Bisogna tenere conto dei momenti diversi di un percorso, e ridefinire di volta in volta il modo per andare avanti.
Mi sembra invece più lontana la questione posta da Mercedes del divario tra native e migranti. A Torino, la relazione tra native e migranti è molto più articolata, e il dato del bisogno attraversa anche le italiane, pur con delle differenze che ci sono, ma non c'è un divario così profondo.
MARIA TERESA BATTAGLINO
Volevo tornare sul tema del lavoro di cura, perché penso sia un tema affascinante su cui molte donne hanno già prodotto e continuano a produrre riflessione ed esperienze importanti.
Il tema è stato molto usato tra le donne italiane alcuni anni fa; la parola è arrivata nel vocabolario italiano da quello anglosassone attraverso Laura Balbo che lo ha introdotto in Italia. Quindi una parte di noi la utilizza a partire da un percorso politico e di riflessione che si è sviluppato attorno alla valorizzazione della identità femminile.
Se io oggi volessi esprimere con parole diverse il contenuto del lavoro di cura, userei il termine che ha introdotto ieri Rabea parlando del lavoro delle donne africane: il lavoro "comunitario".Un lavoro di tessitura che si articola su moltissimi piani, dal lavoro sul territorio e sulle relazioni sociali di cui parlava Flor alla cura della relazione con le persone prossime.
Sono però consapevole del rischio che denuncia Mercedes, e che anche Mila Busoni segnalava nel suo contributo ai lavori del gruppo 4: il pericolo di usare il termine "lavoro di cura" in un senso non abbastanza ampio, e di cadere nella riproposizione di vecchi ruoli e stereotipi.
Un altro punto da tenere in considerazione nella nostra discussione è quello del rapporto nord-sud e di come quello attraversa le nostre esperienze. Io sono molto d'accordo con Mercedes quando pone il problema della collocazione di ognuna di noi, tra nord e sud. E' una questione reale, da cui ancora, nonostante la strada fatta insieme, non si è sviluppato un cambiamento di status, di linguaggio e di comprensione delle nostre diverse storie e diversi linguaggi. Per cui aree di interesse comune ci vedono ancora su postazioni diverse.
Nelle nostre discussioni ed elaborazioni abbiamo preferito usare la dicotomia nord-sud piuttosto che quella native-migranti, che non ci aiutava. Nord-sud è una problematica che rimanda alla economia, alla globalizzazione, alla cittadinanza. Ma ancora oggi la affrontiamo solo a partire dal nostro vissuto e dal nostro malessere. Io, per esempio, non mi sento una "garantita". Ma so che ho un potere, per il fatto di essere inserita in certi circuiti,. E so che, nel momento in cui mi coinvolgo in un processo come quello che viviamo insieme, anche inconsciamente pretendo o presuppongo che le persone che incontro in quel processo, e che magari ci sono arrivate per altre strade e percorsi, mi aiutino a realizzare le mie politiche, i miei obiettivi. Io ho un obiettivo politico, e cerco una economia che risponda a questo mio obiettivo. Ma so che abbiamo differenze sostanziali che ci attraversano, anche, per esempio, nel senso diverso che diamo ai soldi.
Ma queste contraddizioni fanno parte del processo. Sono la nostra ricchezza.
Penso che sia importante continuare a dirci dove siamo e andare avanti.
RABEA ABDELKRIM
Io insisto nel dire che la discussione ruota su un falso concetto di politica. Qui sembrerebbe che donne straniere, in condizioni economiche difficili non siano per questo capaci di sviluppare un obiettivo politico. Insisto sulla importanza della ridefinizione di cosa sia politico. Dobbiamo decostruire la nozione corrente. Ripensare il cambiamento e la trasformazione, ed andare a una rinegoziazione, alla elaborazione di strategie che riuniscano donne con condizioni economiche diverse, con aspirazioni, valori, desideri, attese, corpi, colori diversi.
LAURA MAZZOLI
Mercedes parlava della difficile relazione tra il bisogno di reddito e l'obiettivo politico. Io penso che l'associazione è precisamente il contesto che può dare un significato politico al bisogno di reddito. Il bisogno di reddito giocato fuori dalla associazione ci induce a volte a fare scelte in contrasto con le nostre aspirazioni politiche. Situarlo all'interno della associazione significa leggerlo ad agirlo in un ambito in cui altri bisogni e progetti hanno luogo. E' questo che ci permette di valorizzare anche politicamente il bisogno di reddito. A patto che all'interno della associazione si sappia tenere aperti tutti i fronti e gli aspetti dello stare insieme, non appiattendosi sull'obiettivo del reddito.
MARIA TERESA BATTAGLINO
Le differenze di collocazione sono comunque fondamentali, e dobbiamo esplicitarle. C'è la collocazione nord-sud, ma ci sono anche collocazioni diverse che attraversano questo nostro gruppo. Qui, tra di noi, ci sono vari sottogruppi, che coincidono con collocazioni -e quindi anche interessi, motivazioni- diverse:
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donne associate che gestiscono attività economiche e che hanno scelto questo contesto di riferimento
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donne che fanno già impresa
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l'Alma Mater, che con la sua complessità si colloca in una posizione ancora diversa dalle prime due
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il Cospe
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Donne delle istituzioni
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Studiose
A partire da quelle che siamo qui, con diverse collocazioni, si intravedono già possibili alleanze?
ANNA DI MASCIO
Io credo che dovremo chiarirci cosa significa incidere sulle politiche sociali e culturali. Intervenire sulle politiche presuppone una serie di azioni molto concrete: il lavoro di analisi dei bilanci comunali, dell'operato dei funzionari delle regioni e delle provincie, costruire un consenso rispetto alle iniziative che si fanno nei luoghi del potere. Questo è un lavoro politico, ed è un pezzo di lavoro che va fatto.
ANTONIETTA PAPPALARDO
Condivido dell'intervento di Anna Di Mascio la necessità di entrare nel merito delle politiche , e quindi dei programmi delle istituzioni con cui si vuole entrare in relazione. Un percorso possibile per alimentare questa alleanza può essere proprio questo: creare momenti di lettura politica e progettuale delle politiche delle istituzioni all'interno delle associazioni. Questi momenti vanno finalizzati a un aggiustamento del tiro da parte delle associazioni: si tratta di capire anche come le associazioni possono rendersi flessibili in rapporto ai programmi delle istituzioni. Le nostre scelte, le nostre idee devono infatti sapersi raccordare e muovere all'interno di una panoramica di finalità, di aree di intervento, di competenze richieste, verso cui si muove l'istituzione.
Abbiamo bisogno di strutture flessibili, articolate, proprio per poter rispondere su vari fronti alle politiche istituzionali.
Porto l'esempio dei fondi strutturali europei, che verranno distribuiti a cascata a livello provinciale e regionale. Bisogna prepararsi, capire che tipo di linee e di progettualità vengono contemplati da questi fondi . Un asse importante del nuovo programma d'azione europeo è per esempio quello dell'interazione tra l'agricolo e il rurale; un altro asse è quello dell'empowerment e delle risorse umane . Un altro tema su cui c'è da lavorare è il tema degli anziani, che attualmente attraversa trasversalmente tutte le politiche. Dobbiamo immaginare politiche interculturali per gli anziani.
MARIA TERESA BATTAGLINO
Cerchiamo di definire modalità future di coordinamento e di raccordo. Una proposta c'è già, ed è quella che fa Maria Viarengo, relativa alla piattaforma politica che dovrebbe riunirci tutte intorno ad obiettivi politici generali. L'altra proposta -che non esclude la prima- è quella di Miriam Fuentes, che vorrebbe creare dei coordinamenti interni, relativi a questioni ed interessi concreti. Uno di questi dovrebbe certamente ruotare intorno alla questione dei servizi , dell'accoglienza e dell'accompagnamento. E' un lavoro su cui NoDi ha una lunga esperienza, e su cui tre associazioni toscane sono già impegnate, mantenendo uno scambio con NoDi. E' possibile approfondire questo rapporto, mettendo in comune il lavoro già svolto sulle tematiche dei diritti, sull'elaborazione dei progetti etc.
Il problema è di stabilire delle connessioni su attività simili. Ma non si tratta di creare dei sottogruppi, bensì dei momenti di scambio pratico, da far confluire poi nel lavoro comune sui temi generali.
CRISTINA CAPPELLI
Credo che dall'incontro preparatorio di questa università che si è svolto un anno fa ad oggi, molte cose sono cambiate. Siamo cresciute, molti temi sono stati approfonditi, abbiamo conquistato molto anche in termini di immagine e di visibilità .
Sento che questa crescita riguarda più le singole esperienze, e che invece lo scambio che sta avvenendo oggi tra le esperienze deve ancora dare i suoi frutti. La questione delle strategie e delle alleanze è come un titolo che dovremmo darci per il lavoro futuro: quali azioni pratiche mettere in piedi per approfondire le relazioni interne alle esperienze che si sono incontrate ?
Avrebbe senso fare una impresa a rete, a livello nazionale, che riunisca le imprese di genere? O non rischiamo di ricreare una nicchia perniciosa, minoritaria, nascosta, invisibile? O bisogna pensare ad alleanze e strategie diverse?
C'è ancora un pezzo di strada da fare, per approfondire reti e relazioni. Chi si assume questo percorso? Chi cerca le risorse?
SINTESI DELLE QUESTIONI EMERSE DAL DIBATTITO
A cura di Anna di Mascio
le strategie
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l'integrazione nell'ambiente, lo stare bene nella natura: una strategia che va integrata nell'impresa
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agire il cambiamento intervenendo sulle politiche culturali, sociali, ambientali
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incrementare, alimentare, sostenere il mercato attraverso l'azione politica
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individuare le alleanze
il modello dell'impresa-donna
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tenere insieme la complessità del sé, dei propri bisogni
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non separare lavoro di cura e lavoro intellettuale
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il contesto associativo alimenta la discussione politica e sostiene le attività economiche
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la rete
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le professionalità nuove
i nodi del rapporto associazione-impresa
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produttività e culture
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i conflitti interpersonali
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le attrezzature e gli spazi
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il problema della normalizzazione dell'impresa
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le competenze
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le responsabilità
domande aperte
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quali legami tra associazioni e imprese?
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Come governare la complessità?
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Come far dialogare stato, mercato e terzo settore?
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Come camminare insieme senza competere?
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Come stare sulla soglia senza diventare marginali?
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Come dare valore?
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Il politico ha paura dell'economico?
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Cosa si intende per lavoro politico?
SINTESI DELLE PROPOSTE EMERSE DALLA GIORNATA CONCLUSIVA DEL 27 GIUGNO
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Costituzione di una piattaforma politica
Maria Viarengo propone di costituire una piattaforma politica. La piattaforma, promossa da tutte le associazioni presenti, può diventare uno strumento di discussione e promozione di politiche comuni su ampi temi (guerre, manipolazioni genetiche, ambiente, sviluppo).
Proposta operativa:
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Analizzare le connessioni già esistenti tra Alma Mater e reti/centri/luoghi di donne
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Individuare altri soggetti che possono essere coinvolti, oltre alle associazioni promotrici
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Definire gli obiettivi politici
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Individuare come utilizzare il sito WEB già esistente (progetto Impresadonna)
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Partecipazione al tavolo sulla cittadinanza del Dipartimento Affari Sociali
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Stabilire contatti con gruppi locali e giornali indipendenti nei paesi di origine
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Costituzione di una rete operativa tra esperienze femminili
Creare un coordinamento operativo tra esperienze che svolgono lavoro di cura inteso in senso lato
Obiettivi:
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Promuovere trasformazione sociale e cambiamento delle politiche
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Costruire consenso esterno sulle strategie individuate Trovare soluzioni innovative e proporre nuovi modelli che tengano conto delle prospettive e delle specificità di genere
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Creare alleanze con soggetti diversi per arrivare al cuore delle informazioni (per es. sui finanziamenti)
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Far circolare le esperienze e mettere a punto dispositivi per sviluppare le nostre imprese (ricerca di competenze e creazione di nuove professionalità)
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Miriam di NO.DI propone di mantenere un livello di scambio che sia di aiuto pratico al lavoro quotidiano delle associazioni. Propone quindi di sviluppare un approfondimento nell'ambito dei servizi collegato al tema dei diritti per donne e minori. La proposta prevede uno scambio di tipo operativo, tra le associazioni, con momenti di riflessione allargata ad altri oggetti. L'analisi dovrebbe sviluppare strategie (anche di creazione d'impresa nell'ambito dei servizi) e valorizzare le competenze delle persone .
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Flor e Solange propongono di creare delle connessioni con esperienze economiche dei paesi di origine ( progetto "Viaggiando senza viaggiare")
dei gruppi i
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