CAPITOLO TERZO
Libro II:39 - 3, 1. Prima che Cesare prendesse una deliberazione a tale riguardo, la madre di Archelao, Maltace, si ammalò e morì, e poi arrivarono dalla Siria lettere di Varo sull'insurrezione della Giudea; in previsione di questa,
Libro II:40 dopo la partenza di Archelao, Varo era andato a Gerusalemme per tenere a freno i ribelli, poiché era chiaro che la folla non se ne sarebbe stata tranquilla, e nella città aveva lasciato una delle tre legioni della Siria con cui era arrivato.
Libro II:41 Egli poi se n'era tornato ad Antiochia, ma l'arrivo di Sabino, aveva dato l'avvio ai disordini; costui, infatti, costringeva le guarnigioni a consegnare le piazzeforti e sottoponeva a rigoroso controllo i beni regi, avvalendosi non solo dei soldati lasciati da Varo, ma anche di un gran numero di suoi schiavi privati, che aveva armati e usava come strumenti della sua prepotenza.
Libro II:42 Arrivata la Pentecoste - così i giudei chiamano una festa che cade sette settimane dopo la Pasqua e prende il nome dal numero dei giorni trascorsi - il popolo si raccolse non per le consuete cerimonie, ma per l'indignazione.
Libro II:43 Si radunò una moltitudine immensa dalla Galilea e dall'Idumea, da Gerico e dalla Perea al di là del Giordano, ma per numero e ardore erano superiori agli altri gli abitanti della vera e propria Giudea.
Libro II:44 Si divisero in tre raggruppamenti e si accamparono in tre punti diversi, uno a settentrione del tempio, uno a sud presso l'ippodromo e il terzo a occidente presso la reggia. Essendosi così disposti, stringevano da ogni parte i romani.
Libro II:45 - 3, 2. Sabino, impaurito dal loro numero e dalle loro intenzioni, inviò una serie di messaggeri a Varo chiedendogli di accorrere al più presto in aiuto, perché, se avesse tardato, la legione sarebbe stata massacrata.
Libro II:46 Egli poi salì in cima alla torre più alta della fortezza, che si chiamava Fasael dal nome del fratello di Erode che era stato ucciso dai Parti, e di lì fece segno ai soldati della legione di attaccare i nemici; la sua paura era tanta che non s'azzardava nemmeno a scendere fra i suoi.
Libro II:47 I soldati obbedirono e avanzarono verso il tempio ingaggiando con i giudei una battaglia violenta nel corso della quale, grazie alla loro tattica sperimentata, ebbero la meglio sugli inesperti avversari fintantoché nessuno li assalì dall'alto; ma quando un gran numero di giudei,
Libro II:48 saliti sui portici, si diedero a scagliar giù proiettili, molti perirono, e non era facile né difendersi da quelli che colpivano dall'alto, né resistere a quelli che combattevano corpo a corpo.
Libro II:49 - 3, 3. Ridotti a mal partito dagli uni e dagli altri, i romani appiccarono il fuoco ai portici, che erano meravigliosi per la grandezza e la magnificenza; quelli che vi stavano sopra furono avvolti all'improvviso dalle fiamme, e molti morirono bruciati, molti furono uccisi dai nemici su cui erano saltati, alcuni si precipitarono nel vuoto dall'alto del muro alle loro spalle, e alcuni altri per disperazione si gettarono sulle spade per prevenire le fiamme;
Libro II:50 quanti riuscirono a calarsi lungo i muri e si scagliarono contro i romani, vennero facilmente ammazzati per lo stato di terrore in cui erano. Allora, essendo morti gli uni e gli altri fuggiti per la paura, i soldati penetrarono nel tesoro del dio rimasto abbandonato e fecero un bottino di circa quattrocento talenti, di cui Sabino raccolse quanto non venne trafugato.
Libro II:51 - 3, 4. La rovina degli edifici e la perdita di vite umane fecero sì che i giudei diventassero più numerosi e più accaniti contro i romani, e assediata la reggia minacciarono di massacrarli tutti, se non se ne fossero andati al più presto, e promisero salva la vita a Sabino se avesse deciso di ritirarsi con la legione.
Libro II:52 Si erano uniti ad essi il maggior numero dei soldati regi, che erano passati dalla loro parte. Ma stava con i romani il reparto più agguerrito, i tremila Sebasteni con a capo Rufo e Grato, questi il comandante della fanteria regia, Rufo il comandante della cavalleria, ognuno dei quali per la forza e la bravura era capace di decidere di una guerra anche senza i suoi uomini.
Libro II:53 I giudei proseguirono nelle operazioni di assedio, assaggiando insieme la resistenza delle mura della fortezza e gridando agli uomini di Sabino di ritirarsi e di non impedire a loro di riconquistare dopo tanto tempo l'indipendenza nazionale.
Libro II:54 A Sabino sarebbe piaciuto di svignarsela, ma non si fidava delle promesse, e sospettava che la mitezza dei nemici fosse l'esca per un tranello; nello stesso tempo sperava negli aiuti di Varo e continuò a resistere all'assedio.
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