Modello Amàrantos



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Quando David tornò con il container, strillò il telefono.

- Janis, vieni qua subito! c’è Jim che ha una specie di ictus...- Strillò David

- Come? Sta male? Cos’ha? Arrivo subito!- Immagino che abbia risposto così la tipa.

- Penso che sia colpa dell’alcool…-

- No, non dire così, magari è per qualcosa che ho mangiato - Intervenni sarcasticamente. Un’altra fitta però stroncò subito le mie minchiate e mi trovai per terra a bestemmiare Gesù e tutti i suoi amici. Fui persino costretto a farmi aiutare per tornare sulla panca. Il mio soma si comportò elegantemente e mi preparò un’altra tisana e questa volta riuscii a berne almeno metà. Stavo quasi per sentirmi, se non meglio, almeno stabile e tutto ciò mi rilassò notevolmente. In quel momento però, piombò nella stanza anche Janis, con in mano un pacco di medicine, dal nome tipo cioketasi o una roba simile. Me ne fece assorbire subito un paio e la mia situazione sembrò riassestarsi sul serio.

Mi affacciai persino alla finestra per salutarla quando se ne andò e mi fumai anche una sigaretta. Sto rinascendo, pensai, non sono mai stato meglio. Porco due. Caddi a terra colpito da una mitragliata di contorsioni del mio stomaco. Mi rannicchiai come un verme. Non fui in grado neppure di sibilare una parola ed iniziai a scalciare come mi stessero torturando. Una scia di bava mi gorgogliò dalla bocca e qualcuno iniziò a piantarmi chiodi anche nella testa. La fine.

- Jim, serpente boia, ripigliati!

Riuscii ad alzarmi un attimo ed infilai la testa dentro il catino del vomito. Non vidi più niente, se non la bava che mi saliva fino sugli zigomi e così continuai ad ansimare e sudare come una belva in calore. Attimi che divennero eterni e dolori che sembravano aver perso il legame con le umane cognizioni. Quando tutto questo passò ogni limite chiusi gli occhi e persi ogni contatto con il mondo, sempre che ne abbia mai avuto uno.

Mentre mi muovevo zoppicante nell’oscurità, il mio stesso ventre mi mordeva. Dovevo avere qualcosa nello stomaco, qualcosa di mostruoso, che lentamente sarebbe risalito lungo l’esofago e mi avrebbe ucciso tagliandomi la gola. Un essere demoniaco che io stesso avevo voluto e di cui riuscivo a percepire i pensieri solo nei momenti di atroce dolore.

Mi stai uccidendo, ma adesso te la faccio pagare una volta per tutte. Sei un egoista bastardo. Ti farò morire.

La ricerca

Mi trovavo nei pressi di Trudheim quando l'alcol iniziò a battermi nella testa. Ero a bordo della mia storica prinz verde del '68, con il parabrezza crepato, probabilmente a causa di un sasso o di una sbronza troppo pesante. Con un notevole sforzo abbassai il finestrino per sbuffare fuori il fumo della Marlboro che penzolava storta dalle mie labbra disidratate. Dalla fessura iniziò ad entrare un'aria gelida che mi punzecchiò direttamente sui testicoli. Neve per terra. Ghiaccio sotto la neve. Sotto zero e non di poco. Vaffanculo verrà estate, pensai. Era dicembre ed una merda.

Giravo ormai da troppe ore per poterle contare e la strada macinata non era poi chissà quanta. Per colpa delle catene proseguivo alla merdosa velocità di 30-35 km/h con fastidiosissima vibrazione costante del sedile. Frequenti scorre di fuoco fuoriuscivano dalla marmitta che letteralmente strusciava sulla neve. Il mio culo comunque non era da meno. La birra che stavo bevendo infatti mi provocava un sano e sfavillante subbuglio intestinale, ma io non potevo farci niente, dovevo bere. Se restavo sobrio in una situazione così avrei potuto restarci sotto.

La Prinz comunque stava facendo il suo dovere, come me d'altronde. Come tutti avrebbero dovuto o dovrebbero fare. Santiddio. A spanne mancano ancora pochi minuti e poi ci sono, pensai, aggiungendo anche un paio di bestemmie vocali per non sentirmi solo e delineare meglio le mie congetture. Buttai fuori un'altra lattina vuota di Fink Brau e chiusi in fretta il finestrino per non assiderarmi le uova scrotali.

Eccolo, è proprio questo il posto.

I parcheggi erano intasati di merda bianca e allora ancorai la prinz praticamente in mezzo ad un incrocio, tanto non c'era molto traffico a quell'ora di notte.

E se arrivano gli sbirri?

E se mia nonna avesse le ruote?

Ma vaffanculo. pensare troppo fa solo mettere le radici al teschio.

Raccattai un po' delle mie porcherie sparse in giro, accendino, Marlboro, sesterzi, occhiali e santiddii, poi fissai con occhio clinico l'insegna rossa al neon non volutamente intermittente: Night Club Oasis. Che merda di nome. Mi faceva venire in mente contemporaneamente sia un dromedario che una band di finocchi inglesi. Scesi dall'auto con la coda tra le gambe piuttosto tesa; la vista di quel genere di locali mi faceva quello strano effetto.

Varcai la soglia e mi venne in contro un tizio vestito alla Austin Power con una macchia evidente sul lato destro della giacca, che aveva un buon 90% di probabilità di essere fatta di sperma secco.

- Buona sera, signore!

- Signore un cazzo, non vedi come sono preso - Risposi con tono scherzoso

- Ah, Ah! - Rise il tipo con un sensibile tono forzato per convenienza

Se questo coglione si aspetta che gli lasci qua i miei preziosi sesterzi per le sue sporche troie si sbaglia di grosso.

- Vieni, vieni socio, ti presento Jessica e Naomi...

Il sosia di Austin mi spiaccicò letteralmente contro le tette immani di questa Naomi. Una negra tutta tette. Solo tette. Ho detto Tutto. Tette. Istantaneamente l'altra sgualfera, un metro e novanta per cento chili, mi prese per mano e provò a trascinarmi verso di lei.

- Alt, alt! Non sono qua per divertirmi, sto cercando un mio amico. Si chiama Mark Azcona. Dovrebbe essere un cliente fisso qua da voi...

- Mark? Azcona? Markus, il vecchio banchiere?

- no, no. Mark è un tipo strano che gira con una giacca di pelle...

- mai visto

ma vaffanculo Austin non sai proprio un cazzo

chissà dove minchia si è cacciato sto figlio di roia

Austin cambiò discorso e mi presentò anche una figa, bionda, bassa, snella, con i capelli lunghissimi e u capezzoli irti come due chiodi da carpenteria.

La salutai con disinteresse e finsi di capire quello che mi stava dicendo in una lingua svelta e incomprensibile per uno sbronzo come me. Intanto buttai lo sguardo sullo sfondo del bancone del bar e vidi una lucente bottiglia di vodka liscia che rapì la mia attenzione. Le troie mi sfilavano davanti con volgari intenzioni e il mio membro finì virtualmente tra le bocce della mora. Ma vaffanculo.

- Ehi socio!

Attirai l'attenzione del pirla con la macchi di sburra. Si girò verso di me e saltellando come un ebete vestito da arlecchino mi chiese di cosa avessi bisogno. Mentre gli parlavo non riuscivo a non fissare la sua patacca bianca e neppure a mascherare la mia giustificata ilarità.

- Prendo la negra. E quella bottiglia di vodka.

Purtroppo non ero fatto di legno.

- Non vuoi lo champagne?

- No, lo champagne lo bevo solo quando vado con i finocchi...

Austin si fece un altro paio di risate grasse e mi portò la sgualfera. E la bottiglia.

Pagai quello che c'era da pagare e mi infilai dentro un lugubre corridoio che dava sulle porte delle camere.

Per tutti quei soldi mi aspettavo almeno un idromassaggio e un mega specchio sul soffitto, ma invece vidi solo una vasca da bagno normalissima e uno sputo di baldacchino con tre luci che non andava bene neppure per farsi la barba. Ma il letto era tondo, enorme e con le lenzuola nere. Figo.

Scartabellai la vodka ed iniziai a berla mentre la mora mi riscaldava la capocchia con le sue labbra rigonfie. Poi ci spogliammo a vicenda, con molta difficoltà perché non riuscivo a staccare la morsa dalle sue angurie super naturali.

- Cosa essere questo?

La roia tastò il mio coltello da caccia che tenevo infilato negli stivali

- Oh, niente, niente, è per fare la punta alle matite

- Matrite? puntare?

Questa non capisce un cazzo. Sfilai la mia mezza scimitarra e l'appoggiai sul tavolino Ikea con il microspecchio. Ci stava per miracolo.

- Ho detto che mi serve per pulirmi le unghie...

- Lunghe? Lungo?

- Sì, e grosso. Lascia stare e fai correre l'acqua...

- Acqua? doccia?

Cazzo! ha capito qualcosa, sono a buon punto. Potrei anche insegnale a contare a questa zulù se potessi vivere altri duecento anni. Così finimmo nudi sotto l'acqua corrente ed in tempo zero, giusto quello che bastava per vestire il mio augello con il lattice, iniziai a pomparle il culo. La roia rispondeva bene ai miei colpi e sembrava non farci caso, ma quando raggiunsi il 100% delle mie dimensioni lamentò i primi sudati gemiti. Venti minuti. Non facevo altro che stantuffare e tastare le gemelle. Veramente notevoli. Tre quarti d'ora. Sudavo come una bestia. Trasudavo alcol puro. La mora trasudava selvaggio, come tutte le more. Africa. Tette immani e Africa. Devastazione del buco del culo. Africa con le tette grosse ed il culo aperto.

- Tu ubriaco, tu non venire... io finire mio tempo...

- Stai finendo il tuo tempo? Stai per morire?

- No. io dovere finire mio lavoro. Io clienti

- Sì, sì lascia perdere...

La differenza tra una brava troia ed una troia è che la brava troia sa che non deve mai dirti che sta scadendo l'ora, ma deve solamente prenderti in mano l'ammiraglio, stringerlo con tutta la forza, smanettarlo a velocità supersonica e lustrarti il lampadario con la lingua felpata. E chi se ne intende di troie sa perfettamente quello che sto dicendo. Così mi costrinse a buttarla in ginocchio e arrangiarmi fino ad innaffiare la sua zucca rastremata di vermi neri con il mio sacro seme. Tutto è compiuto direbbe il mio amico Bepy. Ci infilammo nuovamente sotto l'acqua calda, mi vestii con la calma, presi la mia bozza di vodka e me ne andai leggermente svuotato, almeno tra le gambe.

Mi ci vollero almeno altri dieci minuti di chiacchiere per liberarmi da Austin e dalla sua giacca lercia. Probabilmente si era affezionato alle mie stronzate, o più probabilmente al mio portafogli quasi vuoto.

Basta cazzate, devo trovare Mark Azcona.


La Prinz era ancora là nell'incrocio, intera, senza multe apparenti. Figurarsi se gli sbirri se ne vanno in giro con 'sto tempo, pensai, sorseggiando la vodka. Con notevole sforzo aprii la portiera semi congelata e mi sistemai in fretta all'interno del fottuto loculo a forma di automobile. Il parabrezza si era già ghiacciato al 90%. Freddo di merda. Non avevo nessuna intenzione di pulirlo a mano e quindi accesi il catorcio verde con il riscaldamento a bomba. Riscaldamento. Raffreddamento. Dai bocchettoni usciva un'aria talmente pungente da farmi smettere di bestemmiare. Tirai 4 accelerate per far bollire un po' il motore ma servirono solo a far sensibilmente abbassare la lancetta della miscela. Fanculo. Freddo o no dovevo partire. Parabrezza congelato o no dovevo trovare Mark Azcona.

Mi infilai nella tangenziale. Vuota come il mio scroto. Scivolai con giudizio sopra il primo cavalcavia e poi sotto il secondo. Sciolto. Al contrario del vetro ancora imborbato di H2O allo stato solido. Magicamente il bocchettone dell'aria iniziò a sfavillare più che mai e la mia visuale fu completamente sgombra. Mi sentivo meglio. Con notevole sforzo degluttai un decalitro di vodka, poi chiusi il tappo e mi ripromisi di riaprirlo solo a missione compiuta. L'altra mezza bottiglia doveva restarmi per le grandi occasioni. Tanto avevo a bordo, come passeggera sul sedile di destra,ancora mezza cassa di fink da mezzo litro. 12 sane lattine tronfie di malto, luppolo, H2O allo stato liquido e circa un 5% di divino etanolo. Mi rilassai a tal punto da oltrepassare il ponte sul Danubio alla "folle" velocità di 80 km orari. Non me ne stavo rendendo conto. C'erano dai 5 ai 25 cm di neve lungo la strada. Tutti, in media 15 cm, ibernati. tra le altre cose la mia carrozza era del 68 e le sue gomme non sarebbero andate bene neppure per cancellare un segno di matita, figuriamoci a masticarle lungo la tangenziale lastricata di bianco.

Mi accesi una Marlboro per consacrare il mio stato notevolmente al top. Cazzo! Santiddio! Madonnina delle madonnine!

A due metri da un semaforo forse verde imbarcai tanta di quella neve sulla ruota sinistra che la Prinz si imbarcò e si inclinò a 45 gradi rispetto alla strada. Un occhio al tachimetro. 85. Fanculo. Un occhio alla strada. Finocchio il membro di... Fanculo. Controsterzai ma l'auto era diventata più imprevedibile di me stesso. Si rigirò ancora verso il centro della strada ed in quel momento mi si gelò anche il sangue. Un taxi più folle di me si stava masturbando lungo la tangenziale a velocità incalcolabile. Provò a schivarmi, ma l'impatto fu inevitabile. No. Cazzo. Non riuscii neppure a bestemmiare. Girando il volante a destra e sinistra il mio umile mezzo sfiorò il taxi di un pelo di figa depilata.


Con il cuore ancora sobbalzante giunsi finalmente al bar del vecchio baffo malefico. Era uno dei locali più bazzicati da quel rifottuto Mark. Dentro c'era il classico e familiare odore rancido. Un mix di birra marcia incrostata affumicata di nicotina e peli pubici. Improponibile. Ordinai una birra rossa. Era l'unica cosa positiva in quel bacaro. Il baffo mi salutò con stupida ironia, così come un tizio sdentato con una faccia quasi nota. Manco a dirlo, neppure l'ombra di Mark.

- scusa capo, hai per caso visto Mark?

- era qua dieci minuti fa...

- cazzo!


- e per caso ha detto dove andava?

- non sono mica il suo segretario...

Il baffo accennò un'altra risata insulsa

- hai 3 clienti in tutto e non sai neanche dove minchia vanno?

- senti bello, bevi la tua birra e non rompere i coglioni. Se sei ubriaco e fastidioso non posso farci niente.

- ho solo fatto una domanda...

- c'è modo e modo di chiedere le cose.

Ma che cazzo dice? è lui che si comporta da stronzo. meglio lasciar perdere. O forse domandare al nonno invertebrato. No. magari è anche sordo. Che posto di merda. Tirai due sesterzi sul bancone.

- tieni il resto, baffone

- Tieni il resto un cazzo, la birra rossa costa 2 sesterzi e 20

- Non ho moneta

Sbattei la porta con violenza mista arroganza pura e me ne tornai a cavallo della prinz. Mentre mettevo in moto potevo sentire il baffo che sbraitava e mi fece zampillare un succoso sorriso ed un colorito sorso dalla mia vodka ghiacciata. Tutto sommato ero stato anche veloce e nell'andarmene da quel postaccio. Veloce un cazzo. Non avevo concluso niente, eccetto il fatto di essermi assicurato che il mio socio Mark non fosse un fantasma.

Probabilmente i dieci minuti del barista finocchio si aggiravano intorno alla mezz'ora. Quel tipo era affidabile come il mio pisello durante una sbronza. Il mio sesto senso mi fece girare verso la zona industriale, zona est. Nelle ultime case popolari il mio socio spesso si trastullava insieme ai magrebi - albano - macedoni con un po' do erba annegata nell'ammoniaca o con del fumo da emicrania. A lui andava bene tutto. Purché fosse roba leggera. Non era il tipo da coca o sbubba. Ogni tanto si impasticciava qualche acido o giù di lì, ma non era un drogato.

Alla radio davano Mozart. Qualcosa che non avevo mai sentito. Mah. Leopold mozart. Ma vaffanculo era tipo suo padre pseudo compositore. Mi fermai su in incrocio, nonostante il mio diritto di precedenza e locchiai una nigeriana affogata tra le sue enormi e strabordanti tette. Cazzo era la giornata delle negre maggiorate.

Scesi in prossimità delle ultime case popolari. Chiusi la Prinz, ma solo dopo aver nascosto la bottiglia di alcol al grano duro. In quei posti non ci si poteva fidare. C'era gente che ti spaccava il parabrezza per prenderti un pacchetto di sigarette. Mi assicurai ben nascosto il coltellaccio e finsi un atteggiamento da porco di un cane. Due passi e i primi ambulanti mi sfilarono davanti.

- Sono a posto. Sto solo cercando un mio amico. Un certo Mark.

- Buona. nera. Tieni fratello. Cinquanta.

- No, no socio, sono già a posto.

Erano pesanti quanto i loro colleghi che vendevano accendini e stronzerie in spiaggia. Ne schivai un'altro paio, rifiutando un po' di tutto, poi finalmente vidi Abdù, l'unico moro che conoscevo, tra virgolette s'intende.

- ehilà, Abdù.

- ciao amico. Tu bene?

- Sì, sì, socio, the best. Grazie. Anche te ti vedo sempre in forma.

Bisognava sempre leccare un po' il culo a questi bastardi. Non in maniera troppo evidente, s'intende.

- Sono qua per chiederti se per caso hai visto Mark.

- Chi? Mark?

- Sì, Mark Azcona, il mio socio con la giacca di pelle...

- Io non ricordare...

Ma va in figa negro di merda. Non mi sembrava il caso di insistere. C'era un via e vai troppo pericoloso di gentaglia infame.

- Beh, non importa. Comunque, dato che sono qua, dammi almeno 10 sesterzi di fumo.

- Io vendo solo 50, 100 no 10 sesterzi. Ah, ah.

Beh, vantati perché sei pieno di droga fin nel buco del culo. Se fossimo solo io e te ti avrei già spaccato il truglio.

- Mi dispiace ma non ho più soldi...

Abdù a tal punto farfugliò qualcosa con un rachitico inguardabile che ci stava zuzzurellando intorno con l'aria da spavaldo. Un deficiente che a spanne non arrivava neppure a 18 anni. Forse 16. Non sono mai stato bravo nel dare l'età alla gente. Le donne mi sembrano sempre troppo vecchie, i giovani troppo giovani ed i vecchi ancora più vecchi delle donne. Le ragazzine mi sembrano sempre troppo giovani, ma non meno dei giovani stessi. L'età media era troppo difficile da calcolare per poter essere apprezzata. Purtroppo la migliore età è sempre quella che si vuole avere e non si avrà mai o mai più.

Lo smilzo pidocchio mi tese un sacchettino con dentro della merda che aveva l'aria di essere proprio dello sterco. Lo fissai con una smorfia sottocutanea di disappunto e l'arco sopraciliare arcuato a tutto sesto. Lo sciame di luamari venditori mi si fece stretto come l'ano di un nobile uomo eterosessuale stitico e anti aerofagico. La situazione si stava facendo pesante.

- Mi dispiace, socio ma la tua roba non mi ispira.

Gli sguardi orribili delle anime perse intorno a me si fecero spinosi e selvaggi.

- Tu venire qui dietro e io cambiare la roba

Col cazzo. Solo un malato mentale andrebbe lì dietro. Tirai l'occhio e vidi che lì dietro c'era una specie di giardinetto trasandato circondato dai grigi palazzi popolari. Una trappola per topi lobotomizzati. Pullulava di zombi. Odorava di inculata mista a sangue rappreso. Emorroidale.

- Senti socio. Dammi dieci sesterzi di roba decente e me ne vado via. Ok?

- Ehi! Tu non dire ordini!

Il finocchietto mi piantò cinque dita sulla guancia sinistra, con rapidità da manuale e con la forza di un malato terminale di AIDS. In fila due imitazioni di ganci sinistro - destro. Non feci una piega. Non di dissi niente. In un baleno mi si scagliò contro e provò a strattonarmi. Non ero molto alto, diciamo basso, non che adesso sia più alto, ma quella sera mi sentii decisamente basso. Ma ero piuttosto stagno, non zinco, non grasso, ma solido, soprattutto da sobrio. Per quella volta feci un eccezione e restai roccioso anche da sbronzo.

Mentre incassavo sentivo Abdù che blaterava contro lo smilzo, che si fermò, anche lui urlando qualcosa in tono offensivo in linguaggi a me sconosciuti. Sicuramente il dialogo sarà stata una cosa del tipo:

- non vedi che è un pivello, lo ammazziamo di botte e gli rubiamo anche le capsule dei denti...

- che cazzo fai? non possiamo fare casino, sta arrivando la pula.

- lasciami finire, sono una bestia, i miei pugni sono d'acciaio zincato a caldo, lo sto massacrando

- no, basta, basta, il tuo generoso coraggio è superato solo dalla tua infinita potenza che sta deformando lo spazio-tempo. Se continui così moriremo tutti!

- Hai ragione Abdù, la tua saggezza non conosce confini.

Infatti infondo alla via adocchiai il mitico lampeggiante dei cartabinieri, che avanzava alla velocità di crociera di 0,2 nodi gordiani.

Lo smilzo mi diede l'ennesima spinta prima di dissolversi e Abdù, forse in onore alla mia faccia di bronzo mi sganciò un blocchetto di quelli sani. Risucchiò il deca che tenevo in mano da un pezzo e sgusciò via dentro il parchetto insieme a tutti i suoi melcichi. Tastai il pezzetto di fumo prima di infilarlo dentro il pacchetto di Marlboro. Sembrava roba sana. Sicuramente era abbondante. D’altronde mi era costato 4 ceffoni da parte di un bambino viziato. Doveva essere il top. Sapevo che Abdù aveva anche piccole mercanzie. Si spacciava per un narcotrafficante, ma alla fine era un marocchino da accendini come tutti gli altri. Povero pirla.

- Buonasera. Cosa sta facendo qua?

Santiddio, i cartabinieri. Avevano parcheggiato a due metri da me e non me ne ero neanche accorto.

- Salve. Niente di speciale, sto cercando un mio amico.

- un suo amico per fare cosa?

Ma perché non mi tappo la bocca. Una cazzata simile poteva costarmi una notte al fresco.

- Per un passaggio, sa, ho bevuto due bicchierini di troppo e se bevo non tocco la macchina.

- È sua quell'auto là?

- Sì. È un po' vecchia ma funziona.

Adesso le cose sono due. O mi hanno preso per un deficiente sincero, come spero. O mi aprono il culo con il cric. Avevo anche un pezzo di fumo. Ero sbronzo e mi sanguinava il sopracciglio. Per fortuna avevo i capelli lunghi che mascheravano lo sfregio. La Prinz in regola aveva solo l'assicurazione. Targa di cartone, bollo mai pagato, ruote lisce e disomogenee, ruggine, un paio di luci rotte e chi più ne ha più ne metta.

- Mi dia un documento.

- Ecco qua.

Chi ha il documento a portata di mano ha sempre una chance in più.

- Bene, Bene.

Anche all'interno dell'auto infatti ho sempre una busta con dentro patente, libretto e un centone. Fino ad adesso il centone l'ha sempre scampata, ma troverà anche lui quello del formaggio.

- Volete anche i documenti dell'auto?

- No, grazie, a posto così.

Bene, bene!

- per il momento.

Si piazzarono sulla loro punto nera e iniziarono a fare accertamenti sul povero sottoscritto. Serpente di Giuda.

L'alcol subì una notevole perdita all'interno del mio organismo e tornai a sentire il freddo acuto che odiavo. I minuti si facevano sempre più lunghi. Iniziai così a capire un po' meglio il concetto di relatività ristretta.

Tutte uguali. Le coppie di sbirri sono tutte uguali. Il capo pattuglia. Quarantenne, squadrato, terrone e misterioso. Praticamente un pirla. L'appuntato. Vent’anni presi per il collo, alto, magro e pirla. Avevano qualcosa in comune tra di loro, così come tutte le coppie di cartabinieri, ma non riuscivo a focalizzare quale fosse.

Ma perché cazzo non andate su queste case di merda a rompere il cazzo a questi merdosi del cazzo che porco cazzo lo sanno tutti che sono dei cazzoni di merda. Cazzo. Merda. Quando mi innervosivo avevo la tendenza a diventare globalmente ripetitivo e ridondante. Io bene o male ho un lavoro semionesto. Ho una sana semidipendenza dall'alcol a dalla figa, ma per sbarcare il lunario non vendo merda e non schiaffeggio gente che cela misticamente nel suo sudario un coltello lungo come l'arsenale del defunto Holmes. Non Sherlock, ovviamente.

- Tenga, può andare, ma stia attento.

- Saluti e grazie, agente.

Agente, ah.

Gli sbirri voltarono le chiappe. Innocentemente mi fumai una Marlboro. Avevo troppa scaga per estrarla prima. Metti caso che mi straboccasse il grel che avevo nascosto... Finita la cicca levai le ancore. Avevo già locchiato qualche negro che usciva dalla tana. O meglio, qualche zombi che spuntava dal sarcofago.

Rombai la prinz. Guardai la vodka. La presi in mano con il mio braccio più debole. Avevo giurato che me la sarei scolata a lavoro compiuto

- Sì, lo avevi detto! - iniziò a supplicare la bottiglia tremolante.

- Ho mentito - Due sorsate colossali ed il vuoto volò inerte fuori dal finestrino, mentre la prinz sfrecciava dondolante lungo la tangenziale ghiacciata.


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