Oscar fantascienza Isaac Asimov



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#14010
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a una donna, ma secondo lei ero più attaccato alla ma-

tematica.«


«Era vero?«
aA me sembrava di no, però lei la pensava diversa-

mente, cosi se n'è andata.«


«E da allora non avete avuto altri legami?«

«No. Il ricordo della sofferenza è ancora troppo ni-

tido.~-
«Be', a quanto pare, potremmo aspettare tranquilli

che tutto si compia e lasciare che siano gli altri in futu-

ro a soffrire. Forse un tempo l'avrei anche accettato...

ma ora no. Perché ora ho uno strumento e posso inter-


venire.«
«Quale sarebbe lo strumento?« chiese Seldon, cono-

scendo già la risposta.


«Voi!«
Sapendo cosa avrebbe detto Hummin, Seldon non

perse tempo a mostrarsi scioccato o sorpreso. Si limitò

a scuotere la testa. «Vi sbagliate. Non sono uno stru-

mento utilizzabile.«


«Perché?~
Seldon sospirò. «Quante volte d~vo ripeterlo? La psi-

costoria non ~ una scienza pratica. Presenta difficoltà

di base enormi. Nemmeno disponendo di tutto il tem-

po e lo spazio dell'universo si riuscirebbe a risolvere i

problemi essenziali.«
«Ne siete sicuro?~
«Purtroppo, sl.~
« Sapete, nessuno vi chiede di calcolare l'intero futu-

ro dell'Impero Galattico. Non dovete tracciare detta-

gliatamente le azioni di ogni essere umano o di ogni

mondo. Dovete solo rispondere a certe domande...

L'Impero Galattico crollerà e, se si, quando? Quali sa-

ranno le condizioni dell'umanità in seguito? Si può fa-

re qualcosa per impedire il crollo o per migliorare la si-

tuazione in seguito? Queste sono domande relativa-

mente semplici, mi pare.«
Seldon scosse la testa e sorrise mesto. ~La storia del-

la matematica ~ piena di domande semplici che aveva-

no solo risposte complicatissime... o nessuna risposta.~-
«Non si può fare nulla? So che l'Impero sta crollan-

do, ma non posso dimostrarlo. Le mie conclusioni sono

soggettive, e non posso dimostrare di avere ragione.

~Dato che si tratta di un'idea sconvolgente, è ovvio che


_ E la gente preferirà non credere alle mie conclusioni sog-

gettive, e non si farà nulla per impedire la Caduta o per

cercare almeno di attutirla e renderla meno rovinosa.
_~ Voi invece potreste dimostrare che la Caduta è immi-

nente... o confutarla, anche.«


«Ma è proprio quello che non posso fare. Non posso

trovarvi delle prove se non ci sono prove. Non posso

applicare un sistema matematico che è inapplicabile.

Non posso trovarvi due numeri pari che diano come

somma un numero dispari... per quanto voi o tutta la

Galassia possiate avere un bisogno disperato di quel

numero.«
Hummin disse: «Be', allora fate parte della decaden-

za. Siete disposto ad accettare il fallimento«.

` «Che sceltaho?«
«Non potete tentare? Forse vi sembrerà uno sforzo

inutile, ma avete qualcosa di meglio da fare nella vita?

Avete qualche meta più degna? Uno scopo più nobile a

vostro giudizio?~


Seldon batté le palpebre. «Milioni di mondi. Miliar-

di di culture. Trilioni di persone. Centinaia di migliaia

di trilioni di interrelazioni... E voi volete che ordini si-

stematicamente tutto questo... ~


«No, voglio che tentiate. Per il bene di quei milioni

di mondi, di quei miliardi di culture, di quei trilioni di

persone. Non per l'Imperatore. Non per Demerzel. Per

I'umanità.«


«Fallirò« disse Seldon.
«In tal caso, le cose resteranno come sono, non peg-

gioreranno di certo. Ci proverete?«


E contro la propria volontà, senza sapere perché,

Seldon si ritrovò a rispondere: «Proverò«. E il corso

della sua vita fu segnato.
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Il viaggio terminò e l'aerotaxi si immise in un'area`

molto più ampia di quella dove si erano fermati a man-

giare. (Seldon ricordava ancora il sapore del sandwich

e fece una smorfia.)
Hummin consegnò il taxi e tornò, mettendo la tesse-

ra di credito in un taschino all'interno della camicia.

Disse: «Qui siete completamente al sic~lro da qualsiasi

azione palese. Siamo nel Settore di Streeling«.


«Streeling?«
«Il nome di chi aprl per primo quest'area all'insedia-

mento, immagino. La maggior parte dei settori pren-

dono il nome da qualcuno, il che significa che molti no-

mi sono brutti e che alcuni sono difficili da pronuncia-

re. Comunque, se cercaste di costringere gli abitanti a

cambiare il nome di Streeling in "Dolceprofumo« o

qualcosa del genere, scatenereste una rivolta.«
«Certo che questo non è esattamente un "dolce pro-

fumo"« disse Seldon, aspirando forte col naso.


«In pratica è cosi su tutto Trantor, ma vi ci abitue-

rete.~
«Sono contento che siamo qui. Non che il posto mi

piaccia, ma ero stanco di star seduto in taxi. Spostar-

si su Trantor dev'essere orribile. Su Helicon, possia-

mo andare da un posto all'altro per via aerea, impie-

gando molto meno tempo di quello che abbiamo im-

piegato noi per percorrere questi duemila chilometri

scarsi.«
«Li abbiamo anche noi gli avio.


«Ma allora perché... «
«Il viaggio in aerotaxi ho potuto organizzarlo con-

servando più o meno l'anonimato. Con un avio sarebbe

stato molto più difficile. E anche se questo posto è sicu-

ro, preferisco che Demerzel non sappia di preciso dove

siete... Ma non abbiamo ancora finito. Prenderemo l'E-

spressovia per l'ultimo tratto.«


Seldon conosceva il termine. «Una di quelle monoro-

~i taie aperte che si muovono su un campo elettromagne-

~: tico, giusto?«

~ «Sl.«
I' «Non le abbiamo su Helicon. Non ne abbiamo biso-

gno. Ho preso un'Espressovia il mio primo giorno su

~ l~antor. Mi ha portato dall'aeroporto all'albergo. E

r; stata una novità per me, ma se dovessi usarla sempre,

~ credo che il rumore e la ressa diventerebbero insoppor-

,~ tabili.«
Hummin sembrava divertito. aVi siete perso?«
«No, c'erano le indicazioni necessarie. Il problema

l~ era salire e scendere, ma mi hanno aiutato. Ora mi ren-

rl~ do conto che tutti capivano che ero uno straniero dai

t miei vestiti. Comunque sembravano ansiosi di aiutar-

mi, senza dubbio perché doveva essere divertente

guardarmi mentre esitavo e incespicavo.«


·~Adesso che siete un esperto di viaggi in Espressovia,

non esiterete né incespicherete piùl~ disse Hummin in

tono abbastanza cordiale, anche se arricciò leggermen-

te gli angoli della bocca. «Su, andiamo.~


S'incamminarono senza fretta aungo il passaggio,

che era illuminato in maniera tale da dare l'impressio-

ne di una giornata di cielo coperto e che di tanto in tan-

to si rischiarava come se il sole avesse fatto capolino

tra le nubi. Istintivamente, Seldon alzò lo sguardo per

vedere se fosse davvero così, ma il "cielo" lassù era di

una luminosità diffusa.
Hummin notò il suo gesto. «Pare che questo cambia-

mento di luminosità si addica alla psiche umana. In

certi giorni la strada sembra in pieno sole, mentre altre

volte c'è più buio di adesso.~


4Ma niente pioggia e niente neve?«
«No. E neppure grandine o nevischio. Né forte umi-

dità, né freddo intenso. Trantor ha i suoi vantaggi, Sel-

don, perfino adesso.«
C'erano persone che camminavano in entrambe le

direzioni, parecchi giovani, e anche alcuni bambini in-

sieme agli adulti, nonostante quel che aveva detto

Hummin riguardo l'indice di natalità. Tutti avevano

un'aria rispettabile e prospera. I due sessi erano rap-

presentati in pari percentuale, e gli abiti erano netta-

mente più sobri rispetto al Settore Imperiale. Lì l'abbi-

gliamento di Seldon, scelto da Hummin, era perfetto.

Pochissimi portavano il cappello, e per il matematico

fu un vero sollievo togliersi il proprio e tenerlo lungo

un fianco.
Non c'era alcun abisso che separasse i due lati del

passaggio; lì, come aveva predetto Hummin nel Setto-

re Imperiale, si camminava apparentemente a livello

del suolo. Non c'erano nemmeno veicoli, e Seldon lo fe-

ce notare al compagno.
Hummin disse: «Nel Settore Imperiale ce ne sono

parecchi perché vengono usati dai funzionari. Negli al-

tri settori i veicoli privati sono rari e hanno tunnel ri-

servati. In realtà non sono indispensabili, dato che ab-

biamo l'Espressovia, e i corridoi mobili per le distanze

pí~ brevi. Per gli spostamenti ancor più brevi abbiamo

i passaggi e possiamo usare le gambe«.
Ogni tanto si sentivano dei sibili e dei cigolii attu-

titi, e a un certo punto Seldon vide, non molto lonta-

no, lo scorrere interminabile delle vetture dell'Espres-

sovia.
«Ecco, ci siamo« disse, indicando.


«Lo so, ma raggiungiamo una stazione di imbarco.

Ci sono più vetture ed è più facile salire.«


Una volta sistematisi tranquillamente a bordo di

una vettura, Seldon si rivolse a Hummin. « Quel che mi

sorprende è la silenziosità delle Espressovie. D'accor-

do, sono spinte da un campo elettromagnetico, però mi

sembrano ugualmente molto silenziose« disse, ascol-

tando i rari cigolii metallici della loro carrozza che si

muoveva tra quelle vicine.
aSì, è una rete meravigliosa, ma non la vedete nel

periodo di massimo splendore. Quand'ero giovane era

ancor più silenziosa, e certi dicono che cinquant'anni

fa non si sentiva il minimo rumore... anche se dobbia-

mo tener conto dell'idealizzazione dei ricordi nostal-

gici.«
«Perché non è più così, adesso?«


«Perché la manutenzione lascia a desiderare. Vi ho

parlato della fase di decadenza, no?«


Seldon corrugò la fronte. «Be', non credo che la gen-

te se ne stia seduta a guardare e dica: "Siamo in decli-

no. Lasciamo che l'Espressovia si sfasci".«
«No. Non è una cosa intenzionale. Le vetture vec-

chie vengono rinnovate, i magneti vengono sostituiti,

dove è necessario si mette una toppa. Però lo si fa in

modo affrettato, senza molta attenzione, e lasciando

trascorrere periodi più lunghi. I crediti disponibili non

bastano.«


«Dove sono finiti i crediti?«
«In altre cose. Abbiamo avuto secoli di fermenti e di-

sordini. La flotta è molto più grande e costosa rispetto

a un tempo. Le forze armate sono pagate molto meglio,

perché stiano tranquille. Le rivolte, i tumulti, i conflit-

ti civili minori, hanno tutti il loro prezzo.«
«Ma con Cleon è tornata la calma. E la pace dura da

cinquant 'anni . «


«Sì, però dei soldati ben pagati si irriterebbero se la

loro paga venisse ridotta solo perché c'è la pace. Gli am-

miragli si opporrebbero se delle navi venissero disar-

mate e se il loro grado diminuisse solo perché le esigen-

ze militari sono minori. Così i crediti continuano ad an-

dare, improduttivamente, alle forze armate, mentre

aree vitali dell'apparato sociale vengono abbandonate

al deterioramento. Ecco cos'è per me la decadenza. E

voi che ne dite? Non pensate di inserire prima o poi

questi elementi nella vostra teoria psicostorica?«


Seldon si agitò a disagio, poi chiese: «Ma... dove stia-

mo andando?«.

«All'Università di Streeling.«
«Ah, ecco perché il nome del settore mi sembrava fa-

miliare. Ho sentito parlare dell'Università.,~


«Non mi sorprende. Trantor ha circa centomila isti-

tuti universitari, e tra i mille più importanti c'è appun-

to quello di Streeling.~>
«Starò là?«
< Per un po'. I campus universitari sono rifugi invio-

labili, complessivamente. Là sarete al sicuro.«


~Ma sarò bene accetto?)>
«Perché no? Oggi è difficile trovare un buon mate-

matico. Forse troveranno il modo di utilizzarvi. E forse

anche voi potrete farvi aiutare, così non sarà un sem-

plice nascondiglio.~


aCioè, sarà un posto dove potrò sviluppare le mie

teorie.«
«Me l'avete promesso« gli ricordò serio Hummin.


«Vi ho promesso di provarci « disse Seldon. Era come

promettere di cercare di costruire una fune con della

sabbia, rifletté.
Dopo di che la conversazione cessò, e Seldon osservò le

strutture del Settore di Streeling che scorrevano late-

ralmente. Alcune erano piuttosto basse, altre sembra-

vano sfiorare il "cielon. Ampi passaggi trasversali in-

terrompevano la progressione, e si vedevano numerosi

vicoli.
A un certo punto Seldon fu colpito da un pensiero...

Oltre a stagliarsi verso l'alto gli edifici scendevano an-

che in profondità... e forse erano più "profondi~ che al-

ti. Sl, doveva essere proprio così.
Di tanto in tanto si intravedevano macchie di verde

sullo sfondo, lontano dalla Espressovia, e perfino pic-

coli alberi.
Seldon osservò a lungo il paesaggio, poi si accorse

~;~ che la luce stava affievolendosi. Si guardò attorno, soc-

P chiudendo gli occhi, e fissò Hummin, che indovinò la
E~ domanda.
«Il pomeriggio sta finendo« spiegò questi. aSta arri-

vando la notte.«


Seldon inarcò le sopracciglia, piegando all'ingiù gli
~ ` angoli della bocca. «Impressionante. Mi pare di vedere
@~ I'intero pianeta che si oscura, per illuminarsi di nuovo

dopo qualche ora.«


Hummin sorrise... il suo solito sorrisetto controllato.

«Non è proprio così, Seldon. Il pianeta non viene mai


,~` Uspenton completamente... né "acceson. L'ombra del

crepuscolo scivola sul pianeta gradatamente, seguita

dopo mezza giornata dal lento chiarore dell'alba. Il
F cambio di luminosità segue quasi alla perfezione il ci-
~ clo reale giorno-notte che c'è sopra~ le cupole, e alle
F quote maggiori la durata del giorno e della notte varia

in base alle stagioni.~-


Seldon scosse la testa. «Perché ingabbiare il pianeta

per poi imitare i fenomeni che avvengono all'aperto?l


«Perché la gente preferisce cosl, immagino. Ai Tran-

toriani piacciono i vantaggi di un ambiente chiuso, pe-

rò se possibile preferiscono dimenticare di trovarsi in

un ambiente chiuso. Conoscete pochissimo la psicolo-

gia trantoriana, Seldon.~
Il matematico arrossì leggermente. Era solo un Heli-

coniano, e sapeva molto poco dei milioni di altri mon-

di. La sua ignoranza non si limitava a Trantor. Dun-

que, come poteva sperare di trovare un'applicazione

pratica della psicostoria?
Anche disponendo di un numero illimitato di colla-

boratori sarebbe stata un'impresa impossibile!


Gli venne in mente un quesito propostogli in gioven-

tù: esiste un pezzo di platino relativamente piccolo, do-

tato di maniglie, che non possa essere sollevato con la so-

la forza muscolare da un numero illimitato di persone?

La risposta era si. Un metro cubo di platino pesava

22.420 chilogrammi in condizioni di gravità standard.

Supponendo che ogni persona fosse in grado di alzare

da terra 120 chilogrammi, per sollevare il platino sa-

rebbero bastate 188 persone. Però era impossibile pi-

giare 188 persone attorno al metro cubo di platino, in

modo tale che tutte potessero disporre di un appiglio.

Al massimo si poteva impiegare una decina di perso-

ne. E non era possibile ricorrere a leve o ad altri con-

gegni del genere. Bisognava usare solo la "forza mu-

scolare".
Allo stesso modo, forse era impossibile raccogliere

un numero di persone sufficiente ad occuparsi della

mole di conoscenze necessarie per la psicostoria, anche

se le informazioni fossero state immagazzinate in me-

morie di computer e non in cervelli umani. Come nel

caso del platino, il numero illimitato di persone teori-

camente impiegabili presentava dei limiti pratici.
Hummin disse: «Sembrate assorto, Seldon«.
«Sto meditando sulla mia ignoranza.~.
«Una cosa utile. Trilioni di persone dovrebbero far-

lo... Ma è ora di scendere.l.


Seldon alzò lo sguardo. «Come fate a saperlo?,
«Adotto lo stesso metodo che avete seguito la prima

volta che avete viaggiato in Espressovia qui su Tran-

tor. Seguo le indicazioni.~-
Seldon riuscì a leggerne una: UNIVERSITA Dl STREE-
LING- 3 MINUTI.
«&endiamo alla prossima stazione. Attento a dove

mettete i piedi.~


Seldon segui Hummin e smontò, notando che adesso

il cielo era color porpora scuro, e che passaggi, corridoi

ed edifici stavano illuminandosi e sprigionavano un

bagliore giallo.


Sembrava una sera heliconiana. Se lo avessero por~

tato li bendato e poi avessero tolto la benda, Seldon

avrebbe avuto l'imPressione di trovarsi nella zona cen-
,~ale, particolarmente densa di bei fabbricati, di una

cdelle maggiori città di Helicon.


«Hummin, secondo voi, per quanto tempo rimarrò

a all Università di Streeling?«


Calmo e tranquillo come sempre, Hummin rispose:

«Difficile dirlo, Seldon. Forse per tutta la vita«.

~' «Cosa! «
«Può darsi di no. Ma da quando avete presentato

quella relazione sulla psicostoria, la vostra vita non vi

appartiene più. L'Imperatore e ~emerzel hanno capito

subito la vostra importanza. Anch'io l'ho capita. E an-


F che molti altri, direi. Quindi, Seldon, la vostra vita non

potrete più deciderla voi.«


86 87

Biblioteca.


F: VENABIII, DORS--- Studiosa di storia, nata su Cinna... Probabil-

mente la sua vita sarebbe continuata senza eventi di rilievo

se, dopo aver trascorso due anni nel corpo docente dell'Uni-

versità di Streeling, Dors Venabili non avesse incontrato il

giovane Hari Seldon durante la Fuga...

FN~ l .OpEDlA CALAlTICA

16
La stanza in cui Hari Seldon si trovava era più spazio-

sa di quella di Hummin nel Settore Imperiale. Era una

camera da letto con un angolo che fungeva da bagno, e

non c'era traccia di attrezzature da cucina. Non c'era-

no finestre; sul soffitto, dietro una griglia, un ventilato-

re produceva tm sibilo continuo.


Seldon si guardò attorno, l'espressione un po' mesta.
Hummin interpretò quello sguardo con la sua solita

sicurezza e disse: «E solo per questa notte, Seldon. Do-

mattina verrà qualcuno e vi sistemerà presso l'Univer

sità, dove starete più comodo«.


«Scusate, Hummin, ma come fate a saperlo?«
«Organizzerò tutto io. Conosco un paio di persone

qui« Hummin abbozzò un sorrisetto freddo «che mi

devono un paio di favori. Ora esaminiamo qualche par-

ticolare.« Fissò Seldon e prosegul: «Quello che è rima-

sto nella vostra stanza d'albergo non si pu~ recuperare.

C'era qualcosa di insostituibile?«.


«No, non proprio. Qualche oggetto personale che

aveva più che altro un valore affettivo... se devo rinun-

ciarci, pazienza. Naturalmente, c'erano degli appunti

sui miei studi. Dei calcoli. La relazione stessa.«


«Che è di dominio pubblico finché non verrà tolta

dalla circolazione per la sua pericolosità... cosa che av-

verrà, probabilmente. Sono sicuro di potermene pro-

curare una copia. Ma in ogni caso siete in grado di rico-

struirla, vero?«

«Certo. Infatti ho detto che non c'era nulla di insosti-

tuibile... Ah, poi ho perso circa mille crediti, dei libri,

dei vestiti, i miei biglietti di ritorno per Helicon, cose

del genere.«
«Tutte rimpiazzabili... Vi farò avere una tessera di

credito addebitata a me per le spese giornaliere.«


~Molto generoso da parte vostra. Non posso accet-

tare.«
«Non è affatto generoso, dato che spero di salvare

I'Impero in questo modo. Dovete accettare.«
«Ma quanto potete permettervi di spendere, Hum-

min? Nel migliore dei casi, usando quella tessera non

mi sentirò la coscienza tranquilla.«
«Posso permettermi tutte le spese necessarie a ga-

rantire la vostra sopravvivenza a un livello ragionevole

di benessere, Seldòn. Certo, non dovete cercare di com-

prare la palestra dell'Università, né sperperare un mi-

lione di crediti in un eccesso di prodigalità.
«Non preoccupatevi, ma col mio nome registrato...
«Nessun problema. Il governo imperiale non può

esercitare alcun controllo di sicurezza sull'Università e

i suoi membri. C'è la massima libertà. Qui si può discu-

tere di tutto, si pub dire tutto.«


«E i reati?«
«Se ne occupano le autorità universitarie, in modo

ragionevole e accurato... e in pratica la criminalità non

esiste, qui. Gli studenti e il corpo docente apprezzano

la loro libertà e sanno che ci sono delle regole da rispet-

tare. Troppa turbolenza, un inìzio di disordini e di

spargimento di sangue, e il governo potrebbe sentirsi

in diritto di rompere il tacito accordo e di inviare le

truppe. Nessuno vuole che succeda, nemmeno il gover-

no, quindi si cerca di mantenere un delicato equilibrio.

In altre parole, Demerzel stesso non può prelevarvi

dall'Università a meno di non avere un motivo molto

più valido di quelli forniti al governo dai membri del-

I'istituto in almeno un secolo e mezzo. D'altra parte, se

uno studente-agente vi attirasse però fuori zona...«


r
~Ci sono studenti-agenti?«
~Chissà... può darsi. Un individuo può essere minac-

~iato o manovrato o semplicemente "comprato"... e re-

~are quindi al servizio di Demerzel o di qualcun altro.

~er cui mi preme sottolineare questo: qui siete ragio-

~ evolmente al sicuro, però nessuno è completamente al

.~sicuro. Dovrete essere prudente. Ma questo avverti-

5 ~nento non significa che dobbiate vivere sempre nella

~ paura. Tutto sommato, qui sarete più al sicuro che su

,~ Helicon o qualsiasi altro mondo della Galassia.«

1~ «Lo spero« fece Seldon, I'espressione cupa.


«E così, lo SO~t replicb Hummin. «O non sarei tanto

imprudente da lasciarvi.«

Lasciarmi7« Seldon alzb lo sguardo di scatto. aNon
~F potete farlo. Voi conoscete questo mondo. Io, no.«
.~ « Sarete con altre persone che conoscono questo

mondo... che conoscono questo settore meglio di me. Io

devo proprio andare. Siamo assieme da parecchie ore,
! e a questo punto mi conviene riprendere la mia esisten-

e za abituale. Non devo attirare troppo l'attenzione su di

me. Ricordate, non siete l'unico a rischiare, anch'io

corro dei rischi.«


Seldon arrossl. «Avete ragione. Non posso pretende-

re che continuiate a rischiare per me. Spero che non vi

siate già compromesso.«
Hummin disse calmo: «Chi può dirlo? Viviamo in

tempi pericolosi. Ma ricordate... se c'è qualcuno in gra-

do di raddrizzare le cose, per quelli che verranno dopo

se non per noi, quel qualcuno siete voi, Seldon. Questo

pensiero vi serva da stimolo e da guida«.
Seldon non riuscì a dormire. Si agitò e si rigirò al

buio, pensando. Dopo che Hummin l'aveva salutato

con un cenno, gli aveva stretto brevemente la mano e

se n'era andato, lui si era sentito solo e indifeso come


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