Guerra giudaica



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LIBRO VI

CAPITOLO PRIMO

Libro VI:1 - 1, 1. La drammatica situazione di Gerusalemme peggio­rava ogni giorno di più, perché la ferocia dei ribelli s'acuiva fra tanti disastri mentre la fame, dopo aver sterminato il popolo, mieteva le sue vittime anche fra loro.


Libro VI:2 La moltitu­dine dei cadaveri ammonticchiati per la città non solo offriva uno spettacolo raccapricciante ed emanava un tanfo pestifero, ma ostacolava le sortite dei combattenti, costretti ad avan­zare calpestando i caduti come soldati adusi alle grandi stragi dei campi di battaglia.
Libro VI:3 Ed essi li calpestavano senza provarne orrore o pietà, e senza un presentimento di malaugurio per l'offesa arrecata ai morti,
Libro VI:4 ma con le destre imbrattate del sangue dei concittadini uscivano ad affrontare gli stranieri rimprove­rando al Dio - io credo - la lentezza nel punirli: infatti ciò che li spronava a combattere non era più ormai la speranza di vittoria, ma il non aver speranza di salvezza.
Libro VI:5 Frattanto i romani, pur avendo molto penato nel procurarsi il legname necessario, in ventun giorni avevano costruito i terrapieni dopo aver tagliato tutti gli alberi intorno alla città, come ho detto, entro un raggio di novanta stadi.
Libro VI:6 Così era diventato penoso anche lo spettacolo offerto dalla campagna; infatti quelle contrade, un tempo rese amene da alberi e giardini, erano allora ridotte a una landa deserta e senza verde,
Libro VI:7 e nes­suno straniero che avesse visto la Giudea di una volta e gli incantevoli dintorni della città allo spettacolo di quella desolazione avrebbe potuto fare a meno di rattristarsi e di gemere di fronte a un tale cambiamento.
Libro VI:8 La guerra aveva infatti cancellato ogni traccia dell'antico splendore, e chi per caso fosse all'improvviso ritornato in quei luoghi non li avrebbe riconosciuti, ma si sarebbe messo in cerca della città pur trovandosi nei suoi paraggi.
Libro VI:9 - 1, 2. Il compimento dei terrapieni fu fonte di timore tanto per i romani quanto per i giudei;
Libro VI:10 costoro infatti sapevano che, se non fossero riusciti a distruggerli ancora una volta col fuoco, la città sarebbe stata espugnata, mentre dal canto loro i romani consideravano vana ogni altra speranza di vit­toria se anche questi terrapieni fossero stati abbattuti.
Libro VI:11 Man­cava infatti il legname, e ai soldati si affievolivano le forze per le fatiche e, insieme, si abbassava il morale per i continui rovesci.
Libro VI:12 In effetti la tragica situazione della città aveva finito per scoraggiare più i romani che i suoi abitanti; infatti, pur fra tanti disastri, non si attenuava la resistenza degli avversari,
Libro VI:13 e invece svanivano da ogni parte le loro speranze perché i terrapieni cedevano agli attacchi insidiosi, le macchine alla robustezza delle mura, i combattimenti corpo a corpo alla spericolatezza dei nemici e - ciò che più contava - essi tro­vavano i giudei animati da una volontà di resistenza che supe­rava i contrasti, la fame, la guerra e ogni altra avversità.
Libro VI:14 Perciò s'erano messi in mente che non sarebbero riusciti ad aver ragione della loro aggressività e che indomabile era il loro coraggio nella sventura. Quali prove, infatti, non sarebbero stati capaci di affrontare col favore della fortuna degli uomini che attingevano coraggio dai disastri? Per tali ragioni i ro­mani intensificarono la vigilanza sui terrapieni.
Libro VI:15 - 1, 3. Gli uomini di Giovanni che presidiavano l'Antonia eseguivano intanto opere di fortificazione, in vista dell'even­tualità che il muro venisse abbattuto, e insieme portarono un attacco ai terrapieni prima che fossero messi in posizione gli arieti.
Libro VI:16 Ma non riuscirono nell'impresa perché, mentre si facevano avanti con fiaccole incendiarie, prima di avvicinarsi ai terrapieni si disanimarono e tornarono indietro.
Libro VI:17 Dettero soprattutto l'impressione di non essere tutti d'accordo nel piano d'azione perché vennero fuori a piccoli gruppi, a inter­valli, mostrando esitazione e paura, sì che insomma non sem­bravano dei giudei; infatti furono assenti tutte le caratteri­stiche di quel popolo quali l'audacia, l'aggressività, l'attacco in massa e il non ritirarsi nemmeno se ridotti a mal partito.
Libro VI:18 Inoltre, mentre essi si fecero avanti con minor slancio del solito, d'altro canto trovarono i romani schierati a difesa con una straordinaria volontà di resistenza:
Libro VI:19 riparavano i terra­pieni con i loro corpi e le loro armi, sì da non lasciar nemmeno uno spiraglio a chi volesse appiccarvi il fuoco, e ognuno era fermamente deliberato a morire piuttosto che abbandonare il suo posto.
Libro VI:20 In realtà, oltre al fatto che se quei terrapieni fossero andati distrutti ciò avrebbe significato il crollo di tutte le loro speranze, i soldati provavano una gran vergogna che l'astuzia continuasse invariabilmente ad aver la meglio sul valore, la disperazione sulle armi, la massa sulla perizia, i giudei sui romani.
Libro VI:21 Nello stesso tempo fu efficace l'apporto delle arti­glierie, il cui tiro bersagliava i giudei che balzavano all'attacco; chi cadeva era d'ostacolo a chi lo seguiva e il pericolo di avan­zare smorzava l'ardore degli altri.
Libro VI:22 Di coloro che riuscirono a varcare la zona battuta dai proiettili alcuni indietreggiarono prima dello scontro corpo a corpo sbigottiti dall'impeccabile schieramento a ranghi serrati del nemico, altri sotto i colpi dei giavellotti; alla fine si ritirarono senza aver nulla concluso, accusandosi l'un l'altro di vigliaccheria. Quest'azione essi la tentarono il primo del mese di Panemo.
Libro VI:23 Quando i giudei si furono ritirati, i romani si diedero a mettere in posizione le elepoli, sebbene dall'alto dell'Antonia fossero sottoposti al lancio di pietre, fuoco, ferro e ogni altra specie di proiettili forniti ai giudei dalla necessità;
Libro VI:24 infatti costoro, pur provando grande fiducia nella robustezza delle mura e disprezzo per le macchine, cercavano d'impedire ai romani di metterle in azione.
Libro VI:25 I romani dal canto loro raddoppiarono gli sforzi, ritenendo che l'impegno dei nemici nel difendere l'Antonia dipendesse da una debolezza delle sue strutture, e sperando che le sue fondamenta fossero lesionate.
Libro VI:26 Ma la muraglia resi­stette ai colpi, sebbene gli assalitori, pur sottoposti a un tiro continuo, non si lasciassero paralizzare dai pericoli incom­benti dall'alto e mantenessero in azione le elepoli.
Libro VI:27 Quando avevano la peggio ed erano schiacciati dalle pietre, altri su­bentravano riparandosi il corpo sotto gli scudi, e così a forza di mani e di paletti scalzarono le fondamenta, riuscendo con la loro coraggiosa ostinazione a rimuovere quattro bloc­chi.
Libro VI:28 La notte pose fine all'azione di entrambe le parti, ma nel corso di essa all'improvviso il muro crollò, sia per ef­fetto dei colpi subiti dagli arieti, sia per il franamento della galleria nel punto dove Giovanni aveva scavato sotto il muro per provocare il crollo dei precedenti terrapieni.
Libro VI:29 - 1, 4. Questo fatto provocò fra i due contendenti reazioni insospettate.
Libro VI:30 Infatti i giudei avrebbero dovuto restarne demo­ralizzati, ma essendo preparati al crollo e avendo adottato le opportune contromisure, finirono invece col riprendere animo al vedere che l'Antonia restava ancora in piedi.
Libro VI:31 Nei romani invece la gioia inaspettata per il crollo del muro fu ben presto spenta dalla vista di un altro muro che gli uomini di Giovanni avevano innalzato dietro al primo.
Libro VI:32 Certo dar l'assalto a questo si presentava più facile perché appariva più agevole dargli la scalata montando sulle macerie del precedente e perché ritenevano che fosse molto più debole del­l'Antonia sì da poterlo abbattere in breve tempo trattandosi di un'opera eseguita in fretta e furia. Però nessuno aveva il coraggio di dar la scalata, giacché era evidente che i primi sarebbero andati incontro alla morte.
Libro VI:33 - 1, 5. Allora Tito, ritenendo per certo che l'aggressività dei combattenti è stimolata dalla speranza e dalle parole d'incoraggiamento, e che spesso le esortazioni e le promesse fanno dimenticare i pericoli, e talvolta anche disprezzare la morte, raccolse i più valorosi dei suoi e ne mise alla prova l'ardore con queste parole:
Libro VI:34 “Commilitoni, l'esortare a im­prese che non comportano rischi è senz'altro offensivo nei confronti di coloro cui le esortazioni vengono rivolte, e d'altro canto denota la pusillanimità di chi le rivolge.
Libro VI:35 Io credo invece che alle esortazioni si deve ricorrere soltanto per le imprese rischiose, poiché le altre ognuno sa compierle di per sé.
Libro VI:36 E allora comincerò col riconoscere io stesso che è difficile dar la scalata alle mura, ma poi continuerò col dirvi che agli spi­riti eroici nulla si addice di più che lottare contro le difficoltà, che è bella una morte gloriosa, che non resterà senza com­penso il valore di quanti saranno i primi ad attaccare.
Libro VI:37 Innanzi­tutto deve rendervi fiduciosi ciò che forse potrebbe scorag­giare altri, voglio dire l'ostinata resistenza dei giudei e la loro incrollabile fermezza pur fra tanti disastri;
Libro VI:38 infatti sarebbe una vergogna se voi che siete romani e miei soldati, istruiti in tempo di pace a far la guerra e in tempo di guerra a ripor­tare la vittoria, doveste risultare inferiori nel braccio e nello spirito ai giudei, e ciò alla vigilia della vittoria e quando ab­biamo dalla nostra l'aiuto del Dio.
Libro VI:39 I nostri rovesci sono do­vuti alla disperazione dei giudei, mentre le loro sofferenze sono accresciute dal vostro valore e dalla cooperazione del Dio;
Libro VI:40 infatti discordia, fame, assedio e mura che crollano senza l'azione delle macchine, che altro potrebbero essere se non effetto dell'ira del Dio contro di loro e della sua volontà di aiutarci?
Libro VI:41 Perciò non sarebbe degno di noi non soltanto soc­combere di fronte ad avversari che ci sono inferiori, ma anche tradire l'alleanza divina.
Libro VI:42 E come non sarebbe una vergogna se mentre i giudei, cui la sconfitta non reca troppa onta perché sono già abituati al servaggio, per non dovervi più sottostare non si curano della morte e spesso con le loro sortite penetrano in mezzo a noi non con la speranza di vincere, ma semplicemente per far mostra di coraggio,
Libro VI:43 mentre voi che siete i pa­droni di quasi tutte le terre e i mari, voi per cui è una mac­chia anche il non riportare una vittoria, non vi scagliate nem­meno una volta contro i nemici
Libro VI:44 e aspettate che agiscano contro di loro la fame e la fortuna standovene inoperosi pur essendo forniti di tali armi, e ciò mentre potreste concludere l'impresa correndo qualche piccolo rischio?
Libro VI:45 Se saliamo sull'Antonia abbiamo in pugno la città; infatti, anche se dovremo affron­tare un altro scontro con quelli di dentro, ciò che non credo, il trovarsi in posizione dominante e l'incombere sul respiro dei nemici ci danno garanzia di rapida e totale vittoria.
Libro VI:46 Tra­lascio ora di esaltare la morte in combattimento e l'immorta­lità di coloro che cadono nel furore di Marte, ma a chi la pensa diversamente auguro di morire in tempo di pace per malattia, sì che assieme al suo corpo anche la sua anima sia condannata alla tomba.
Libro VI:47 Quale valoroso ignora che le anime che in battaglia furono separate col ferro dai loro corpi ven­gono accolte nell'elemento più puro, l'etere, e collocate fra gli astri, che esse appaiono come buoni geni e spiriti propizi ai loro discendenti,
Libro VI:48 mentre invece le anime che si siano consu­mate insieme con i loro corpi ammalati, anche se sono assolu­tamente monde da macchie e contagi, vengono inghiottite nelle tenebrose profondità della terra e sepolte dall'oblio, pri­vate a un tempo della vita, dei corpi e del ricordo?
Libro VI:49 Se poi per gli uomini è un destino ineluttabile la morte, e il ferro ne è ministro più sopportabile di qualunque malattia, non sarebbe una cosa ignobile rifiutare al bene pubblico ciò che dovremo concedere al destino?
Libro VI:50 Tutto ciò l'ho detto come se coloro che tenteranno l'impresa non abbiano possibilità di salvezza; invece ai valorosi è possibile salvarsi anche dai pericoli più gravi.
Libro VI:51 Innanzi tutto sulla breccia si può montare facilmente; poi tutte le difese costruite possono essere ab­battute; basterà che voi, fatti arditi a tentare l'impresa in gran numero, v'incoraggiate e vi aiutiate a vicenda, e il vostro ardimento abbatterà ben presto le velleità dei nemici.
Libro VI:52 Potrebbe anche darsi che riportiate la vittoria senza perdite, solo che attacchiate; certo è da aspettarsi che una vostra scalata essi cercheranno di ostacolarla, ma se voi riuscirete ad aprirvi la strada dopo esservi appressati nascostamente non vi potranno più resistere, anche se sarete in pochi a sorprenderli.
Libro VI:53 Il primo a muovere all'attacco, io arrossirei se non lo dovessi colmare di tali ricompense da renderlo oggetto d'invidia, e chi sopravviverà sarà promosso a un grado superiore a quello dei suoi pari, mentre i caduti avranno anch'essi solenni onoranze”.
Libro VI:54 - 1, 6. Così disse Tito, ma tutti restavano paralizzati dalla gravità del pericolo; soltanto un uomo delle coorti ausiliarie, un certo Sabino nativo della Siria, si dimostrò un soldato di straordinario valore per forza e coraggio.
Libro VI:55 Eppure, chi l'avesse visto prima e l'avesse giudicato dall'aspetto esteriore, non lo avrebbe nemmeno ritenuto abile a fare il soldato; era di carna­gione scura, smilzo, pelle e ossa, ma uno spirito eroico al­bergava in quel corpo emaciato e troppo angusto rispetto al suo vigore.
Libro VI:56 Fu lui il primo a levarsi dicendo: “Io ti offro volentieri la mia vita, o Cesare; sarò il primo a dar la scalata al muro.
Libro VI:57 Auguro che alla mia forza e alla mia decisione si accompagni la tua fortuna; se poi una nemesi ostacolerà la mia impresa, sappi che non cadrò come un illuso, ma per­ché ho deliberatamente scelto di morire per te”.
Libro VI:58 Ciò detto, sollevò con la sinistra lo scudo sopra la testa e, sguainata con la destra la spada, si avventò verso le mura: era esattamente l'ora sesta di quel giorno.
Libro VI:59 Non lo seguirono che solo undici uomini, emuli del suo coraggio, ma egli precedeva tutti di molto, come spinto da un impulso divino.
Libro VI:60 I difensori dal­l'alto del muro li bersagliarono con giavellotti e tirarono un'infinità di frecce e fecero rotolare giù degli enormi maci­gni che travolsero alcuni degli undici;
Libro VI:61 ma Sabino, affrontando i proiettili e ricoperto di dardi, non frenò il suo slancio prima di essere arrivato in cima e di aver sbaragliato i nemici.
Libro VI:62 Infatti i giudei, sbigottiti dalla sua forza e dal suo coraggio, e anche perché credettero che a dar la scalata fossero stati di più, si diedero alla fuga.
Libro VI:63 Qui sarebbe il caso di biasimare la fortuna come invidiosa degli atti di eroismo e sempre pronta a osta­colare le imprese straordinarie.
Libro VI:64 Infatti quel valoroso, quando ebbe raggiunto la sua meta, mise un piede in fallo e, urtando contro una roccia, vi cadde sopra bocconi con un gran colpo. I giudei si voltarono indietro e, avendo visto che era solo e per di più caduto, si diedero a colpirlo da tutte le parti.
Libro VI:65 Quello, levatosi su un ginocchio e riparandosi con lo scudo, dapprin­cipio si difese e ferì molti di quelli che gli si avvicinavano;
Libro VI:66 ma ben presto per le molte ferite non poté più muovere la destra e alla fine, prima di spirare, fu sepolto sotto un nugolo di dardi: un uomo che per il suo valore meritava anche una sorte migliore, e la cui fine fu degna dell'impresa compiuta.
Libro VI:67 Degli altri undici, tre che erano già arrivati in cima furono colpiti e uccisi a colpi di pietra, mentre gli altri otto vennero tirati giù feriti e ricondotti nell'accampamento. Quest'azione si svolse il terzo giorno del mese di Panemo.
Libro VI:68 - 1, 7. Due giorni dopo, venti degli uomini in servizio di avamposto sui terrapieni si raccolsero insieme e, fatti unire a loro il vessillifero della legione quinta, due cavalieri delle ali ausiliarie e un trombettiere, verso l'ora nona della notte scalarono furtivamente l'Antonia passando sulle macerie e, uccise nel sonno le prime sentinelle, s'impadronirono del muro e fecero dar di fiato al trombettiere.
Libro VI:69 Al sentire gli squilli, tutte le altre sentinelle balzarono in piedi all'istante e si die­dero alla fuga prima di vedere quanti fossero gli assalitori; infatti la paura e il suono della tromba diedero loro l'impressione che a effettuare la scalata fosse stato un gran numero di nemici.
Libro VI:70 Cesare, udito il segnale, ordinò a tutto l'esercito di prendere immediatamente le armi e in compagnia dei generali fu il primo a salire sul muro seguito dal corpo dei suoi uomini scelti.
Libro VI:71 Essendosi i giudei ritirati di corsa nel tempio, i romani penetrarono nella galleria che Giovanni aveva scavata per raggiungere i terrapieni.
Libro VI:72 I ribelli delle due bande, quella di Giovanni e quella di Simone, pur restando separati, cerca­rono di contrastare loro il passo non risparmiando alcuna prova eccezionale di forza e di coraggio;
Libro VI:73 essi comprendevano infatti che l'irrompere dei romani nel tempio significava la loro definitiva disfatta, così come per i romani esso rappre­sentava la premessa della vittoria.
Libro VI:74 Attorno agli ingressi si accese una zuffa accanita: gli uni si sforzavano di impadronirsi anche del tempio, mentre i giudei cercavano di respingerli verso l'Antonia.
Libro VI:75 Nessuna delle due schiere poteva far uso dei proiettili e dei giavellotti, ma si battevano corpo a corpo con le spade; la mischia era tale che non si poteva più capire da quale parte stessero i vari combattenti essendosi tutti confusi insieme e mescolati in quello spazio ristretto, mentre le loro grida si disperdevano inintelligibile nell'enorme frastuono.
Libro VI:76 Grande fu la strage da entrambe le parti, e i cadaveri e le armi dei caduti venivano calpestate dai combattenti.
Libro VI:77 Dovunque si spostasse l'epicentro della battaglia risuonavano gli incitamenti dei vincitori e i lamenti dei vinti. Non v'era spazio per fug­gire o per inseguire, ma nella stretta convulsa si verificavano solo degli incerti ondeggiamenti e ripiegamenti.
Libro VI:78 Chi si tro­vava in prima fila doveva necessariamente uccidere o essere ucciso, non essendovi alcuna via di scampo; infatti coloro che si trovavano alle sue spalle lo sospingevano in avanti e non lasciavano sgombro alcuno spazio.
Libro VI:79 Alla fine i giudei con la loro foga scatenata ebbero la meglio sulla perizia dei romani, il cui schieramento cominciò a cedere; avevano combattuto dall'ora nona della notte fino alla settima del giorno,
Libro VI:80 i giudei tutti in massa, incitati al valore dallo spettro della disfatta, mentre dei romani si batterono soltanto alcuni poiché non tutti i reparti delle legioni, sul cui appoggio quelli contavano, avevano ancora superato il muro. Così essi conclusero che per il momento bastava l'aver occupato l'Antonia.
Libro VI:81 - 1, 8. Un tal Giuliano, centurione di un corpo ausiliario di Bitini, una persona di non poco rilievo, che per la perizia nell'uso delle armi, la prestanza fisica e la forza d'animo era superiore a tutti quelli di cui io feci conoscenza nel corso di quella guerra,
Libro VI:82 vedendo che i romani ormai stavano cedendo e opponevano una resistenza sempre più debole - si trovava sull'Antonia al seguito di Tito - saltò giù d'un balzo e da solo respinse i giudei ormai vittoriosi fino all'angolo del piazzale interno. Dinanzi a lui scappavano tutti, convinti che non era un uomo chi aveva tale forza e tanto coraggio.
Libro VI:83 Egli, avven­tandosi qua e là nel mezzo dei nemici che fuggivano in ogni direzione, uccideva quelli che riusciva a raggiungere, e nessun altro spettacolo più di quello destò l'ammirazione in Cesare e lo sgomento nei giudei.
Libro VI:84 Ma anche su di lui incombeva il destino, cui nessuno dei mortali può sottrarsi.
Libro VI:85 Come tutti gli altri soldati, aveva le scarpe fornite di numerosi chiodi a punta e, mentre correva sul pavimento, scivolò e cadde supino con un gran fragore dell'armatura facendo rivoltare gli avversari in fuga.
Libro VI:86 Si levò allora dall'Antonia l'urlo dei ro­mani in ansia per la sua sorte, mentre i giudei gli si accalca­vano intorno e lo colpivano da ogni parte con le lance e con le spade.
Libro VI:87 Quello da molti colpi si riparò con lo scudo e più volte cercò di rimettersi in piedi; non vi riuscì per il gran numero degli assalitori, ma pur stando disteso ne ferì parecchi con la sua spada;
Libro VI:88 infatti ci volle non poco a finirlo perché aveva tutti i punti vitali difesi dall'elmo e dalla corazza e te­neva il collo incassato fra le spalle. Alla fine con tutte le mem­bra amputate e senza che nessuno osasse aiutarlo dovette soccombere.
Libro VI:89 Cesare fu profondamente commosso per la fine di un uomo così valoroso, che era stato massacrato sotto gli occhi di tanti commilitoni; egli stesso avrebbe voluto accor­rere in sua difesa, ma dal luogo dove si trovava non poteva, mentre chi poteva fu trattenuto dalla paura.
Libro VI:90 Così Giuliano, dopo aver a lungo resistito alla morte e dopo aver colpito molti dei suoi uccisori, a gran stento fu finito, lasciando grandissima fama di sé non soltanto presso i romani e presso Ce­sare, ma anche presso i nemici;
Libro VI:91 i giudei s'impadronirono delle sue spoglie e di nuovo respinsero i romani rinchiudendoli nel­l'Antonia.
Libro VI:92 In questa battaglia si distinsero fra loro un certo Alexas e Gifteo della banda di Giovanni, degli uomini di Simone Malachia e Giuda figlio di Mertone, uno dei capi degli Idumei di nome Giacomo figlio di Sosas, e fra gli Zeloti due fratelli, Simone e Giude, figli di Ari.


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