Sulla consegna della borsa da CARBONI a FLAVONI
La difesa afferma che, avendo il PM sostenuto che è ben possibile che la borsa sia stata consegnata da CARBONI a FLAVONI, significa che la circostanza non è certa e che la difesa si potrebbe limitare a invocare tale posizione per difendersi. Ha aggiunto che non vi è prova che la borsa sia giunta a Londra e che CARBONI abbia incontrato FLAVONI.
In realtà, il PM ha spiegato chiaramente che si tratta di una certezza, come diffusamente riportato nell’atto di appello.
Sull’essere contenuta nella borsa di Roberto CALVI documentazione priva di qualsiasi importanza
Si è sostenuto tale tesi sulla base delle dichiarazioni di Clara CANETTI e Carlo CALVI. A prescindere che i due non potevano sapere ciò che vi era all’interno quando il congiunto lasciò l’Italia e possono fornire indicazioni su ciò che vi era all’interno quando la borsa veniva fatta ritrovare La difesa sostiene che all’interno della borsa di CALVI non vi era nulla d’importante.
In proposito, va richiamato quanto già detto in sede di requisitoria. Va detto che le dichiarazioni dei familiari smentiscono la tesi sostenuta dalla difesa, dal momento che Clara CANETTI ha riferito: “mi ricordo che poco prima della mia partenza da Washington lo scorso Maggio, mio marito, mi riferì che il MENNINI Alessandro gli aveva chiesto se tenesse da qualche parte un duplicato dei documenti che teneva nella sua borsa” (v. pag. 2 del verbale del 19.10.1982 – v. all. n. 44); “certamente mio marito in quei giorni era in giro per l’Europa con le carte che gli servivano per risolvere i suoi problemi. Conoscendo mio marito, immagino, che da qualche altra parte avesse copie di quella documentazioni che si portava appresso ma ignoro dove possa averle messe” (v. verbale del 23.11.1983, ore 16:30, pagina 2 – v. all. n. 41).
Sull’avere detto il PM nel corso della requisitoria, che era possibile che FLAVONI si fosse allontanato
Non è così, è Luciano RICCI che riferisce con certezza dell’allontanamento (si vedano pagine da 260 a 263 dell’atto di appello). Il fatto che Luciano RICCI abbia detto la verità viene avvalorato da quanto affermato da Iliana POSTI la quale ha ammesso che, probabilmente, aveva perso di vista FLAVONI nella sala d’aspetto dell’aeroporto. In questa sede, va stigmatizzato il giudizio della Corte di primo grado, in virtù del quale i compagni di FLAVONI avrebbero dovuto contribuire anch’essi a mettere nei guai il loro amico. E se uno solo lo fa, dicendo la verità, non può essere creduto.
Sull’avere Ugo FLAVONI e Maria Carla RICCI patteggiato la pena perché “disperati”.
Se non si è colpevoli ci si difende e non si accetta una pena. Va richiamato quanto sul punto analiticamente esposto nell’atto di appello (v. pagina da 245 a 248).
Sull’avere fatto venire la sera del 18 Giugno l’aereo a Gatwick per sé per recarsi in Svizzera
Se così fosse stato come mai l’indomani mattina CARBONI se ne andò a Edimburgo?
Sulle asserite indicazioni false fornite dai “muscolosi” poliziotti inglesi a Odette Lisa MORRIS (l’essersi saputo del viaggio a Gatewick dell’Ottobre 1983) e sulle indebite pressioni esercitate nei suoi confronti
Il difensore ha affermato che è falso dire che hanno saputo gli investigatori inglesi del viaggio a Gatewick in tale data perché CARBONI ne ha parlato il 4.08.1982.
L’affermazione è gratuita, in quanto CARBONI ne ha parlato non il 4 Agosto ma il giorno del secondo interrogatorio agli inquirenti svizzeri, vale a dire il 5 Agosto 1982.
Gli inglesi hanno semplicemente rappresentato a MORRIS che dai loro atti risultava l’esistenza di questo viaggio dall’Ottobre dell’83 circostanza, peraltro, confermata a quest’ufficio dagli stessi inquirenti inglesi.
Nessuna pressione indecorosa è stata esercitata su Odette MORRIS. È sufficiente leggere i verbali per rendersi conto che si tratta di fantasie e per rendersi conto che le pressioni le ha esercitate il difensore sul teste SMITH.
Sull’essere stata Linsday Teresa RYAN giudicata come malata e avere la stessa nove anni all’epoca dei fatti.
Non risulta che fosse malata e, in ogni caso, aveva più di 10 anni all’epoca del commesso delitto. Si fa rimando a quanto riportato nell’atto d’appello (v. pagina 284 e seguenti dell’atto di appello).
Sulle ragioni del pernottamento di CARBONI il 18 Giugno presso l’abitazione dei MORRIS
La difesa sostiene che CARBONI abbia dormito a casa MORRIS la sera del 18 perché “era stra preoccupato” anche perché le indagini della polizia erano state avviate.
Se una persona è preoccupata per le indagini tutto avrebbe dovuto fare tranne che rimanere a Londra.
Sullo scopo dell’alibi fornito da Odette MORRIS a CARBONI, in occasione del viaggio del 18 Giugno 1982 e sulla confusione dei poliziotti inglesi circa tale scopo
La difesa si interroga sullo scopo dell’alibi fornito da Odette a CARBONI, con riferimento al viaggio a Gatwich il 18 Giugno 1982.
Al riguardo, va rilevato che CARBONI ha parlato del viaggio il 5 Agosto 1982, come si è innanzi ricordato, non per voler contribuire ad accertare la verità. Lo ha fatto dinanzi agli inquirenti svizzeri, perché, essendo stato arrestato in quel Paese, la circostanza sarebbe stata scoperta. Del resto, CARBONI non poteva sapere di essere arrestato e che a Londra vi sarebbe stata una seconda inchiesta. Non solo. All’atto dell’arresto era stato rinvenuto in suo possesso un memoriale predisposto da Odette Lisa John MORRIS, con una nota a firma del padre di trasmissione all’avvocato di CARBONI. L’aver riferito di quel viaggio era un modo per mettere le mani avanti e per far risultare che non vi erano stati accordi con i MORRIS.
Quanto allo scopo dell’alibi per l’imputato, occorre porre in rilievo che CARBONI aveva l’interesse che quel viaggio non emergesse perché contiene in sé una carica indiziaria. Si tenga conto che la vicenda non è stata appurata nel primo processo inglese dinanzi al Coroner, conclusosi con il verdetto di suicidio, sia pure non all’unanimità. La vicenda si è conosciuta a seguito dell’arresto, avvenuto in Svizzera, di CARBONI. Una volta che ciò è avvenuto, l’imputato ha avuto la necessità che qualcuno confermasse l’inesistenza di qualunque suo contatto con i passeggeri di quel volo, l’occasionalità di quel viaggio a Gatwich e, conseguentemente, l’impossibilità di conoscere cosa accadde una volta che FLAVONI sbarcò. Quando CARBONI ha deciso di parlarne, egli aveva bisogno di qualcuno che confermasse che non si era incontrato con FLAVONI e che, dunque, non gli aveva consegnato alcun che.
Da ultimo, va evidenziato che il detective SMITH, nonostante la furia aggressiva dell’avvocato BORZONE, esplosa al termine del lungo esame del teste, è riuscito a esplicitarne lo scopo, una volta formulatigli chiari e puntuali quesiti da parte del Pubblico Ministero in sede di riesame. Il teste ha riferito che “la conseguenza delle menzogne della MORRIS è stata quella di rendere vane le indagini della polizia frustandole letteralmente, quindi, assistendo CARBONI relativamente al fatto che le circostanze di quel volo non sono state riportate in una fase precoce delle indagini … quindi c’è stato un ostacolo alle indagini della polizia derivate dall’affermazione fatta da Odette MORRIS quando ha sostenuto di essersi recata a Gatwick insieme a Flavio CARBONI il che ha permesso a quest’ultimo di dare una spiegazione relativamente al reale motivo del volo” (v. pag. 205 e 206, trascrizione udienza del 22.3.2006).
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