La ricostruzione medico legale


Sulle dichiarazioni rese da Odette Lisa John MORRIS



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Sulle dichiarazioni rese da Odette Lisa John MORRIS

La difesa ha affermato che si può mentire per aiutare un innocente.

Non è certamente questo il caso di Flavio CARBONI.

  1. Sulla conservazione di denaro da parte della famiglia CALVI

La difesa ha sostenuto che Roberto CALVI non sarebbe divenuto un poveraccio dopo la sua estromissione dagli incarichi ricoperti in seno al Banco Ambrosiano perché disponeva di enormi ricchezze, conservate dai componenti della famiglia, che hanno per tale motivo potuto devolvere molto denaro nelle investigazioni su questo caso, pagando l’agenzia KROLL.

In proposito, va osservato che si tratta di un’affermazione gratuita, priva di qualunque ancoraggio probatorio. E’ evidente che se CALVI avesse avuto altre risorse le avrebbe restituite pur di non farsi ammazzare. L’affermazione difensiva è volta a denigrare i familiari della vittima, che non possono essere assimilati al padre, il quale ha svolto il ruolo deplorevole di uomo cerniera tra la mafia e il potere economico, alla stessa stregua di Michele SINDONA. Dopo la mungitura attuata da CARBONI, le risorse finanziarie di CALVI sono state prosciugate. Certamente le condizioni economiche di Anna CALVI e Carlo CALVI sono piuttosto modeste. Si pensi che quest’ultimo non aveva nemmeno i soldi per venire a deporre. Si tenga conto, poi, che la somma pervenuta nel 1996 a Clara CALVI, a seguito dell’accordo transattivo con cui si è conclusa la causa civile con le assicurazioni Generali, è stata di 600 mila Dollari, in quanto la parte restante è stata riscossa dalle liquidazioni del Banco Ambrosiano (vedi pag. 245 e 246, trasc. 16.5.2006, inerente alla deposizione di Carlo CALVI, il quale nell’occasione aveva portato con sé l’assegno destinato alla madre).

  1. Sull’attendibilità di Giuseppe GIAMMELLO

La difesa ha sostenuto che GIAMMELLO è un “mitomane”, un “mascalzone” che ha ragioni di astio nei confronti di CARBONI perché non manteneva la parola di erogargli il finanziamento promesso.

E’ singolare tale tesi, posto che CARBONI ha dichiarato di aver mantenuto i rapporto con GIAMMELLO per ottenere e non per dare un prestito.

Ha inferito la sua inattendibilità dal fatto che non aveva fatto avere i documenti le agende di cui aveva fatto riserva di produrre nei verbali resi, di aver negato di essere stato arrestato e sottoposto a obblighi, di essere stato smentito dal teste MAIOCCO e dalla fattura dell’hotel di Porto Cervo (dalla quale risultano consumazioni tutti i giorni del soggiorno cantina e servizi ai piani e, dunque, significa che i coniugi hanno sempre dormito in albergo), per aver riferito che vi erano i suoi figli a casa di CARBONI, ove avevano dormito per terra per non avere detto nel verbale in fase di indagine di aver visto consegne in denaro, per non avere la moglie Regina Catharina STOOP riferito nel primo verbale di aver visto consegne di denaro presso l’abitazione di CARBONI. Su tali aspetti va richiamato quanto analiticamente riportato da pagina 417 a 467 dell’atto di appello. E’ utile allegare il verbale reso da Regina Catharina STOOP in data 7.3.1990 e il confronto che subito dopo veniva effettuato con il marito Giuseppe GIAMMELLO (v. all. n. 45)



  1. Sull’essere stata Catherina Regina STOOP, secondo la difesa, indotta a riferire dal marito nel corso del confronto.

La tesi non è condivisibile per il semplice fatto che permangono delle difformità anche dopo il confronto (es. sulla presenza dei figli).



  1. Sulla chiamata effettuata da CARBONI al dott. SICA

La difesa ha sostenuto che la telefonata effettuata da CARBONI all’ufficio del dott. SICA dopo l’omicidio dimostra l’estraneità di CARBONI all’omicidio. Si tratta di una affermazione gratuita. Se fosse estraneo si sarebbe recato dinanzi all’A.G., invece, che recarsi a Edimburgo e darsi alla clandestinità.



  1. Su Eligio PAOLI e sul complotto per proteggere VITTOR nel quale sono stati coinvolti appartenenti alla Guardia di Finanza

Con riferimento alla posizione di Eligio PAOLI si riporta quanto già esposto nel corpo dell’appello incidentale da pag. 41 a pag. 68.


a. Il contenuto delle rivelazioni di Eligio PAOLI

Si procederà, seguendo un criterio cronologico, alla ricostruzione dello sviluppo della collaborazione del PAOLI, con specifico riferimento agli aspetti strettamente collegati all’episodio omicidiario che ci occupa, anche riportando il contenuto degli appunti redatti, a suo tempo, dal Magg. ROMANI, acquisiti con il consenso delle parti e rievocato dall’ufficiale durante la sua deposizione dibattimentale.


1) La fase del rapporto collaborativo confidenziale.
Con appunto del 7.1.1983, il Maggiore Roberto ROMANI ha riferito che la fonte “Podgora” aveva raccontato che:

    1. un cittadino italiano, residente abitualmente a Londra, ove avrebbe tenuto la "base operativa" di nome probabilmente “Volpi” (che, successivamente, precisava in VACCARI), sarebbe stato ucciso nella sua stanza del residence Chelsea Cristal Center di Londra, in quanto a conoscenza di “tutti i fatti connessi alle ultime ore” di CALVI.

    2. le suddette indicazioni avrebbero potuto costituire base per una più completa ricostruzione delle circostanze relative alla morte di CALVI.

Con appunto del 18.1.1983, il Maggiore Roberto ROMANI ha segnalato che la fonte “Podgora” aveva confidato:



  1. di essere a conoscenza che i documenti trafugati al banchiere CALVI, durante la sua permanenza a Trieste prima del suo espatrio culminato con il ritrovamento del cadavere a Londra, si trovavano custoditi in una cassetta di sicurezza di una banca elvetica e che la individuazione di quest’ultima potrebbe essere fatta sempre che Silvano VITTOR fosse liberato;

  2. di voler conoscere l’ammontare dell’eventuale compenso che l’amministrazione sarebbe disposta ad erogargli per la sua collaborazione per il recupero dei documenti.

Da ciò è ragionevole arguire che Eligio PAOLI si era prestato per assecondare il proposito di VITTOR di ottenere benefici carcerari ed economici, sfruttando le sue conoscenze dirette su tutta la vicenda di Roberto CALVI: infatti, VITTOR si serviva di Eligio PAOLI (alias “Podgora”), trovandosi ristretto dal 23.12.1982 nella Casa Circondariale di Trieste, in quanto arrestato per concorso in favoreggiamento personale aggravato e concorso in espatrio clandestino.



A riprova di ciò appare utile ricordare che, con appunto del 27.1.1983, il predetto ufficiale riportava le seguenti ulteriori confidenze raccolte dalla fonte “Podgora”:
la documentazione in possesso di Calvi durante il transito a Trieste si troverebbe custodita in cassette di sicurezza presenti presso la banca "Fil Micro Bank", suddivisa in due parti, rispettivamente, presso le filiali di Basilea e Monaco di Baviera. Tale documentazione sarebbe stata depositata da persona di fiducia di Carboni di nazionalità elvetica, espressamente evidenziando che le persone in grado di poter accedervi erano Hans KUNZ e Silvano VITTOR, entrambi in possesso delle chiavi delle predette cassette”.
Con appunto del 7.7.1983, il Capitano Rino STANIG dava atto di essersi recato, unitamente alla fonte “Podgora” a Klagenfurt e che la stessa fonte gli aveva indicato l’istituto di credito Die Karminer Sparkasse, sito in Neuer Platz, n. 14, quale deposito dei documenti che CALVI aveva con sé durante i giorni della fuga. Si noti che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte, le verifiche in Austria si sono limitate alla fisica individuazione esterna dell’istituto di credito menzionato da PAOLI, che ha dato esito positivo. Nessun infruttuoso accesso è stato effettuato dal Cap. STANIG in compagnia dello stesso PAOLI e non risulta che autorità giudiziarie abbiano inoltrato richieste di commissione rogatoria per verificare le dichiarazioni del teste.
Con appunto del 5.7.1983 il maggiore Roberto ROMANI ha posto in rilievo che la fonte “Podgora” aveva riferito:

  1. in Roma, prima della fuga, a CALVI sarebbe stato mostrato un falso mandato di cattura del quale era stato avvertito preliminarmente dal GELLI. Questo sarebbe stato il motivo della fuga del banchiere.

  2. A Londra, la sera della scomparsa di CALVI, VITTOR avrebbe visto le persone che lo prelevavano dall’abitazione. Queste sarebbero state inviate da GELLI e CARBONI che si trovavano a Londra. CALVI sarebbe stato invitato a cena ed alla cena avrebbe partecipato anche Sergio VACCARI, successivamente morto, il quale sarebbe stato l’ultimo a vedere CALVI in vita.


2) Le indicazioni dibattimentali.
Nel corso della deposizione dibattimentale ha confermato l’avvenuta esibizione del falso mandato di cattura e l’incontro di CALVI con persone inviate da GELLI e CARBONI l’ultima sera, fornendo ulteriori dettagli.
2.1 L’esibizione del falso mandato di cattura
PAOLI ha dichiarato di aver avuto riferito da VITTOR che a CALVI era stato mostrato un mandato di arresto per metterlo in uno stato di “ più totale disagio e sconcerto”. A seguito di contestazione, ha confermato che VITTOR gli aveva detto di averlo saputo da Flavio CARBONI, il quale gli aveva anche riferito che Licio GELLI ed Umberto ORTOLANI avevano informato CALVI dell’esistenza del mandato di cattura nei suoi confronti. Sempre VITTOR lo aveva informato che erano stati CARBONI e PELLICANI a far vedere il falso documento (vedi pag. 2 e 5, trasc. 26.9.2006).

ORTOLANI aveva prospettato al banchiere la probabilità o la possibilità che “incontrasse un importante banchiere a Londra” (vedi pag. 5, 9 e 10, trasc. 26.9.2006). VITTOR non gli aveva detto chi era questa persona perché, probabilmente, non conoscendo la cerchia che frequentava Roberto CALVI, non era in grado di intercettarlo e di conoscere il nome perché si trattava di un cognome inglese o, addirittura, sudamericano (vedi pag. 5 e 6, trasc. 26.9.2006). Ha aggiunto, a seguito di contestazione, che CARBONI aveva ricevuto il consiglio di un prelato del Vaticano di far espatriare CALVI, al fine di fargli passare una vacanza in modo da far raffreddare il clima che si era venuto a creare (vedi pag. 6 e 7, trasc. 26.9.2006), e che il provvedimento giudiziario falso gli era stato esibito dopo un incontro con personaggi dello IOR (vedi pag. 8, trasc. 26.9.2006).


2.2 La sera dell’omicidio
VITTOR gli aveva detto che CALVI aveva ricevuto nel residence alcune telefonate ed una di queste proveniva da un banchiere, con il quale CALVI doveva andare a cena. La sera dell’omicidio e del prelevamento di CALVI dal residence, il banchiere era agitato ed era “stato preso” da “un eccessivo allarmismo”. VITTOR era stato messo in quel posto “per tranquillizzarlo”. Questi gli aveva detto “di non preoccuparsi che la questione si risolverà, a breve termine, … nell’arco di qualche ora” (vedi pag. 12 e 13, trasc. 26.9.2006). Nel “disegno di quella sera”, VITTOR avrebbe dovuto stare con le sorelle, ma ad un certo momento sembrava che fosse rimasto con una sola e che l’altra cercasse di raggiungere Flavio CARBONI. CALVI, non avendo visto Manuela, si era agitato ancor di più perché voleva sapere esattamente dove si trovasse Flavio CARBONI (vedi pag. 13, trasc. 26.9.2006). Dalle sorelle KLEINSZIG aveva appreso che quella sera Flavio CARBONI era in compagnia di altre persone, con le quali parlava (vedi pag. 13 -16, trasc. 26.9.2006). VITTOR gli aveva detto che, quando era tornato nella stanza quella sera, non aveva più trovato CALVI (vedi pag. 17, trasc. 26.9.2006). A seguito di contestazione di quanto dichiarato in fase d’indagini, nel corso del luglio 2003, ha confermato di aver avuto riferito da VITTOR che le persone che avevano prelevato CALVI quella sera erano state mandate da GELLI e CARBONI e che VITTOR non si era allontanato dal residence la notte in cui moriva CALVI (vedi pag. 18 e 19, trasc. 26.9.2006).

Tuttavia, ha aggiunto che probabilmente aveva detto al Col. ROMANI “che si trattava di quella famosa cena” a cui doveva partecipare Roberto CALVI. Ha ipotizzato “che qualcuno non voleva …. Fare conoscere la verità o il quadro complessivo della situazione a VITTOR in quanto non avevano una fiducia in lui, quindi hanno presentato questa storia con questo invito a cena” (vedi pag. 20, trasc. 26.9.2006).


Aveva avuto riferito da Silvano VITTOR e dalle due sorelle austriache che quella sera doveva essere fatta quella cena, alla quale doveva partecipare il banchiere di Milano e “personaggi i quali probabilmente gli avrebbero offerto o fornito un supporto in quel momento tragico dal punto di vista finanziario del Banco Ambrosiano”, di cui non ha saputo fornire i nominativi (vedi pag. 20 e 21, trasc. 26.9.2006).
Quanto alla presenza di VACCARI alla cena, gli venivano contestate le dichiarazioni rese nel corso del 2003:
VITTOR era il mio informatore primario, fu lui a dirmi che la sera prima della morte di CALVI, vi era una cena alla quale doveva partecipare VACCARI” (vedi pag. 22, trasc. 26.9.2006, ove è riportato il contenuto di pag. 8 del verb. del 3.7.2003)
a proposito della cena, VITTOR mi disse solamente che aveva sentito che con CALVI era stato fissato un appuntamento con persone con le quali sarebbero andati a cena, ma non mi fece il nome di VACCARI. Ricordo che VITTOR mi raccontò che CALVI era entrato in agitazione ed avrebbe voluto telefonare, vedendo che le persone con le quali avevano appuntamento, tardavano” (vedi pag. 22, trasc. 26.9.2006, ove viene pag. 2 verb. 8.6.1987)
PAOLI ha confermato le precedenti affermazioni ed ha posto in rilievo che il particolare relativo a VACCARI - VITTOR non poteva saperlo e che, forse, ne era venuto a conoscenza nei giorni successivi (vedi pag. 22 e 23, trasc. 26.9.2006).

2.3 La conoscenza di VITTOR se CALVI fosse stato ucciso ed il ruolo rivestito da VITTOR a Londra

PAOLI ha riferito di aver chiesto varie volte (quattro o cinque) a VITTOR se CALVI fosse stato ucciso e questi “a tal proposito non rispose, sorrise, vagamente forse immaginava qualcosa” (vedi pag. 24, trasc. 26.9.2006). A seguito di contestazione, ha, senza esitazione, ribadito quanto dichiarato il 3 luglio 2003, a pag. 7: in una circostanza, alla sua domanda, aveva reagito con un sorriso con il quale gli aveva fatto capire che non credeva che CALVI si era suicidato. Aveva chiesto a VITTOR che cosa aveva fatto quei due giorni in cui era stato a Londra con CALVI e gli aveva risposto: che doveva fare poco e capire poco” (vedi pag. 25, trasc. 26.9.2006). Ha aggiunto che il sorriso lo aveva fatto in Piazza di Spagna, ove aveva posteggiato la sua auto, quando VITTOR aveva detto che doveva andare dall’Avv. GENTILE, in uno studio legale a Roma (vedi pag. 25, trasc. 26.9.2006). VITTOR aveva ricevuto da CARBONI l’incarico “di portare qualche borsa in giro senza un compito specifico”. Questi gli aveva detto di essere stato incaricato di tenere d’occhio CALVI in quel residence a Londra al fine di non fargli fare mosse sbagliate e di controllare i suoi contatti. Era “una specie di accompagnatore”, se gli occorreva “qualcosa a quest’uomo VITTOR probabilmente andava ad acquistare un’acqua minerale, qualcosa di simile” (vedi pag. 27, trasc. 26.9.2006).

A seguito di contestazione, ha confermato che VITTOR gli aveva fatto capire che era un mero esecutore di ordini, impartitigli da Flavio CARBONI, e che l’ultima sera aveva fatto quello che gli era stato suggerito (vedi pag. 28, trasc. 26.9.2006). Ha, poi, affermato di essere convinto che CARBONI era stato un gran bugiardo con Silvano VITTOR al quale dava “delle informazioni” con il “bilancino di farmacista”, in quanto non aveva la certezza che negli anni futuri non potesse “dire cose strane” (vedi pag. 28, trasc. 26.9.2006). Riteneva che Flavio CARBONI non avesse avuto la certezza di poter fidarsi al “mille per cento” di VITTOR (vedi pag. 28 e 29, trasc. 26.9.2006). Ad ulteriore sollecitazione, ha ribadito che VITTOR gli aveva detto di essere rimasto nel residence l’ultima sera e che l’indomani mattina non l’aveva più trovato (vedi pag. 29, trasc. 26.9.2006). Richiesto di riferire se VITTOR fosse a conoscenza di molte cose relative all’eliminazione di CALVI, ha risposto che probabilmente conosce qualcosa di più” e che “probabilmente … non era stato messo al corrente di ciò che si fabbricava a Londra” (vedi pag. 31, trasc. 26.9.2006). VITTOR gli aveva detto che era stato usato e, poi, abbandonato, con ciò intendendo che, dopo quello che aveva fatto, non aveva ricevuto quello che si aspettava. Era deluso (vedi pag. 32 e 33, trasc. 26.9.2006). A seguito di contestazione di quanto dichiarato alla Commissione P2, il 14.12.1983, ha confermato che, quando CALVI nel residence aveva iniziato ad agitarsi, aveva chiesto una mano a VITTOR, dicendo che in cambio lo avrebbe sistemato per tutta la vita. Questi gli aveva risposto di non potere perché aveva degli ordini precisi. Tali circostanze le aveva avute riferite da CALVI tre - quattro volte. Ha aggiunto che VITTOR era stato un “uomo di Flavio CARBONI” e che, probabilmente, non aveva avuto il coraggio di tradire il suo amico (vedi pag. 34, trasc. 26.9.2006).

2.4 CALVI convinto da CARBONI a non muoversi dall’albergo ed i contatti di quest’ultimo con Licio GELLI
CARBONI aveva convinto CALVI a non muoversi dall’albergo e credeva che VITTOR avesse avuto l’incarico di sconsigliare il banchiere dal “fare qualcosa fuori di testa”. Ciò gli era stato raccomandato da CARBONI (vedi pag. 37, trasc. 26.9.2006).

A seguito di contestazione, ha confermato di aver avuto riferito da Manuela KLEINSZIG che, quando si trovava a Londra con CARBONI, questi aveva parlato con GELLI il giorno dell’arrivo o i giorni successivi (vedi pag. 38, trasc. 26.9.2006). Da un discorso delle sorelle austriache aveva capito che GELLI e CARBONI si conoscevano da tempo. Il ponte tra GELLI e CARBONI “lo mise in piedi il dottor Armando CORONA” (vedi pag. 38 e 39, trasc. 26.9.2006).

Licio GELLI aveva conosciuto CARBONI attraverso Armando CORONA (vedi pag. 39, trasc. 26.9.2006).

Gli veniva contestato in aiuto della memoria che, in data 22 agosto 1983 (pag. 4), aveva riferito che:


VITTOR aveva qualificato Flavio CARBONI quale tirapiedi di GELLI accennando anche al fatto che CARBONI lavorava per conto di GELLI ed ORTOLANI” (vedi pag. 39, trasc. 26.9.2006).
PAOLI ha risposto che credeva fosse vero. Non ricordava se ne aveva parlato con VITTOR o con altri che avevano partecipato ad una cena sul lago di Felden in Austria, alla quale aveva partecipato un signore di Roma, un suo amico, le due sorelle austriache e VITTOR, ma era certo che ciò gli era stato detto (vedi pag. 39 e 40, trasc. 26.9.2006).
2.5 La prenotazione del residence Chelsea Cloister e il ruolo di segretaria di Manuela KLEINSZIG
Aveva chiesto a Manuela e Michaela KLEINSZIG chi esattamente avesse prenotato lo squallido residence per il banchiere di Milano e aveva avuto come risposta che era stato Flavio CARBONI (vedi pag. 41, trasc. 26.9.2006). Dal padre delle sorelle KLEINSZIG aveva appreso che Manuela aveva fatto anche da segretaria di Flavio CARBONI, pagava una ventina di milioni di telefono ed era lei che telefonava a tutti i personaggi italiani, sud americani e nord americani (vedi pag. 42, trasc. 26.9.2006).

2.6 Le ragioni per cui Silvano VITTOR gli aveva fatto delle confidenze
A specifica domanda, ha spiegato che VITTOR gli aveva fatto delle confidenze perché riteneva che questi fosse “un po’ isolato all’epoca”. Era anche umano e naturale che un uomo posto sotto pressione, che era stato “rinchiuso”, parlasse di un fatto “di cui intravedeva la possibilità” di “avere qualcosa in futuro”. Qualcosa doveva pur essere riconosciuto ad un uomo che aveva portato “in giro un banchiere per mezza Europa”. “Si va in giro con un banchiere perché si spera di avere qualcosa” (vedi pag. 92, trasc. 26.9.2006).

2.7 La borsa ed i documenti di Roberto CALVI
Va rilevato come Eligio PAOLI abbia dichiarato, per averlo appreso da Silvano VITTOR, che “sì, sicuramente CALVI aveva qualche cosa di riservato, di importante in questa borsa perché il signor Silvano VITTOR disse che non la perse … non la mise in nessun luogo ove non poteva controllarla costantemente” (vedi pag. 44, trasc. 26.9.2006) e, a seguito di contestazione, ha confermato che “la teneva stretta a sé” e che “anche di notte dormiva con un occhio aperto” (vedi pag. 44, trasc. 26.9.2006).

È pur vero che non ha ricordato se gli avesse parlato della borsa a Londra. Resta, però, il fatto che ha posto in rilievo il particolare attaccamento di quella borsa al banchiere al punto da tenerla notte tempo sotto controllo. Se si considera che né a Trieste, né a Klagenfurt VITTOR ha dormito in compagnia o nella stessa dimora con CALVI e che ciò è avvenuto solo nel corso del pernottamento in Austria, dopo la partenza da casa KLEINSZIG, e a Londra al Chelsea Cloister, è gioco forza ritenere che VITTOR quella borsa l’abbia vista in quei luoghi e che inconsapevolmente si sia tradito. Si noti che PAOLI ha reso una deposizione tesa a scagionare VITTOR, con la manifestazione di convinzioni sulla non piena consapevolezza di quello che era avvenuto a Londra, anche affievolendo, nel corso del dibattimento, le sue dichiarazioni nelle parti che erano idonee a rivestire valenza indiziante nei confronti di VITTOR. Perciò, non è nemmeno ipotizzabile che tale indicazione non sia genuina o consegnata con il proposito di nuocergli. L’affidabilità dell’indicazione ricordata emerge anche dal fatto che PAOLI, nel quadro di un rapporto di collaborazione confidenziale con gli appartenenti al servizio “I” della Guardia di Finanza, aveva agito al fine di recuperare proprio la borsa.



2.8 Il viaggio a Roma e le informazioni ricevute da Armando CORONA
Richiesto di riferire in ordine al viaggio che aveva fatto prima a Milano e, poi, a Roma con Silvano VITTOR ed Elvino MARSICH sul finire del 1982 a ridosso dell’arresto di Silvano VITTOR, avvenuto il 22.12.1982, Eligio PAOLI ha riferito che il motivo era quello di consentire a VITTOR di incontrare il suo legale a Roma per ottenere “alcune informazioni di importanza superiore alla media” (vedi pag. 57, trasc. 26.9.2006).

Gli veniva contestato quanto aveva dichiarato il 24 marzo 1983:


“… dopo aver parlato di ORTOLANI, posso intanto dire che tre giorni prima che SILVANO VITTOR fosse arrestato qui a TRIESTE dalla Signoria Vostra, io lo avevo accompagnato a MILANO e a ROMA, in quanto VITTOR doveva andare a prendere ordini per poi recarsi in SVIZZERA, a ROMA incontrò il gran maestro della massoneria ARMANDO CORONA e con il quale ebbe un colloquio riservato, al termine di quel colloquio VITTOR era pallidissimo perché gli era stato detto da CORONA che sul cadavere di CALVI i periti milanesi non avevano trovato tracce di ruggine e che avrebbero dovuto rimanere sulle mani se CALVI si fosse effettivamente arrampicato sul traliccio sotto il ponte di LONDRA. VITTOR comunque sa molte cose sulla morte di CALVI” (vedi pag. 57 e 58, trasc. 26.9.2006).
il 23 agosto 1983:
pagina 2 – fu proprio il 22 dicembre quando la Signoria Vostra emise il secondo ordine di cattura contro VITTOR che si doveva passare alla fase successiva del piano, stiamo parlando del recupero della borsa. Eravamo infatti appena tornati da un viaggio a MILANO e da ROMA dove tra l’altro da quel che riuscii ad intendere in auto, in un dialogo tra loro due, si parla di VITTOR e MARSIC, il VITTOR si sarebbe incontrato con il gran maestro della Massoneria ARMANDO CORONA e con il proprio legale, ricevendo preoccupanti notizie sulla propria posizione processuale e in relazione alla morte di CALVI. In particolare il VITTOR considerò con preoccupazione il fatto che sulle mani di CALVI non si era trovata traccia di ruggine...” (vedi pag. 58, trasc. 269.2006).
e il 25 agosto 1983:
il 19 o il 20 dicembre 1982 nella serata per porre in essere i preparativi di tale piano, io, il MARSIC e il VITTOR siamo partiti per MILANO ove giungevamo nella notte. Poi dopo MILANO ci portavamo quindi a ROMA ove mentre io e il MARSIC ci fermavamo in PIAZZA DI SPAGNA da dove SILVANO VITTOR dopo avere effettuato diverse telefonate da un bar questo succedeva nella mattinata del 20 o 21, aveva preso un taxi e si era allontanato dal luogo, ricordo che in tale sosta ebbi a subire una contravvenzione per divieto di sosta dai Vigili Urbani...”...

PAOLI E.: in PIAZZA DI SPAGNA.

P.M. TESCAROLI: sì, “...dell’URBE e che pagai successivamente alla notifica per mezzo di conto corrente. Dopo circa due ore dal suo allontamento il VITTOR faceva ritorno in PIAZZA DI SPAGNA presentandosi cupo in viso e senza dare alcuna spiegazione al suo stato d’animo, di ciò... e dopo di ciò siamo partiti per TRIESTE e nel corso del viaggio ho avuto modo di sentire il MARSIC che domandava al VITTOR il perché di tale suo stato d’animo e questi gli aveva risposto che aveva saputo che sulle mani del defunto CALVI nel corso della perizia non era risultata alcuna presenza di ruggine sulle mani del morto che comprovasse la tesi del suicidio” (vedi pag. 59 e 60, trasc. 26.9.2006).
PAOLI ha confermato il contenuto di questi verbali. A seguito di contestazione, ricordava anche di aver consegnato, nel corso del verbale del 31.8.1983, fotocopia della contravvenzione che gli era stata fatta in Piazza di Spagna il 21.12.1982 (vedi pag. 60 e 61, trasc. 26.9.2006).

2.9. Silvano VITTOR quale porgitore delle notizie riferite da PAOLI e la copertura del suo nome con quello di Riccardo PIAZZESI
Nel luglio del 2003, il teste ha deciso di rivelare il vero nome della fonte dei fatti riferiti, in epoca precedente al suo arresto dell’estate del 1983.

Eligio PAOLI ha raccolto da Silvano VITTOR e dalle sorelle KLEINSZIG le informazioni riferite, su sollecitazione di appartenenti alla Guardia di Finanza, prima di essere stato tratto in arresto, quindi, prima dell’agosto 1983 (vedi pag. 43, trasc. 26.9.2006). Il teste ha spiegato di avere, in passato, indicato il nome di Riccardo PIAZZESI, quale persona che gli aveva riferito le notizie, omettendo di fare quello di VITTOR per proteggere quest’ultimo. Ciò l’aveva concordato con la Guardia di Finanza. PIAZZESI era un nome di fantasia, anche se esisteva un PIAZZESI (vedi pag. 86 e 87, trasc. 26.9.2006). L’esigenza di tutelare VITTOR nasceva dal fatto che, da qualche ufficio romano, vi era “una fuga di notizie in continuazione” (vedi pag. 87, trasc. 26.9.1986). Riteneva che VITTOR fosse un uomo innocente nel suo animo e che potesse “correre dei rischi”, essendo vicino a Flavio CARBONI. Non vi era “nessun interesse occulto” a non dire, prima del 3.7.2003, che PIAZZESI era un nome di fantasia. Se vi fosse stata l’occasione, avrebbe potuto, forse, farlo prima (vedi pag. 88, trasc. 26.9.2006). Nel corso del controesame condotto dall’avvocato GRECO, ha spiegato ancor meglio la ragione che lo aveva indotto a tacere e nascondere il nominativo di VITTOR, sostituendolo con quello di PIAZZESI. Gli sono state contestate le dichiarazioni rese il 22.8.1983, al dottor DRIGANI, nel corso delle quali aveva riferito che le notizie riversate ai servizi della G.d.F. e quelle verbalizzate dal magistrato provenivano da Silvano VITTOR soltanto in una minima parte, essendo eterogenee le sue fonti informative (vedi pag. 107, trasc. 26.9.2006). PAOLI ha spiegato che la dichiarazione era stata concordata con Rino STANIG e che “i rapporti informativi con questi uffici” non erano “così limpidi come potrebbero pensare i cittadini comuni” (vedi pag. 107, trasc. 26.9.2006). La massima parte delle notizie che aveva riversato derivavano da VITTOR e, poi, anche da altre persone (vedi pag. 109, trasc. 26.9.2006). All’epoca vi era l’esigenza di operare nel modo più riservato e di tutelare Silvano VITTOR perché era un uomo “di prima portata”. Aveva cercato di “mantenere un profilo basso per conservare un rapporto nella massima riservatezza”. VITTOR, per il ruolo avuto nella fuga di CALVI e nella storia successiva “era un uomo di punta” per la Finanza, in considerazione di quanto riferiva. Era stato a fianco di CALVI e Flavio CARBONI e “chi poteva meglio di lui dire ciò che ha visto e ciò che non ha visto”. Speravano di ottenere altre notizie e per questo non volevano bruciarlo (vedi pag. 110 e 111, 250 e 251, trasc. 26.9.2006). Ciò che aveva dichiarato non era tutta la verità, anche se quanto aveva riferito era stato giudicato molto attendibili dagli ufficiali della Guardia di Finanza. Solo VITTOR poteva dire il “100%” della verità (vedi pag. 112 – 114, trasc. 26.9.2006). PAOLI ha ribadito in maniera coerente la medesima versione, anche a seguito della contestazione degli altri verbali nei quali aveva indicato e descritto fisicamente PIAZZESI (vedi pag. 115, 116, 120 e 121, trasc. 26.9.2006), ponendo, tra l’altro, in rilievo che, al fine di riferire informazioni più precise possibili, avevano “operato nel modo di non creare problemi a nessuno”, “che non desse fastidio a nessuno”. Anche per lui la Guardia di Finanza aveva ritenuto necessario un nome di copertura e allo stesso modo aveva provveduto anche per gli altri “fornitori di informazioni” (vedi pag. 117 e 118, trasc. 26.9.2006). Ha, in particolare, affermato:
al posto di RICCARDO PIAZZESI, le informazioni ce le diede SILVANO VITTOR, …, per una copertura di... no, di comodità, di opportunità, all’epoca scelsi quella strada, tutto qui” (vedi pag. 118 e 119, trasc. 26.9.2006).
Silvano VITTOR non sapeva nemmeno che aveva un rapporto fiduciario con la Guardia di Finanza (vedi pag. 120, trasc. 26.9.2006). Aveva lavorato per tale forza di polizia e “si faceva un lavoro che all’epoca pareva abbastanza buono” (vedi pag. 121, trasc. 26.9.2006).

Anche nel prosieguo del controesame condotto dai difensori degli imputati Manuela KLEINSZIG e Flavio CARBONI, il teste ha ribadito la propria versione, sottolineando, tra l’altro, che il nome PIAZZESI era stato usato per “fare la copertura dell’informatore indiretto” Silvano VITTOR (vedi pag. 196 e 197, trasc. 26.9.2006). PIAZZESI e VITTOR sono la stessa persona (vedi pag. 198, trasc. 26.9.2006). Ad ulteriori quesiti volti a sapere perché si era determinato nel 2003 a rivelare tale circostanza, ha riferito di aver appreso dal Cap. Rino STANIG che, nel frattempo, il Comando Generale della Guardia di Finanza, aveva sciolto l’Ufficio Riservato (vedi pag. 252, trasc. 26.9.2006).


b. Considerazioni in ordine all’attendibilità dell’apporto fornito da Eligio PAOLI

1. Sulle indicazioni rese durante il rapporto informativo con gli ufficiali della G. di F. e ribadite nel corso della deposizione dibattimentale.

La ricognizione delle dichiarazioni rese da Eligio PAOLI consente una prima riflessione. Le indicazioni fornite durante il rapporto collaborativo informale con gli ufficiali della Guardia di Finanza, ROMANI e STANIG – pienamente utilizzabili, in quanto le annotazioni di servizio redatte sono state acquisite con il consenso delle parti e rievocate dal Magg. ROMANI nel corso della deposizione – costituiscono un momento di verifica delle dichiarazioni dibattimentali. Orbene, nonostante il lunghissimo lasso di tempo, emergono aspetti e circostanze riproposti dal PAOLI nel corso della deposizione, talvolta spontaneamente ed altre volte a seguito di contestazione, in termini sostanzialmente identici. In particolare, ciò si è verificato con riferimento: all’esibizione del falso mandato di cattura; all’incontro di CALVI, la sera della scomparsa, con persone inviate da GELLI e CARBONI, vedute da VITTOR; all’invito a cena rivolto al banchiere; all’incontro a Roma di VITTOR con Armando CORONA e all’anticipazione della fuga di Licio GELLI.

Ne deriva, pertanto, che a tali affermazioni deve essere attribuita la massima affidabilità. Non è consentito dubitare del fatto che VITTOR e le KLEINSZIG abbiano realmente detto quelle cose a PAOLI. Non si può nemmeno astrattamente ipotizzare che tali indicazioni siano state attinte dal teste dai media, dal momento che si trattava di circostanze inedite. Va, parimenti, escluso che possano essere oggetto di fantasia basti pensare all’anticipazione della fuga di GELLI, poi, effettivamente verificatasi.

Invero, i porgitori delle notizie che hanno alimentato le sue conoscenze, il loro contenuto e l’epoca in cui sono state attinte impongono di prestare la massima attenzione all’apporto dallo stesso reso, anche in considerazione della manovra posta in essere per congelare la sua collaborazione e l’affidabilità che le sue indicazioni hanno dimostrato di avere, con specifico riferimento all’anticipazione della fuga dal carcere di Licio GELLI, segnalata dal teste sin dall’ottobre del 1982 (vedi appunti del 29.10.1982 e dell’8.11.1982). Il Mag. Roberto ROMANI, responsabile dell’ufficio informazioni della Guardia di Finanza che ha gestito la fonte PAOLI, denominata “Podgora”, ha riferito che il teste era considerato una fonte “di buona attendibilità, classificata come “un B2”, cioè fonte di buona attendibilità (vedi pag. 101, trasc. 15.2.2006), “abbastanza precisa e sicura” (vedi pag. 102, trasc. 15.2.2006).

Del pari, pienamente attendibili vanno considerate le circostanze riferite nel corso della deposizione dibattimentale in termini del tutto analoghi rispetto agli inizi della sua collaborazione, così come è accaduto per l’incontro avvenuto, nel dicembre 1982, a Roma tra VITTOR ed Armando CORONA. Il rapporto esistente con VITTOR ed il fatto di recarsi in Austria con lui rappresentano una sorta di accreditamento di PAOLI dinanzi alle sorelle KLEINSZIG. È, quindi, del tutto plausibile che queste ultime gli abbiano reso confidenze. Il fatto che gli imputati VITTOR e Manuela KLEINSZIG abbiano negato la circostanza non incrina l’attendibilità del suo racconto, in quanto costoro hanno un evidente interesse ad eliminare o, comunque, affievolirne la portata accusatoria. Tuttavia, non hanno negato di averlo conosciuto. Si aggiunga che nessuna affermazione inverosimile o farneticante risulta effettuata dal teste durante il rapporto informale di collaborazione con i militari della Guardia di Finanza.




2. Sulla manovra volta a congelare la sua collaborazione e sui beneficiari dell’operazione
La veridicità sostanziale dei racconti di PAOLI trova una conferma nella manovra posta in essere nei suoi confronti, poco dopo l’inizio della sua collaborazione che, altrimenti, non avrebbe avuto alcuna ragione d’essere. Si tratta di un’operazione tesa a delegittimare il suo apporto collaborativo, che si era già rivelato particolarmente affidabile (basti pensare all’anticipazione della fuga di Licio GELLI dal carcere elvetico, ove si trovava ristretto, puntualmente verificatasi con modalità similari a quelle dallo stesso descritte, vedi pag. 130 e 131, trasc. 15.2.2006, relativa alla dep. Gen. Roberto ROMANI), che aveva consentito di acquisire utili elementi per ritenere che Roberto CALVI non si fosse suicidato e che nel “trattamento terapeutico” a cui era stato sottoposto il banchiere erano coinvolti Flavio CARBONI, Licio GELLI e Silvano VITTOR (si pensi alle circostanze innanzi richiamate in ordine all’incontro la sera del delitto del banchiere con persone inviate da GELLI e CARBONI, alla presenza di VITTOR, e alla partecipazione ad una cena quella stessa sera, nonché alla possibilità di recuperare documenti sottratti a CALVI, vedi appunti del 5.5.1983 e del 18.1.1983, circostanze ribadite nel corso delle prime dichiarazioni rese innanzi al dottor DRIGANI).

Quella raffinata attività volta al congelamento della collaborazione veniva realizzata, materialmente, attraverso Emilio PELLICANI, il quale, in data 18.8.1983, affermava di riconoscere Eligio PAOLI come “il Biondino” che aveva partecipato all’espatrio clandestino di Roberto CALVI, unitamente a Silvano VITTOR, nella notte tra l’11 ed il 12 giugno 1982. PELLICANI supportava la sua indicazione con un sicuro e perentorio riconoscimento fotografico, confermato da una successiva individuazione personale.

Per comprendere la strumentalità dell’iniziativa di PELLICANI, va evidenziato che l’album fotografico, nel quale vi era riportata l’immagine del PAOLI, gli era stato già esibito sin dal dicembre del 1982. Il riconoscimento è intervenuto ben nove mesi dopo. Disegno che oggettivamente si è completato con la rivelazione dell’identità della fonte “Podgora“ da parte dell’allora Maggiore Roberto ROMANI al pubblico ministero dott. DRIGANI (pag. 129, trasc. 15.2.2006) e con il successivo arresto di PAOLI da parte dell’A.G. di Trieste per l’espatrio clandestino di CALVI.

V’è da dire che l’allora Mag. ROMANI ha spiegato di aver svelato con ritrosia il nome della fonte “Podgora” al dottor DRIGANI, perché pressantemente richiesto dal magistrato e in considerazione della delicatezza dell’indagine, e di essere rimasto “un po’ male successivamente quando il dottor DRIGANI arrestò la fonte, questo francamente … mi dette un po’ di fastidio, perché pensavo che lo sentisse come persona informata sui fatti, in maniera molto riservata e in modo che riuscisse a trarne … ulteriori elementi… e non pensava che la fonte potesse finire in galera e di questo… la fonte credo non mi abbia mai perdonato il fatto di aver fatto il suo nome” (vedi pag. 129 e 13, trasc. 15.2.2006).

La conseguenza era stata l’interruzione di ogni tipo di collaborazione di Eligio PAOLI che, una volta dimostrata la sua innocenza per tabulas (all’epoca del commesso reato si trovava in volo dagli U.S.A. all’Italia, ove giungeva la mattina del 12 giugno 1982 a Roma, era arrivato a Trieste solo nel pomeriggio di quella giornata, quando CALVI aveva già raggiunto Klagenfurt, vedi pag. 132 e 133, trasc. 15.2.2006, relativa alla dep. del Gen. Roberto ROMANI), non ha voluto, comprensibilmente, proseguire il rapporto con gli inquirenti, con la disponibilità e l’apertura pregressa. Il suo arresto ha determinato una evidente perdita di credibilità della sua persona ed un depotenziamento della valenza accusatoria delle sue indicazioni testimoniali. Per di più, nei confronti di PELLICANI non veniva promossa alcuna iniziativa giudiziaria per verificare la calunniosità della sua delazione. Diretti beneficiari dell’operazione sono risultati essere, tra gli altri, Flavio CARBONI, Silvano VITTOR, Licio GELLI ed Umberto ORTOLANI, sicché la manovra si traduce in un ulteriore elemento indiziario nei loro confronti ed alimenta il sospetto forte di un influenza massonica sulle suddette iniziative istituzionali promossa da CARBONI, GELLI ed ORTOLANI. Si noti che, dopo il suo arresto, il 18 ottobre 1983, 2 mesi dopo il suo arresto avvenuto il 19 agosto 1983, PAOLI aveva ritrattato le dichiarazioni rese con riferimento a Flavio CARBONI, in data 24 marzo 1983, 23 giugno 1983 e 11 luglio 198345, il quale, guarda caso, si è visto cancellare, quanto meno in parte, una voce d’accusa nei suoi confronti.

Anche PELLICANI aveva un interesse personale a congelare quella voce, in quanto, se si fosse accertato che CALVI era stato ucciso, la sua condotta – ed in particolare l’esibizione del falso mandato di cattura a CALVI per indurlo ad abbandonare l’Italia, la consegna del passaporto e del denaro, in presenza di altri, a VITTOR – avrebbe potuto inserirsi nel piano delittuoso con conseguente sua responsabilità.

Eligio PAOLI e le sue conoscenze preoccupano i responsabili dell’omicidio. Ed infatti, nel corso dell’intercettazione ambientale n. 270 del 15.1.1997, ore 11:45, è emerso l’interessamento di Flavio CARBONI per individuare il suo recapito, una volta appreso che PAOLI era stato indicato nella lista testi predisposta dal rappresentante dell’ufficio del pubblico ministero nel processo relativo alla ricettazione della borsa di Roberto CALVI (si fa rimando all’ascolto del supporto magnetico relativo). E’ evidente che tale attenzione deriva dalla consapevolezza che egli dispone di specifiche conoscenze ritenute pericolose, senz’altro idonee a compromettere la sua posizione processuale.

Deve considerarsi un dato scontato che PAOLI sia stato direttamente o tramite interposta persona avvicinato, tant’è che a dibattimento non si presentava (guarda caso come avrebbe voluto fare nel corso del dibattimento che ci occupa).

3. Sulla preoccupazione di Silvano VITTOR per il mancato rinvenimento di tracce di ruggine sulle mani di Roberto CALVI
Si è sopra evidenziato che PAOLI ha rievocato, con l’aiuto delle contestazioni, il viaggio che, nel dicembre del 1982, aveva fatto con Elvino MARSICH e Silvano VITTOR, a seguito del quale quest’ultimo aveva espresso la propria preoccupazione per la notizia appresa da Armando CORONA circa la mancata riscontrata presenza di tracce di ruggine sulle mani di Roberto CALVI.

Silvano VITTOR ha ammesso di essersi recato a Roma con PAOLI e di essersi fatto portare proprio da lui, ma ha dichiarato di essersi recato in quella città perché aveva appuntamento con il suo avvocato Augusto ADDAMIANO. A precisa domanda se avesse incontrato Armando CORONA, ha risposto: “magari, sarei stato molto lieto di conoscerlo” (vedi pag. 115, trasc. 8.11.2006). Gli veniva fatto presente che PAOLI dinanzi alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, il 14 dicembre 1983, ha testualmente riferito nei seguenti termini le parole di VITTOR: “sì mi preoccupo in quanto ho saputo oggi che dalla perizia che è stata fatta sulle mani di CALVI non c’è alcuna traccia di ruggine”. Ed alla domanda se fosse preoccupato “perché c’è concorso in omicidio”, ha risposto: “sì mi preoccupa questo fatto”. (vedi pag. 116, trasc. 8.11.2006)

VITTOR ha negato che la circostanza fosse vera, sostenendo che essendo la perizia risalente al giugno, nel mese di dicembre la “perizia era stata già praticamente fatta” e le relative notizie ed il verdetto erano già conosciuti. Inoltre, ha sostenuto di non aver conosciuto CORONA (vedi pag. 110, trasc. 8.11.2006).

Sapeva che la perizia era stata fatta a Londra, ove si era recato dal Coroner e di non sapere se fossero state fatte altre perizie. Ha posto in rilievo che poteva anche darsi che delle perizie fossero in corso, ma di non averlo saputo e di non essere stato nelle condizioni di saperlo ( vedi pag. 117, trasc. 8.11.2006).

La circostanza riferita dal PAOLI appare credibile, in quanto proprio in quel periodo veniva espletato il secondo esame autoptico sulla salma del banchiere che consentiva di constatare l’assenza di ruggine sulle mani della vittima. Si tenga conto che l’esame autoptico era stato svolto presso l’obitorio comunale di Milano, in data 2.11.1982, dal collegio costituito dal prof. Romeo POZZATO ed altri, e che le attività peritali nella seconda decade del mese di dicembre erano certamente ancora in fase di espletamento. La suddetta verifica non era stata espletata da parte del professor Keith SIMPSON, sicché non è vero che la circostanza relativa all’assenza di ruggine fosse già conosciuta, come ha sostenuto VITTOR.

E’ evidente che il timore di VITTOR era di essere coinvolto nell’omicidio, essendo stato acquisito un elemento che incrinava la tesi suicidiaria per la morte di CALVI e che Armando CORONA deve aver interposto i suoi buoni uffici con riferimento alle operazioni peritali milanesi o, comunque, essersi informato per attingere informazioni sugli esiti di quell’attività. Ne discende, pertanto, che quella preoccupazione assume una portata indiziaria nei suoi confronti e dimostra come egli fosse ben consapevole del fatto che il suo agire era stato finalizzato ad assassinare il banchiere.



4. Su Silvano VITTOR quale porgitore delle notizie riferite da PAOLI e sulla copertura del suo nome con quello di Riccardo PIAZZESI
Le spiegazioni fornite sulle ragioni della scelta concordata della copertura di VITTOR appaiono coerenti e credibili. La circostanza che PIAZZESI e, dunque, VITTOR sia stato coinvolto nella progettata fuga di GELLI (vedi appunto dell’8.11.1982, e pag. 169, trasc. 15.2.2006, inerente alla deposizione del Gen. Roberto ROMANI) irradia affidabilità alle sue indicazioni. È pur vero che l’allora Maggiore ROMANI, che con il Capitano Rino STANIG ha curato la collaborazione confidenziale di PAOLI, ha dichiarato che questi non aveva mai rivelato da chi avesse appreso le notizie, tuttavia ha posto in rilievo di aver ipotizzato che la fonte dovesse identificarsi in VITTOR (“si presumeva che la fonte di quelle notizie fosse Vittor Silvano”, vedi pag. 134, trasc. 15.2.2006) e che, da quanto gli risultava, Riccardo PIAZZESI non era mai stato identificato (vedi pag. 134 e 135, trasc. 15.2.2006).

A seguito di contestazione, l’ufficiale ha confermato quanto dichiarato in fase d’indagini, vale a dire di aver dedotto che le fonti di PAOLI si dovessero individuare in Silvano VITTOR ed in via residuale in Flavio CARBONI e nelle sorelle KLEINSZIG e di aver basato la sua deduzione sul fatto che PAOLI gli diceva di essere molto amico di VITTOR e dal tipo di notizie che egli riferiva, le quali presupponevano l’intervento di VITTOR (vedi pag. 233 e 234, trasc. 15.2.2006), nonché che, dal momento in cui la fonte “Podgora” (il nome di copertura di PAOLI) aveva iniziato il rapporto con la sua struttura, VITTOR non aveva più fornito informazioni sul contrabbando ed aveva interrotto il rapporto collaborativo. Dal Cap. STANIG aveva saputo che ciò era dovuto al fatto che aveva iniziato a lavorare con CARBONI (vedi pag. 234, trasc. 15.2.2006).

Orbene, tali indicazioni rappresentano una sostanziale conferma del fatto che sia stato effettivamente VITTOR la persona che ha fornito le informazioni a PAOLI. Il fatto che il Gen. ROMANI abbia sostenuto che PAOLI non aveva, però, mai rivelato espressamente la circostanza e che addirittura l’allora Cap. Rino STANIG si sia spinto oltre, sino al punto di “escludere assolutamente”tale provenienza (vedi pag. 29, trasc. 19.1.1999, celebrata nell’ambito del proc. relativo alla ricettazione della borsa di CALVI), adducendo le seguenti ragioni in proposito:

mentre conosce il VITTOR Silvano da prima, perché io avevo svolto altri servizi nella città di Trieste e VITTOR lo conoscevo, io non conoscevo il PAOLI. Tra l’altro, nel momento in cui ho conosciuto il PAOLI non sapevo nemmeno che il PAOLI ed il VITTOR si conoscessero, anche se Trieste è abbastanza piccola perché tutti si conoscono” (vedi pag. 29 e 30, trasc. 19.1.1999),


le quali non rappresentano reali elementi di smentita. Quanto alle ragioni prospettate dal Cap. STANIG, v’è da dire che si tratta di una motivazione piuttosto risibile e poco convincente. Invero, una considerazione logica induce a ritenere aderente alla verità la versione di PAOLI. L’affidabilità attribuita dagli appartenenti al Servizio Informazioni alle confidenze fornite da questi e il fatto stesso che il Cap. STANIG si sia recato in Austria con lui per verificare se esistesse l’istituto di credito, ove era conservata la documentazione sottratta al banchiere (vedi pag. 28, trasc. 19.1.1999, già citata), inducono a ritenere che previamente gli inquirenti sapessero o avessero intuito il nome del porgitore delle notizie, perché è evidente che un accreditamento del tipo di quello ricordato (di buona attendibilità, classificata come un “B2”) e tale attività non sarebbero altrimenti avvenute. D’altronde, l’ammissione di un accordo del tipo riferito dal PAOLI non poteva essere ammesso dagli ufficiali perché, oltre che essere poco onorevole, avrebbe comportato una loro penale responsabilità. L’esistenza di siffatto accordo è reso credibile sulla base del fatto che PAOLI non si è proposto, ma è stato cercato, come egli ha sostenuto, dal Cap. STANIG. La circostanza è stata confermata dal Magg. ROMANI, il quale ha dichiarato che il Cap. STANIG gli aveva detto: “ti farò conoscere questa fonte che ho ricontattato” (vedi pag. 160 e 163, trasc. 15.2.2006).

È pur vero che quest’ultimo ha negato la circostanza, ma tale atteggiamento appare ispirato al proposito di prendere le distanze dal PAOLI, piuttosto che a dire la verità.

In definitiva, una malintesa “ragion di stato” appare la giustificazione di tali comportamenti.
5. Le ragioni per le quali Silvano VITTOR ha fornito informazioni ad Eligio PAOLI e del tentativo di sostenere l’estraneità di VITTOR all’omicidio di Roberto CALVI
Resta da capire per quale motivo VITTOR abbia fornito delle informazioni a PAOLI.

Secondo quest’ultimo, VITTOR aveva un motivo economico per servirsi di PAOLI: l’aspettativa di una remunerazione per le confidenze rese. Tale indicazione induce a prospettare due ipotesi. La prima, che PAOLI abbia agito d’intesa con l’imputato VITTOR, il quale, peraltro, aveva in passato reso confidenze retribuite, tanto da essere stato registrato con il nome di “Umago” (vedi pag. 144, trasc. 15.2.2006, relativa alla dep. del gen. Roberto ROMANI). In tale caso, occorre chiedersi come mai allora VITTOR non ha avviato anche sulla vicenda CALVI un autonomo rapporto confidenziale? Verosimilmente, una simile iniziativa si sarebbe rivelata troppo rischiosa per lui, in quanto avrebbe ingenerato sospetti nei suoi confronti di coinvolgimento nell’omicidio, o nei reati di ricettazione della borsa, di falsificazione del passaporto e di favoreggiamento personale all’espatrio del banchiere. Non va dimenticato che pendevano nei suoi confronti, all’epoca, procedimenti penali presso gli uffici giudiziari di Trieste, Roma e Milano per i reati di falso e favoreggiamento personale. Conseguentemente, tale rischio si estendeva anche agli investigatori che avessero intrattenuto rapporti informali con lui. Del resto, il confidente normalmente riferisce circostanze che coinvolgono altre persone. Si tenga, però, presente che PAOLI ha sostenuto essere VITTOR all’oscuro dell’esistenza del suo rapporto fiduciario con la Guardia di Finanza, mentre VITTOR ha sostenuto di esserne a conoscenza.

La seconda ipotesi prospettabile è che l’azione di PAOLI sia stata svolta autonomamente, sfruttando l’innegabile rapporto in essere tra i due. Lo stesso VITTOR ha ammesso di essersi recato con PAOLI, a più riprese, in Austria, proprio nel periodo in cui il teste ha riversato le informazioni agli investigatori del servizio “I” della Guardia di Finanza. PAOLI ha affermato di aver acquistato un abito per VITTOR in occasione della sua deposizione nel corso della II Inchiesta londinese, celebrata nel mese di giugno del 1983. Sia come sia, rimane il fatto indiscutibile che PAOLI aveva rapporti e contatti tali con VITTOR da giustificare le dichiarazioni rese. È logico ritenere che l’imputato abbia selezionato e dosato le informazioni riversate a PAOLI in modo da non compromettere la propria posizione e di evitare che potesse emergere il suo coinvolgimento in delitti. E così si spiega il perché VITTOR non abbia fornito a PAOLI indicazioni in ordine ai suoi rapporti con la criminalità organizzata e con CALO’, con il quale VITTOR risulta aver avuto contatti, e il teste abbia manifestato la convinzione che VITTOR sia stato un mero esecutore di ordini e strumento inconsapevole di CARBONI. Questo non significa affatto che l’imputato VITTOR sia estraneo all’omicidio, casomai consente di comprendere la sua attitudine a porgere notizie vere minimizzando il proprio ruolo.
6. Sulle ragioni di alcune indicazioni inverosimili e farneticanti
Quest’Ufficio non ignora il fatto che la deposizione del teste PAOLI si caratterizza per indubbi aspetti problematici, che necessariamente occorre affrontare per poter stabilire se e quale grado di attendibilità sia dato attribuire alle sue indicazioni “de relato” specificatamente inerenti all’omicidio per cui è processo. Non è condivisibile il mero richiamo della circostanza che egli ha anche fornito indicazioni “inverosimili (e, per alcuni aspetti, farneticanti)”, come ha fatto la Corte.

Le ragioni inverosimili e farneticanti, prospettate agli appartenenti alla DIA, per giustificare la volontà di non aderire alla citazione a deporre (timore di un complotto ai suoi danni, ordito da BUSH e TRONCHETTI PROVERA, poi negato in dibattimento, vedi pag. 260, trasc. 26.9.2006), così come alcune sue dichiarazioni dibattimentali – allorché è stato invitato a rispondere sull’utilità di cui avrebbe beneficiato dall’attività d’informatore (vedi pag. 55, trasc. 26.9.2006), o sul motivo del falso riconoscimento di PELLICANI (vedi pag. 73, trasc. 26.9.2006), o quando ha parlato, nel corso del controesame del difensore di VITTOR, delle sue attività di inventore (vedi pag. 137 – 144, trasc. 26.9.2006, ove fa riferimento ai rotoli di carta), che ha cercato di riproporre nel corso dell’esame del sig. Presidente (vedi pag. 261, trasc. 26.9.2006) – non possono di per sé condurre ad una valutazione di inattendibilità, in quanto si tratta di affermazioni e di considerazioni afferenti fatti successivi e diversi rispetto alle vicende d’interesse per questo processo e verificatisi in un momento diverso rispetto a quello delle dichiarazioni rese. V’è da dire, in ogni caso, che non risultano agli atti elementi, anche solo per ipotizzare, che in passato PAOLI abbia tenuto simili atteggiamenti, sicché è ragionevole ritenere che siano stati strumentali ad evitare di rendere la testimonianza e, una volta divenuta inevitabile, a seguito dell’accompagnamento coattivo disposto dalla Corte, ad apparire non credibile per il timore di non subire conseguenze dannose, così come gli era accaduto dopo la collaborazione, dapprima, informale con gli ufficiali della Guardia di Finanza e, successivamente, con il G.I di Trieste. In tale prospettiva, deve essere spiegato il tentativo di scagionare VITTOR, facendolo apparire estraneo al delitto per cui è processo, fornendo interpretazioni benevoli sulla consapevolezza di quello che stava facendo e ponendo in rilievo che era stato “ingannato dalle chiacchiere” e che non era una persona dannosa (vedi pag. 262, trasc. 26.9.2006). Del resto, PAOLI ha ricordato di essere stato anche oggetto di minaccia prima della deposizione dinanzi alla Commissione P2. Il fatto che il teste avesse assunto un atteggiamento ben diverso, inspirato a completa collaborazione, quando è stato risentito riservatamente, in fase d’indagini, dal pubblico ministero nel corso del luglio 2003, dopo circa un decennio rispetto all’ultimo esame sul tema, consente di rafforzare la convinzione che il suo comportamento succitato sia stato pretestuoso.



7. Sulla riconducibilità del memoriale utilizzato nel corso della sua deposizione
Non possono essere tratti elementi per valutare l’attendibilità di PAOLI dal memoriale utilizzato nel corso della sua deposizione e fatto oggetto di produzione da parte della difesa di CARBONI, in quanto non vi sono elementi per ricondurlo alla sua paternità. Risulta, infatti, privo di sottoscrizione, redatto in terza persona e lo stesso teste lo ha disconosciuto.

8. Sui rapporti tra Licio GELLI e Flavio CARBONI e il coinvolgimento del primo nell’omicidio
Non di meno, non può individuarsi un “vulnus” logico nelle sue dichiarazioni in ragione dei riferiti rapporti intercorrenti tra Licio GELLI e Flavio CARBONI e alla condotta dagli stessi posta in essere durante la presenza di CALVI a Londra. Ed infatti, il coinvolgimento di Licio GELLI o, comunque, la sua convergenza di interessi nell’eliminazione del banchiere non è incompatibile con quella degli imputati. Non conduce a contrario avviso il fatto che Flavio CARBONI abbia favorito contatti tra CALVI ed Armando CORONA all’asserito scopo di consentirgli di rientrare nella massoneria. Quali che fossero i rapporti tra GELLI e CORONA, che non hanno costituito oggetto di approfondimento in questo dibattimento, nulla impedisce che Flavio CARBONI abbia mantenuto contatti con entrambi accomunati dalla comune appartenenza alla massoneria.


9. Sul coinvolgimento di Sergio VACCARI
Eligio PAOLI ha riferito (dapprima, agli appartenenti alla Guardia di Finanza, con i quali aveva instaurato un rapporto confidenziale, v. appunti del 7.01.83 e del 5.7.83, e, successivamente, in dibattimento) di avere appreso da PIAZZESI (da intendersi Silvano VITTOR, vedi pag. 86 e 119, trasc. 26.9.2006) che VACCARI era stata l’ultima persona ad avere visto in vita CALVI e che doveva partecipare ad una cena con quest’ultimo (vedi pag. 21- 23, 171 – 173, 181 – 183, trasc. 26.9.2006). In seguito, VACCARI era stato ucciso a Londra forse perché a conoscenza dei fatti legati alla morte del banchiere.

Le notizie riferite dal teste su VACCARI appaiono credibili in quanto quest’ultimo, all’epoca del racconto di PAOLI, era personaggio del tutto inedito per l’inchiesta sulla morte di CALVI e persona che conosceva la città di Londra con possibilità di assicurare un adeguato supporto logistico.




c. Considerazioni conclusive in ordine alla portata indiziate delle dichiarazioni di PAOLI nei confronti di Silvano VITTOR

In definitiva, nessuna difficoltà sussiste nell’isolare le dichiarazioni fantasiose nell’apporto di PAOLI, che vanno collocate a ridosso dell’esame dibattimentale e durante la sua deposizione davanti alla Corte. Le stesse appaiono motivate dal proposito di non rendere testimonianza ed evitare conseguenze negative. Non investono le originarie dichiarazioni che, per converso, appaiono pienamente attendibili. Perciò, dalla deposizione di Eligio PAOLI risulta che VITTOR era a conoscenza di circostanze idonee ad avvalorare la sua partecipazione al piano delittuoso. È pur vero che tale teste ha esternato in dibattimento la convinzione che VITTOR “sia stato ingannato dalle chiacchiere” e non sia una persona “dannosa” (vedi pag. 265, trasc. 26.9.2006), ma i fatti dallo stesso riferiti oggettivamente assumono una valenza indiziaria anche nei suoi confronti. Si pensi all’esibizione al banchiere del falso mandato di cattura, all’incontro tra CALVI e persone mandate da GELLI e CARBONI la sera dell’omicidio, alla partecipazione del banchiere ad una cena quella stessa sera, alle preoccupazioni per il mancato rinvenimento di ruggine sulle mani di CALVI, da parte dei periti milanesi. Si tratta di circostanze che avvalorano il coinvolgimento di VITTOR, oltre a quello di CARBONI. Il fatto che costoro le abbiano debitamente escluse dalla loro narrazione, si inserisce in una collaudata strategia difensiva basata sulla menzogna e sulla reticenza.

D’altro canto, non si ravvisa l’esistenza di alcun interesse di PAOLI a mentire accusando. Non sono emersi, né tanto meno si possono ipotizzare elementi che inducano a pensare che il teste possa aver avuto o avere motivi di rancore nei confronti degli imputati. Semmai, il rapporto con VITTOR può indurre a pensare che egli abbia ammorbidito in dibattimento le sue dichiarazioni per favorirlo.

Non trova, poi, riscontro agli atti la circostanza che le indicazioni del teste siano apparse in diversi punti “piene di inesattezze e di imprecisioni” ed in “contrasto con quanto lo stesso PAOLI aveva riferito durante le indagini”, come ha sostenuto in termini generali la Corte, senza, peraltro, fornire indicazioni specifiche.

Il fatto che non sia stata raggiunta la prova del coinvolgimento nei fatti di Sergio VACCARI non significa affatto che l’indicazione relativa a tale personaggio sia di per sé inattendibile. Di certo non compromette la credibilità della sua narrazione. Va, peraltro, sottolineato come siano state acquisite prove, quale la deposizione già citata di Miroslav VRANA, che rafforzano la convinzione che VITTOR abbia avuto contatti in quel periodo con VACCARI. Si noti, peraltro, che alcune risultanze inducono a ritenere plausibile il suo coinvolgimento nel delitto.

Appare opportuno porre in rilievo gli esiti degli accertamenti svolti dalla polizia inglese e, segnatamente:



  • quattro suoi viaggi a Roma effettuati tra il 29.7.82 ed il 9.9.1982. In proposito, si rappresenta la singolare coincidenza che vede VACCARI far ritorno a Londra il 13.9.1982, tre giorni prima del suo omicidio, ed in pari data con l’arresto di GELLI in Svizzera;

  • il fatto che lo stesso sia stato torturato prima di essere ucciso nella sua abitazione di Londra, sita ad Holland Park;

  • per l’autopsia di Sergio VACCARI, effettuata nello stesso giorno del suo ritrovamento, è intervenuto per effettuare l’esame autoptico, il professore Keith SIMPSON (Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico e Membro del Reale Collegio dei Medici). Il luminare, seppur ufficialmente in quiescenza, era infatti già intervenuto in occasione dell’autopsia di Roberto CALVI, anch’essa esperita lo stesso giorno del suo ritrovamento.



  1. Sulla lucidità di Roberto CALVI e su essere egli un calcolatore

Si assume che il banchiere fosse lucido e calcolatore per avere l’11 Giugno disdetto il volo programmato per il giorno seguente (il 12.6.1982), per aver telefonato a ROSONE quello stesso giorno, per essersi irritato per la denuncia di scomparsa presentata sempre l’11.6.1982 e per aver incontrato CALVI qualche giorno prima dell’espatrio.

Si tratta di normali condotte che non incidono sull’induzione all’espatrio operata da CARBONI così come descritta nell’atto di appello. Deliberatamente non avrebbe mai deciso di espatriare perché significava abdicare definitivamente al proprio potere in seno al Banco Ambrosiano, prima ancora della decisione del 17 Giugno 1982. La verità è che CALVI era stato terrorizzato da chi gli aveva offerto subdolamente protezione, dopo aver conquistato la sua fiducia, vale a dire l’imputato Flavio CARBONI.

  1. Sulla necessità che il delitto fosse premeditato da epoca precedente al 10 Giugno

Si è sostenuto che il delitto avrebbe dovuto essere premeditato da epoca precedente, essendo volto a ottenere i soldi della mafia e ritenuto di individuare un’assurdità logica nel fatto che, per commettere un omicidio premeditato, siano andati a cercare DI CARLO due giorni prima dell’esecuzione del delitto.

La circostanza è risibile. L’omicidio viene attuato solo dopo che CALVI è stato spremuto fino all’estremo. Prima si recupera quanto è possibile poi lo si uccide quando le aspettative di ottenere altro denaro sono venute meno e CALVI ha perduto il proprio potere. Nessuna assurdità logica si rinviene nella ricerca di DI CARLO alcuni giorni prima dell’omicidio con la premeditazione. Il sicario viene contattato quando deve agire e non viene necessariamente coinvolto nell’esecuzione dell’intero programma esecutivo. Roberto CALVI è stato condotto a Londra nella serata del 15 Giugno. Perciò, è del tutto coerente, a livello logico razionale, la richiesta del suo intervento alcuni giorni prima dell’omicidio.


  1. L’assenza degli esecutori materiali e l’incompatibilità di quelli indicati dai collaboratori di giustizia

I difensori, in più occasioni, hanno censurato l’operato della pubblica accusa, per un verso, sottolineando che non sono stati individuati gli esecutori e, per l’altro, che quelli indicati dai collaboratori di giustizia sono tra loro incompatibili. Al riguardo, va evidenziato quanto segue.

L’accertamento della penale responsabilità degli odierni imputati non richiede l’individuazione di tutti gli esecutori materiali. E’ stato individuato con certezza CASILLO quale esecutore materiale e i collaboratori di giustizia hanno indicato altri partecipi tra loro non incompatibili rispetto agli imputati. Già s’è detto come si sia realizzata una convergenza del molteplice con riferimento a Vincenzo CASILLO che è certamente, va ribadito, uno degli esecutori materiali, unitamente a Lorenzo DI GESU’, che ha ammesso il proprio ruolo dinanzi a GIUFFRÉ. Sono numerosi ad accusare CASILLO: SICILIA, GALASSO, ALFIERI, PAGANO, MADONNA e CILLARI. Sono stati, poi, indicati quali esecutori materiali.


    1. Francesco DI CARLO, da parte di Francesco Marino MANNOIA, Giuseppe CILLARI e Gaspare MUTOLO.

    2. Corrado IACOLARE, da parte di Giuseppe CILLARI.

    3. Mario CUOMO, da parte di Oreste PAGANO.

Sebbene non possa considerarsi raggiunta la prova della partecipazione di questi ultimi, il loro coinvolgimento disegna un quadro omogeneo: una saldatura camorristico – mafiosa del tutto coerente con il concorso degli odierni imputati, per quanto s’è detto nel corso della requisitoria, con individuazione nominativa di cinque soggetti appartenenti alla NCO e a Cosa Nostra, la cui simultanea partecipazione risulta del tutto compatibile, per quanto si è scritto nell’atto di appello e nel corso della presente replica.


  1. Sulla labilità psicologica di VITTOR e sul suo modesto test dell’intelligenza. Sulla mancata proposizione del gravame nei suoi confronti da parte del Pubblico Ministero

VITTOR possiede una speciale intelligenza criminale ed è tutt’altro che labile psicologicamente. Nessuna prospettazione di cambiare versione da parte degli inquirenti è mai esistita. L’appello non è stato proposto perché si è ritenuto di non poter superare quanto riportato in sentenza ed essendo la posizione di VITTOR, sotto il profilo probatorio, decisamente diversa rispetto a quella degli imputati CARBONI, CALO’ e DIOTALLEVI. Si è, comunque, presentato appello incidentale.



  1. Sull’incontro di CALVI con MAC FAGIAN a Londra, riferito da Clara CANETTI il 3.3.1998 nel processo relativo alla borsa

E’ evidente che Clara CANETTI non può essere al corrente dell’incontro ma ammettiamo che lo stesso vi sia stato. Come mai CARBONI e VITTOR non ne parlano?



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