1)el fuego por fricciónen la antigüedad 2) fuente delos rayos solares 3) elfuegopor el mediodel eslabón de platino 4)campesinabatiendo elpolvorín 5)el eslabón químico 6)los primerosfósforos
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1) Das Feuerreiben in der Urzeit.
Eine der wichtigsten Erzeugungsschaften des urzeitlichen Menschen, war wohl Kunst der Feuererzeugung, denn kalt und unwirtlich lagen viele Striche der Erde da. Die Beobachtung, dass Wärme entsteht, wenn zwei Körper aneinander gerieben werden, möchte wohl dazu veranlasst haben, durch kräftiges Reiben zweier Holzsteigen. Nun erst ward es möglich, eine ganze Reihe von Stoffen id zum Gebräuche herzurichten. Wie Funde aus vorhistorischer Zeit zeigen, diente man sich des Feuers, um Baumstämme zu Kähnen auszuhöhlen, sowie um Brandmalereien auf Holz und Knochen anzubringen. Auch bei der Bereitung der Speisen benutzte man es; in den Ueberresten der Pfahlbauten finden sich sogar Spuren eines brotähnlichen Gebäckes. Einige Volksstämme, wie die Fidschiinsulaner, haben die Feuererzeugung durch Reiben bis heute beibehalten.
2) Feuererzeugung durch den Sonnenstrahlen.
Bereits die alten Griechen verstanden es, aus Kristall Hohlspiegel zu schleifen, durch sie sich bedienten, um Feuer zu entstanden, da sie die Wirkung derin einem Brennpunkte gesammelten Sonnenstrahlen auf einen leichtentzündlichen Stoff kannten. In warmen Ländern benutzte man daher vielfach einen solchen Brennspiegels als Feuerzeug, wenngleich der alte Feuerbohrer, ein Reibfeuerzeug, bei den Römern vorfand; in Ländern mit weniger Sonnen könnte man dagegen auf andere Hilfsmittel bedacht sein. - Zu Paris z. Z. ein Brennglas in sinnreicher Anordnung zur Bezeichnung des Mittags benutzt. Wie aus unserem Bildchen ersichtlich, war eine kleine, mit einem Brennglase versehene Kanone in einer öffentlichen Anlage so aufgestellt, dass, sobald die Sonne den Zenit erreichte, ihre Strahlen durch das Brennglas auf das Zündloch fielen und die Entladung herbeiführten.
3) Das Platinfeuerzeug.
Im Jahre l823 erfand der Chemiker Döbereiner das Platinfeuerzeug, das sich in den damaligen Salons grosser Beliebtheit erfreute. Es bestand aus einem luftdicht verschiebt MeneV zu zwei Dritteln mit Schwefelsäure gefüllten Glase. Vom Deckel hing ein das Zylinder herab, der in Stück Zink enthielt Schraubte man den Deckel auf das Gefäss, so taucht das Zink in die Säure und zersetzte sich, wobei Wasserstoffgas frei ward. Dieses Gas sammelte sich in dem oben mit einer Klappe versehenen Zylinder an. Oeffnete man die Klappe durch einen Fingerdruck, so strömte das Wasserstoffgas aus und entzündete sich an dem in einer Kapsel enthaltenen Platinschwamm, eine leicht bläuliche Flamme bildend. Auf unserem Bildchen sehen wir eine Anzahl Raucher, die sich an dieser Flamme Papierfidibusse entzünden, um ihre Tonpfeifen in Brand zu setzen.
4) Bäuerin gebraucht das Zunderfeuerzeug.
Das Zunderfeuerzeug war langeZeit hindurch das allgemein verwendete Feuerzeug; Im bäuerlichen Haushnt hat es sich am längsten erhalten. Es wurde in folgender Weise gebraten. Mit Hilfe eines Stückes Stahl schlug man aus einem Feuersteine Funkfein ein Blechkästchen, das mit Zunder, d. i. zerrissenen und zerflückten Lumpen oder Feuerschwamm angefüllt war. Die einfallenden Funken brachten den Zunder zum Glimmen, sodass man einen Schwefelfaden daran entzünden konnte. Mit der Flamme des Schwefelfadens steckte man darauf das auf dem Herde angehäufte Reisig in Brand, während der glimmende Zunder durch Verschliessen des Kästchens wieder zum Erlöschen gebracht wurde. Auf unserem Bildchen sehen wir eine Bäuerin beim Funkenschlagen über Ihrem Feuerzeug.
5) Das Stippfeuerzeug. Das Stippfeuerzeug (seit 1820 allgemein bekannt) stellt in der Reihe der chemischen Feuerzeuge einen bedeutenden Fortschritt dar. Wir sehen auf unserem Bildchen einen Hausvater, der mit Hilfe eines solchen die Lichter des Weihnachtsbaumes entzündet. Das ganze, sehr einfache Gerät bestandaus einer Flasche, die zur Hälfte mit zerstampftem und mit Schwefelsäure getränktem Asbest gefüllt war. Wollte man Feuer haben, so nahm man ein Stippholz, das am Ende mit chlorsaurem Kali, Gummi, Zucker und Tragantschleim überzogen war und tauchte es in die Schwefelsäure. Hierbei entstand eine lebhaft puffende Flamme, die genügte, um das kräftige Holz zum Brennen zu bringen. Dieses Feuerzeug war im ersten Drittel des
19. Jahrhunderts überall im Gebrauch.
6) Die ersten Phosphorzundhölzer.
Eine epochenmachende Tat war die Erfindung der Phosphorzündhölzer, die alle bisherigen Feuerzeuge zu verdrängen bestimmt waren, und die, weil auf jeder beliebigen Fläche durch Reiben zu Stünden, noch jetzt bei Seeleuten vielfach im Gebrauch sind. Diese Höhjlr waren bedeutend grösser, als die heutzutage gebräuchlichen und wurden mit einem Ende in eine rote Phosphorlösung getaucht, die, nachdem sie getrocknet war, mit einer Gummilösung überzogen wurde. Die leichte Entzündlichkeit des Phosphors bewirkte, dass man das Holz schon durch leises Streichen zum Brennen bringen konnte. Die nicht giftigen schwedischen Streichhölzer (ohne Schwefel und Phosphor) haben jene Art Zündhölzer fast verdrängt.
1) Il fuoco per sfregamento nei tempi primitivi. Una delle più importanti conquiste dell'uomo primitivo, consisteva senza contrasto, nella produzione del fuoco, dacché molte regioni terrestri erano fredde ed inospitali. La constatazione che lo sfregamento di due corpi l'uno contro l'altro, genera calore, può bene aver dato origine all'idea di ottenere mediante lo sfregamento intenso di due pezzi di legno, un calore sufficiente a promuovere una fiamma. Non fu che dopo aver ottenuto tale risultato che si rese possibile il lavoro di un gran numero di materie per renderle atte ad essere utilizzate. Come appare dalla scoperta di oggetti preistorici, si adoperava il fuoco per iscavare dei tronchi d'albero e per farne delle barche, per ornamentare il legno, le ossa ecc. Il fuoco serviva anche all'allestimento dei cibi, e nelle vestigia delle città lacustri, si trovarono perfino tracce di un pane grossolano. Alcune tribù nelle isole Fidij, per esempio, hanno mantenuto fino ad oggi il costume di procurarsi il fuoco mediante lo sfregamento.
2) Accensione per mezzo dei raggi solari. Gli antichi greci usavano già degli specchi concavi, scavati nel cristallo di rocca, per produrre il fuoco concentrando i raggi solari sopra una sostanza infiammabile. Nel paesi caldi veniva spesso utilizzata questa foggia di specchio per accendere il fuoco, sebbene presso i romani, per esempio, rimanesse ancora lungamente in uso un acciarino a sfregamento. Nei paesi ove il sole splende meno frequentemente si dovette ricorrere ad altri espedienti. A Parigi avevasi ideato, tempo fa, una combinazione molto ingegnosa per avvertire il mezzodì. Come appare dalla nostra vignetta, un cannoncino che vedesi tuttora nel giardino del palazzo reale, era orientato in modo chei raggi solari, concentrati da una lente, s'insinuavano nel focone appena il sole toccava lo zenit, di guisa che lo scoppio avveniva esattamente a mezzodì.
3) Il fuoco per mezzo dell’acciarino al platino.
Il chimico Döbenheimer inventò nel 1823 un acciarino idro-platinico che riportò un grande successo nei saloni di quell’epoca: l’apparecchio componevasi di un vaso di vetro ermeticamente tappato, per due terzi pieno d’acido solforico; un cilindro di vetro, fissato internamente al tappo, in cui è sospeso un pezzo di zinco, cala nell'acido; quando il tappo viene invitato sul vaso, lo zinco s'immerge nell'acido solforico e comincia a combinarsi con esso; l'idrogeno che allora si sprigiona, s'accumula nel cilindro in modo che la decomposizione dello zinco viene sospesa. Quando si apre la valvola di un tubetto che traversa il tappo e pone il cilindro in comunicazione coll'esterno, l'idrogeno fuggendo s'infiamma al contatto di un bioccolo di platino contenuto in una capsula e brucia con fiamma azzurrognola. La nostra vignetta rappresenta parecchi fumolari che prendono del fuoco dall'acciarino idro-platinico con delle cannucce di carta.
4) Contadina che batte l'acciarino. L'acciarino servì per molto tempo ad accendere comunemente il fuoco, e si mantenne lungamente nella casa del contadino. L'uso ne veniva fatto come segue: con un piccolo arnese d'acciaio, chiamato acciarino, battevasi una pietra focaia in modo da farne scattare delle scintille, le quali, cadendo sopra dei cenci o sull'esca contenuta in una scatola di latta, davano fuoco a questi ultimi. Allora bastava accendervi una miccia solforata, colla quale appiccavasi il fuoco ai sermenti sul focolare, mentre l'esca spegnevasi chiudendo la scatola. La nostra vignetta rappresenta una contadina che sta battendo l'acciarino.
5) L'acciarino chimico. L'acciarino chimico, noto dal 1820, costituiva allora un importante progresso. La nostra vignetta raffigura un padre di famiglia che, mediante tale acciarino, accende le candele del suo albero di Natale. L'apparecchio semplicissimo, componevasi unicamente di una fiala a metà piena di amianto pestato e imbibito d’acido solforico. Quando si desiderava il fuoco, si pigliava una specie di zolfanello spalmato ad uno dei capi, di un miscuglio di clorato di potassio, di gomma, di zucchero e di mucilaggine di dragante e lo si immergeva nell'acido solforico, la qual cosa bastava a determinare l'accensione del legno.
6) I primi fiammiferi al fosforo. Un avvenimento notevole fu l’invenzione dei fiammiferi al fosforo, i quali erano destinati a sostituire tutto quanto era stato immaginato fino allora per produrre il fuoco, e che, potendo essere accesi mediante lo sfregamento sopra qualunque superficie aspra, sono tuttavia molto usati dai marinai. Tali fiammiferi molto più grandi di quelli che si adoperano oggidì, venivano immersi, per un lato, in un bagno di fosforo bianco, il quale, una volta asciutto, veniva ricoperto con una soluzione di gomma. Con un lieve sfregamento il legno prende fuoco mercè la facile combustione del fosforo. I fiammiferi svedesi innocui (senza zolfo e senza fosforo) hanno alla loro volta, in taluni paesi, sostituito quasi interamente gli altri.
1) Le feu par frottement dans les temps primitifs.
L'une des conquêtes les plus importantes de l’homme primitif est sans contredit la production du feu, car bien de regions de la terre sont froides et inhospitalières. L'observation si roux corps l'un contre l'autre produit de la chaleur, peut bien avoir conduit à l'idée d'obtenir par le frottement intensif de deux pièces de bots une chaleur suffisante pour faire surgir une flamme. Ce ne fut ne fut qu'après avoir obtenu ce résultat qu'il devint possible de travailler un grand nombre de matières et de les rendre propres à être utilisées. Ainsi-que des découvertes d'objets datant des temps préhistoriques le montrent on se servait du feu pour creuser des troncs d'arbres et en faire des canots, pour ornementer le bols et les os, etc. Le feu servait aussi pour la préparation des mets et, dans les vestiges des cités lacustres, on a même trouve des traces d'un pain grossier. Quelques tribus dans les Iles Fidji par exemple, ont conservé jusqu'aujourd'hui la coutume de produire du feu par le frottement.
2) Inflammation par les rayons solaires. Déjà dans l'ancienne Grèce, on se servait de miroirs concaves taillés dans le cristal de roche, pour produire du feu par la concentration des rayons solaires sur une matière inflammable. Dans les pays chauds, on utilisait bien souvent cette sorte de feu, bien que chez les Romains, par exemple, on se servit encore longtemps d'un appareil à frottement. Dans les pays où le soleil luit moins fréquemment, il fallut recourir à d'autres expédients. A Paris, on avait dans le temps imaginé une combinaison très ingénieuse pour marquer l'heure de midi. Comme le montre notre vignette, un petit canon quel'on voit encore dans le jardin du Palais Royal, était orienté de façon à ce que les rayons solaires, concentrés par une lentille, tombent dans le canal de lumière aussitôt que le soleil atteignait le zénith, de sorte que la détonation se produisait exactement à midi.
3) Le briquet hydro-platinique. Le chimiste Döbereiner inventa en 1823 le briqut hydro-platinique qui obtint un gran succés dans les salons de l’époque. L'appareil se compose d’un bocal de verre hermétiquement fermé, rempli aux deux tiers d’acyde sulphurique. Un cylindre en verre fixé intérieurement au couvercle et danslequel est suspendu un morceau de zinc, descend jusque dans l’acide. Lorsqu'on visse le couvercle sur le bocal, le zinc plonge dans l’acide sulfurique et commence à se combiner avec celui-ci. L’hydrogène qui se dégage alors, s'accumule dans le cylindre et refoule l'acide de telle sorte que la décomposition du zinc est arrêtée. Quandon ouvre le clapet d'un petit tube qui traverse le couvercle et met le cylindre encommunication avec l'extérieur, l'hydrogène s'échappant s'enflamme au contact d'un peu de mousse de platine contenue dansune capsule et brûle avecune flamme bleuâtre. Notre
vignette représente plusieurs fumeurs qui, au moyen d'allumé-pipes en papier.
4) Paysanne battant le briquet. Le briquet fut pendant une période très longue rallume-feu généralement en usage et s'est maintenu longtemps dans le ménage du paysan. On s'en servait de la manière suivante. Au moyen d'un petit outil en acier portant plus spécialement le nom de briquet, on frappait une pierre à fusil de façon à en faire jaillir des étincelles qui, en tombant sur des chiffons ou de l'amadou contenu dans une boite de fer blanc, allumaient ces derniers. Il suffisait alors d'y enflammer une mèche soufrée, au moyen de laquelle on mettait le feu aux broutilles dans le foyer, tandis que l'amadou s'étaignait lorsqu'on fermait la boite. Notre vignette représente une paysanne battant le briquet.
5) Le briquet chimique. Le briquet chimique, généralement connu depuis 1820, constituait alors un progrès important. Notre vignette montre un père de famille qui, au moyen de ce briquet, allume les bougies de son arbre de Noël. L'appareil, très simple, se composait en tout d'un flacon rempli à moitié d'amiante écrasée et imbibée d'acide sulfurique. Quand on voulait avoir du feu, on prenait une espèce d'allumette enduite au bout d'un mélange de chlorate de potasse, de gomme, de sucre et de mucilage d'adragant et on la trempait dans l'acide sulfurique, ce qui suffisait pour produire l'inflammation du bois.
6) Les premières allumettes phosphoriques. Un événement marquant fut l'invention des allumettes phosphoriques qui étaient appelées à supplanter tout ce qni avait été imaginé jusqu'alors pour obtenir du feu et qui, pouvant être allumées par frottement sur une surface quelconque, sont encore très en vogue parmi les marins. Ces allumettes beaucoup plus grandes que celles que l'on emploie aujourd'hui, étalent trempées par l'un des bouts dans une solution de phosphore blanc qui, après avoir séché, était recouvert d'une solution de gomme. A cause de l'inflammabilité du phosphore, le bois prend feu par l'effet d'un frottement léger. Les allumettes suédoises non toxiques (sans soufre et sans phosphore) ont à leur tour presqu'entièrement supplanté les autres.
1) The fire by friction, in primitive times. One of the most important achievements of early man, was without contrast, in the production of fire, since many terrestrial regions were cold and inhospitable. The finding that the rubbing of two bodies one against the other, generates heat, may well have given rise to the idea of getting through the intense rubbing of two pieces of wood, a sufficient heat to promote a flame. It was not until after obtaining this result that it made possible the work of a large number of materials to make them suitable to be used. As shown by the discovery of prehistoric objects, fire was used to excavate tree trunks and to make the boats, for ornamenting the wood, the bones etc.. The fire also served for preparing the food, and in the remains of the lake cities were found even traces of coarse bread. Some tribes in the islands Fidij, for example, have maintained to this day the custom of procuring fire by friction.
2) Power by solar rays. The ancient Greeks already used the concave mirrors, carved in rock crystal, to produce fire by focusing the sunlight on a flammable substance. In hot countries was often used this style of mirror to light the fire, although among the Romans, for example, remained still longer in use a flint rubbing. In countries where the sun shines less frequently they had to resort to other expedients. In Paris they had designed, long ago, a very ingenious combination to warn the noonday. As shown in our cartoon, a gun that may be seen still in the garden of the royal palace, was oriented so that the sun's rays, concentrated by a lens, crept into the touch-hole as soon as the sun touched the zenith, so that the explosion took place exactly at noon.
3) The fire by means the platinum flint-lock.
The chemical Döbenheimer invented in 1823 a hydro-platinum flint which found a great success in the public of that era; the appliance consisted of a glass jar hermetically sealed, two-thirds full of sulfuric acid, a glass cylinder, internally fixed to the cap, in which is suspended a piece of zinc, which enters in the acid; when the cap is invited on the vessel, and zinc is immersed in sulfuric acid and begins to combine with it; hydrogen which then radiates , accumulates in the cylinder so that the decomposition of the zinc is suspended. When opening the valve of a tube which traverses the cap and places the cylinder in communication with the outer ambience, the escaping hydrogen ignites upon contact of a flock of platinum contained in a capsule and burns with a blue flame. Our cartoon represents several recipients taking fire from the hydro-platinum flint-lock with paper straws.
4) Peasant lady beating the striker. The lock was used for a long time to light fire, and remained long in the house of the farmer. The use of it was done as follows: a small steel tool, called flint, was beaten to make sparks shoot, which, falling on the rags or on the bait or contained in a tin box, set fire to the latter. So it was enough to light a sulfur fuse, with which was put fire to the sarmenta on the hearth, while the bait ceased to burn by closing the box. Our cartoon shows a country lady beating the flint-lock.
5) The chemical lock. The chemical lock, known since 1820, was then a major breakthrough. Our cartoon depicts a father who, by the tinderbox, lights the candles of his Christmas tree. The simple device, was composed solely of one vial half full of crushed asbestos, soaked of sulfuric acid. When you wanted the fire, you took a kind of match with the extremities coated of a mixture of potassium chlorate, rubber, sugar and mucilage of tragacanth and immersed it in sulfuric acid, which would suffice to determine the ignition of the wood.
6) The first phosphorus matches. A notable invention have been the phosphorus matches, which were intended to replace what had been hitherto imagined to produce fire, and that could be turned on by rubbing over any rough surface, however, are widely used by sailors. These matches were much bigger than those used nowadays, and were immersed, from one side, in a bath of white phosphorus, which, when dry, was covered with a solution of gum. With a slight rubbing the wood catches fire thanks to the easy combustion of phosphorus. The Swedish harmless matches (sulfur and phosphorus free) have in their turn, in some countries, almost entirely replaced the other old ones.
1) El fuego por fricción, en los tiempos primitivos. Uno de los logros más importantes de los primeros hombres, fue sin duda, la producción del fuego, ya que muchas regiones terrestres eran frías e inhóspitales. El hallazgo de que el roce de dos cuerpos uno contra del otro, genera calor, bien podría haber dado lugar a la idea de conseguir a través de las intensas fricciones de dos trozos de madera, un calor suficiente para promover una llama. No fue hasta después de la obtención de este resultado que se hecho posible el trabajo de un gran número de materiales para hacerlos adecuados para ser utilizados. Como lo demuestra el descubrimiento de objetos prehistóricos, el hombre ha trabajado con el fuego y excavado los troncos de los árboles para hacer los barcos, para ornamentar la madera, los huesos, etc. El fuego también sirvió para cocer los alimentos, y en los restos de unas ciudades alrededor de un lago, se han enconntrado restos de pan duro. Algunas tribus en el Fidij islas, por ejemplo, han mantenido hasta nuestros días la costumbre de procurarse fuego por fricción.
2) Encendido por los rayos solares. Los antiguos griegos ya utilizaban los espejos cóncavos, tallados en cristal de roca, para producir el fuego, concentrándo la luz solar sobre una sustancia inflamable. En los países cálidos se utiliza a menudo este tipo de espejo para encender el fuego, a pesar de que entre los romanos, por ejemplo, siguen siendo todavía tiempo más largo en utilizar en encendido por frotamiento. En los países donde el sol brilla con menos frecuencia tuvieron que recurrir a otros expedientes. En París habian diseñado, hace mucho tiempo, una combinación muy ingeniosa para señalizar al mediodía. Como se muestra en nuestra viñeta, un arma, que puede verse todavía en el jardín del palacio real, fue orientada para que los rayos del sol, concentrados con una lente, encendeban el fogón, tan pronto como el sol tocaba el cenit, por lo que la explosión tenia lugar exactamente al mediodía.
3) El fuego por el medio del eslabón de platino.
El químico Döbenheimer inventó en 1823 un pedernal de hidro-platino que ha traido un gran éxito en los salones de la época; el propio aparato consiste en un frasco de vidrio cerrado herméticamente, para dos tercios lleno de ácido sulfúrico, un cilindro de cristal, internamente fijado a la tapa, en la que se suspende un pedazo de zinc, que baja en el ácido, y cuando la tapa se envida en el vaso, el zinc por inmersión en ácido sulfúrico comienza a combinarse con él; hidrógeno que entonces se libera, se acumula en el cilindro de modo que la descomposición del zinc es suspendida. Al abrir la válvula de un tubo que atraviesa la tapa y coloca el cilindro en comunicación con el exterior, el hidrógeno escapa y se enciende al contacto de una esponja de platino contenida en una cápsula y arde con una llama azul. Nuestra viñeta representa varios contenedores recibiendo el fuego del eslabón de hidro-platino con pajitas de papel.
4) Campesina que bate el eslabón. El eslabón fue utilizado durante mucho tiempo para encender el fuego y se mantuvo durante largo tiempo en la casa del agricultor. El uso se hacia de la siguiente manera: un pequeño utensilio de acero, llamado eslabón, golpeaba un pedernal para hacer disparar chispas, que, cayendo sobre los trapos en el cebo o contenidos en una caja de lata, prendeba fuego a la última. Así que bastaba encender una mecha de azufre, con la que el fuego era comunicado a sarmientos en el hogar, mientras que el cebo se pagaba al cerrar de la caja. En nuestra viñeta hay una campesina que esta dando golpes con el eslabón.
5) El eslabón químico. El eslabón químico, conocido desde 1820, entonces ha constituido un gran avance. Nuestra historieta muestra a un padre que, por el eslabón, enciende las velas de su árbol de Navidad. El dispositivo simple, se compone únicamente de un vial lleno de asbesto triturado y empapado de ácido sulfúrico. Cuando se quería encender el fuego, se tomaba una especie de fosforo con uno de los estremos recubierto de una mezcla de clorato de potasio, goma, azúcar y mucílago de tragacanto y se sumergeba en ácido sulfúrico, lo que era suficiente para determinar la ignición de la madera.
6) Los primeros fósforos. Una invención notable fue la de los fósforos, que estaban destinados a reemplazar lo que se había imaginado hasta aquel momiento para producir el fuego, y que podía ser activado por el roce sobre cualquier superficie rugosa, y por esto, sin embargo, son ampliamente utilizados por los marineros . Estos fosforos son mucho más grandes que los que trabajan hoy en día; se sumergieron, por un lado, en un baño de fósforo blanco, que, cuando estan secos, se cubren con una solución de goma. Con un leve roce se averigua la combustión de la madera del fósforo que hace fuego y la llama. Los fosforos suecos son inofensivos (azufre libre y fósforo) han a su vez, en algunos países, casi totalmente reemplazado todos los otros.