Nelle righe che seguono vengono brevemente presentate alcune esperienze, realizzate a Cologno, nell’area milanese e anche in altre parti d’Italia, per facilitare l’accesso degli immigrati alla casa. Alcuni progetti sono ancora in corso, altri non hanno avuto un buon esito, ma in tutti abbiamo riscontrato fantasia e capacità di innovazione: pertanto anche’essi costituiscono contributi di idee per una progettazione da parte dell'amministrazione comunale e delle altre realtà attive sul territorio.
Descrizioni più dettagliate e complete di queste e altre esperienze similari si trovano in opere già pubblicate28. Il presente paragrafo, che non ha nessuna pretesa di completezza, ha pertanto lo scopo esclusivo di dare una prima, sommaria informazione a chi si accostasse ora a queste tematiche.
Uno degli intervistati ha partecipato in prima persona al tentativo di dare vita a un’associazione di categoria degli agenti colognesi, e così ci ha potuto raccontare in dettaglio questa esperienza.
Fondata circa tre anni fa, l’Associazione Colognese Agenzie Immobiliari (ACAI) aveva tra i suoi scopi statutari quello di “fornire un listino locale dei prezzi verificato e approvato dalle principali associazioni di categoria”29. La fissazione di prezzi tendenziali per le diverse zone della città, unitamente al codice di auto-regolamentazione che gli aderenti si erano dati, avrebbe davvero potuto avere un effetto calmierante su un mercato che in molti definiscono impazzito, come quello degli immobili a Cologno. Inoltre il rispetto delle norme deontologiche avrebbe protetto dalle truffe e dalle speculazioni i clienti più deboli e più sprovveduti, che sono solitamente proprio gli stranieri.
In collaborazione con l’assessorato ai Servizi sociali e con l’associazione Una casa per gli amici, l’ACAI aveva poi messo in cantiere un’iniziativa rivolta specificamente all’utenza immigrata: l’idea era quella di coinvolgere anche le agenzie nella fornitura di garanzie in favore di inquilini stranieri.
Purtroppo anche questo tentativo è stato abbandonato, con il rapido esaurimento dell’esperienza dell'ACAI, a sua volta dovuto a ragioni che sarebbe fuori luogo approfondire in queste pagine.
L’associazione Una casa per gli amici, fondata ormai 12 anni fa, è nella nostra città il più importante soggetto del privato sociale nel campo dei servizi per l'immigrazione. Benché essa si sia occupata e si occupi anche di altro, il suo scopo primario è il reperimento di alloggi per i cittadini stranieri: per fare ciò i suoi operatori setacciano il mercato immobiliare colognese. Quando poi viene individuato un alloggio plausibile, è l’associazione ad assumersi l'onere di gestire i rapporti con i proprietari e di sottoscrivere il contratto di locazione per conto dei futuri inquilini. Così spende la sua credibilità per superare le diffidenze nei confronti degli stranieri che, come si è visto, soprattutto quando si parla di affitto sono ancora molte e profonde. Essa “non intende praticare forme di assistenzialismo, ma accompagnare le persone e le famiglie immigrate nella ricerca dell'abitazione, svolgendo un ruolo di «ponte» all’accesso al mercato abitativo normale”30: per questo, quando ciò è possibile – cioè quando l’opera di mediazione ha successo e si creano rapporti di fiducia diretti tra gli ospiti e i proprietari – il contratto di locazione viene girato agli inquilini.
Il numero degli appartamenti nuovi che l’associazione riesce a prendere in affitto varia sensibilmente di anno in anno, in funzione dell’offerta reale (negli ultimi anni, da 4 a 10). Di conseguenza varia anche il totale annuale dei nuovi ospiti, che si attesta comunque tra 15 e 40: si tratta sia di nuclei familiari, sia di singoli lavoratori adulti che vengono raggruppati sulla base della nazionalità. C’è poi un piccolo centro di seconda accoglienza, presso la cascina Santa Maria. Infine, grazie a una convenzione con il Comune alcuni appartamenti servono per soluzioni d’emergenza per nuclei familiari sfrattati.
La peculiarità più interessante di Dar-Casa, una cooperativa nata a Milano nel 1991, sta a nostro avviso nella scelta di puntare sul recupero del patrimonio pubblico, in un rapporto di collaborazione crescente con l’ICP/ALER e con altri enti pubblici proprietari di alloggi: le ristrutturazioni edilizie vengono finanziate dal denaro raccolto tra i soci, sotto forma di prestito, oltre che da finanziamenti esterni. Gli appartamenti, presi in affitto da Dar per 15 anni, vengono poi assegnati a soci (tra il 1994 e il 2002 sono stati affittati e assegnati 130 appartamenti).
Di fronte ai gravi problemi che affliggono il mercato immobiliare del nostro paese (forte squilibrio tra proprietà e locazione, e conseguente insufficienza dell’offerta delle case in affitto; un patrimonio edilizio pubblico molto limitato, e in costante diminuzione; pochi e non sempre efficaci strumenti di sostegno alle fasce più deboli della popolazione…) quella intrapresa da Dar, che associa il risanamento di alloggi degradati, il mantenimento della proprietà pubblica e l’aumento dell’offerta abitativa in affitto, è certamente una via coraggiosa e lungimirante.
Anche in nome del rifiuto dell’assistenzialismo – un principio affermato praticamente da tutte le realtà che operano in questo campo – un’enfasi particolare viene posta sull’equilibrio finanziario delle proprie attività: per la cooperativa, che si presenta come un’impresa sociale, fin dalla fondazione risulta chiaro “il fatto che le limitate entrate di cui può disporre Dar porterebbero al fallimento un programma che non fosse in grado di raggiungere l’equilibrio economico”31. Il fenomeno della morosità viene dunque monitorato con attenzione.
Tra gli elementi critici uno dei più rilevanti parrebbe essere la limitata assunzione di responsabilità dei soci non italiani rispetto alla gestione complessiva della cooperativa.
La necessità di un intervento attivo per l’orientamento degli immigrati che desiderano acquistare un’abitazione è stata riconosciuta anche dall’amministrazione comunale di Pioltello, cittadina immediatamente limitrofa a Cologno. Il progetto “Casa senza frontiere” è caratterizzato tra l’altro dalla partecipazione diretta dell’Associazione Proprietari Utenti, che ha messo a disposizione suoi operatori per la co-gestione di uno sportello di consulenza, insieme agli addetti dell’ufficio stranieri comunale.32
In molte città italiane si stanno sperimentando forme di agenzie sociali per la casa, a cui partecipano enti non-profit, associazioni di categoria e datoriali, reti di enti locali, associazioni di immigrati. Particolarmente attivo in questo senso sembra essere il Nord-Est, dove negli anni scorsi anche alcuni imprenditori, alle prese con la scarsità di manodopera, si sono impegnati direttamente nella ricerca di soluzioni innovative per aggirare i diversi ostacoli alla mobilità dei lavoratori.
Una composizione mista caratterizza anche l’Agenzia sociale casa di Vicenza, promossa inizialmente dalla Caritas diocesana, ma a cui hanno aderito le tre confederazioni sindacali, e le associazioni locali degli artigiani e degli industriali. In modo molto chiaro essa punta a fornire assistenza non per l’affitto, bensì per l’acquisto, andando così in netta controtendenza rispetto a quanto si sostiene comunemente (in un documento del CNEL, ad esempio, sotto il titolo “Un’efficace politica per la casa ha bisogno di scelte concrete” viene subito rivendicata la necessità di “privilegiare l’offerta in affitto”33). A Vicenza invece sono partiti dall’osservare che gli immigrati tendono ad adattarsi “al modello che trovano nel luogo di insediamento” 34 – che in Italia vede una forte prevalenza della proprietà – e che “anche alcuni gruppi restii a pensare la loro presenza nel territorio come permanente […] stavano cambiando atteggiamento” rispetto alla prospettiva dell’acquisto; “qualsiasi accanimento sull’affitto – sicuramente il mercato più idoneo per una popolazione migrante – in realtà nel nostro territorio è un tentativo votato al fallimento”35.
Anche in questo esperimento, il lavoro principale è quello dell’orientamento e dell’accompagnamento dei futuri acquirenti, che vengono istruiti anche su tutte le norme relative al ricongiungimento familiare di cui non sempre gli operatori di mercato sono consapevoli.
Un ulteriore aspetto interessante è il tentativo di interloquire non solo con i singoli, ma anche con le comunità degli immigrati: sono già stati realizzati diversi incontri con altrettante associazioni, con l’auspicio che essi possano moltiplicare la diffusione delle informazioni.
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Condizione abitativa e immigrazione a Cologno Monzese
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