Guerra giudaica



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  • LIBRO I

LIBRO I

CAPITOLO VENTIDUESIMO

Libro I:431 - 22, 1. Ma la prosperità nella vita pubblica la sorte gliela fece scontare con i malanni della sua vita privata, e i suoi guai cominciarono per una donna di cui era perdutamente inna­morato.


Libro I:432 Infatti dopo la conquista del potere, ripudiata la mo­glie che aveva sposato da privato - era di Gerusalemme e si chiamava Doris - aveva sposato Mariamme, figlia di Alessan­dro e nipote di Aristobulo, e fu a causa di costei che ben presto la discordia entrò nella sua casa, specialmente dopo il suo ritorno da Roma.
Libro I:433 Cominciò infatti, nell'interesse dei figli di Mariamme, col bandire dalla città Antipatro, il figlio avuto da Doris, concedendogli di ritornare soltanto in occa­sione delle feste; poi, fece uccidere, per sospetto di congiura, Ircano, il nonno della moglie, restituito a lui dai Parti: Barzafrane lo aveva catturato al tempo dell'invasione della Siria, ma i connazionali d'oltre Eufrate, mossi a pietà, erano riu­sciti a impetrare la sua liberazione.
Libro I:434 Se avesse dato ascolto al loro consiglio di non recarsi da Erode, Ircano non sarebbe stato ucciso, ma il matrimonio della nipote rappresentò per lui l'esca della morte; fu quello infatti a dargli fiducia nel ri­torno, e poi aveva un'invincibile nostalgia della patria. Suscitò l'odio di Erode non perché brigasse per riconquistare il trono, ma perché gli spettava di diritto.
Libro I:435 - 22, 2. Dei cinque figli che Erode aveva avuto da Mariam­me due erano femmine e tre maschi. Il più piccolo di questi morì a Roma, dove era stato inviato per essere educato; agli altri due diede un'educazione principesca, sia in considera­zione della nobiltà della madre, sia perché gli erano nati quando era già re.
Libro I:436 Ma ancor più giocava a loro favore la passione di Erode per Mariamme, che lo struggeva con ardore crescente di giorno in giorno, si da non accorgersi dei guai che gli procurava la sua amata; infatti l'odio di Mariamme verso di lui era pari all'amore di lui per lei.
Libro I:437 Traendo dai fatti un giusto motivo di rancore, e l'ardire di parlare liberamente dal sen­tirsi amata, apertamente gli rinfacciava ciò che aveva fatto a suo nonno Ircano e a suo fratello Gionata. Erode infatti non aveva risparmiato neppure questo povero giovinetto: gli aveva dato, a diciassette anni, la dignità di sommo sacerdote, ma subito dopo lo aveva messo a morte perché in una festa il po­polo tutto intero aveva versato lacrime di gioia a vederlo ri­vestito dei sacri paramenti e accostarsi all'altare. Di notte il giovane fu trasportato a Gerico e ivi, secondo i suoi ordini, affogato dai Galati in una piscina.
Libro I:438 - 22, 3. Erano queste le colpe che Mariamme rinfacciava a Erode, e poi scagliava terribili insulti contro la sorella e la ma­dre di lui. Mentre egli non reagiva per il suo amore, quelle fu­rono prese da un violento furore e, poiché non v'era modo più sicuro di smuovere Erode, accusarono Mariamme di adulterio.
Libro I:439 Fra le tante cose che inventarono per convincerlo, l'accusarono anche di aver mandato il suo ritratto ad Antonio, in Egitto, e di aver così mostrato con somma impudicizia il suo corpo, pur stando lontana, ad un uomo che per le donne perdeva la testa e aveva la forza per assoggettarle ai suoi voleri.
Libro I:440 Que­st'accusa sconvolse come un colpo di fulmine Erode, che oltre ad essere quanto mai geloso del suo amore ripensava al malefico potere di Cleopatra, per colpa della quale erano an­dati in rovina sia il re Lisania sia l'arabo Malco; il pericolo non era di perdere la moglie, ma di perdere la vita.
Libro I:441 - 22, 4. Così una volta, prima di partire, affidò la moglie a Giuseppe, marito di sua sorella Salome, che gli era fedele e attaccato per la parentela, dandogli segretamente l'incarico di ucciderla se Antonio avesse fatto uccidere lui. Però Giu­seppe non per cattiveria, ma volendo anzi dimostrare alla donna l'amore del re, che nemmeno dopo morto voleva separarsi da lei, le svelò il segreto.
Libro I:442 Quella, quando Erode fu tornato, e nelle sue effusioni non si stancava di giurarle il suo affetto e di non aver mai amato alcun'altra donna, a un certo punto proruppe: “Il tuo amore me l'hai veramente dimostrato con l'ordine che desti a Giuseppe di uccidermi!”.
Libro I:443 - 22, 5. Appena sentì che il segreto era stato svelato, uscì fuori di sé, e considerando che Giuseppe non le avrebbe rive­lato l'ordine ricevuto se non per averla sedotta, riarse di sde­gno e, balzato giù dal letto, prese a vagare qua e là per la reg­gia. La sorella Salome colse quest'occasione per ribadire le precedenti accuse e confermò i sospetti sul conto di Giuseppe. Erode, impazzito dall'irrefrenabile gelosia, ordinò che entrambi fossero immediatamente messi a morte.
Libro I:444 Ma subito dopo alla rabbia seguì il pentimento e, sbollita l'ira, di nuovo si riaccese l'amore. Tale era l'ardore della passione, da credere che quella non era morta, e perciò nella disperazione le rivolgeva la pa­rola come se fosse viva, fino a che il tempo non lo fece per­suaso della sventura ed egli ne provò uno strazio pari all'amore che per lei aveva avuto quand'era in vita.

LIBRO I

CAPITOLO VENTITREESIMO

Libro I:445 - 23, 1. I figli, avevano ereditato l'avversione materna e, ripensando alla ferocia del padre, lo consideravano come un ne­mico: ciò già prima, quando vivevano a Roma, dove erano stati mandati per essere educati, e poi ancor più dopo il ritorno in Giudea; il loro odio cresceva di pari passo con gli anni.


Libro I:446 Dopo che furono in età di sposarsi, e uno prese in moglie la figlia della zia Salome, quella che aveva calunniato la loro madre, e l'altro una figlia di Archelao re dei Cappadoci, al­lora unirono all'odio anche l'ardire di parlare.
Libro I:447 I loro avversari presero lo spunto da tale ardire, e senza ambagi riferirono al re che i due figli tramavano contro di lui, e che quello impa­rentato con Archelao si preparava anche a fuggire, contando sull'appoggio del suocero, per andare ad accusarlo dinanzi a Cesare.
Libro I:448 Con la testa piena di queste calunnie, Erode per di­fendersi dai figli richiamò dall'esilio Antipatro, il figlio avuto da Doris, e cominciò a mostrargli la sua preferenza con ogni sorta di onori.
Libro I:449 - 23, 2. Per quelli il capovolgimento riusciva insopportabile e, vedendo salire più in alto il figlio di una donna dagli oscuri natali, nel loro orgoglio di nobili non sapevano contenere lo sdegno, ma ad ogni affronto lo mettevano chiaramente in mo­stra; in tal modo essi diventavano di giorno in giorno più nemici,
Libro I:450 mentre Antipatro si cattivava le simpatie anche per le sue qualità, ed essendo molto abile nell'adulare il padre e intessendo varie calunnie contro i fratellastri, di cui alcune le insinuava egli stesso, altre le faceva diffondere dai suoi amici, giunse a far perdere a quelli ogni speranza di successione.
Libro I:451 E in realtà, sia nel testamento, sia negli atti pubblici, ormai il successore era lui, e come re fu inviato in ambasceria a Cesare con gli ornamenti e le altre insegne tranne il diadema. Col tempo poi riuscì a introdurre sua madre nel talamo di Mariamme. Facendo uso contro i fratellastri di due armi, l'adula­zione e la calunnia, agiva subdolamente sul re per spingerlo all'eliminazione dei figli.
Libro I:452 - 23, 3. Uno dei due, Alessandro, il padre lo trascinò fino a Roma e lo accusò dinanzi a Cesare di aver tentato di avvele­narlo. Ma quello, avendo finalmente trovata la possibilità di esprimere francamente le sue lamentele, e un giudice più esperto di Antipatro e più assennato di Erode, sorvolò per riguardo sulle colpe del padre, ma parlò energicamente per difendersi dalle accuse mosse contro di lui.
Libro I:453 E dopo aver dimo­strato che innocente era anche il fratello, esposto ai suoi stessi pericoli, concluse protestando contro la ribalderia di Antipa­tro e il disonore che su di loro si era abbattuto. Alla sua difesa diede efficacia, oltre che la coscienza netta, anche una vigorosa eloquenza; infatti era un parlatore abilissimo.
Libro I:454 E alla fine, con­cludendo che il padre poteva anche ucciderli se riteneva fon­data l'accusa, intenerì tutti fino alle lacrime e commosse Cesare al punto che li assolse entrambi dalle accuse e subito li riconciliò con Erode. La riconciliazione avvenne a queste condi­zioni: i figli dovevano al padre assoluta obbedienza, il padre avrebbe lasciato il regno a chi voleva.
Libro I:455 - 23, 4. Dopo ciò, il re intraprese il viaggio di ritorno da Roma; apparentemente aveva messo da parte le accuse contro i figli, ma non aveva abbandonato i suoi sospetti; lo accom­pagnava infatti Antipatro, la causa dell'odio, il quale per altro non osava mettere in mostra apertamente la sua animosità per rispetto verso l'autore della riconciliazione.
Libro I:456 Quando poi Erode, costeggiando la Cilicia, approdò a Eleusa, Archelao lo ospitò amichevolmente, ringraziandolo per l'assoluzione del genero e compiacendosi per la riconciliazione, e difatti in precedenza aveva scritto ai suoi amici in Roma di assistere Alessandro nel processo; infine lo scortò fino a Zefirio e gli fece doni per un valore di trenta talenti.
Libro I:457 - 23, 5. Quando arrivò a Gerusalemme, Erode raccolse il popolo e, presentati i tre figli, si scusò della sua assenza e rese molte grazie a Dio e molte a Cesare, che aveva riportato l'or­dine nella sua casa sconvolta e dato ai figli un bene maggiore del regno, la concordia.
Libro I:458 “Questa” aggiunse “io renderò più salda; Cesare infatti mi ha costituito signore dello stato e ar­bitro della successione, ed io gli renderò il contraccambio fa­cendo nello stesso tempo il mio interesse. Proclamo dunque re questi tre miei figli, e prego per prima Dio, e poi anche voi, di ratificare il mio volere. A uno l'età, agli altri la nobiltà dei natali apre la via della successione, mentre la grandezza del regno è tale che basterebbe anche a un numero maggiore.
Libro I:459 Co­loro dunque che Cesare unì, e a cui il loro padre concede l'in­vestitura, voi rispettateli senza attribuire a loro onori immeri­tati né disuguali, ma a ciascuno secondo l'anzianità; infatti chi conferirà a qualcuno onori superiori a quelli spettanti per età,
Libro I:460 non lo rallegrerà tanto quanto affliggerà colui che avrà trascurato. Le persone che in qualità di parenti e amici do­vranno essere al seguito di ciascuno le stabilirò io stesso e le renderò responsabili della concordia, ben sapendo che i dissa­pori e i contrasti nascono dalla malignità dei cortigiani, mentre se questi sono uomini dabbene, mantengono viva la comunità di affetti.
Libro I:461 A loro io chiedo, e non soltanto a loro, ma anche agli ufficiali del mio esercito, di riporre per il momento sol­tanto in me le speranze, perché non il regno io ora concedo ai miei figli, ma gli onori regali; essi godranno i vantaggi del potere, come sovrani, mentre a me rimarrà il peso del governo, anche se io non lo voglia.
Libro I:462 Ognuno di voi consideri, poi, la mia età, la mia condotta di vita, la mia pietà. Non sono pro­prio tanto vecchio da far pensare che da un momento all'altro non ci sarà più niente da fare, né dedito ai piaceri, che abbre­viano la vita anche ai giovani, e la Divinità l'ho onorata sì da poter arrivare fino al termine estremo della vita.
Libro I:463 Chiunque si darà a lusingare i miei figli perché mi tolgano il potere, me ne pagherà il fio anche per loro; e non per invidia verso i miei figli io pongo un limite ai loro onori, ma perché so che l'adu­lazione avvia i giovani alla tracotanza.
Libro I:464 Se dunque ognuno di quelli che avvicineranno i miei figli rifletterà che, comportan­dosi a dovere, riceverà da me il contraccambio, mentre, se susciterà contrasti, le sue male arti non gli procureranno vantaggi nemmeno presso la persona corteggiata, io credo che tutti agiranno a mio favore, vale a dire a favore dei miei figli. Infatti è nel loro interesse che io regni, come è nel mio inte­resse che loro siano concordi.
Libro I:465 E voi, miei bravi figli, rimanete buoni fratelli, rispettando in primo luogo le sacre leggi della natura, che preservano gli affetti anche negli animali feroci, in secondo luogo Cesare, che vi ha riconciliati, in terzo luogo me, che vi rivolgo una preghiera, mentre vi potrei dare un ordine. Vi concedo fin d'ora la veste regia e onori regali; sup­plico anche Dio di reggere la mia deliberazione, se voi manter­rete la concordia”.
Libro I:466 Dette queste parole, e abbracciati affettuo­samente i figli ad uno ad uno, sciolse l'adunanza; e mentre alcuni univano i loro voti a quelli del re, altri, i desiderosi di rivolgimenti, facevano mostra di non averlo nemmeno sentito.


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