Margaret atwood



Yüklə 2,13 Mb.
səhifə7/50
tarix26.10.2017
ölçüsü2,13 Mb.
#14331
1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   ...   50

Il nuovo ventilatore è stato ormai acquistato. I pezzi sono arrivati in una

grande scatola di cartone e sono stati montati da Walter, che si è portato

dietro la cassetta degli attrezzi e ha avvitato ogni cosa insieme. Una volta

finito, ha detto: «Così dovrebbe essere sistemata».

Per Walter le barche sono femminili, come anche i motori d'automobile

rotti, le lampade e le radio scassate - articoli di ogni genere con cui gli uo-

mini che sanno trafficare con gli aggeggi possono giocherellare e farli tor-

nare come nuovi. Perché lo trovo rassicurante? Forse in un angolo infantile

e fiducioso di me stessa credo che Walter potrebbe tirare fuori le sue pinze

e il suo set di chiavi inglesi e fare altrettanto anche con me.

L'alto ventilatore è stato installato nella mia stanza. Ho trascinato quello

vecchio di sotto nella veranda e l'ho orientato verso la mia nuca. È una

sensazione piacevole ma snervante, come avere una mano di aria fredda

leggermente posata sulla spalla. Così in piena corrente siedo al tavolo di

legno, grattando la carta con la penna. No, non grattando - le penne non

grattano più. Le parole rotolano piuttosto dolcemente e senza rumore sulla

pagina; è farle scorrere giù dal braccio, strizzarle dalle dita che è così diffi-

cile.

Ora è quasi il crepuscolo. Non c'è vento; il suono delle rapide che giunge



attraverso il giardino è come un lungo respiro. I fiori blu si fondono nell'a-

ria, quelli rossi sono neri, quelli bianchi risplendono, fosforescenti. I tuli-

pani hanno sparso a terra i loro petali lasciando i pistilli nudi - neri, simili a

rostri, sensuali. Le peonie sono quasi distrutte, in disordine e flosce come

fazzoletti di carta bagnati, ma in compenso sono spuntati i gigli; anche i

phlox. L'ultima delle sassifraghe ha fatto cadere i suoi fiori, lasciando l'er-

ba cosparsa di coriandoli bianchi.

Nel luglio del 1914 mia madre sposò mio padre. Mi pareva che questo

richiedesse una spiegazione, tutto considerato.

Tutte le mie speranze erano riposte in Reenie. Quando raggiunsi l'età per

interessarmi a questo genere di cose - dieci, undici, dodici, tredici anni -

avevo l'abitudine di sedere al tavolo della cucina e di forzarla come una

serratura.

Aveva meno di diciassette anni quando era venuta ad Avilion a tempo

pieno, da una casa a schiera sulla riva sud-orientale del Jogues, dove vive-

vano gli operai della fabbrica. Diceva di essere scozzese e irlandese, ma

non irlandese cattolica, naturalmente, facendo intendere che le sue nonne

lo erano. Aveva cominciato facendo la bambinaia a me, ma alla fine di ro-

tazioni e attriti era diventata la nostra colonna portante. Quanti anni aveva?

Non vi riguarda. Ne ho a sufficienza per avere buon senso. E basta. Se

pungolata sulla sua vita, ammutoliva. Mi faccio gli affari miei, diceva.

Quanto mi sembrava prudente, una volta. Quanto mi sembra gretto, ades-

so.

Tuttavia conosceva le storie di famiglia, o almeno una parte di esse. Ciò



che mi raccontava variava a seconda della mia età, e anche a seconda di

quanto era distratta al momento. Ciò nonostante, raccoglievo abbastanza

frammenti del passato da poterne operare una ricostruzione, che deve esse-

re stata altrettanto fedele alla realtà quanto un ritratto a mosaico lo è all'o-

riginale. Comunque, quello che volevo non era realismo: volevo cose dai

colori sgargianti, dai contorni semplici e senza alcuna ambiguità, che è

quanto più desiderano i bambini quando si tratta delle storie dei loro geni-

tori. Vogliono una cartolina.

Mio padre aveva fatto la sua proposta di matrimonio (diceva Reenie) du-

rante una festa sui pattini. C'era un'insenatura - il laghetto di un vecchio

mulino - a monte delle cascate, dove l'acqua era meno impetuosa. Durante

gli inverni abbastanza freddi si formava una lastra di ghiaccio spessa abba-

stanza per poterci pattinare sopra. Qui il gruppo dei giovani della chiesa

teneva le sue feste sui pattini, che non venivano chiamate feste, ma gite.

Mia madre era metodista, mio padre anglicano: perciò, secondo i para-

metri del tempo, socialmente mia madre era al di sotto del livello di mio

padre. (Se fosse stata ancora in vita, mia nonna Adelia non avrebbe mai

acconsentito a quel matrimonio, o almeno così stabilii in seguito. A suo

modo di vedere mia madre avrebbe occupato un gradino troppo basso della

scala sociale - e inoltre le sarebbe apparsa troppo puritana, troppo fanatica,

troppo provinciale. Adelia avrebbe trascinato mio padre a Montreal - e lo

avrebbe accoppiato come minimo con una debuttante. Con qualcuna che

indossasse abiti migliori).

Mia madre era giovane, aveva solo diciotto anni, ma non era una ragazza

sciocca o leggera, diceva Reenie. Faceva la maestra, allora era possibile

anche se si avevano meno di vent'anni. Non doveva insegnare: suo padre

era a capo dell'ufficio legale delle Industrie Chase, e la sua famiglia era in

«buone condizioni finanziarie». Ma, come sua madre, che era morta quan-

do lei aveva nove anni, mia madre prendeva sul serio la sua religione. Cre-

deva che bisognasse aiutare quelli meno fortunati. Si era messa a insegnare

ai poveri, considerandola una missione, diceva Reenie in tono ammirato.

(Reenie ammirava spesso le azioni di mia madre che per quanto la riguar-

dava avrebbe ritenuto stupido compiere. Quanto ai poveri, ci era cresciuta

in mezzo e li considerava degli inetti. Potevi insegnare loro fino alla nau-

sea, ma il più delle volte non facevi che sbattere la testa contro un muro di

mattoni, diceva. Ma tua madre, sia benedetto il suo buon cuore, non se ne

accorse mai).

C'è un'istantanea di mia madre alla Normal School, a London, Ontario,

che la ritrae con altre due ragazze; stanno tutte e tre sulla soglia del loro

pensionato e ridono, con le braccia intrecciate. Ai loro lati è ammucchiata

la neve caduta durante l'inverno; dal tetto gocciolano ghiaccioli. Mia ma-

dre indossa una pelliccia di foca; da sotto il cappello brillano le punte dei

suoi bei capelli. Doveva avere già comprato il pince-nez che precedette gli

occhiali austeri che ricordo - era diventata presto miope - ma in questa foto

non lo porta. Si vede uno dei piedi nello stivale orlato di pelliccia, la cavi-

glia girata in maniera civettuola. Sembra coraggiosa, perfino focosa, come

un ragazzo che giochi a fare il pirata.

Dopo il diploma aveva accettato un posto in una scuola di una sola stan-

za in un angolo sperduto del nord-ovest, in quella che era allora terra di

confine. Era rimasta traumatizzata da quell'esperienza - dalla povertà, dal-

l'ignoranza, dai pidocchi. Là si cuciva la biancheria addosso ai bambini in

autunno per scucirla soltanto in primavera, un dettaglio che mi è rimasto

impresso come particolarmente avvilente. Certo, diceva Reenie, non era

posto per una signora come tua madre.

Ma a mia madre sembrava di realizzare qualcosa - di fare qualcosa -

magari solo per qualcuno di quei bambini sfortunati, o almeno così spera-

va; e poi era tornata a casa per le vacanze di Natale. Il suo pallore e la sua

magrezza suscitarono molti commenti: le sue guance dovevano riprendere

un po' di colorito. Per questo era lì alla festa sui pattini, al laghetto ghiac-

ciato accanto al mulino, in compagnia di mio padre. Lui aveva cominciato

con l'allacciarle i pattini poggiato su un ginocchio.

Per qualche tempo avevano sentito parlare l'uno dell'altra attraverso i ri-

spettivi padri. C'erano stati precedenti incontri molto decorosi. Avevano

recitato insieme nell'ultimo degli spettacoli teatrali per dilettanti organizza-

ti da Adelia nel giardino - lui era stato Ferdinando e lei Miranda in una

versione purgata della Tempesta, in cui sia il sesso che Calibano erano stati

minimizzati. Lei indossava un vestito rosa pallido, diceva Reenie, con una

ghirlanda di rose, e pronunciava le parole in modo perfetto, proprio come

un angelo. O magnifico nuovo mondo, che contiene simili abitanti! E lo

sguardo vacuo dei suoi occhi abbagliati, limpidi, miopi. Si poteva prevede-

re cosa sarebbe successo.

Mio padre avrebbe potuto cercare altrove, trovarsi una moglie con più

denaro, ma dovette preferire qualcosa di sicuro e sperimentato: qualcuno

su cui contare. Nonostante il suo entusiasmo - a quanto pare una volta ave-

va degli entusiasmi - era un giovanotto serio, diceva Reenie, lasciando in-

tendere che altrimenti mia madre lo avrebbe rifiutato. A loro modo erano

tutti e due fanatici; volevano tutti e due raggiungere un fine onorevole,

quale che fosse, cambiare in meglio il mondo. Che ideali seducenti, perico-

losi!

Dopo che ebbero pattinato parecchie volte intorno al laghetto, mio padre



chiese a mia madre di sposarlo. Credo che lo abbia fatto in maniera goffa,

ma a quel tempo la goffaggine negli uomini era segno di sincerità. In quel-

l'istante, sebbene le loro spalle e i loro fianchi dovessero toccarsi, nessuno

dei due guardava il compagno; erano uno accanto all'altra, le mani destre

unite sul davanti, le sinistre sulla schiena. (Cosa indossava lei? Reenie sa-

peva anche questo. Una sciarpa blu lavorata a maglia, un berretto col pom-

pon e guanti assortiti. Li aveva fatti con le sue mani. Un cappotto invernale

adatto alle camminate, del verde degli abiti da caccia. Infilato nella manica

aveva un fazzoletto - un capo che non dimenticò mai, diceva Reenie, a dif-

ferenza di qualcuno di sua conoscenza).

Cosa fece mia madre in quel momento cruciale? Fissò il ghiaccio. Non

rispose subito. Questo equivaleva a un sì.

Tutt'intorno a loro c'erano rocce coperte di neve e ghiaccioli bianchi -

tutto bianco. Sotto i loro piedi c'era ghiaccio, anch'esso bianco, e ancora

più sotto l'acqua del fiume, con i suoi gorghi e i suoi risucchi, scuro ma in-

visibile. È come immaginavo quel periodo, il periodo prima che io e Laura

nascessimo - così candido, così innocente, così solido in apparenza, ma

fatto comunque di ghiaccio sottile. Sotto la superficie delle cose si celava

ciò che non veniva detto, in un lento ribollire.

Poi venne l'anello e l'annuncio sui giornali; e poi - una volta che mia

madre fu tornata dopo aver terminato l'anno di insegnamento, com'era suo

dovere - ci furono i tè di prammatica. Erano imbanditi magnificamente,

con piccoli rotoli di pasta sfoglia ripieni di asparagi e panini con crescione,

e tre tipi di torte - una lievitata, una di farina integrale e una alla frutta -, il

tè in servizi d'argento e il tavolo ornato di rose, bianche o rosa o forse di

un giallo pallido, ma mai rosse. Il rosso non era adatto ai tè di fidanzamen-

to. Perché no? Lo scoprirai più tardi, diceva Reenie.

Poi c'era il corredo. Reenie si divertiva a enumerarne i particolari - le

camicie da notte, i peignoir, i merletti che li guarnivano, le federe con i

monogrammi ricamati, i lenzuoli e le sottogonne. Parlava di credenze e di

cassettoni e di armadi per la biancheria, e di che tipo di cose vi andassero

conservate, ordinatamente piegate. Non si faceva cenno ai corpi che alla

fine tutti quei tessuti avrebbero dovuto rivestire: i matrimoni, per Reenie,

erano per lo più una questione di stoffe, almeno in apparenza.

Poi ci fu la lista degli ospiti da compilare, gli inviti da scrivere, i fiori da

scegliere, e così via fino al matrimonio.

E poi, dopo il matrimonio, ci fu la guerra. L'amore, poi il matrimonio,

poi la catastrofe. Nella versione di Reenie, sembrava inevitabile.

La guerra cominciò nell'agosto del 1914, poco dopo il matrimonio dei

miei genitori. Tutti e tre i fratelli si arruolarono subito, non ci fu discussio-

ne. È sorprendente da considerare oggi, l'assenza di qualsiasi discussione

al riguardo. C'è una loro foto, un bel terzetto in uniforme, con le fronti

gravi e ingenue e i baffi delicati, i sorrisi noncuranti, gli occhi determinati,

mentre posano ai soldati che non erano ancora divenuti. Mio padre è il più

alto. Teneva sempre questa foto sulla scrivania.

Raggiunsero il Royal Canadian Regiment, quello a cui si veniva sempre

assegnati se si era di Port Ticonderoga. Furono destinati quasi subito alle

Bermuda per dare il cambio al reggimento inglese che vi era di stanza, e

così, per tutto il primo anno di guerra, passarono il tempo partecipando a

sfilate e giocando a cricket. Anche mordendo il freno, o almeno così soste-

nevano nelle loro lettere.

Il nonno Benjamin leggeva quelle lettere con avidità. Via via che il tem-

po passava lento senza una vittoria da nessuna delle due parti, diventava

sempre più nervoso e insicuro. Non era quello il modo in cui sarebbero

dovute andare le cose. Ironia della sorte, i suoi affari andavano a gonfie ve-

le. Di recente aveva espanso la sua attività alla celluloide e alla gomma,

che prevedevano un maggiore volume di affari; e grazie ai contatti politici

che Adelia lo aveva aiutato a farsi, le sue fabbriche ricevevano moltissime

commesse per l'approvvigionamento delle truppe. Era onesto come lo era

sempre stato, non consegnava merce scadente, non era uno speculatore di

guerra in quel senso. Ma non si poteva dire che non ci guadagnasse.

La guerra giova al commercio dei bottoni. Sono talmente tanti i bottoni

che si perdono in una guerra e vanno sostituiti - intere scatole, interi ca-

mion di bottoni alla volta. Sono fatti volare in pezzi, affondano nel terreno,

vanno a fuoco. Lo stesso si può dire della biancheria intima. Da un punto

di vista finanziario, la guerra fu un rogo miracoloso: un'enorme conflagra-

zione alchemica dalla quale si levava un fumo che si trasformava in dena-

ro. O almeno così fu per mio nonno. Ma questo non deliziava più la sua

anima, né teneva alto il senso che aveva della propria rettitudine, come sa-

rebbe accaduto in precedenza, in anni di maggiore autocompiacimento.

Voleva che i suoi figli tornassero. Non che fossero ancora partiti per qual-

che luogo pericoloso: erano sempre alle Bermuda, a marciare sotto il sole.

Dopo la luna di miele (ai Finger Lakes, nello stato di New York), i miei

genitori si erano stabiliti ad Avilion in attesa di potersi sistemare per conto

proprio, e mia madre rimase là a occuparsi della gestione della casa del

nonno. Erano a corto di personale, perché tutte le braccia utili dovevano

essere impiegate o nelle fabbriche o nell'esercito, ma anche perché c'era la

sensazione che Avilion dovesse dare l'esempio riducendo le spese. Mia

madre insisteva su pasti semplici - brasato il mercoledì, a volte, la domeni-

ca sera, fagioli lessi -, che andavano a genio al nonno. Non si era mai tro-

vato davvero a suo agio con gli stravaganti menù di Adelia.

Nell'agosto del 1915 il Royal Canadian Regiment fu richiamato a Hali-

fax, per prepararsi a partire per la Francia. Rimase in porto più di una set-

timana, accumulando scorte e nuove reclute e sostituendo le uniformi tro-

picali con un vestiario più caldo. Gli uomini furono provvisti di fucili

Ross, che in seguito si sarebbero inceppati nel fango, lasciandoli inermi.

Mia madre andò in treno a Halifax per salutare mio padre. Il treno era

stipato di uomini diretti al fronte; non poté prendere il vagone letto, così

viaggiò in piedi. Nei corridoi c'erano scarpe, e fagotti, e sputacchiere; gen-

te che tossiva, che russava - e per di più ubriaca, non c'è dubbio. Mentre

guardava quei visi fanciulleschi intorno a lei, la guerra le apparve final-

mente reale, non più come un'idea ma come una presenza fisica. Il suo

giovane marito poteva essere ucciso. Il suo corpo poteva andare distrutto;

poteva essere fatto a pezzi; poteva diventare parte del sacrificio che - or-

mai era chiaro - sarebbe stato compiuto. Insieme a questa consapevolezza

venne la disperazione e un timido terrore, ma anche - ne sono sicura - una

certa dose di lugubre orgoglio.

Non so dove alloggiassero a Halifax, o per quanto tempo. Era un albergo

rispettabile o, dal momento che c'era penuria di stanze, una bettola a buon

mercato, una pensione di infimo ordine vicino al porto? Fu per pochi gior-

ni, per una notte, per qualche ora? Che accadde tra loro, che cosa fu detto?

Il solito genere di cose, suppongo, ma quali? Ormai non è più dato saperlo.

Poi la nave con sopra il reggimento salpò - era il piroscafo Caledonian - e

mia madre rimase sulla banchina insieme alle altre mogli, agitando la ma-

no in segno di saluto e piangendo. O forse senza piangere: lo avrebbe con-

siderato una manifestazione di indulgenza nei propri confronti.

Sono in qualche parte della Francia. Non so descrivere cosa sta succe-

dendo qui, scriveva mio padre, perciò non ci proverò. Possiamo solo spe-

rare che questa guerra sia per il meglio, e che grazie a essa la civiltà ver-

rà conservata e fatta progredire. Le vittime sono (parole cancellate) nume-

rose. Prima non avevo mai saputo di cosa fossero capaci gli uomini. Ciò

che dobbiamo sopportare è al di là (parole cancellate). Penso a tutti voi a

casa ogni giorno, e soprattutto a te, mia carissima Liliana.

Ad Avilion mia madre mise in moto la sua forza di volontà. Credeva nel

servizio pubblico; sentiva di doversi rimboccare le maniche e di fare qual-

cosa di utile per lo sforzo bellico. Organizzò un Circolo per l'Assistenza ai

soldati, che raccoglieva denaro mediante la vendita di cianfrusaglie. Que-

sto veniva impiegato per confezionare piccole scatole contenenti tabacco e

dolci da spedire nelle trincee. In queste occasioni spalancava le porte di

Avilion, il che (diceva Reenie) metteva a dura prova i pavimenti. Oltre alle

vendite di cianfrusaglie, ogni martedì pomeriggio il gruppo si riuniva in

salotto a lavorare a maglia per le truppe - salviette per lavarsi per le princi-

pianti, sciarpe per quelle abbastanza brave, passamontagna e guanti per le

esperte. Presto si aggiunse un nuovo battaglione di reclute, il giovedì -

donne più anziane e meno istruite che abitavano nella zona a sud del Jo-

gues, capaci di lavorare a maglia anche dormendo. Queste confezionavano

indumenti per bambini destinati agli armeni, che a quanto si diceva mori-

vano di fame, e per qualcosa chiamato Profughi d'Oltremare. Dopo due ore

di lavoro a maglia veniva servito un frugale tè nella sala da pranzo, sotto

gli sguardi languidi di Tristano e Isotta.

Quando cominciarono ad apparire i primi soldati mutilati, nelle strade e

negli ospedali delle città vicine - Port Ticonderoga non aveva ancora un

ospedale - mia madre andò a visitarli. Optava per i casi peggiori - uomini

che probabilmente (diceva Reenie) non avrebbero mai vinto un concorso

di bellezza - e da quelle visite tornava esaurita e scossa, e si concedeva

perfino di piangere, in cucina, bevendo il cacao che Reenie preparava per

tirarla su. Non si risparmiava, diceva Reenie. Si rovinava la salute. Andava

oltre le sue forze, soprattutto considerato il suo stato.

Quale virtù si attribuiva una volta a questa idea - all'andare oltre le pro-

prie forze, al non risparmiarsi, al rovinarsi la salute! Nessuno è nato con

questo tipo di altruismo: può essere acquisito soltanto attraverso la disci-

plina più ferrea, soffocando le naturali inclinazioni, e ai miei tempi l'abilità

o il segreto per raggiungerlo dovevano essere andati perduti. O forse io

non ho tentato, avendo sofferto per gli effetti che ebbe su mia madre.

Quanto a Laura, non era altruista, per niente. No, era sensibile, che è una

cosa diversa.

Io sono nata ai primi di giugno del 1916. Poco dopo Percy rimase ucciso

in un violento bombardamento nei pressi di Ypres, e in luglio Eddie morì

alla Somme. O almeno si suppose che fosse morto: nel punto in cui era sta-

to visto l'ultima volta c'era un largo cratere. Furono dure prove per mia

madre, ma assai più dure per mio nonno. In agosto ebbe un ictus, che ne

pregiudicò il linguaggio e la memoria.

Ufficiosamente mia madre subentrò nella gestione delle fabbriche. Face-

va da intermediario tra mio nonno - creduto in convalescenza - e chiunque

altro, e ogni giorno incontrava il segretario e i vari soprintendenti delle

fabbriche. Siccome era la sola che capisse cosa diceva mio nonno, o che

affermava così, divenne la sua interprete; e in quanto l'unica che avesse il

permesso di tenergli la mano, ne guidava la firma; e chi può dire che a vol-

te non agisse di testa propria?

Non che non rifossero problemi. Quando la guerra ebbe inizio, un sesto

dei lavoratori erano donne. Verso la sua fine questo numero era salito a

due terzi. Gli uomini rimasti erano vecchi, o parzialmente menomati, o i-

nadatti alla guerra per qualche altro motivo. Non accettavano di buon gra-

do l'influenza esercitata dalle donne, se ne lamentavano o facevano scherzi

volgari, e da parte loro le donne li consideravano creature deboli o scansa-

fatiche, e provavano nei loro confronti un malcelato disprezzo. L'ordine

naturale delle cose - quello che secondo mia madre era l'ordine naturale -

era ribaltato. Eppure, la paga era buona e il denaro spiana la via, e nel

complesso mia madre era in grado di far funzionare le cose in maniera ab-

bastanza tranquilla.

Immagino mio nonno seduto in biblioteca, la sera, sulla sua sedia rivesti-

ta di cuoio verde e guarnita di borchie di ottone, alla sua scrivania, che era

di mogano. Ha le punte delle dita unite, quelle della mano che sente e quel-

le della mano insensibile. Tende l'orecchio, in attesa di qualcuno. La porta

è semiaperta; là fuori vede un'ombra. Dice «Avanti» - o meglio ha inten-

zione di dirlo - ma nessuno entra, o risponde.

Arriva l'infermiera brusca. Gli chiede a cosa stia mai pensando, seduto

così al buio tutto solo. Lui sente un suono, ma non si tratta di parole, sem-

bra piuttosto un gracchiare di corvi; non risponde. Lei lo prende per il

braccio, lo solleva senza sforzo dalla sedia, lo trascina a letto. Le falde del-

la sua uniforme bianca frusciano. Lui sente un vento secco, che soffia sui

campi autunnali coperti di erbacce. Sente il sussurro della neve.

Sapeva che i suoi due figli erano morti? Voleva rivederli vivi, al sicuro,

a casa? Sarebbe stata una fine più triste per lui, se il suo desiderio si fosse

avverato? È possibile - succede spesso -, ma simili pensieri non danno

conforto.

Il grammofono

La notte scorsa ho guardato il canale delle previsioni meteorologiche,


Yüklə 2,13 Mb.

Dostları ilə paylaş:
1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   ...   50




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©muhaz.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

gir | qeydiyyatdan keç
    Ana səhifə


yükləyin