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ALTRE OPERE AVVIATE DA DON BOSCO IN TORINO



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3.7. ALTRE OPERE AVVIATE DA DON BOSCO IN TORINO

Altre due istituzioni in Torino testimoniano direttamente il lavoro in­stancabile di don Bosco per l'educazione dei giovani e i suoi orizzonti sempre più vasti: la chiesa di san Giovanni Evangelista con l'annesso edificio, opera detta familiarmente ìl “san Giovannino”, e l'Istituto di Valsali­ce che dal 1888 al 1929 ebbe la singolare sorte di custodire la tomba del Santo educatore. Non può quindi mancare, a conclusione di questa rassegna degli ambienti in cui visse e operò don Bosco, una cenno ai due centri.



3.7.1. La chiesa e l'Istituto di san Giovanni Evangelista (corso Vitto­rio Emanuele II, n. 13 - via Madama Cristina, n. 1)


Accanto all'Oratorio di san Luigi, descritto nelle pagine precedenti, e come suo naturale sviluppo, don Bosco volle erigere una chiesa ed un “ospizio” con scuola per giovani “poveri ed abbandonati”, al fine di ren­dere più efficace la sua opera educativa.

Vari motivi orientavano il Santo a questa impresa. Nella zona, il Bor­go San Salvario, era iniziata una forte espansione della città, prevista dai piani urbanistici fin dal 1847 ed accelerata anche dalla costruzione della vicina stazione ferroviaria di Porta Nuova. Ne consegui una forte concentrazione demografica, particolarmente del ceto popolare e pove­ro. Inoltre, già dal 1853, i Valdesi, ottenuta nel 1848 l'emancipazione, avevano iniziato a costruire il tempio, un ospedale ed una scuola, aperta anche ad alunni di fede cattolica per i quali le altre scuole cittadine erano sco­mode. In questo stesso quartiere sarebbero sorti più tardi la sinagoga per il culto israelitico e la scuola ebraica. Il proselitismo e le vivaci iniziative dei protestanti offrirono a don Bosco ulteriori motivi per articolare e svi­luppare la sua opera, sorta già nel 1847.



La costruzione


Tra il 1870 e il 1875, attraverso successivi atti d'acquisto, il Santo riuscì ad allargare la proprietà dell'antico Oratorio di san Luigi fino ad avere a disposizione un'area di oltre 4000 mq. Un'altra striscia di terre­no, di 300 metri, appartenente ad Enrico Morglia, protestante, l'ottenne soltanto nel 1876, in seguito a ricorso al Consiglio di Stato.

Il disegno del nuovo complesso venne affidato all'architetto vercelle­se conte Edoardo Arborio Mella (1808-1884) che si ispirò allo stile romanico-lombardo dei secoli XI e XII.

I lavori per la costruzione della chiesa iniziarono celermente nell'e­state del 1877. Il 14 agosto dell'anno seguente si ebbe la posa della pietra angolare e nel dicembre del 1879 la struttura esterna era già terminata. In tre anni fu completata la decorazione interna e il 28 ottobre 1882 la chie­sa poté essere solennemente consacrata.

L'edificio sacro risulta a pianta basilicale, di tre navate, con quella centrale doppia rispetto alle laterali. Il complesso misura 60 metri per 22 e può contenere fino a 2500 persone.

La chiesa, dedicata a san Giovanni Evangelista, fu voluta da don Bo­sco anche come monumento di gratitudine a Pio IX per la benevolenza sempre dimostratagli dal pontefice. Questa intenzione causò al Santo non poche difficoltà da parte dell'arcivescovo mons. Gastaldi, anch'egli impegnato ne­gli stessi anni a edificare una chiesa in memoria di Pio IX, pre­cisamente quella di san Secondo. Don Bosco tuttavia riuscì a realizzare il suo progetto, e una grande statua del Papa, posta all'ingresso della chiesa, ricorda ancora oggi gli stretti legami spirituali tra il prete di Valdocco e Pio IX.

Visita della chiesa


La facciata è arretrata rispetto agli edifici vicini, che sono invece a filo sull'attuale corso Vittorio Emanuele II. Si crea così un piccolo sa­grato racchiuso da elementi architettonici che fungono da collegamento fra la chiesa e le costruzioni ad essa affiancate.

Domina la facciata un campanile che raggiunge i 45 metri d'altezza. È strutturato su tre piani, sormontati da una piramide ottagonale su cui si eleva un globo con stella a dodici raggi, di rame dorato. I primi due piani, a pianta quadrata, sono alleggeriti rispettivamente da una trifora e da una quadrifora. Quello superiore, a pianta ottagonale, è traforato da una bifora e reso più slanciato da otto colonnette di pietra alte oltre sei metri. Sulla sommità di esso è collocato un concerto di cinque campa­ne, inaugurate l'8 dicembre 1881.

Sul portale d'ingresso si legge la scritta “Ianua coeli” (porta del cielo), mentre nella lunetta sovrastante è raffigurato il Redentore seduto in cattedra, con le parole “Ego sum via, veritas et vita” (Io sono la via, la verità e la vita).

Ancora più in alto, sopra la trifora, un mosaico rappresenta la gloria di san Giovanni.

Nell’interno, sulla destra varcato il portale, si incontra la grande statua di Pio IX, in marmo di Carrara, opera dello scultore milanese Francesco Confalo­nieri (1830-1925). Il Papa è ritratto in atto benedicente, mentre con la mano sinistra porge il decreto di approvazione della Congregazione Salesiana.

All'interno, sull'orchestra, era collocato l'imponente organo di 3600 canne, opera del cav. Giuseppe Bernasconi da Bergamo. Don Bosco lo inaugurò nel luglio del 1882 con una serie di concerti durati quattro gior­ni, che attirarono nella nuova chiesa non meno di 50.000 persone, muni­te di apposito biglietto d'entrata. Lo strumento, in occasione del centena­rio della chiesa, è stato sottoposto a restauro, ampliato e collocato nel­l'ambulacro dietro 1'altar maggiore.

Nelle navate la luce si diffonde per mezzo di dieci alte finestre rettangolari e sei circolari.

La navata centrale termina in un'abside semicircolare. La pittura del catino rappresenta Gesù in croce nell'atto di indicare a Maria l'apostolo Giovanni come suo figlio. Il dipinto, ad uso mosaico di ispirazione bizantina, è di Enrico Reffo. Allo stesso autore appartengono i medaglioni, collocati tra gli archi della navata centrale, nei quali sono effigiati i sette vescovi del­l'Asia Minore descritti nell'Apocalisse di san Giovanni. Nelle ampie fi­nestre circolari sottostanti alla calotta absidale sono dipinti a fuoco su vetro: san Giovanni Evangelista, san Giacomo, sant'Andrea, san Pietro e san Pao­lo. L'opera è del milanese Pompeo Bertini.

Le navate laterali si prolungano attorno all'abside formando un mae­stoso ambulacro.

L'altar maggiore, di stile orientale, è a doppia mensa. Il presbiterio era delimitato da una ricca balaustrata in pietra di Saltrio (ora conservata solo in parte) con artistiche cancellate in ferro. Il magnifico pavimento è in mosaico alla pompeiana.

Gli altari laterali sono dedicati a san Domenico Savio (con quadro del Càffaro Rore, 1974), a san Giuseppe (del Reffo, 1882) e a san Francesco di Sales (del Bonelli), nella navata destra; al beato Michele Rua, a san Giovanni Bosco (del Crida, 1934) e al Sacro Cuore (sempre del Crida), nella navata sinistra.

L'icona di don Bosco con l'Ausiliatrice, che è quella esposta in san Pietro il giorno della canonizzazione (1 aprile 1934), ha sostituito un pre­cedente quadro dell'Immacolata. Così pure i quadri di Domenico Savio e di don Rua sono stati collocati al posto delle icone di santa Maria Mad­dalena e di sant'Antonio Abate.



L'Istituto


Com'era già avvenuto a Valdocco, accanto alla nuova chiesa don Bosco volle subito edificare “un ospizio per giovanetti poveri ed abbandonati”.

In breve, tra la chiesa e via Madama Cristina, tempo sorse un col­legio capace di 350 allievi, in perfetta linea architettonica con l'edificio sacro. Entrato in funzione nell'autunno del 1884, ospitò per i primi dieci anni gli adulti che aspiravano alla vita salesiana. Ne era direttore il beato don Filippo Rinaldi, futuro terzo successore di don Bosco.

Nel 1894 l'Istituto fu convertito in collegio con scuole elementari e ginnasiali, riconosciuto nel 1905 come Ginnasio pareggiato. Oggi l’edificio è sede di un Convitto universitario e di un oratorio (con entrata da via Ormea) ed accoglie attività pastorali per gli immigrati filippini.

Nella sua lunga storia il san Giovannino ha ospi­tato notevoli figure di Salesiani, come i musicisti don Giovanni Pagella (1872-1944) e don Virgilio Bellone (1907-1981), lo storico don Alberto Caviglia (1868-1943), i latinisti don Gio­vanni Battista Francesia (1838-1930) e don Sisto Colombo (1878-1938). Tra gli allievi ricordiamo san Callisto Caravario, martire in Cina (1903-1930).



3.7.2. Valsalice e la tomba di don Bosco (viale Thovez, n. 37)




Le origini

Tra il 1857 e il 1861, i Fratelli delle Scuole Cristiane di Torino avevano co­struito un ampio fabbricato nella “Valle dei Salici”, sulle pendici della collina torinese, come villeggiatura per i nobili allievi del loro collegio di san Primitivo. Nel 1863, in seguito alla legislazione sugli or­dini religiosi, i Fratelli dovettero abbandonare il collegio e l’edificio di Valsalice venne rilevato da una Società di Sacerdoti Torinesi che, nell'ottobre dello stesso anno vi aprì una scuola denominata “Col­legio Valsalici”, “per allevare i giovani delle classi agiate e di civile con­dizione alla religione, alle scienze ed alle carrieri civili, militari e com­merciali” (cf P. Baricco, Torino descritta, Torino, G.B. Paravia 1869, p. 705). Vi erano corsi elementari, tecnici, ginnasiali, liceali e l'istituto tec­nico preparatorio all'Accademia militare. Tuttavia, per scarsità di allievi e difficoltà economiche la scuola degradò, sicché mons. Lorenzo Ga­staldi fece pressioni su don Bosco perché ne assumesse la gestione.


I Salesiani a Valsalice


Il Santo e i suoi primi collaboratori, di fronte alle insistenze dell'arcivescovo, con molte perplessità, accettarono il collegio nel marzo 1872 e presero in affitto lo stabile per cinque anni. Sotto la direzione dei Salesiani la situazione non migliorò subito. Ma don Bosco, sperando che da questa scuola potessero sca­turire delle vocazioni sacerdotali, decise l’acquisto dell’edificio nel 1879. Nello stes­so anno vi inaugurò un museo ornitologico con la ricca collezione del canonico Giambattista Giordano (1817-1871).

Ben presto la casa assunse un’importanza particolare tra le opere sa­lesiane. Per la sua ubicazione nel verde della collina, appena fuori città, don Bosco la scelse come luogo di riposo e di convalescenza nelle malattie degli ultimi anni e come sede per gli esercizi spirituali dei confratelli. Vi radunò an­che alcuni dei primi Capitoli Generali della giovane Congregazione.



Nel 1887, per suo esplicito desiderio, l'opera subì una radicale tra­sformazione: da liceo diventò casa di formazione per i chierici, sotto il nome di Seminario delle Missioni Estere. Qui vennero formati numerosi salesiani delle prime generazioni, che hanno portato nel modo un’originale impronta di cultura e di metodo educativo e pastorale. Tra essi vanno ricordati i santi martiri mons. Luigi Versilia (1873-1930) e don Callisto Caravario (1903-1930), missionari in Cina, il beato don Luigi Variara (1875-1923), apostolo tra i lebbrosi in Colombia, don Augusto Czartoryski (1858-1893), don Andrea Beltrami (1870-1897), don Vincenzo Cimatti (1879-1965), fondatore dell’opera salesiana in Giappone.

La sepoltura di don Bosco a Valsalice


Nel 1888 Valsalice accolse la salma di don Bosco. Secondo un testimone egli stesso lo avrebbe previsto dopo una riunione del Capitolo Superiore, avvenuta a Valsalice il 13 settembre 1887:
“Erasi deliberato di cambiare destinazione al collegio di Valsa­lice, sostituendo ai nobili convittori i chierici studenti di filosofia. Tolta la seduta capitolare, don Barberis, rimasto solo con lui, gli domandò con tutta confidenza come mai, dopo essere stato sempre contrario a quel mutamento, avesse poi cambiato parere. Rispose: - D'ora in avanti starò io qui alla custodia di questa casa. - Così dicendo teneva sempre gli occhi rivolti allo scalone, che mette dal giardinetto superiore al porticato del grande cortile inferiore. Dopo un istante soggiunse: - Fa' preparare il disegno. - Poiché il collegio non era interamente costruito, don Barberis credette che volesse far terminare l'edificio; quindi gli rispose: - Bene, lo farò preparare; quest'inverno glielo presenterò. - Ma egli: - Non quest'inverno, ma la prossima primavera; non a me, ma al Capitolo presenterai il disegno. - Continuava intanto a guarda­re verso lo scalone. Solo cinque mesi dopo don Barberis cominciò a comprendere il pensiero del Santo, quando cioè lo vide sepolto a Valsalice e precisamente nel punto centrale di quello scalone; lo comprese finalmente del tutto quando, preparato il progetto del mo­numento da erigersi sulla sua tomba, fu nella primavera presentato senza che egli avesse mai ancora detto nulla della conversazione di settembre” (MB 18, 384-385).
Con la morte del Santo si impose con urgenza il problema di una sua degna sepoltura. Non possedendo ancora i Sale­siani una propria tomba nel cimitero cittadino e non avendo ottenuto il permesso di seppellire il Fondatore nella chiesa di Maria Ausiliatrice, la salma sembrava destinata al campo comune. Ma su suggerimento della stessa autorità civile (il Presidente del Consiglio dei ministri Francesco Crispi), si fece strada l'idea della tumulazione a Valsalice, zona extraurbana, non soggetta alle nor­mative di polizia cimiteriale. Dopo i solenni funerali avvenuti il 2 febbraio, il feretro fu qui trasportato il giorno 4, e il 6 poté essere collocato nella tomba, costruita in tutta fretta. Alcuni mesi più tardi, sul loculo venne edifi­cato un mausoleo-cappella ideato dall'architetto Carlo Maurizio Vigna.

La costruzione è incastonata al centro del porticato che delimita due cortili, di diverso livello, antistanti l'edificio principale del collegio. Sfrut­tando la disposizione dei cortili, la tomba-cappella è disposta su due piani.

Un'ampia scala dal portico del cortile inferiore conduce ad una nic­chia che racchiude la tomba. Un bassorilievo raffigura don Bosco in abi­ti sacerdotali così come venne deposto nella cassa. Su una epigrafe, poi rimossa, si leggeva: “Hic compositus est in pace Christi - Joannes Bo­sco Sacerdos - orphanorum pater - natus Castrinovi apud Astenses XVIII kal. sept. MDCCCXV - obiit Aug. Taurin. pridie kal. febr. - MDCCCLXXXVIII” (Qui è stato composto nella pace di Cristo il sacer­dote Giovanni Bosco, padre degli orfani, nato a Castelnuovo presso Asti il 16 agosto 1815. Morì a Torino il 31 gennaio 1888).

Ai lati della tomba, due rampe di scale conducono al piano del terraz­zo che limita il fronte del cortile superiore. Qui si innalza una cappella di linee gotiche che sovrasta la sepoltura. L'affresco absida­le che domina l'altare marmoreo rappresenta una Pietà su sfondo dorato; è opera del Rollini.

Accanto al complesso funerario, nel decennale della morte di don Bo­sco, i suoi figli spirituali edificarono una chiesa dedicata a san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti cattolici e dei salesiani, costruita con le offerte dei Cooperatori e delle Ispettorie d'Europa e d'America. Progettata dall’architetto salesiano don Ernesto Vespignani (1861-1925), venne dedicata al culto dal cardinale Agostino Richelmy il 12 aprile 1901.

Si tornò a lavorare intorno alla tomba del grande educatore nel 1907, data di inizio della causa di beatificazione e canonizzazione. In quella cir­costanza si vollero ornare cripta e cappella con la decorazione che è visi­bile ancora oggi.

Sul frontone della cappella, un affresco malandato venne sostituito da un mosaico con la scritta: “Ave Crux, spes unica” (Ti saluto o Croce, unica speranza). Fu rifatto anche il terrazzo che chiude il cortile superiore, arricchen­dolo di una nuova balaustrata. Nella cripta, su fondi d'oro, vennero incisi ad encausto motivi geo­metrici, intrecci di viti ed altri simboli religiosi a colori vivaci, sulla base di un progetto del prof. Francesco Chiapasco.

Particolarmente curato fu l'abbellimento del portico in cui si apre lo scalone d'accesso alla tomba, studiato dall'ing. Stefano Molli (1858-1917). Le volte, gli archi e le pareti si presentano ornati di fini graffiti, dovuti al prof. Francesco Barberis. Nelle otto lunette, sono delineati edifici che ricordano i mo­menti più salienti della vita di don Bosco: la casetta dei Becchi; la fac­ciata della chiesa di san Francesco d'Assisi, ove 1'8 dicembre 1841 inizia­va l'opera dell'Oratorio; la casa Pinardi, prima sede stabile dell'Opera salesiana; la Basilica di Maria Ausiliatrice, consacrata nel 1868; la casa di Mornese che ricorda la fondazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice il 1872; il collegio di san Filippo Neri a Lanzo Torinese, dove il Santo istituì l'Associazione dei Cooperatori Salesiani; l'Istituto di Viedma, fon­dato il 24 maggio 1879, che ricorda gli inizi delle missioni salesiane; in­fine l'edificio delle Camerette di Valdocco ove don Bosco morì la matti­na del 31 gennaio 1888.

Un portone ed una cancellata in ferro battuto furono collocati per de­limitare rispettivamente la scala che porta al sepolcro e tutto il porticato. Il complesso così decorato divenne meta di continui pellegrinaggi. Accolse il corpo di don Bosco fino al 1929, anno della beatificazione. In quell'occasione, precisamente il 9 giugno, la salma, composta nell'a­spetto che ancora oggi vediamo, fu trasportata con un solenne cor­teo fino alla Basilica di Maria Ausiliatrice, al canto dell’inno Giù dai colli, musicato per l'occasione dal salesiano don Michele Gregorio su parole di don Secondo Rastello.

A Valsalice vennero sepolti anche don Rua e don Albera, successiva­mente traslati.



Valsalice oggi


I Salesiani conservano con venerazione quella che è stata per oltre qua­rant'anni la tomba del loro Fondatore. Il mausoleo, specialmente nella parte ornamentale, e la chiesa sono stati restaurati negli anni 1986-1987.

La casa, progressivamente ingrandita (costruzione di un terzo piano tra 1898-1901; edificazione del palazzo ad ovest nel 1930-1931 e sua sopraelevazione nel 1956), col trasferimento dello Studentato filosofico salesiano a Foglizzo (1925-1926), è tornata ad esercitare la sua primitiva funzione di scuola. L’Istituto ha svolto così un ruolo molto importante in città e nel territorio, preparando migliaia di allievi per l’università (nel 1905 si era conseguito il “pareggiamento” del Liceo Classico e negli anni 1952-1957 si ottenne il riconoscimento legale del Liceo Scientifico). Nel solco di questa tradizione oggi ospita scuole medie inferiori e superiori di indirizzo classico e scientifico e il pregevole Museo di Storia Naturale Don Bosco, sviluppato a partire dalla raccolta ornitologica acquistata da don Bosco stesso nel 1879; la collezione mineralogico-petrografica, con i suoi circa 5000 pezzi, è una delle maggiori del Piemonte.







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