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La Parrocchiale di sant'Andrea



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3.4.1. La Parrocchiale di sant'Andrea


La chiesa parrocchiale è collocata sulla parte alta del paese, presso le vestigia del castello dei Rivalba ed altri an­tichi edifici. Trasformata dall'originale struttura gotica in quella barocca nella prima parte del '600 e ristrutturata verso il 1700, contiene nel suo interno dipinti seicenteschi di Gu­glielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625), mentre l'icona ovale dell'altar maggiore, rappresentante il patrono sant'An­drea, è attribuita al Rassoso (Vittorio Amedeo Rapous?).

Questa chiesa ci ricorda alcune tappe fondamentali della vita cristiana di don Bosco.

Il 17 agosto 1815 vi riceve il Battesimo. Padrini sono il nonno materno Melchiorre Occhiena e la zia paterna Maddalena Bosco. Il fonte battesimale, nella prima cappella a destra en­trando in chiesa, fu sostituito nel 1873. Dell’antico si conserva ancora un frammento fissato sul lato. Qui furono battezzati anche san Giuseppe Cafasso e gli altri illustri castelnovesi ricordati sopra.

Nella Pasqua del 1826, all'età di undici anni, Giovanni Bosco viene ammesso alla prima Comunione, dopo un'accurata pre­parazione sotto la guida di mamma Margherita.

La vicenda è rimasta vivamente impressa nella memoria di don Bosco:
“Io era all'età di anni undici quando fui ammesso alla prima comunione. Sapevo tutto il piccolo catechismo, ma per lo più niuno era ammesso alla comunione se non ai do­dici anni. Io poi, per la lontananza dalla chiesa, era sconosciuto al parroco, e doveva quasi esclusivamente li­mitarmi alla istruzione religiosa della buona genitrice. Desiderando però di non lasciarmi andare più avanti nell'età senza farmi praticare quel grande atto di nostra santa religione, si adoperò Ella stessa a prepararmi come meglio poteva e sapeva. Lungo la quaresima mi inviò ogni giorno al catechismo, di poi fui esaminato, promosso, e si era fissato il giorno in cui tutti i fanciulli dovevano fare pasqua.

In mezzo alla moltitudine era impossibile di evitare la dissipazione. Mia madre studiò di assistermi più giorni; mi aveva condotto tre volte a confessarmi lungo la quare­sima. Giovanni mio, disse ripetutamente, Dio ti prepara un gran dono; ma procura prepararti bene, di confessar­ti, di non tacer alcuna cosa in confessione. Confessa tut­to, sii pentito di tutto, e prometti a Dio di farti più buono in avvenire. Tutto promisi; se poi sia stato fede­le, Dio lo sa. A casa mi faceva pregare, leggere un buon libro, dandomi que' consigli che una madre industriosa sa trovare opportuni pe' suoi figliuoli.

Quel mattino non mi lasciò parlare con nissuno, mi ac­compagnò alla sacra mensa e fece meco la preparazione ed il ringraziamento, che il Vicario foraneo, di nome Sismon­di (ndr.: Giuseppe Sismondo, 1771-1827), con molto zelo faceva a tutti con voce alta e alterna­ta. In quella giornata non volle che mi occupassi di alcun lavoro materiale, ma tutta l'adoperassi a leggere e a pre­gare. Fra le molte cose mia madre mi ripeté più volte que­ste parole: O caro figlio, fu questo per te un gran giorno. Sono persuasa che Dio abbia veramente preso pos­sesso del tuo cuore. Ora promettigli di fare quanto puoi per conservarti buono sino alla fine della vita. Per l'avvenire va sovente a comunicarti, ma guardati bene dal fare dei sacrilegi. Di' sempre tutto in confessione; sii sempre ubbidiente, va volentieri al catechismo ed alle prediche; ma per amor del Signore fuggi come la peste co­loro che fanno cattivi discorsi” (MO 42-43).
Il 25 ottobre 1835, pochi giorni prima dell'entrata in se­minario, quando il Santo ha ventun'anni, il nuovo parroco don Antonio Cinzano gli impone la veste chiericale. Alla funzione partecipa “un numero stragrande di giovani, venuti anche dalle borgate e dai paesi vicini” (MB 1, 369).

In quest'occasione Giovanni Bosco scrive il seguente rego­lamento di vita:


“1° Per l'avvenire non prenderò mai più parte a pubbli­ci spettacoli sulle fiere, sui mercati; né andrò a vedere balli o teatri. E per quanto mi sarà possibile non inter­verrò ai pranzi, che soglionsi dare in tali occasioni.

2° Non farò mai più i giuochi de' bussolotti, di presti­giatore, di saltimbanco, di destrezza, di corda; non suo­nerò più il violino, non andrò più alla caccia. Queste co­se le reputo tutte contrarie alla gravità ed allo spirito ecclesiastico.

3° Amerò e praticherò la ritiratezza, la temperanza nel mangiare e nel bere; e di riposo non prenderò se non le o­re strettamente necessarie per la sanità.

4° Siccome pel passato ho servito al mondo con letture profane, così per l'avvenire procurerò di servire a Dio dandomi alle letture di cose religiose.

5° Combatterò con tutte le mie forze ogni cosa, ogni lettura, pensiero, discorsi, parole ed opere contrarie al­la virtù della castità. All'opposto praticherò tutte quel­le cose anche piccolissime, che possono contribuire a con­servare questa virtù.

6° Oltre alle pratiche ordinarie di pietà, non ometterò mai di fare ogni giorno un poco di meditazione ed un po' di lettura spirituale.

7° Ogni giorno racconterò qualche esempio o qualche massima vantaggiosa alle anime altrui. Ciò farò coi compa­gni, cogli amici, coi parenti, e quando non posso con al­tri, il farò con mia madre” (MO 89).
Giovedì 10 giugno 1841, festa del Corpus Domini, don Bosco canta solennemente per la prima volta la Messa nella sua par­rocchia. È la quinta celebrazione eucaristica dopo l'ordina­zione avvenuta il 5 giugno.

In questa chiesa il sacerdote novello presta servizio come vicecurato per cinque mesi, fino al suo ingresso nel Convitto Ecclesiastico di Torino nel novembre successivo:


“Provava il più grande piacere a lavorare. Predicava tutte le domeniche, visitava gli ammalati, amministrava loro i santi sacramenti, eccetto la penitenza, perchè non aveva ancora subito l'esame di confessione. Assisteva alle sepolture, teneva in ordine i libri parochiali, faceva certificati di povertà o di altro genere. Ma la mia deli­zia era fare catechismo ai fanciulli, trattenermi con lo­ro, parlare con loro. Da Murialdo mi venivano spesso a visitare; quando an­dava a casa era sempre da loro intorniato. In paese poi cominciavano pure a farsi compagni ed amici. Uscendo dalla casa parochiale era sempre accompagnato da una schiera di fanciulli e dovunque mi recassi, era sempre attorniato da' miei piccoli amici, che mi festeggiavano” (MO 112).
Anche Domenico Savio in questa chiesa il 13 aprile 1853, quando già la famiglia si è trasferita a Mondonio, insieme a più di 800 (!) cresimandi confluiti dai paesi vicini, riceve la Conferma­zione dalle mani di mons. Luigi Moreno, vescovo di Ivrea.

Il pulpito barocco, scolpito in legno di noce, ci ricorda le prime esperienze di predicazione del giovane don Bosco. La tribuna dell'organo lo ha visto piccolo cantore sotto la guida del sarto Giovanni Roberto (cf MO 54).





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