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3.4.2. La casa canonica


Si trova a sinistra, appena imboccata la strada che dalla piazza scende verso il paese. Secondo le notizie raccolte da don Lemoyne, Giovanni la frequenta nelle va­canze del 1832, dopo il primo anno di scuola pubblica a Chieri, perchè il parroco don Bartolomeo Dassano - vistolo studiare mentre pascola il bestiame - pieno di ammirazione, gli offre alcune ripetizioni di latino aiutato anche dal viceparroco. Il giovane studente lo ripaga accudendogli il cavallo; ha così la possibilità di acquistare destrezza nel cavalcare (MB 1, 273).

Il parroco successivo, don Antonio Cinzano, che gli è mol­to affezionato, lo ospita nei cinque mesi dopo l'ordinazione e lo vorrebbe tenere come viceparroco. Ma egli, seguendo il con­siglio di don Cafasso, si trasferisce in Torino a perfezionare i suoi studi. Il rapporto tra i due rima­ne ottimo e la canonica sarà considerata da don Bosco come una seconda casa. In occasione delle famose "passeggiate autunna­li", la casa parrocchiale di Castelnuovo è sempre la prima tap­pa. Ci racconta don Lemoyne che don Cinzano, invitato a presie­dere la festa del Rosario ai Becchi, “esigeva che Don Bosco e i suoi andassero a restituirgli la visita, e, fatti venire i suoi massari e apparecchiato un fornello posticcio all'angolo del cortile, si preparava una colossale polenta”. Nell'attesa, “i cantori, per contentare il buon Vicario che voleva sentire del­la musica buona e classica, salivano in orchestra per eseguire vari pezzi riservati per quella occasione”. (MB 5, 351).

Nell'archivio parrocchiale è conservato il registro dei battesimi su cui è annotato anche quello di Giovanni Bosco.

3.4.3. La scuola pubblica


Dopo pochi metri, continuando la discesa, si fiancheggia­no sulla destra le scuole di Castelnuovo, costruite sul luogo stesso dell'antico edificio scolastico che ospitò come studenti Giuseppe Cafasso e Giovanni Bosco. Quest'ultimo le frequentò nell'anno scolastico 1830-1831.

Al tempo, per le scarse disponibilità finanziarie dell'am­ministrazione comunale, gli insegnanti erano soltanto due: il maestro delle scuole comunali (cioè del biennio elementare) e il professore delle scuole pubbliche (in Castelnuovo esistevano unicamente le scuole dette "di latinità inferiore": Sesta, Quinta e Quarta). Quest'ultimo doveva curare una classe di ol­tre settanta allievi che svolgevano programmi diversi, a secon­da del corso frequentato.

Professore di Giovanni è don Emanuele Virano, giovane sa­cerdote, molto energico ed abile nell'insegnamento, che si af­feziona all'allievo - un po' più grandicello rispetto ai compa­gni - e lo incoraggia. Nell'aprile, però, viene promosso parro­co di Mondonio e sostituito dal settantaseienne don Nicola Moglia, zio di quel Luigi Moglia che generosamente aveva accol­to Giovannino come garzone nella cascina di Moncucco. Il nuovo maestro si dimostra incapace di dominare una classe così nume­rosa e forse prevenuto nei riguardi del giova­ne Bosco, che segue il programma di Sesta. Il profitto è molto scarso e finisce per mandare “quasi al vento quanto nei mesi precedenti aveva imparato” (MO 55).

Dopo i primi giorni di scuola, risultando eccessivamente gravoso il cammino da percorrere, mamma Margherita risolve la situazione con l'aiuto del sarto di Castelnuovo, Giovanni Ro­berto. Egli dapprima offre a Giovannino il pranzo e in seguito la pensione completa. Lo studente può così sfruttare meglio il tempo e, nei momenti liberi dallo studio, apprende il taglio e il cucito. Il sarto è anche organista e maestro di coro. Il no­stro Giovanni, che è dotato di una bella voce ed ha buone di­sposizioni per la musica, impara a suonare il cembalo e il vio­lino e diventa cantore nelle funzioni parrocchiali.

Don Bosco ci descrive così la sua residenza presso Giovan­ni Roberto:
“Fui pertanto messo in pensione con un onest'uomo di nome Roberto Gioanni di professione sarto, e buon dilet­tante di canto gregoriano e di musica vocale. E poiché la voce mi favoriva alquanto, mi diedi con tutto cuore all'arte musicale e in pochi mesi potei montare sull'or­chestra e fare parti obbligate con buon successo. Di più desiderando di occupare la ricreazione in qualche cosa, mi posi a cucire da sarto. In brevissimo tempo divenni capace di fare i bottoni, gli orli, le cuciture semplici e dop­pie. Appresi pure a tagliare le mutande, i corpetti, i calzoni, i farsetti; e mi pareva di essere divenuto un va­lente capo sarto” (MO 54).
Quando è libero dagli impegni scolastici il giovane Bosco presta la sua opera anche presso il fabbro Evasio Savio (+ 1868). Questi nel 1834 avrà un ruolo determinante nell'evitare l'entrata di Giovanni tra i Francescani, incoraggiandolo a chiedere consiglio a don Cafasso ed insistendo presso il nuovo parroco don Cinzano perché lo aiuti ad entrare in seminario (cf MB 1, 303-305).
Non sappiamo dove si trovassero la casa del sarto Roberto e l'officina del fabbro Evasio Savio.


3.4.4. La cappella di san Bartolomeo


Di fronte alla scuola una strada immette sulla piazza del municipio. Nel 1834 era sindaco il cav. Giovanni Pescarmona che, insieme al sig. Sartoris e a don Cinzano, aiutò economica­mente Giovanni Bosco a concludere gli studi nelle pubbliche scuole di Chieri e l'anno successivo collaborò per la formazio­ne del corredo chiericale (cf MB 1, 304 e 367).

Sulla sinistra una rampa conduce alla chiesa di san Bartolomeo. È indicata da alcune testimonianze come il luogo di una delle prime predicazioni del chieri­co Bosco, coronata da grande successo: il 24 agosto 1840, venuto a mancare il predi­catore che doveva tenere il panegirico del santo, egli lo so­stituì all'ultimo momento, con esiti brillanti (cf MB 1, 489-490).



3.4.5. La chiesa dedicata alla "Madonna del Castello"


Nella parte più alta del paese, sul luogo del medioevale castello dei Rivalba, sorge un piccolo santuario consacrato alla Vergine Maria: la “Madonna del Castello” o “della cintura”, festeggiata il 15 agosto. Giovanni vi saliva spesso, particolarmente nelle feste mariane.



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