Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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non avete malizia; perché siete sincera e dite quello che

pensate; perché avete buon cuore e... e altre cose. Se gli

studiosi sconosciuti tentassero di influenzarci l'interven-

to sarebbe immediatamente registrato dalla vostra men-

te e io mi accorgerei della cosa prima ancora di accorger-

mi dell'intervento operato su di me. Avrei quindi tempo

di elaborare una strategia difensiva, cioè di contrattacca-

re.
A quel discorso seguirono lunghi attimi di silenzio.


Gendibal si rese conto che nell'espressione di lei no_n_` c'

era adesso solo felicità, ma anche esultanza e orgoglio.


--E mi avete portato con voi per questo motivo?--dis-

se Novi, in un sussurro.


Gendibal annuì.--Sì. E un motivo importante.
--Vorrei aiutarvi il più possibile, Maestro. Come posso

fare?--La voce di Novi era quasi inudibile.


--Restate calma. Non abbiate paura. E rimanete sem-

plicemente come siete.


--Rimarrò come sono--disse lei.--E mi frapporrò

tra voi e il pericolo, come ho fatto nel caso di Rufirant.


Uscì dalla stanza e Gendibal la seguì con gli occhi.
Era strano vedere quanto fosse dotata quella giovane

donna. Pur essendo tanto semplice, era per certi versi ec-

cezionalmente complessa. Dietro la sua struttura lineare,
la sua mente rivelava un'intelligenza, un discernimento e

un coraggio fuori dal comune. Gendibal non avrebbe po-


f tuto chiedere di più, a nessuno.
Per un attimo gli parve di cogliere l'immagine di Sura

Novi (che oltre a non essere né un Oratore né un membro


~: della Seconda Fondazione era anche poco istruita) che lo

aiutava con determinazione e svolgeva un ruolo essenzia-

le nel dramma che si stava profilando all'orizzonte.
Tuttavia non riusciva a distinguere nettamente i parti-

colari della scena, né a capire esattamente che cosa lo

aspettasse.
--Un unico Balzo--mormorò Trevize--ed eccoci qua.

~; --E Gaia?--chiese Pelorat, guardando lo schermo al

di sopra della spalla di Trevize.
--Il sole di Gaia. Chiamatelo S-Gaia, se volete, per evi-

tare confusioni. I galattografl lo fanno, a volte.


--E Gaia, allora, dov'è? O bisogna dire P-Gaia, per in-

tendere che ci si riferisce al pianeta?


~; --No, basta Gaia in questo caso. Non lo vediamo, per il

momento. Sapete, i pianeti non sono così ben visibili co-

me le stelle e ci troviamo ancora a un centinaio di micro-

parsec da S-Gaia. Se avete notato ci appare tuttora come

una stella, anche se molto brillante: non siamo abbastan-
~ za vicini da vederla come un disco. Ah, non fissatela di-
E rettamente, Janov; è abbagliante quanto basta per dan-

neggiare la retina. Inserirò un filtro appena finite le mie

osservazioni. Così potrete guardare.
Cento microparsec si possono tradurre in unità di

misura che anche un mitologo possa comprendere, Go-


--Certo. Sono tre miliardi di chilometri, cioè circa

venti volte la distanza tra Terminus e il suo sole. Capite

di più, così?
--Sicuro. Ma non dovremmo avvicinarci?
No.--Trevize alzò gli occhi meravigliato.--Non su-

bito. Dopo i discorsi che abbiamo sentito su Gaia perché

dovremnlo precipitarci allo sbaraglio? Avere fegato è un

conto, agire da pazzi è un altro. Prima diamo un'occhia-


--A che cosa, Golan? Avete detto che il pianeta non si
~` vede ~ ne~)r~

--E vero, ma abbiamo pur sempre il telescopio e un

computer eccellente per le analisi rapide. Innanzitutto

possiamo studiarci S-Gaia e forse fare anche qualche al-

tra osservazione. Tranquillizzatevi, Janov.--Trevize al-

lungò una mano e batte un colpetto affettuoso sulle spalle

dell 'altro.
Dopo una pausa disse:--S-Gaia è una stella singola

oppure, se ha una compagna, questa si trova a una di-

s~anza da essa superiore a quella nostra attuale ed è, nel-

la migliore delle ipotesi, una nana rossa; il che significa

che non dobbiamo preoccuparci minimamente di lei. S-

Caia è una stella G4 ovvero può avere un pianeta abita-

bilè orbitante intornó a sé. Il che è positivo. Se fosse una
o una M, dovremmo fare immediatamente dietro front

e andarcene.


--Io parlo da semplice mitologo--disse Pelorat--ma

non avremmo potuto determinare già su Sayshell la clas-

se spettrale di S-Gaia?
--Sì, e l'abbiamo anche fatto, Janov, ma non guasta

mai controllare più da vicino. S-Gaia ha un sistema pla-

netario, del che non c'è da stupirsi.. Sono visibili due gi-

ganti gassosi, uno dei quali è molto grande, se il calcolo

della distanza elaborato dal computer è esatto. Potrebbe

essercene un altro sul lato opposto della stella, nel qual

caso non sarebbe facilmente individuabile in quanto ci

troviamo per caso abbastanza vicini al piano planetario.

Non riesco a distinguere niente nelle regioni interne, ma

anche~ di questo non c'è da stupirsi.


--~ grave?
--No, del tutto prevedibile. I pianeti abitabili, compo-

sti di roccia e metallo, sono molto più piccoli dei giganti

gassosi e molto più vicini alla stella, visto che devono es-

sere abbastanza caldi da ospitare la vita. Logico quindi

che, per entrambe queste ragioni, sia assai più dit`ficile

distinguerli da qui. Questo significa che dovremo avvici-

narci di parecchio per esplorare l'area che si trova a quat-

tro microparsec da S-Gaia.


--Sono pronto.
--lo no. Faremo il Balzo domani.
--Perché domani?
--Diamo loro il tempo di uscire allo scoperto incontro

a noi e a noi il tempo di fuggire nel caso non ci piaccia il

loro modo di venirci ìncontro...
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Fu un processo lento e difflcilé. Nel corso della giornata

Trevize coordinò accanitamente i calcoli del computer,


~- cercando di scegliere tra i vari possibili approcci quello

giusto. Mancando i dati quantitativi, si poteva afli~lare

solo all'intuizione, la quale purtroppo gli diceva ben po-

co. Non avvertiva per niente quella sensazione di sicurez-


z~ che aveva a voltè.
Alla fine diede al computer le istruzioni per un Balzo
che li conducesse lontano dal piano planetario.
--Vedremo così meglio la regione nel suo complesso--

disse--visto che potremo osservare i pianeti in tutte le

parti della loro orbita alla massima distanza apparente

dal sole. E loro, chiunque siano, ~orse non tengono sotto

stretta sorveglianza le zone fuori del piano. Almeno spe-

ro...
Vennero così a trovarsi a circa mezzo miliardo di chilo-

metri da S-Gaia, la stessa distanza che aveva dalla stella
E il più vicino e più grande dei giganti gassosi. Trevize in-

grandì al massimo sullo schermo l'enorme pianeta, per-

ché Pelorat lo potesse ammirare bene. Era uno spettacolo
: impressionante, anche se i tre sottili anelli di detriti ri-
~ manevano fuori della visuale.

Jl --Ha il consueto seguito di satelliti--disse Trevize--

f ma alla distanza cui ci troviamo da S-Gaia sappiamo che

nessuno è abitabile. Né c'è, su alcuno di essi, qualche cu-


L pola di vetro o struttura simile che possa permettere la

sopravviven~a dell'uomo in condizioni d'ambiente artifi-

ciali.
--Come fate a esserne tanto sicuro?
--Non c'è rumore radioelettrico con caratteristiche ta-

li da poter essere definito di origine intelligente. Certo,

una stazione scientifica potrebbe fare di tutto per scher-
~j mare i suoi segnali radio e il gigante gassoso produce un

rumore radioelettrico che potrebbe facilmente coprire


~j quello che cerco io. Però la nostra riCezione radio è otti-
J~: ma e il nostro computer è eccezionale. Direi che le proba-

bilità che quei satelliti ospitino esseri umani sono mini-

me.
--Questo vuol dire che Gaia non esiste?
L --No, ma vuol dire che se Gaia esiste non si è preoccu-

pata di colonizzare i satelliti. Forse non le interessa farlo,

oppure non ne ha la possibilità.
~ All~rs~ dov'è Gaia. Golan?

--Abbiate pazienza, Janov. Un po' di pazienza.


Trevize esaminò il cielo con inesauribile meticolosità.

A un certo punto smise e disse:--Francamente, il fatto

che non ci siano piombati addosso per qualche verso è

scoraggiante. E chiaro che se avessero le risorse che si di-

ce che abbiano avrebbero già da un pezzo reagito alla no-

stra presenza.


--E possibile che tutta questa storia sia completamen-

te inventata--disse Pelorat, accigliato.


--Definitela un mito, Janov--disse Trevize con un

sorriso ironico--e sarete nel vostro campo. Tuttavia c'è

un pianeta che si muove attraverso l'ecosfera, il che signi-

fica che potrebbe essere abitabile. Voglio osservarlo per

almeno un giorno.
--Perché?
--Innanzitutto per sincerarmi che sia davvero abitabi-
--Avete appena detto che si trova nell'ecosfera, Golan.
--Sì, al momento sì. Ma la sua orbita potrebbe essere

molto eccentrica e portarlo alla fine a un microparsec al

massimo dalla stella oppure a una distanza di quindici

microparsec, o anche entrambe le cose. Dovremo deter-

minare la sua distanza da S-Gaia e confrontarla con la

velocità orbitale. E sarà utile prendere nota della direzio-

ne del suo moto.
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Un altro giorno.
--L'orbita è quasi circolare--disse Trevize--perciò

le probabilità che il pianeta sia abitato sono molto mag-

giori. Eppure nessuno si fa vivo con noi nemmeno adesso.

Dovremo dare un'occhiata più da vicino.


--Perché ci vuole tanto per preparare un Balzo?--dis-

se Pelorat.--In fondo sono solo Balzi piccoli.


--Date retta a un pilota. I Balzi piccoli sono più diffici-

li da controllare dei grandi. E più &cile raccogliere un

sasso o un granellino di sabbia? E poi, S-Gaia è vicina e lo

spazio è nettamente curvo. Questo rende i calcoli più

complicati anche per un computer. Perfino un mitologo

dovrebbe capirle, queste cose.


Pelorat emise un grugnito.
Trevize disse:--Ora lo potete vedere a occhio nudo. E

1~, guardate. Il periodo di rotazione è di circa ventidue


ore galattiche e l'inclinazione assiale è di dodici gradi. E

un esempio perfetto di pianeta abitabile, e in effetti ospi-

ta la vita.
--Come fate a dirlo?
--Ci sono quantità consistenti di ossigeno allo stato li-
L~ bero nell'atmosfera. E quando questo accade signiflca

che c'è una vegetazione radicata da tempo sul pianeta.


~' --E la vita intelligente?
--Quella si individua attraverso l'analisi delle radio-
~' onde. Naturalmente potrebbero esserci sul pianeta esseri

intelligenti che hanno rinunciato alla tecnologia, ma mi


~ pare un'ipotesi assai improbabile.
g --Si sono verificati casi del genere, nella storia.
--Vi credo sulla parola: quello è il vostro campo. Però
~: non è verosimile che ci siano dei semplici pastori su un

mondo che ha messo paura perfino al Mulo.


--Ha satelliti?
--Sì, uno--disse Trevize, con noncuranza.
~; --Quanto grande?--chiese Pelorat, con voce d'un

~ tratto quasi strozzàta.


,~ --NQn ve lo so dire con sicurezza. Avrà, penso, un dia-

,~ metro di un centinaio di chilometri.


~; --Ahimè--disse Pelorat, malinconico.--Scusate l'

~' esclamazione antiquata, amico mio, ma lì per lì non me

ne sono venute in mente altre. C'era solo quella minima

possibilit~. ..


-- Volete dire che se avesse avuto un satellite gigante
L sarebbe potuta essere la stessa Terra?
--Sì, ma è evidente che non lo è.
~ --Se Compor ha ragione, la Terra non si troverebbe in

E questa zona, ma nel Settore Sirio. Mi dispiace dawero,

Janov.
--Oh be', pazienza.
--Sentite, aspettiamo un po' e poi azzardiamo un altro

Balzo. Se non troveremo alcun segno di vita intelligente

, potrerno forse atterrare senza pericolo. Solo che in quel

,~ caso non ci sarebbe motivo di farlo...


~ 62
f~` Dopo il Balzo successivo Trevize disse, stupito: --A

quanto pare è proprio Gaia, Janov. Se non altro ha una

civiltà tecnologica.
--Lo capite dalle radioonde?

--Da qualcosa di meglio. C'è una stazione spaziale che

orbita intorno al pianeta. La vedete?
Sullo schermo era visibile un oggetto che agli occhi

inesperti di Pelorat non apparve particolarmente interes-

sante, ma che Trevize definì artificiale, metallico, e fonte

d i rad ioo~de.


--Che cosa facciamo adesso?--disse Pelorat.
--Niente, almeno per un po'. Essendo a questo stadio

di sviluppo tecnologico non possono non individuarci. Se

vedo che dopo un certo tempo non si muovono, spedisco

loro un messaggio radio. Se nemmeno in quel caso faran-

no niente, mi avvicinerò con prudenza.
--E se faranno qualcosa?
--Dipende da che cosa sarà quel qualcosa. Se non mi

piacerà sfrutterò i mezzì eccezionali di questa nave, che

permettono di compiere Balzi che la gente di Gaia penso

non si sogni nemmeno.


--Intendete dire che ci dilegueremmo?
--Come un missile iperspaziale.
--Ma torneremmo senza avere appreso niente.
--Non esattamente. Sapremmo sempre che Gaia esi-

ste, che ha una tecnologia che funziona e che è in grado di

spaventare gli estranei.
--Però non vorrei che ci facessimo spaventare troppo

facilmente, Golan.


--Sentite, Janov, so che morite dalla vcglia di sapere

qualcosa sulla Terra, costi quel che costi, ma vi prego di

ricordarvi che io non condivido la vostra monomania. Ci

troviamo su una nave non armata e quella gente è rima-

sta isolata per secoli.
«Mettiamo che non abbia mai sentito parlare della

Fondazione o che non la conosca abbastanza da averne

paura. O mettiamo che Gaia sia davvero la sede della Se-

conda Fondazione; una volta che ci avessero catturato e

che fossero arrabbiati con noi, potremmo non tornare

mai più come prima. Volete che vi facciano il lavaggio

del cervello? Volete dimenticare tutto sulle leggende e i

miti, ritrovarvi con la testa completamente vuota?«


--Se la mettete così...--disse Pelorat, accigliato.--

Ma che cosa faremo una volta fuggiti?


--Semplice. Torneremo su Terminus a portare la noti-

zia. Oppure nelle vicinanze di Terminus, secondo le istru-

zioni che ci darà la vecchiarda. Dopo potremo ritornare

di nuovo su Gaia in un batter d'occhio e non spostandoci

per gradi come abbiamo fatto adesso. E naturalmente

torneremo con una nave o con una flotta armata. Le cir-

costanze saranno assai più favorevoli a noi, in quel caso...
63
Aspettare era diventato ormai un lavoro di routine.
p Avevano passato molto più tempo ad aspettare durante

I'avvicinamento a Gaia che in tutto l'arco del viaggio da

Terminus a Sayshell.
F~ Trevize regolò il computer sull'allarme automatico e si

permise addirittura il lusso di sonnecchiare sulia sua pol-


, trona.
Si svegliò con un sobbalzo quando l'allarme cominciò a

suonare.
Pelorat si precipitò nella stanza dov'era Trevize; inter-

rotto mentre si faceva la barba, aveva la stessa aria sbi-

gottita del suo compagno.


--Abbiamo ricevuto un messaggio?--chiese.
--No--disse Trevize, scuotendo la testa.--Ci stiamo

muovendo.


--Muovendo? E dove andiamo?
--Verso la stazione spaziale.
1 --Come mai?
1 --Non lo so. I motori sono accesi e il computer non mi

risponde. Ma ci stiamo muovendo. Siamo stati catturati

Janov. Ci siamo avvicinati un 13°' lroppo a Gaia.
SEDICESIMA PARTE
Convergenza
64
Quando Stor Gendibal individuò finalmente sul proprio

schermo la nave di Compor, ebbe l'impressione di essere

arrivato alla fine di un viaggio davvero interminabile.

Naturalmente però non era alla fine del viaggio, ma solo

all'inizio. Il tragitto da Trantor a Sayshell era stato sol-

l~ tanto il prologo.


Novi guardò lo schermo con soggezione.--E un'altra

nave da spazio, Maestro?


t --Nave spaziàle, Novi. Sì, lo è. E la nave che dovevamo

~ raggiungere. E più grande di questa, e più veloce. Si spo-


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sta nello spazio così in fretta che se decidesse di sfuggirci

noi non la potremmo raggiungere e nemmeno seguire.
--E più veloce delle navi dei maestri?--Novi appari-

va sgomenta al pensiero.


Gendibal allargò le braccia.--In certe cose sarò anche

un maestro come dite voi, ma non lo sono certo in tutte.

Noi studiosi non abbiamo navi come quella, e non abbia-

mo nemmeno molte delle apparecchiature di cui dispon-

gono i proprietari di navi simili.
--Ma come fanno i maestri a stare senza queste cose?
--Noi siamo insuperabili in quello che importa vera-

mente. I progressi materiali che hanno íatto queste altre

persone non hanno alcun valore.
Novi corrugò la fronte, pensosa.--A me pare che muo-

versi così in fretta da non essere raggiunti dalla nave di

un maestro abbia un certo valore. Chi sono queste perso-

ne che hanno apparecchiature tanto straordinarie?


--Si definiscono la Fondazione--disse Gendibal, di-

vertito.--Avete mai sentito parlare della Fondazione?


(Si chiese che cosa sapesse Novi della Galassia, e come

mai gli Oratori non si fossero mai chiesti quello che si

stava chiedendo lui adesso. O che fosse lui solo a non es-

sersi mai posto il problema? Ad avere pensato che agli

hamiani interessasse soltanto zappare la terra?)
Novi scosse la testa, meditabonda.--Non ne ho mai

sentito parlare, Maestro. Quando il mio insegnante mi fe-

ce imparare a leggere, mi disse che c'erano molti altri

mondi oltre al nostro e mi disse il nome di alcuni di essi.

Spiegò che il vero nome di Hame era Trantor, che un

tempo Trantor dominava gli altri pianeti, che era rico-

perto di ferro luccicante e che aveva un Imperatore che

governava tutti quanti.


Novi alzò gli occhi a guardare Gendibal con espressio-

ne timida ma anche divertita.--Io però non credo a que-

ste frottole. Sono tante le sLorie che raccontano i tessipa-

role quando si ritrovano a parlare nelle sale di riunione

durante il periodo in cui le notti sono più lunghe. Da

bambina credevo alle leggende, ma quando sono diventa-

ta grande ho capito che molte non erano vere. Ormai non

credo più quasi a nessuna di esse. Anche gli insegnanti

raccontano cose incredibili.
--Tuttavia, Novi--disse Gendibal--la storia di Tran-

tor è vera, solo che risale a tanto tempo fa. Trantor era ri-

coperto effettivamente di metallo e aveva davvero un Im-
peratore che governava tutta la Galassia. Adesso invece

f~ sono quelli della Fondazione che promettono di diventare

un giorno i padroni della Galassia. Sono sempre più forti.
--Comanderanno su tutto e tutti, Maestro?
--Non subito. Fra cinquecento anni.
--E domineranno anche i maestri?
--No, no. Governeranno sui pianeti. E noi governere-

mo loro, per il loro bene e per il bene di tutti i mondi.


Novi aggrottò ancora una volta la fronte.--Maestro--

disse--la gente della Fondazione ne ha molte, di quelle

navl straordmarle?
--Credo di sì, Novi.
--E ha anche altre cose... eccezionali?

--Ha armi assai potenti, di tutti i tipi.

--Allora come mai non conquista i vari pianeti adesso?

--Non può. Non è ancora il momento.

--Ma perché non può? I maestri la fermerebbero?

--Non sarebbe necessario, Novi. Anche se noi non fa-

cessimo niente, quelli della Fondazione non potrebbero

E conquistare i pianeti adesso.

~' --Allora che cosa li fermerebbe?

~! _ Vedete--disse Gendibal--esiste un Piano, concepi-

to a suo tempo da un uomo saggio

i= S'interruppe, abbozzò un sorriso e scosse la testa.--E

difficile da spiegare, Novi. Ci proverò magari un'altra

~,' volta. Anzi, forse lo capirete da sola quando vedrete quel-

lo che succederà prima che torniamo su Trantor.

i~ --Che cosa succederà, Maestro?

ì --Non !° so bene, Novi. Ma non preoccupatevi, tutto

andrà per ll verso giusto.

Atmeno lo spero, pensò, mentre si preparava, finita la

~Lr conversazione, a mettersi in contatto con Compor.

D'un tratto si sentì in collera con se stesso, perché capi-

va da che cosa traesse origine quel suo stupido dubbio.

~: Era stata la nave di Compor, simboleggiante la grande

potenza della Fondazione, a scoraggiarlo, anche perché

I'aveva infastidito il fatto che Novi l'avesse ammirata

E tanto.


Era uno sciocco, si disse. Come si poteva mai parago-

E nare la mera forza materiale con la capacità di gover-

nare gli eventi? Generazioni di Oratori avevano parlato,

non a caso, della assurdità di una mano che ti stringe ta

l~ gola.

~ Eppure, pensò, nemmeno lui era ancora del tutto im-

mune dal fascino di quell'assurdità...
65
Munn Li Compor non era affatto sicuro di come dovesse

comportarsi. Per quasi tutta la vita aveva avuto contatti

solo a distanza con gli Oratori. Questi esseri potentissimi

che tenevano in pugno, con le lòro facoltà misteriose, I'in-

tera umanità.
Fra tutti loro Compor si era rivolto a Gendibal, per ri-

cevere direttive. La maggior parte delle volte il loro con-

tatto non era avvenuto attraverso la voce, ma attraverso

la semplice presenza mentale: iperlingua senza un iper-

relé.
Sotto questo aspetto la Seconda Fondazione era andata

molto più in là della Prima. Senza congegni materiali, so-

lo col potere della mente opportunamente educata, i suoi

membri potevano comunicare l'un con l'altro a parsec e

parsec di distanza e in modo tale da non essere né inter-

cettati né interrotti.


Attraverso la mediazione di un gruppo abbastanza ri-

stretto di persone votate a questo preciso scopu si era isti-

tuita una rete invisibile che nessuno poteva scoprire e che

teneva insieme tutti i mondi.


Più di una volta Compor aveva provato una sorta di eu-

foria al pensiero del proprio ruolo nel disegno generale.

Quanto sparuto era il gruppo di cui faceva partè, e che in-

fluenza enorme esercitava! E agiva in totale segretezza.

Nemmeno sua moglie era a conoscenza di quel lato na-

scosto della sua vita.


A governare la Seconda Fondazione erano gli Oratori e

la persona che adesso Compor stava per-incontrare, Gen-

dibal, forse sarebbe diventata un giorno Primo Oratore,

ossia, in certo modo, il più-che-imperatore di un più-che-


mpero.
Gendibal era lì, dunque, ormai, e Compor, benché cer-

casse di non pensarci, era rammaricato che l'incontro

non fosse avvenuto su Trantor. Una sola cosa lo lasciava

perplesso: la nave. Era mai possibile che quella fosse una

nave di Trantor? Gli antichi Mercanti che avevano tra-

sportato i prodotti della Fondazione da un punto all'altro

di una Galassia ostile avevano sicuramente mezzi di tra-

sporto migliori di quello. Non c'era da stupirsi che Gen-


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