La ricostruzione medico legale


Considerazioni sulle dichiarazioni rese da Antonino GIUFFRE’



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Considerazioni sulle dichiarazioni rese da Antonino GIUFFRE’


Il collaboratore ha fornito informazioni sull’omicidio per cui è processo apprese “de relato” e, in ogni occasione, ha mostrato conoscenze sia sui responsabili, sia sul movente, e ciò anche nel corso dei due verbali resi in fase d’indagine il 4.12.2002 e il 3.3.2004, entrambi acquisiti con il consenso delle parti su sollecitazioni della difesa.

Si tratta, innanzitutto, di analizzare la genesi di tali indicazioni, la costanza e la globale coerenza del suo portato accusatorio. Sin dal primo verbale del 4 Dicembre 2002, GIUFFRE’ ha posto in rilievo che:



  • la notizia che CALVI si fosse suicidato faceva sorridere; CALVI non si era suicidato, era stato ucciso; era “stata tutta una messa in scena” (vedi pag. 175, trasc. int. 4.12.2002);

  • l’operazione era riuscita bene (vedi pag. 176, trasc. ud. int. 4.12.2002);

  • era stato Pippo CALO’ a “pagare” Roberto CALVI, vale a dire a far uccidere CALVI (vedi pag. 182, trasc. int. 4.12.2002);

  • le sue conoscenze erano maturate prevalentemente dai discorsi sentiti presso la casa di Ciccio INTILE a Caccamo tra questi e DI GESU’ (vedi pag. 177 e 184, trasc. int. 4.12.2002);

  • CALVI non aveva saputo amministrare e investire bene i capitali che gli erano stati consegnati, che vi era stato un contrasto tra il gruppo CALO’ e CALVI di natura economica, che era stata effettuata un’attività faticosa per recuperare tali somme e che “il rapporto di fiducia si era rotto” (vedi pag. 172 – 175, trasc. int. 4.12.2002);

  • aveva sentito parlare di Flavio CARBONI ed Ernesto DIOTALLEVI da Lorenzo DI GESU’ e Giuseppe PANZECA come persone di Roma molto vicine a Pippo CALO’ nel periodo 83-85 (vedi pag. 90 e 91, trasc. int. 4.12.2002), ma, alla domanda per quale ragione ne aveva sentito parlare, sostanzialmente non aveva risposto.

Tali circostanze sono state riferite, dopo che all’inizio dell’interrogatorio, aveva dichiarato di non sapere da chi fosse stato ucciso, le modalità e le ragioni dell’omicidio (vedi pag. 7, trasc. int. 4.12.2002).

Il collaborante nel corso della sua deposizione dibattimentale ha fornito delle risposte a tale diniego che appaiono convincenti: non aveva partecipato direttamente al delitto ed era “stato con un passo indietro”, i suoi ricordi erano affiorati perché si era cominciato a parlare di DI GESU’.

Orbene, la lettura del verbale del 4 Dicembre 2002 conferma il fatto che, solo dopo i quesiti rivolti su DI GESU’, GIUFFRE’ ha rassegnato i suoi ricordi.

La scaturigine del meccanismo mnemonico appare coerente sotto il profilo logico – razionale, dal momento che non si tratta di una vicenda delittuosa vissuta in prima persona e che è stato chiamato a rievocare quanto era stato detto in sua presenza a distanza di vent’anni, in un’epoca in cui iniziava a muovere i primi passi in seno all’organizzazione. È evidente come sia stato necessario rimuovere il comprensibile velo caduto sulle sue conoscenze attraverso appropriate domande degli inquirenti che, indubitabilmente, lo hanno indotto a riflettere durante l’interrogatorio e a collegare i fatti nei giorni a seguire.

GIUFFRE’ aveva assunto in seno al sodalizio una posizione sempre più influente al punto da giungere a rivestire una posizione di comando, tanto da contribuire alla definizione dell’indicazione strategica di Cosa Nostra e decidere tempi e modalità dei delitti, sicché nei suoi ricordi sono rimasti più impressi gli episodi e le vicende che lo hanno visto coinvolto in prima persona. Diventa, quindi, comprensibile che la sua mente abbia dovuto ripescare nel passato e collegare fatti e circostanze per riportare alla mente quanto appreso con riferimento all’omicidio di Roberto CALVI, ai suoi rapporti con Cosa Nostra, esponenti vaticani e della massoneria.

Invero, v’è da dire che quel primo esame è stato reso difficile e avversato dall’allora procuratore della Repubblica di Palermo, ed è stato condotto in condizioni non ottimali. E, infatti, la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, dopo aver appreso dalla stampa la notizia della collaborazione di GIUFFRE’, fissava come date di interrogatori il 15 e il 21 Ottobre 2002 e comunicava la circostanza al procuratore della Repubblica di Palermo, con nota del 27 Settembre 2002. L’incombente istruttorio non si teneva nelle date prescelte, in virtù dell’opposizione e, comunque, della non disponibilità del procuratore del capoluogo siciliano. In quei giorni, era divenuto impossibile prendere contatti telefonici con tale magistrato per comprendere le reali ragioni delle disposizioni impartite. Perciò, con nota del 30.10.2002 diretta al Procuratore Nazionale Antimafia e per conoscenza al Procuratore della Repubblica di Palermo, con la quale si poneva in rilievo che “con nota del 27.9.2002, indirizzata al procuratore di Palermo, si è richiesto di poter espletare tale atto, per le vie brevi è stato segnalato che non sussiste la possibilità di fissare un interrogatorio, in ragione dei numerosi impegni che il collaborante dovrà sostenere. L’esigenza investigativa è divenuta di fondamentale importanza ed irrinunciabile, alla stregua di recenti acquisizioni, che impongono di compulsare il collaborante in ordine al fatto reato in oggetto e ad alcune attività svoltesi nel mandamento di Caccamo nei primi anni ’80 e da parte di uomini d’onore appartenenti alla sua famiglia di concerto con Giuseppe CALO’ e Flavio CARBONI. Ad ogni buon fine, si rappresenta che gli scriventi sono disponibili a compiere l’atto anche in giornata festiva ed orario notturno. Si richiede, pertanto, di valutare l’opportunità di promuovere le iniziative opportune per coordinare i diversi esami da parte dell’A.G. interessate al fine di assicurare a quest’ufficio l’espletamento dell’atto necessitato”.



Solo così si riusciva a escutere il collaborante in data 4 Dicembre 2002 a ridosso della scadenza dei 180 giorni previsti dalla legge. Al compimento di quell’atto il Procuratore della Repubblica di Palermo ha imposto la sua presenza e nello stesso giorno il collaborante è stato escusso da altro magistrato della procura di Roma, nell’ambito di altro procedimento penale. È, dunque, evidente che GIUFFRE’ non fosse nelle condizioni idonee per poter ricordare tutte le informazioni acquisite in un lontano passato sul delitto che ci occupa, proprio in considerazione del numero degli impegni investigativi a cui era sottoposto in quell’arco temporale e, in ragione del fatto che gli stessi afferivano a un tempo molto remoto. Si è trovato evidentemente nell’impossibilità di effettuare i necessari collegamenti tra i fatti e le persone come, invece, ha potuto fare in seguito, quando è stato escusso in condizioni normali e senza alcuna sorta di condizionamento.

A sostegno di tale ipotesi, vale ricordare che, nel corso del suo secondo interrogatorio, compiuto il 3 Marzo 2004, in condizioni di tranquillità, con l’assistenza del proprio difensore Floriana MARIS, ha fornito una collaborazione più completa che è coerente con il ruolo dallo stesso rivestito in seno a Cosa Nostra e ai rapporti che questi ha avuto con Lorenzo DI GESU’. In quella sede ha riferito le sue conoscenze in termini del tutto sovrapponibili a quanto ha fatto in dibattimento, prendendo le mosse proprio dal ruolo svolto da CALO’ nell’omicidio.

Quanto al movente del delitto, nel corso di detto incombente istruttorio, ha riferito:
Per quanto riguarda le motivazioni per le quali si è deciso di uccidere CALVI preciso che le stesse si rinvengono nella cattiva gestione dei capitali di Cosa Nostra e nella sua divenuta inaffidabilità per ambienti diversi da Cosa Nostra.

In sede di verbalizzazione aggiunge che coloro che hanno appoggiato l’ascesa di Calvi hanno avuto paura e si sono rivolte a Cosa Nostra per eliminarlo. Si tratta di favori che poi vengono ricambiati” (vedi pag. 5 e 6, verb. 3.3.2004).

Quanto all’organizzazione del delitto ha raccontato:


Nel discorso Calvi in modo particolare l’attore principale è Pippo Calò e il Lorenzo Di Gesù. L’attore principale è questo nell’ultimo periodo del Calvi con un ruolo, punto di riferimento ben preciso, che è Calò. Pippo Calò delegherà … dietro le quinte c’è anche Di Gesù Lorenzo. D: sì “Pippo Calò delegherà…”? R: a Carboni cioè di portare avanti il discorso di Calvi, cioè sarà – successivamente come le ho detto – sarà il gruppo di Pippo Calò, questo gruppo di amici, che si metterà nelle mani a Calvi e non lo mollerà più fino a quando non avranno fatto quello che era stato già decretato cioè ucciderlo. Questo è il discorso di quando io le dicevo “la risata” … Poi diventerà per loro giustamente, tra virgolette, una medaglia da …” (vedi pag. 38 e 39, trasc. verb. 3.3.2004).
Facevano tutti discorseti che poi maturavano dai discorsi fatti nell’ambito … Cioè sono discorsi fatti di Cosa Nostra, signor Procuratore, ma sono tutti discorsi fatti perché … un attore principale: tutto si contesta a Lorenzo Di Gesù assieme a Pippo Calo’ cioè. E troverete che io – mi sembra di averlo detto – troverete delle persone di Roma perfettamente inserite con Pippo Calò, cioè ci troverete come abbiamo detto persone intime con Di Gesù Lorenzo, intime con Pippo Calo’. ci troverete a Carboni – ci troverete a Diotallevi … ci troverete tante persone che sono tutte uno stesso gruppo e saranno … Ecco il discorso della risata quando il giornale … saranno proprio quel gruppo che poi se lo metterà nelle mani in ultimo, tutti” (vedi pag. 29 e 30, trasc. verb. 3.3.2004).

D’altro canto, con specifico riferimento al coinvolgimento di DIOTALLEVI e CARBONI, GIUFFRE’ aveva lasciato aperto la porta nel primo verbale dicendo di aver raccolto notizie da DI GESU’, senza, peraltro, specificare con riferimento a cosa e omettendo di rispondere alla domanda che gli era stata posta.

Nelle sue dichiarazioni il collaborante ha sempre indicato quale porgitore delle proprie notizie Lorenzo DI GESU’, la cui appartenenza a Cosa Nostra nella stessa famiglia di GIUFFRE’ e i stretti rapporti con CALO’ sono stati riconosciuti da sentenze definitive (vedi pag. 441 – 463, sent. del maxi bis del 6.5.1989, con motivazione depositata il 18.8.1989, nonché le sentenze relative al maxi uno).

GIUFFRE’ nella sua deposizione ha dimostrato di essere in possesso di numerose notizie sul DI GESU’ e sulle sue attività, soprattutto a Caccamo (vedi, tra l’altro, pagg. 65 e 66, trasc. 10.1.2006).

È evidente, pertanto, che tra i due sussistevano rapporti che ben legittimavano confidenze qualificate di DI GESU’. Nessun motivo di rancore è emerso tra i due o con gli imputati, tale da ipotizzare che GIUFFRE’ abbia reso le dichiarazioni per vendetta o per creare nocumento. Né si può ipotizzare che egli si sia voluto appiattire sulle dichiarazioni rese da altri collaboratori di giustizia. Ed infatti, oltre a non risultare che ne fosse a conoscenza, le sue indicazioni si sono caratterizzate per significativi profili di novità per quanto attiene sia le fonti conoscitive, sia per quanto attiene ai contenuti. Si pensi al coinvolgimento nel delitto di Lorenzo DI GESU’, alla delineazione degli antefatti al delitto, alla convergenza d’interessi nell’eliminazione di Roberto CALVI, all’essersi Giuseppe CALO’ fatto carico dell’esecuzione del delitto servendosi del gruppo romano e al ruolo di amico – boia svolto da CARBONI, nonché alla partecipazione al delitto di Ernesto DIOTALLEVI. Si tratta di aspetti innovativi che non possono risiedere nemmeno in un’ipotetica inquietante influenza proveniente dai media, ipotesi che permea alcuni quesiti posti al collaboratore nel corso del controesame.

Il difensore dell’imputato Flavio CARBONI ha cercato di vulnerare l’attendibilità del racconto di GIUFFRE’, soffermandosi sulle dichiarazioni rese con riferimento all’omicidio dei fratelli SCEUSA (di cui si è già detto), commesso il 19 Giugno 1991, per adombrare che avesse accusato persone estranee al delitto (vedi pag. 25 e 26, trasc. 10.1.2006), riservandosi di produrre le relative sentenze. Al riguardo, si fa rimando a quanto riportato all’inizio della trattazione del collaborante GIUFFRE’, nel corpo della premessa.





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