La ricostruzione medico legale


Sulla incompatibilità della partecipazione di Gaetano BADALAMENTI alla commissione dell’omicidio CALVI, essendo stato BADALAMENTI espulso



Yüklə 0,75 Mb.
səhifə9/33
tarix25.12.2017
ölçüsü0,75 Mb.
#35941
1   ...   5   6   7   8   9   10   11   12   ...   33

Sulla incompatibilità della partecipazione di Gaetano BADALAMENTI alla commissione dell’omicidio CALVI, essendo stato BADALAMENTI espulso

Non è così. L’invocata incompatibilità non esiste per le seguenti ragioni.



  1. BADALAMENTI non è stato ucciso dai corleonesi. Perché evidentemente era utile che rimanesse vivo, a differenza di Stefano BONTATE, Salvatore INZERILLO e dei componenti dell’ala moderata.

  2. BADALAMENTI rimane ‘in pista’ anche dopo l’omicidio di Francesco MADONIA (8.4.1978), tant’è che commissiona l’omicidio di Giuseppe IMPASTATO, commesso il 9 Maggio 1978. Non solo, MUTOLO riferisce del perpetuarsi dei rapporti tra BADALAMENTI e uomini d’onore, con riferimento al traffico di stupefacenti.

  3. CALO’ è personaggio ambiguo e, nel Giugno del 1982, quando viene assassinato CALVI, non si è ancora entrati nella fase cruenta dello scontro in seno a ‘cosa nostra’ tra le due opposte fazioni, verificatosi nel Novembre del 1982. In ordine all’ambiguità di CALO’, Francesco di CARLO ha riferito che egli agiva laddove si poteva fare denaro, chiunque fosse il proprio interlocutore. Per dimostrare concretamente la sua ambiguità, ha citato l’episodio della scomparsa del costruttore Angelo GRAZIANO, allorché, nel 1977, chiedeva a BONTATE di eliminarlo. Anche Giovanni BRUSCA ha affermato che CALO’ era persona ambigua, ma ha aggiunto che nel corso della ‘guerra’, si era schierato con i corleonesi. Si noti che BUSCETTA faceva parte della fazione dei moderati e che questi era stato il suo ‘padrino’ in seno a ‘costa nostra’. Sulle dichiarazioni di Salvatore CUCUZZA inerente al fatto che CALO’ non faceva il doppio gioco.

È vero che Salvatore CUCUZZA ha riferito di non essere a conoscenza del fatto che CALO’ facesse il doppio gioco, ma è altrettanto vero che egli ha dichiarato che lo stesso aveva mantenuto i suoi rapporti sia con i corleonesi e sia con i c.d. perdenti sino “a quando non si sfocia nella guerra… quella più cruenta” (vedi pag. 24, trasc. 14.2.2006). Dal momento che la fase più cruenta della c.d. ultima guerra di mafia si è registrata nel Novembre del 1982, cinque mesi dopo l’omicidio di Roberto CALVI, ne deriva che il mantenimento dei rapporti da parte di CALO’ con entrambi gli schieramenti era stato mantenuto sino all’epoca in cui non fu commesso l’omicidio per cui è processo.

  1. CALVI subentrava a SINDONA nel riciclaggio. Quest’ultimo aveva dirottato le risorse di ‘cosa nostra’ su CALVI, il quale aveva, quindi, gestito i proventi dei corleonesi e dei moderati.



  1. Sui collaboratori di giustizia

In via generale, si è sostenuto che le loro dichiarazioni sono generiche, contrastanti, che non hanno trovato riscontri e che è mancata da parte della Corte di primo grado il vaglio preliminare sulla loro attendibilità intrinseca che richiede l’analisi della personalità dell’accusatore, della genesi della chiamata, della costanza delle dichiarazioni e della spontaneità delle stesse.

In proposito, si fa rinvio a quanto esposto nel corpo dell’atto d’appello, con specifico riferimento a ciascun collaborante. Un più analitico esame delle indicazioni fornite dai collaboranti avrebbe dovuto indurre ad attribuire un’apprezzabile e significativa valenza accusatoria nei confronti degli imputati ai collaboranti oggetto di censura difensiva.

  1. Su Francesco Marino MANNOIA

Le difese hanno sostenuto che le dichiarazioni di tale collaborante sono tardive, che ha detto di non aver mai sentito il nome di CARBONI e, poi, nel verbale del 1991 lo avrebbe menzionato. Inoltre, assume che questi avrebbe inserito CARBONI nell’attività di riciclaggio solo successivamente, pur non avendolo accusato di aver partecipato all’omicidio ha persino sostenuto che nel 1991 non aveva parlato di Agostino COPPOLA, mentre l’aveva fatto nel 1997. Si tratta di rilievi capziosi e del tutto infondati. Si deve, in questa sede, richiamare quanto esposto da pag. 397 a pag. 416 dell’atto d’appello. MANNOIA non ha mai detto in verbali antecedenti al 15.07.1991 di non aver mai sentito il nome di CARBONI. La circostanza è il frutto della fervida fantasia della difesa. Le indicazioni su CALVI di MANNOIA potrebbero al più essere ritenute tardive per il fatto di non averle rese sin dall’inizio della sua collaborazione (Settembre – Ottobre 1989) e solo durante la sua permanenza negli Stati Uniti. All’epoca non esisteva nessuna normativa che imponesse di riferire le dichiarazioni entro un certo periodo e il collaborante ha dato al riguardo risposte persuasive. Si deve, poi, tenere in debita considerazione il fatto che la sua collaborazione è stata di tale ampiezza da ritenere il lasso di tempo intercorso sino al momento in cui ha riferito dell’omicidio CALVI di breve durata.

Sul punto è stato interrogato e ha spiegato che in precedenza nessuno glielo aveva chiesto, che non v’era stata nessuna occasione (vedi pag. 282, trasc. 31.1.2006), che tali notizie le aveva fornite quando era stato a contatto per un anno con appartenenti al FBI, i quali avevano voluto sapere tutta la sua vita (vedi pag. 283, trasc. 31.1.2006 e pag. 66, trasc. 18.12.1997), che aveva detto al dottor FALCONE di non escludere di fare ulteriori dichiarazioni (vedi pag. 286, trasc. 31.1.2006).

Il suo apporto si è caratterizzato per assoluto disinteresse rispetto ai fatti, come dallo stesso MANNOIA affermato, e nessun motivo di rancore è emerso nei confronti degli imputati.



Nel corso del suo esame, come si è visto durante la ricognizione effettuata nel corpo dell’atto di appello, sono state effettuate due contestazioni da parte della difesa, in relazione a due invocate difformità emerse, con esclusivo riferimento al primo dei verbali redatti, quello del 15 Luglio 1991. La prima, attiene al comportamento tenuto da Pietro LO IACONO, nel corso delle esternazioni di Giovan Battista PULLARA’, peraltro ben superata dalle indicazioni fornite nel corso dell’incidente probatorio e della deposizione dibattimentale. Nell’originario verbale è stato trascritto che Pietro LO IACONO “non sapeva nulla”, mentre nell’incidente probatorio e in dibattimento, pur confermando che non aveva fatto alcuna “affermazione allorquando Giovan Battista PULLARA’ aveva riferito le sue conoscenze sull’omicidio di CALVI”, ha specificato, quale logica conseguenza derivante dalla conoscenza e dai rapporti del MANNOIA con LO IACONO, che questi non aveva fatto sostanzialmente alcuna obiezione a quanto sostenuto dal PULLARA’ e che, quando voleva mettere qualcosa “in discussione, faceva i suoi commenti e portava delle tesi”. È sin troppo evidente come non sia dato apprezzare alcun contrasto e che il non aver riportato la puntualizzazione nel verbale del 1991, va ricondotto alla sinteticità e approssimazione con cui l’atto è stato redatto, come meglio si evidenzierà nel prosieguo. Del resto, MANNOIA si era espresso negli stessi termini riferiti in dibattimento, nel verbale reso nell’Ottobre 2002, come si ricava dal fatto che nessuna difformità è stata fatta rilevare sul punto.

La seconda, con riferimento alla persona di Flavio CARBONI. Su tale ultimo punto, v’è da dire come sia del tutto evidente che l’anomalia evidenziata dal difensore è speciosa e attiene esclusivamente al verbale del 15.07.1991 (v. all. n. 45bis). Rappresenta il frutto di un’approssimativa verbalizzazione. Gli inquirenti avrebbero dovuto rivolgere quantomeno una domanda di spiegazione sul significato della iniziale locuzione riportata: “nulla mi dicono i nomi Carboni Flavio…”, in ragione di quanto riportato nel prosieguo dello stesso verbale, per far emergere che le sue conoscenze erano affiorate nel corso del verbale, così come il collaborante ha riferito nel corso dell’incidente probatorio (vedi pag. 30, trasc. 18.12.1997), o che vi era stata un’erronea verbalizzazione. Se partiamo dal presupposto che gli inquirenti nella circostanza abbiano proceduto con rigore, per non averlo fatto significa che non ve n’era ragione. È, quindi, logico ritenere che il nome di CARBONI in quel primo passo sia stato riportato per mero errore. In ogni caso, il pubblico ministero ha prestato il consenso alla produzione del verbale per non comprimere, o neutralizzare gli elementi probatori ritenuti dalla difesa di Flavio CARBONI a favore del proprio assistito e per non frapporre limiti alla ricerca della verità, mentre la difesa ha negato il consenso all’acquisizione del verbale reso nell’Ottobre del 2002. Invero, l’analisi di quell’atto acquisito, mostra che si tratta di un atto manoscritto, privo di domande e di organicità nella trattazione degli argomenti, non registrato, del tutto sintetico e caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di magistrati, circostanza questa che inevitabilmente ha comportato la mancanza di una linea unitaria nella conduzione dell’atto. Lo stesso MANNOIA ha sottolineato che la verbalizzazione è anomala, confermando, a più riprese, che la realtà era quella riferita in dibattimento. Si ricorda che la prova si forma in dibattimento nel contraddittorio delle parti. D’altro canto, chiunque abbia avuto l’occasione di ascoltare i racconti di Francesco Marino MANNOIA sa che le sue narrazioni sono dense di particolari e articolate, così come è avvenuto durante la sua deposizione dibattimentale. Nondimeno, la sostanza delle indicazioni del collaborante è confermata anche in quel primo verbale, sia con riferimento a quanto avuto riferito da Ignazio e Giovan Battista PULLARA’, sia per quanto attiene al movente del delitto, sia con riferimento alla colleganza di CARBONI con Giuseppe CALO’. Va sottolineato, infatti, che, sempre nel verbale del 15.7.1991, a pag. 9, si legge: “Il CARBONI era, invece, un canale di attività finanziaria del CALO’”, sicché appare smentita la pretesa difensiva che abbia inserito CARBONI nell’attività di riciclaggio solo successivamente. Ne consegue, pertanto, un ulteriore rafforzamento dell’attendibilità del collaborante. Va, poi, ribadito che la prova si forma in dibattimento.

Parimenti, non è affatto vero che MANNOIA non abbia parlato di Agostino COPPOLA nel corpo del verbale del 1991, dal momento che MANNOIA, in tale verbale, ha parlato di Agostino COPPOLA (vedi pag. 8 e 10) e lo ha correlato al denaro investito da Cosa Nostra nella banca vaticana e a CALVI, attribuendogli il ruolo di consulente.



Le smentite di Giovan Battista PULLARA’ e di Pietro LO IACONO, sebbene valorizzate dalla Corte, non appaiono idonee a compromettere l’affidabilità del suo racconto, risultando scontate. In particolare, PULLARÀ ha escluso qualsiasi conoscenza del DI CARLO e ha insinuato il sospetto che le dichiarazioni del MANNOIA derivassero dal fatto che “il carcere è una cosa durissima … e che per evitarlo lui crede che ci si venda anche l’anima”. Siffatte dichiarazioni sono “prive di qualsiasi credibilità”, per diverse ragioni e, principalmente, per il fatto che sono ampiamente smentite dai fatti accertati in numerosi processi penali a carico di chi le ha rese.


  1. Yüklə 0,75 Mb.

    Dostları ilə paylaş:
1   ...   5   6   7   8   9   10   11   12   ...   33




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©muhaz.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

gir | qeydiyyatdan keç
    Ana səhifə


yükləyin