Sulle ragioni dell’incontro con il presidente FALCO ORLANDI a ridosso dell’espatrio
La difesa ritiene che l’oggetto dell’incontro, intercorso il 10 pomeriggio presso l’abitazione del magistrato, in prossimità di Corso Francia, sia stato quello di poter ottenere il passaporto necessario per lasciare l’Italia. E’ singolare pensare di poter legittimamente ottenere la revoca del divieto dell’espatrio dall’autorità milanese, rivolgendosi a un magistrato romano, per l’indomani mattina. Semmai, quell’incontro poteva avere un significato realistico se collegato a un obiettivo di più ampio respiro, quale l’aggiustamento del processo valutario in fase d’appello. Invero, a oggi, non è dato sapere lo scopo della visita di CALVI. Quel che è certo, invece, è che CARBONI per la contraffazione del passaporto non si è attivato dopo il 10 Giugno pomeriggio e che l’incarico a DIOTALLEVI è stato dato con congruo anticipo, apparendo contrario a ogni logica un suo impiego occasionale. Del resto, DIOTALLEVI non ha proceduto direttamente alla contraffazione, ma si è rivolto ad altri appartenenti al circuito della c.d. ‘Banda della Magliana’.
Sull’incontro in Svizzera con DIOTALLEVI
La versione fornita da DIOTALLEVI per spiegare la sua permanenza in Svizzera dal 12 al 15 Giugno 1982 (ottenere la restituzione degli assegni per oltre 300 milioni di Lire dati a CARBONI nell’estate del 1981, in quanto gli era stata notificata una procedura esecutiva) non appare credibile per varie ragioni. DIOTALLEVI aveva incontrato CARBONI l’11 Giugno a Roma e aveva portato il passaporto falsificato e del denaro a Trieste, a bordo dell’aereo privato di Flavio CARBONI. L’imputato pretende di farci credere che si è rimesso in viaggio per incontrare in Svizzera Flavio CARBONI e parlare della restituzione di quanto spettantigli poche ore dopo essere ritornato a Roma, proveniente da Trieste. Se quella fosse stata la ragione per la quale doveva recarsi in Svizzera non si capisce per quale motivo non abbia affrontato la questione con CARBONI il giorno 11 o il 12 Giugno 1982, allorché si era recato nella sua abitazione o nei giorni precedenti, dal momento che risulta aver avuto contatti frequentissimi con l’ufficio romano della SOFINT di Flavio CARBONI e di Emilio PELLICANI a Roma (vedi annotazioni relative ai mesi di Maggio e Giugno 1982 sulle agende della segretaria Anna PACETTI). Invece, DIOTALLEVI, pur asserendo di dover riscuotere 300 milioni di Lire da CARBONI, gli ha consegnato 10 milioni di Lire. Non è casuale la coincidenza per cui DIOTALLEVI si trovava a Zurigo il 15 Giugno lo stesso giorno in cui CALVI e CARBONI, con voli separati giungevano a Londra, e negli stessi giorni in cui CALVI veniva indotto a mutare il proprio programma, che originariamente prevedeva il soggiorno a Zurigo. DIOTALLEVI ha continuato a mentire quando ha affermato che CARBONI gli avrebbe detto che l’indomani “sarebbe stato a Roma”, dal momento che quest’ultimo aveva già pianificato altri spostamenti. Per di più, occorre porre in rilievo che nel verbale dallo stesso reso si dà atto che viene esibito un verbale di udienza in data 10.12.1987, relativo alla causa promossa dalla Banca Rasini S.p.a. con i numeri RGE 45783 e 48604.
Orbene, dalla disamina del carteggio si evince che:
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la procedura esecutiva di cui al nr. 45783 è stata effettivamente presentata dalla Banca RASINI di Milano nei confronti di Ernesto DIOTALLEVI ed è stata regolarmente notificata alla madre dello stesso in data 9 Febbraio 1982 e depositata presso il Tribunale Civile di Roma il 12 Febbraio 1982; la trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II di Roma è stata eseguita il 27 Febbraio 1982;
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da quanto si rileva dal carteggio, la prima udienza si è svolta il 28 Marzo 1984 e a tale procedimento è stato unito il nr. 48604, riguardante una analoga richiesta di pignoramento promossa dall’Istituto Italiano Credito Fondiario nei confronti di Ernesto DIOTALLEVI, notificato alla cognata Mirella FIORANI il 26 Maggio 1983;
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entrambe le posizioni nr. 45783 e 48604 sono state definite ed estinte con sentenza emessa dal Giudice dell’Esecuzione il 18.12.1987, ai sensi dell’art. 629 c.p.c. (vedi pag. 126 – 129, trasc. 11.1.2006 e gli atti inseriti nella richiesta di prove documentali del 22.11.2005, capitolo H, nr. 31).
Se ne ricava agevolmente che nessuna ragione di urgenza poteva giustificare addirittura un viaggio all’estero per incontrare CARBONI, dal momento che la notifica dell’atto di esecuzione immobiliare era stata eseguita il 9 Febbraio 1982, cioè 4 mesi prima del meeting a Zurigo (vedi pag. 127 – 129, trasc. 10.1.2006). Del resto, se l’intento fosse stato veramente quello riferito dall’imputato sarebbe bastata una telefonata. DIOTALLEVI non aveva, non poteva e non doveva avere timori sulla solvibilità di CARBONI, posto che in epoca vicinissima, il 15 Aprile e il 3 Maggio 1982, aveva fruito di due bonifici per importi ben più consistenti dell’ammontare che nella circostanza pretendeva (il 3 Maggio venivano bonificati 530 mila Dollari sul c/c nr. 699433, acceso presso l’UBS di Lugano). Inoltre, si tenga presente che, nell’Aprile del 1982, CARBONI aveva versato a DIOTALLEVI 100 milioni in contanti (vedi pag. 8 del verbale d’interrogatorio del 17.11.1982, ore 12.40 reso da Emilio PELLICANI). Ma non solo. Il giorno 11.6.1982, DIOTALLEVI aveva consegnato dieci milioni di Lire a CARBONI; otto dei quali venivano consegnati a CALVI dallo stesso DIOTALLEVI, il quale aveva viaggiato su un aereo privato del CARBONI sulla tratta Roma – Trieste, le cui spese venivano sostenute da Flavio CARBONI. DIOTALLEVI aveva ceduto a CARBONI 690 milioni di Lire in quello stesso periodo. Poteva trattenerne una parte. Perciò, la tesi di DIOTALLEVI del creditore preoccupato all’inseguimento del debitore fuggitivo, non solo non è sostenibile, ma è chiaramente un falso. Rappresenta un maldestro tentativo di mascherare il reale motivo del viaggio: portare gli ordini di CALO’, permettere il necessario raccordo operativo per consentire l’esecuzione dell’omicidio, nella città ove CALVI veniva accompagnato a Londra, e assicurare il contatto con gli esecutori materiali dell’omicidio che avrebbero dovuto prelevare la vittima dal Chelsea Cloister, correi che evidentemente CARBONI ha incontrato a Londra il 17 Giugno 1982.
Si può ragionevolmente ipotizzare che Ernesto DIOTALLEVI si sia recato a Zurigo perché doveva comunicare a CARBONI informazioni che potevano essere dette solo di persona in relazione all’organizzazione del piano esecutivo e all’accaparramento e distribuzione delle risorse finanziarie del Banco e di CALVI. Non vi era tempo per permettere a CALVI di recarsi a Zurigo perché il banchiere di lì a poco sarebbe stato esautorato e occorreva accelerare la tempistica del suo trasferimento a Londra e dell’appuntamento con la morte. E ciò si comprende anche ponendo mente alla condotta di CARBONI. La mattina di Domenica 13 Giugno 1982 informava il pilota Paolo UBERTI della sua intenzione di ripartire alla volta di Zurigo con il proprio aereo I-Kuna per il primo pomeriggio, programma che, poi, è stato annullato e l’equipaggio è rientrato a Roma.
Dopo aver attentamente letto la memoria del pubblico ministero predisposta in occasione dell’udienza preliminare, Flavio CARBONI ha sostenuto che DIOTALLEVI era creditore di una somma di denaro. Vi era stato un pignoramento di un immobile che aveva venduto. Così DIOTALLEVI pretendeva, a ragione, che togliesse il pignoramento o desse la somma necessaria. La sua richiesta di 180/160 milioni di Lire.
L’urgenza era determinata dalle sollecitazioni di DIOTALLEVI iniziate già da qualche mese. Egli cercava di temporeggiare perché non era lui che avrebbe dovuto risolvere quel problema ma la persona alla quale aveva dato il titolo che aveva determinato il pignoramento (vedi pag. 3 – 7, trasc. 18.10.2006).
Flavio CARBONI ha dichiarato, inoltre, che l’incontro con DIOTALLEVI a Zurigo era stato “voluto da me” (vedi pag. 152, trasc. 25.10.2006). Avevano prima, gli pareva, un appuntamento a Lugano. In quei giorni lo inseguiva, così com’era accaduto il giorno in cui gli aveva consegnato il passaporto. Prima aveva assediato PELLICANI e, dopo una lite tra loro, questi glielo aveva sganciato per sua disgrazia. Non poteva rifiutarsi di sentirlo (vedi pag. 152, trasc. 25.10.2006).
Era certamente lui che telefonava a DIOTALLEVI “a casa sua”, poi forse nell’albergo dov’era andato, anche se il particolare non lo ricordava. Certamente, aveva i riferimenti telefonici di DIOTALLEVI perché se lo aveva raggiunto a Zurigo era perché “gli dissi di raggiungermi a Zurigo”, anche perché Zurigo non era in programma e vi era l’impossibilità di fare programmi (vedi pag. 153, trasc. 25.10.2006).
Prima “si dava un appuntamento in un posto, perché c’era un programma diverso”. Non poteva fare un programma.
Il racconto ingenera delle perplessità che inducono a dubitare della verità dello stesso. Invero, se DIOTALLEVI lo insegue è anomalo che sia CARBONI ad averlo, a più riprese, contattato telefonicamente. Evidentemente, vi era un interesse reciproco a mantenersi in contatto. È, poi, davvero strano che non abbia dato il denaro, quando pochissimo tempo prima (l’undici Giugno) lo aveva raggiunto a casa sua perché voleva temporeggiare e, poi, gli abbia dato un appuntamento all’estero per la stessa ragione. Se avesse voluto temporeggiare, non era forse meglio non incontrarlo affatto? Inoltre, se non vi era un programma preciso come mai CARBONI dà un appuntamento a Lugano, località mai presa in considerazione come punto di arrivo o di transito per Roberto CALVI.
CARBONI, pur a breve distanza di tempo, mostra di avere ricordi molto sfumati. Non rammenta nemmeno l’incontro a Zurigo il 15 Giugno e ammette, nel prosieguo del verbale del 30.8.1982, di aver potuto incontrare DIOTALLEVI a Lugano o in Svizzera in modo fugace (vedi pag. 255 – 258, trasc. 17.10.2006). Ha ricollegato la circostanza al fatto che DIOTALLEVI lo ricercava già da qualche giorno perché aveva subito un sequestro giudiziario immobiliare. Dal raffronto tra il racconto di CARBONI e DIOTALLEVI emergono anche inconciliabili difformità. CARBONI dichiara di aver detto a DIOTALLEVI di mettersi in contatto con PELLICANI e, comunque, di pazientare perché il problema si sarebbe risolto (vedi pag. 8 – 10, trasc. 18.10.2006). Mentre DIOTALLEVI riferisce che l’interlocutore gli aveva detto di stare tranquillo perché aveva già pagato gli assegni e, quindi, era tutto a posto.
Inoltre, va ricordato che davvero singolare appare il fatto, riferito da PELLICANI, che DIOTALLEVI, pur non essendo stato pagato, abbia ottenuto per la sua cooperazione cento milioni di Lire, quando, invece, CARBONI ha sostenuto che l’attività di trasporto del passaporto avrebbe dovuto curarla lui e che l’impiego di DIOTALLEVI era stato un fattore del tutto occasionale, dovuto alla presenza dello stesso presso la sua abitazione. È sin troppo evidente come lo spessore criminale di DIOTALLEVI non è compatibile con l’espletamento di mere funzioni d’ordine. Se, poi, teniamo conto di tutto quanto assume aver fatto DIOTALLEVI per ottenere la somma necessaria per risolvere la problematica connessa al pignoramento dell’immobile, appare poco coerente che non si sia rivolto a PELLICANI, una volta ritornato in libertà il 3 Agosto 1982. E, infatti, PELLICANI ha riferito di essere stato informato da Giancarlo SILIPIGNI che DIOTALLEVI lo attendeva “in relazione ad alcuni assegni” e di aver compreso che i reali motivi erano connessi a sapere cosa avesse detto agli inquirenti milanesi con riferimento alla sua presenza a Trieste.
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