Sociolinguistica sociolinguistics l-20


Le POLITICHE LINGUISTICHE



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10Le POLITICHE LINGUISTICHE.


(LANGUAGE PLANNING)

La Sociolinguistica è utile nella programmazione dell’istruzione scolastica: vedi la nota teoria della deprivazione verbale (Berruto 103).


Lo svantaggio sociolinguistico. Oggi si pone il problema e l’esigenza di focalizzare e ridefinire che cosa sia attualmente lo svantaggio sociolinguistico, in modo da focalizzare “il rapporto molteplice fra collocazione sociale del parlante, gamma di varietà di lingua a disposizione nel repertorio e loro valutazione, ‘spendibilità’ e peso socio-culturale”.
Cfr. Berruto in Colombo-Romani 1996, 37-8: "lo svantaggio sociolinguistico nel contesto della situazione sociolinguistica italiana, lo identificherei anzitutto come una somma (o un prodotto?) di fondamentalmente due fattori. Da un lato, l'essere parlanti nativi di una varietà sociogeografica di lingua (intendendo con questo la varietà tipica del gruppo sociale da cui si proviene e di cui si è membri) sanzionata negativamente, verso la quale cioè gli atteggiamenti socioculturali diffusi sono negativi, deprezzanti; dall'altro lato, il possedere una gamma ridotta di varietà funzionali-contestuali della lingua (il che equivale a dire non avere la capacità di differenziare le proprie prestazioni linguistiche in modo tale da poter compiere con la lingua una gamma ampia e variegata di funzioni […] L'unione dei due fattori suddetti significa per esempio che in Italia […] è linguisticamente svantaggiato chi ha come varietà nativa un dialetto, o una lingua di minoranza, o l'italiano popolare, e contemporaneamente non possiede un ventaglio di varietà funzionali-contestuali tali da metterlo in grado di usare la lingua per realizzare un’ampia gamma di compiti, specie sul versante formale e dell’uso intellettuale della lingua.
 De Mauro, a sua volta, ha richiamato l'attenzione su come, fra le tante condizioni che provocano la multiformità degli svantaggi, ci siano sicuramente a livello linguistico:
distanze di lingua-sistema: è il caso dei dialettofoni o dei parlanti una lingua di minoranza e degli immigrati stranieri;
 distanze di lingua-norma: è il caso, ad esempio, di chi non riesce ad oltrepassare la soglia di un 'italiano popolare' marcato in diastratia e contemporaneamente in diatopia;
distanze di lingua-uso: è il caso di chi non riesce a padroneggiare la gamma di variazione della lingua e resta compresso fra i due poli costituiti da un italiano parlato più o meno povero e stereotipico e un uso 'scolastico' o 'burocratico' (e magari contemporaneamente popolare) per lo scritto.


L'imperialismo linguistico.

La gestione degli usi linguistici ha sempre costituito uno strumento di azione politica. Basti pensare alla guerra tra i grandi paesi membri dell’Unione Europea per definire una lingua “ufficiale” per l’Unione. L’inglese, lingua ormai planetaria del commercio e delle scienze, è un’arma potente a disposizione degli Stati anglofoni (Stati Uniti, Gran Bretagna). Tuttavia sarà difficile che diventi la sola lingua di lavoro dell’UE. Attualmente si usano inglese, francese, tedesco e spagnolo.


L’insegnamento in inglese e i diritti linguistici.

In molte Università italiane si promuove l’insegnamento in inglese. Si è più volte opposto il prof. Sabbatini, sostenendo che questa tendenza, oltre a rivelarsi come una fastidiosa corrività o subordinazione psicologica, manifesta altresì ignoranza della funzione performativa del linguaggio verbale.

Con la lingua si comunicano concetti ma si compiono anche atti, per cui l’uso di una lingua o di un’altra non è privo di conseguenze.

Ad esempio, il linguaggio giuridico comporta esecuzione di atti giuridicamente rilevanti per i quali è necessario il ricorso a formule predeterminate, pena l’invalidazione dell’atto stesso. Quando papa Benedetto XVI rinunciò al papato, dovette pronunciare una formula precisa in latino. Dirla in italiano non avrebbe avuto la stessa efficacia. Vedi Savoia, Diritti linguistici.


In Italia non c’è stata una vera politica linguistica, se si eccettua il periodo fascista. La politica francese è ben diversa. L’Accademia di Francia propone regolarmente decreti legge per regolare l’uso linguistico e arginare i forestierismi.
Concetti usati in questo campo sono glottofagia, linguicidio (per indicare la prepotenza delle lingue egemoni) e suicidio linguistico, riferito ai dialetti.

Le politiche di pianificazione linguistica (language planning) sono in relazione con le dinamiche dell’obsolescenza e della rivitalizzazione linguistica.


10.1Le minoranze linguistiche




10.1.1Le minoranze linguistiche in Europa e in Italia.


L’UE promuove la diversità linguistica e culturale come una ricchezza. Un obiettivo fondamentale del Programma Erasmus Plus (2014-2020), in via di implementazione, è «to improve the teaching and learning of languages and to promote the EU's broad linguistic diversity and intercultural awareness».
In Italia la tutela delle minoranze linguistiche è disciplinata dalla Legge quadro 482/1999.
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