Sociolinguistica sociolinguistics l-20


ASPETTI MACROSOCIOLINGUISTICI



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7ASPETTI MACROSOCIOLINGUISTICI


Aspetti linguistici della dinamica sociale:

7.1"Lingua" e "dialetto"


Il ricorso a termini come lingua/dialetto, stratificazione ecc. è fuorviante: il termine varietà è neutro. Le varietà si dispongono secondo un continuum diasistematico.
Un impiego neutro della nozione di dialetto è: varietà con ambito di impiego demograficamente e territorialmente più ritretto di quello della lingua.

Lingua nazionale. Problemi della sua tutela dall’aggressione delle altre lingue.

Una particolare attenzione va riservata all’analisi dei mezzi linguistici del controllo sociale.

7.2Lingue in contatto (Weinreich). Conflitti di lingue.

Scriveva Niccolò Machiavelli (Dialogo intorno alla nostra lingua, 1515): “le lingue non possono essere semplici, ma conviene che sieno miste con l’altre lingue. Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati all’uso suo, ed è sì potente, che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro; perchè quello ch’ella reca da altri lo tira a sé in modo che par suo.


Hugo Schuchardt, maestro di linguistica storica (1842-1927), dice più icasticamente: "Es gibt keine völlig ungemischte Sprache" (non esiste una lingua completamente pura).

Si vengono così a creare nella mente del parlante dei supersistemi o sistemi di sistemi, detti diasistemi.


Diasistema

Un esempio di diasistema del vocalismo è esposto da Uriel Weinreich (1954)

Data una lingua con due dialetti aventi due diversi sottosistemi fonologici vocalici (1,2):

1:


/i/

/u/

/e/

/o/

/a/

2:


/i/

/u/

/ɛ/

/o/

/a/

è possibile rappresentare insieme i due sottosistemi nel diasistema:


1e

1,2 // i ≈ — ≈ a ≈ o ≈ u //


che si interpreta così:

Nelle due varietà 1 e 2 è comune l'opposizione fra /i/, /a/, /o/, /u/; nella prima varietà esiste poi un fonema /e/ in corrispondenza a un fonena /ɛ/ della seconda varietà. Le doppie barre oblique indicano che si tratta di un diasistema. Il doppio segno di opposizione indica le opposizioni comuni a tutto il diasistema. La linea di frazione separa le unità possedute da una sola varietà.




8LINGUA E CULTURA

8.1ANTROPOLINGUISTICA


La linguistica antropologica si occupa delle relazioni tra linguaggio e cultura. La lingua può essere considerata la formalizzazione della cultura, ma anche la sua organizzazione strutturale.
Un esempio è la relazione tra il genere grammaticale e il sesso, tema preferito dalla LINGUISTICA FEMMINISTA e dalla LINGUISTICA GAY.

Al Congresso di Pechino sulla donna (1996) si propose per la prima volta di eliminare il termine sesso (sex) e sostituirlo con genere (gender), con implicazioni che vanno ben oltre la linguistica e modificano i parametri della percezione antropologica e dell’etica. Oggi i gender studies, finanziati da potenti lobbies, vanno per la maggiore.



8.2LINGUISTICA POPOLARE (FOLKLINGUISTICS)


Il termine fu proposto da Hoenigswald nel 1964 per indicare lo studio complessivo di ciò che la gente pensa sulla propria lingua [Hoenigswald 1966]. Già nel 1889 F. Polle aveva scritto Wie denkt das Volk über die Sprache («Cosa pensa la gente della lingua») [Cardona Etnolinguistica, 155].
Noi e gli altri. Un topos dell’etnolinguistica è il superamento dell’etnocentrismo: il comune utente della lingua è tentato di considerare se stesso (e la propria comunità) diversa da tutti gli altri e in genere “superiore”‘. Così gli Slavi hanno definito se stessi ‘parlanti’ (slovenje) e i loro vicini ‘muti’. Anche i Greci consideravano se stessi ‘uomini’ e gli altri ‘balbuzienti’ (barbaroi).

Erodoto (IV 183) dice che gli Etiopi Trogloditi più che parlare stridevano:


Αἰθίοπες Τρωγλοδύται) γλῶσσαν δὲ οὐδεμιῇ ἄλλῃ παρομοίην νενομίκασι, ἀλλὰ τετρίγασι κατά περ αἱ νυκτερίδες. '(gli Etiopi Trogloditi) parlano una lingua che non somiglia a nessun'altra, anzi emettono strida assai acute, come i pipistrelli'.

Per analoghe opinioni cf. Plin. n.h. VII, 2; Pomponio Mela I,8.


Ideologie, giudizi e pregiudizi
Atteggiamenti verso la propria lingua

- L'autovalutazione dei parlanti è in genere elogiativa: gli altri parlano “turco”, “arabo”, “cinese” ecc., come se queste lingue fossero meno pregiate della propria.


- Esprit de clocher (“spirito di campanile”) è espressione coniata da Ferdinand de Saussure (Cours, cap. IV): «Dans toute masse humaine deux forces agissent sans cesse simultanément et en sens contraires: d'une part l'esprit particulariste, l' “esprit de clocher”; de l'autre, la force d' “intercourse”, qui crée les communications entre les hommes».
- Abstand. Su questo concetto vedi Glossario. Un bell’esempio di dialetto che si autocelebra è il Contrasto tra calabrese e italiano del poeta dialettale Conia, in cui il dialetto rivendica la sua dignità contro lo strapotere e l’invadenza dell’italiano.
- lealtà linguistica (language loyalty); cioè fedeltà alla propria cultura mediante l’uso ostentato della propria lingua materna.
- vergogna della dialettofonia: fenomeno accentuato dopo l’Unità d’Italia, specie nei parlanti del Sud immigrati al Nord.
L'etimologia popolare
I malapropismi
- giudizi di correttezza
comportamenti effettivi
L’ipercorrettismo

I parlanti poco accorti compiono errori per “eccesso di correttezza” che si registrano nelle esecuzioni di L2 nella fase di apprendimento. Tipici dei dialettofoni che hanno l'ansia di parlare italiano corretto. Il risultato è l’ipercorrezione (vedi ipercorrettismo in Glossario).

L’ipercorrettismo si verifica nel linguaggio delle classi basse che tendono a conformarsi al registro delle classi alte (Labov).
1. Ipercorrettismo nell'italiano: nello sforzo di riprodurre il modello linguistico desiderato, il parlante si spinge troppo avanti, esagera, creando forme che non esistono nella varietà che egli cerca di imitare.
2. Ipercorrettismi si generano nel dialetto L1 per il saussuriano esprit de clocher (spirito di campanile) o per Abstand: i parlanti rafforzano in maniera esagerata tratti caratteristici della propria lingua materna con lo scopo, spesso inconscio, di affermare la propria identità; evitano tratti genuini ma erroneamente percepiti come stereotipi stranieri. I

Blocco delle assimilazioni di nasale + occlusiva (nd > nn) sono generalizzate in varietà romanze centro-meridionali: romanesco monno < mondo, quanno < quando; sic. funnu > fondo. In Italia meridionale, nelle parlate dove l'assimilazione del nesso ND > nn non è avvenuto, *lanna, esito regolare di LAM(I)NA, diventa, al contrario, landa ‘latta’ per evitare la pronuncia –nn- percepita come allotria.

Altri esempi: It. zio [dzio] per [tsio] è un ipercorrettismo diffuso. tio tsio theios

In Calabria, negli anni del Fascismo, un contadino salutò Mussolini gridando «Viva il Dolce!» = ‘viva il Duce!’, in quanto dolce nel suo dialetto si diceva duci.


In filologia si chiama ipercorrettismo l’errore nel quale incorre lo scriba poco istruito.
La lectio difficilior e la trivializzazione (banalizzazione).

Esempio di trivializzazione: κάμηλος [kámilos] ‘camelus’ κάμιλος [kámilos] ‘grossa fune’ nei sinottici.


Negli immigrati da aree rurali nelle città (urbanesimo) gli ipercorrettismi assumono di solito la natura di iperurbanismi.
In latino il verbo plaudo è diventato plodo, da cui si sono potuti formare i composti explodo, complodo, displodo (che, se riposasse su un plaudo, sarebbe diventato *explūdo). Solo in applaudo il dittongo resta intatto. Dunque il ripristino del dittongo in plaudo si deve a iperurbanismo, in quanto l'esito regolare sapeva di volgare.

Nel latino tardo, a grafie volgari del tipo e per ae, attestanti l'avvenuta monottongazione, corrispondono grafie inverse come ae per e: ADVAENTV per adventu (Pompei). Il dittongo è già monottongato e, ancorché di quantità lunga, si confonde con [ɛ] (e breve aperta) piuttosto che con [eː] (e lunga chiusa).

Molti esempi di ipercorrettismi di trovano nelle iscrizioni; ei per ī: VEIVANT ‘vivant’

ei per [iː] (< ei) (oschismo): AMIICIS ‘amicis’ (P.-Fest:. ab antiquis ameci et amecae per e litteram efferebantur).

Grafie rustiche in Varr. de re rust. 1,48,2: spēca per spīca, vēlla per vīlla.
L’Appendix Probi

L'Appendix Probi è una lista di vocaboli latini dettati ai suoi alunni da un maestro che insegnava in una scuola in vico Capo d'Africa, vicino al Colosseo, intorno al 300 dopo Cristo; egli aveva notato che negli ultimi tempi i temi di questi giovani si erano andati riempiendo sempre più di errori. I ragazzi infatti scrivevano le parole nello stesso modo in cui le pronunciavano, rendendole in certi casi quasi irriconoscibili: il maestro pensava quindi di richiamarli all'opportuna correttezza ortografica.


Possiamo immaginare come dev'essersi svolta la scena: questo ignoto maestro entra, quando tutti gli allievi sono già in classe, e comincia a dettare: "bisogna dire spèculum non speclum" (specchio). E continua: "màsculus non masclus (maschio), columna non colomna (colonna) càlida non calda (calda), frìgida non fricda (fredda), àuris non oricla (orecchia), aqua non acqua (acqua), vìridis non virdis (verde)" e così via. L'elenco prosegue per un pezzo: i ragazzi scrivono quelle file di parole "corrette" e "scorrette", e qualcuno di loro forse s'interroga sul perché, nello scrivere, essi debbano ancora usare quelle forme "antiquate" mentre, parlando, utilizzano forme totalmente diverse. Infatti, a causa di tanti sconvolgimenti nella vita sociale, la lingua latina si sta evolvendo, sta cambiando velocemente; anche il maestro, forse senza accorgersene, parlando utilizza quelle che lui sostiene essere parole "scorrette". I maestri, in sostanza, vorrebbero che i loro alunni scrivessero ancora nel latino classico di tempi ormai lontani; e pensano che basti correggere i loro errori di grafia per fermare la trasformazione che la lingua latina sta subendo; non si rendono conto che questa trasformazione è irrefrenabile, e porterà alla nascita di molte lingue nuove, le lingue romanze.

La scena descritta è immaginaria, ma la lista di vocaboli che ci è pervenuta è autentica: è scritta nelle ultime pagine di una grammatica del tempo. Da qui il nome di APPENDIX PROBI: "appendix", cioè aggiunta alle ultime pagine di un libro, della grammatica di Probo. Questa lista è molto importante, perché grazie ad essa ci è possibile sapere quali cambiamenti erano in atto nella lingua latina, come si parlava a Roma a quel tempo, e soprattutto da dove derivano le parole che noi oggi utilizziamo in italiano.



grundio non grunnio

speculum non speclum

masculus non masclus

calida non calda

frigida non fricda

auris non oricla

camera non cammara

plebes non plevis

nurus non nura

ecc.
Alinei 1970 spiega capanna e transenna < *capanda e *transienda.
Orioles Vincenzo 1989, Il conflitto di sistemi come fattore di mutamento: il caso dell'ipercorrezione, in Modelli esplicativi della diacronia linguistica. Atti del Convegno SIG (Pavia 15-17 sett. 1988), Pisa Giardini 1989, pp. 111-146.

Orioles Vincenzo (2002), “L'ipercorrezione tra mutamento e variabilità”, in Orioles Vincenzo (a cura di), Percorsi di parole, Il Calamo, Roma 2002, 197-241.*

Tekavčić P. 1982?, Riflessioni su alcuni aspetti sociolinguistici dello studio del latino volgare. «Incontri Linguistici» 7, 1982?, 81-96 [ipercorrettismo, ecc.].


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