La ricostruzione medico legale


Sull’inattendibilità di Aldo FERRUCCI



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Sull’inattendibilità di Aldo FERRUCCI

La difesa ha dedotto l’inattendibilità delle dichiarazioni rese da Aldo FERRUCCI da una sentenza del tribunale di Milano, che ha sostenuto che egli è un calunniatore, che aveva calcato la mano per accusare Carboni.

Il rilievo difensivo è destituito di fondamento, in quanto la sentenza del tribunale di Milano è stata riformata. Va, in proposito, osservato quanto segue.

L’apporto di Aldo FERRUCCI non può considerarsi compromesso dalle sentenze emesse nell’ambito di separato giudizio, celebrato dinanzi all’ufficio giudiziario di Milano, nei confronti, tra gli altri, dell’imputato Flavio CARBONI. Dalle pronunce in questione è risultato che in un periodo compreso tra il Giugno 1996 e il Gennaio 1999, Flavio CARBONI risulta aver ricevuto una somma di 1.300.000.000 di Lire provento dell’attività di narcotrafficante di Pasquale CENTORE. La procura della Repubblica di Milano aveva contestato a CARBONI il delitto di riciclaggio. Il tribunale di Milano con sentenza del 21.1.2002 assolveva CARBONI e la Corte d’Appello di Milano, IV sezione, condannava l’imputato ritenendo la sua condotta integrante il delitto di ricettazione (sentenza del 21.3.2003, con motivazione depositata in cancelleria del 19.5.2003). La Corte di Cassazione ha annullato la condanna ritenendo la sua condotta un’incauta ricezione del denaro proveniente da narcotraffico, integrante il reato di cui all’art. 712 c.p., delitto estinto per prescrizione (vedi sentenza del 14.5.2004, depositata il 29.7.2004). Va segnalato che, con tale pronuncia, il supremo collegio ha disatteso l’orientamento del giudice predisposto ad assicurare la nomofilacchia seguita da Cass. nr. 14170 sez. II udienza 15.1.2001, depositata il 6.4.2001, e nr. 12566 del 13.11.2000, che riteneva sufficiente il dolo eventuale per configurare il delitto di ricettazione in aderenza alla dottrina prevalente.

In ogni caso, l’aver ricevuto tale somma costituisce un ulteriore dato che dimostra come CARBONI non abbia abbandonato i contatti con la criminalità mafiosa, nemmeno in epoca successiva ai fatti.

Le sentenze in questione non hanno riconosciuto una piena attendibilità al collaboratore. Il tribunale di Milano ha sostenuto la non attendibilità di FERRUCCI, mentre dalla motivazione della sentenza della Corte d’Appello emerge un giudizio difforme e orientato verso l’attendibilità, tant’è che utilizza le sue dichiarazioni ogni qualvolta sono stati acquisiti riscontri esterni, in conformità con quello che è il regime vigente di valutazione dei mezzi di prova, fissato dall’art. 192 III co. c.p.p..

Tuttavia, è stata prodotta un’ulteriore sentenza, emessa dal Tribunale di Roma, del 17.2.2006, con motivazione depositata il 29.3.2006, che ha riconosciuto una piena attendibilità alla sua chiamata in correità nei confronti di Flavio CARBONI, il quale è stato riconosciuto responsabile del delitto di cui all’art. 464 c.p., con riferimento all’impiego di marche contraffatte, apposte su titoli di credito cambiari, pur avendo il tribunale emesso sentenza di non doversi procedere per essere il reato prescritto.

Sebbene tale pronuncia non risulti passata in giudicato, ne consegue che alcun “vulnus” deriva dalle pronunce in atti per l’attendibilità del FERRUCCI. In ogni caso, l’apporto del dichiarante in questo processo va valutato con la dovuta serenità in ossequio alla disciplina di cui all’art. 192 c.p.p. surrichiamata.



  1. Sull’inattendibilità di Vincenzo CALCARA

La difesa si è limitata a dire che è “matto come un cavallo” e che la lettura della sua deposizione può offrire alla corte “un momento di buon umore”.


Sull’attendibilità intrinseca ed estrinseca
Al fine di verificare l’attendibilità intrinseca ed estrinseca e l’esistenza di riscontri a quanto asserito dal CALCARA, sono state acquisite alcune sentenze, nelle quali è fatto riferimento all’oggetto di questo processo.

Quest’ufficio non intende negare che su alcune dichiarazioni rese da CALCARA si possono nutrire dei dubbi. Ciò non significa, però, che tutte le sue indicazioni debbano ritenersi inattendibili. Sicuramente, appare del tutto credibile il suo racconto sul trasferimento di denaro, curato da uomini d’onore della famiglia di Castelvetrano, in epoca prossima all’attentato al Papa GIOVANNI PAOLO II, di circa 10 miliardi di Lire, dalla Sicilia a Roma, all’abitazione del notaio ALBANO, ove si recava CALVI. E’ utile richiamare qui di seguito quanto riportato nel corpo della requisitoria di primo grado.


Va richiamato il contenuto della sentenza del 5 Giugno 2003, della IX sezione del Tribunale di Roma:


Dalla Sentenza n. 124/95 del Tribunale di Marsala del 12.07.95 (Alfano + 15) risulta che Funari Vincenzo, Funari Giuseppe, Marotta Antonio sono stati condannati ex atr. 416 bis c.p., perchè unitamente a: Furnari Saverio, Messina Denaro Francesco, Calcara Vincenzo, Furnari Vincenzo, Vaccarino Antonio (facenti parte di altro processo), facevano parte di una associazione mafiosa capeggiata da Messina Denaro. In appello le condanne relative a tutti gli imputati nominati sono state confermate, salvo qualche modifica di pena5. Il ricorso in Cassazione è stato rigettato. La sentenza passa in giudicato l’1.10.97. Trattandosi di sentenza passata in giudicato, il suo contenuto è utilizzabile come fonte di prova nel processo in esame e sul punto vi è stato l’accordo delle parti. Ne riproduciamo i passi rilevanti ai fini dell’accertamento della verità inerente il reato contestato al Calcara nel presente processo.

Nelle pagine relative alla credibilità intrinseca delle dichiarazioni del Calcara, si legge:

Calcara viene indotto alla fuga dal carcere di Favignana da Messina Denaro e Vaccarino perché doveva compiere un lavoro nell’interesse della famiglia. In seguito all’evasione egli svolge un’intensissima attività di supporto nel settore del narcotraffico alla cui organizzazione, di respiro internazionale, sovrintendeva l’avv. Messina (Denaro Francesco). (…). Mai come per il collaborante in parola si sono registrati interventi processuali di matrice difensiva così vivaci e articolati, calibrati tutti sul proposito di attestarne la generale sua inattendibilità6. (…). Il contrasto tra la data dell’affiliazione alla di Castelvetrano, processualmente risultante in quella del 4.10.79 e quanto emergente da alcuni appunti vergati dal medesimo in occasione degli iniziali suoi interrogatori non assumono rilievo di prova destabilizzante in danno del collaboratore alla luce dei successivi ragionevoli chiarimenti offerti dal Calcara”7.



La sentenza riporta le dichiarazioni rese da Calcara nel corso del dibattimento con riferimento al noto viaggio - in sostanza coincidenti con quelle rese il 28.10.94 innanzi al tribunale di Marsala nel procedimento a carico di Culicchia Vincenzino - e così commenta:

“…Ancorchè nell’immediatezza dell’assunzione il racconto denoti carattere d’inverosimiglianza …è pur vero che, inoltrando la ricerca sui fronti più esposti della narrazione, sono esitati elementi, se non di conferma, di sufficiente rilievo per un’allarmata riflessione sui termini generali dell’episodio e che di seguito si espongono”.



Nelle pagine successive8 la sentenza evidenzia che “i personaggi citati quali protagonisti siciliani del viaggio sono tutti coinvolti in illeciti di mafia” e indica le condanne riportate e i processi pendenti a carico di Messina Denaro Francesco, Furnari Saverio, Vaccarino Antonino, Marotta Antonino e Accardo Stefano detto , quest’ultimo “conclamato esponente della partannese, ucciso in quel centro nel Luglio del 1989”.

Osserva questo collegio che il Vaccarino, come si vedrà appresso (processo Alagna+30), venne condannato in primo grado ex 416 bis, e poi assolto da questo reato in appello, dove, peraltro, gli erano confermate le condanne per aver partecipato a quella organizzazione dedita al traffico internazionale di ingenti quantitativi di morfina ed eroina riferita dal Calcara e della quale facevano parte i soggetti mafiosi condannati ex art. 416 bis. Ai nostri fini è di rilievo, inoltre, che da quel processo risulta che, nel corso della perquisizione della sua abitazione, venne acquisita una “fotografia riproducente il Vaccarino seduto al centro tra Lucchese Michele e Accardo Stefano” e che i tre “furono visti insieme nell’estate del 1982 in S. Marinella di Selinunte (nota località balneare Castelvetranese)”9.

La sentenza in esame così prosegue:

Quanto al M.llo GIORGIO, l’inquietante corredo di rapporti che risulta avere egli intrattenuto in zona e con personaggi castelvetranesi è elemento di vigorosa aderenza ai riferimenti di Calcara”.



Dopo aver sottolineato l’amicizia del maresciallo GIORGIO DONATO col Lucchese, “in una casa del quale in C/Vetrano soleva alloggiare” e la sua frequentazione con Vaccarino Antonino, Pino Vento, Aurelio Cavarretta10 e Ciccio Sciuto, tutti compaesani di CALCARA, ed aver illustrato la personalità di ciascuno di essi, la sentenza si sofferma sui contatti del M/llo GIORGIO con Accardo Stefano.

GIORGIO DONATO procurò a Stefano Accardo (detto ) un giubbotto antiproiettile proprio in epoca antecedente al suo omicidio. L’episodio costituisce spia eloquente della portata capziosamente riduttiva delle proprie dichiarazioni11, apparendo conciliabile soltanto con una più intensa relazione interpersonale che un ex sottufficiale dell’Arma si adoperi per dotare un soggetto accusato di 18 omicidi di uno strumento di difesa da probabili ulteriori attentati. GIORGIO DONATO è dunque personaggio dai contenuti affatto compatibili con il profilo che ne disegna Calcara”.



La sentenza passa poi ad esaminare i riscontri relativi al racconto di Calcara con riferimento agli altri personaggi coinvolti nella vicenda.

Per quanto riguarda il notaio Albano: la precisa individuazione da parte del Calcara della villa del notaio adibita ad abitazione privata sulla via Cassia; l’incontro col notaio all’aeroporto di Linate in partenza per la Jugoslavia (la moglie del notaio, Radisic Radila, è nativa di Belgrado e Calcara aveva parlato di una donna bulgara o slava); la precisa descrizione dei caratteri fisici del notaio. Ma la sentenza va oltre e mette in evidenza il profondo legame del notaio Albano con “Cosa Nostra”. In proposito cita un episodio sul punto inequivocabile: “proprio presso lo studio dell’Albano, innanzi al suo coadiutore, avv. Arnaldo Vigna”, il noto Liggio Luciano da Corleone, in data10.12.69, ebbe a rilasciare procura generale in favore della sorella, Liggio Maria Antonietta12.

Per quanto riguarda Marcinkus, la sentenza afferma che, in base ad accertamenti compiuti, è risultato che effettivamente lo stesso è membro dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di cui faceva parte anche il notaio Albano.

Abbiamo visto che in relazione all’organizzazione del viaggio, CALCARA ha riferito che i biglietti del viaggio in treno Milano – Castelvetrano contenevano nomi fittizi; che vennero consegnati a lui e al Maresciallo dal Lucchese alla partenza da Milanoe; che in occasione della partenza da Punta Raisi, anche i componenti del gruppo avevano falsi documenti e che diedero all’accettazione dei nomi fittizi. CALCARA ha anche riferito che per l’imbarco delle valige contenenti i soldi e di una valigetta contenente le armi si avvalsero di persone di interne all’aeroporto. Ebbene, si legge nella sentenza in esame:

Nell’anno 1981, presso l’aeroporto di Punta Raisi, lavoravano, rispettivamente quali dipendenti addetti, il primo al banco accettazione, il secondo allo scalo aeroportuale, tali Cintorino Antonio ed il fratello Cintorino Adolfo, entrambi di Cinisi; sul conto dell’Antonio figura un R.G. n. 2240/2 del 20.09.89 redatto dal N.O. CC. Di Palermo a carico altresì di Fidanzati Giuseppe e (…) per fatti di associazione mafiosa, omicidio aggravato e rapina aggravata; denuncia seguita da provvedimento restrittivo emesso dall’ufficio istruzione di Palermo (…)”.



Nel prosieguo vengono evidenziati i legami del Cintorino Antonio con la famiglia Fidanzati e dei rapporti di questa con Accardo Stefano, che, come abbiamo visto, è indicato da CALCARA come uno dei principali protagonisti del viaggio da lui descritto. Osserva il collegio che tale circostanza acclarata costituisce un ennesimo riscontro al racconto di CALCARA. Nel corso del confronto di Como del 30.05.95 col Maresciallo DONATO, CALCARA dichiara che all’aeroporto di Palermo, prima della partenza, le armi vennero consegnate per l’imbarco a “una persona che aveva sotto Stefano , l’amico suo (del Maresciallo DONATO)”.

Sulla credibilità del racconto di Calcara, così conclude la sentenza:

Può dunque concludersi che l’episodio narrato dal Calcara, lungi dall’apparire seccamente smentito in processo, è invece assistito da elementi che ne ritagliano una qualche verosimiglianza storica; elementi peraltro le cui prospettive di sviluppo, anche per l’inquieto dettaglio della contiguità temporale con i fatti di attentato al Papa, andranno coltivate in sede propria, lasciando a quest’ambito il pregio dello spunto ed il conforto del plausibile. L’intero resoconto del Calcara non evidenzia rancori né tradisce propositi di vendetta. (…). Il passaggio frequente nei “dicta” d’esame e di confronto per narrazioni di circostanza inconsuete e talora superflue, le spontanee correzioni e le franche ammissioni di non ricordare sono tutti indicatori opposti alla menzogna e costituiscono (…) dati di vantaggio dell’intrinseca attendibilità del dichiarante. Non meno di essi, va ancora annoverato l’atteggiamento di sostanziale emenda del Calcara, autoincolpatosi di vari e gravissimi reati e sempre ben saldo nella scelta di collaborazione pur a fronte delle imponenti forme di pressione sulla prova che il contradditorio dibattimentale giustamente esige”.



La sentenza prosegue evidenziando una serie di riscontri riferibili ad altri episodi delittuosi, in particolare facendo riferimento ai fatti narrati da Calcara in relazione al traffico internazionale di morfina ed eroina verificatisi nel periodo che interessa questa sede, quando, cioè, il Calcara, sorvegliato speciale in Lombardia, prestava servizio come dipendente della Dufrital presso l’aeroporto di Linate e così concludendo:

Formidabile riscontro riceve infine il Calcara, nella riferita sua attività di trafficante di droga in Lombardia, dalle informazioni di Ciulla Salvatore…13”.


Sono state acquisite, inoltre, le sentenze relative ai due gradi di giudizio del processo a carico di Alagna + 30. Con la Sentenza n. 102/95, il Tribunale di Marsala in data 26.05.95 condanna, tra gli altri – ci limitiamo ad indicare i nomi delle persone citate nel presente processo - Furnari Saverio, Furnari Vincenzo, Messina Denaro Francesco, Vaccarino Antonino: tutti in concorso con CALCARA per il reato associativo relativo al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, di cui sopra si è parlato; condanna Furnari Vincenzo, Vaccarino e Zicchitella Carlo per il 416 bis.

La Corte d’Appello di Palermo con Sentenza n. 1547/97 R.G. 161/96 del 16.04.97 assolve Vaccarino dal 416 bis, confermando per il resto la sentenza impugnata in ordine alle posizioni sopra indicate. La sentenza passa in giudicato il 19.03.99. Sull’utilizzabilità della sentenza di primo grado vi è stata opposizione della Parte Civile. Tenuto conto della voluminosità della sentenza d’appello e delle difficoltà prospettate dalla Cancelleria di quell’ufficio per l’acquisizione integrale di copia di detta Sentenza, le parti sono state autorizzate da questo collegio con apposita ordinanza a produrre quelle parti di della Sentenza da loro ritenute rilevanti in ordine all’oggetto del presente processo. Si terrà conto, pertanto, solo delle produzioni relative a detta Sentenza d’appello e delle parti del processo di primo grado sulle quali anche la parte civile ha prestato il consenso tanto da inserire alcuni stralci di quel dibattimento nella sua produzione14.

Anche la Sentenza della Corte d’Appello di Palermo del 16.04.97 si sofferma sull’attendibilità in generale delle dichiarazioni di CALCARA.

Particolare rilievo assume l’esame dell’attendibilità intrinseca di CALCARA Vincenzo, dal momento che la principale fonte di prova a carico degli odierni imputati è costituita certamente dalle dichiarazioni da costui rese nella qualità di imputato di reato connesso. Deve preliminarmente evidenziarsi come al predetto collaborante non possa essere negata tale qualità, dal momento che egli ha, innanzitutto, accusato se stesso di tutti i fatti per cui si procede, oltre che di innumerevoli altri delitti anche assai gravi, chiamando, quindi, in correità gli odierni imputati. Quasi tutte le propalazioni, poi, attengono a fatti di cui lo stesso assume di avere avuto diretta cognizione, per avervi personalmente partecipato. In particolare costui ha riferito: a) di essere stato ammesso a far parte della famiglia mafiosa di Castelvetrano in data 4.10.79; b) che alla celebrazione del rituale di iniziazione, avvenuto nell’abitazione di Vaccarino Antonino, furono presenti anche Messina Denaro Francesco, Furnari Saverio, Clemente Giuseppe, Varvaro Gaspare, Santangelo Vincenzo e Luppino Vincenzo; in quell’occasione gli sarebbe stato riferito che il capo assoluto della famiglia era il Messina Denaro e che egli avrebbe dovuto sottostare alle direttive del Vaccarino; c) di essere stato sottoposto, prima di essere affiliato, a un periodo di osservazione, durante il quale gli fu ingiunto di commettere alcuni delitti per conto dell’organizzazione mafiosa; d) di essere stato inviato, per ordine della famiglia, verso la fine del 1980 presso tale Lucchese Michele, attraverso il quale fu assunto alle dipendenze della Dufrital, società che all’epoca gestiva il servizio di presso lo scalo di Milano Linate, allo scopo di favorire l’ingresso di ingenti quantitativi di morfina ed eroina provenienti dalla Turchia, che pervenivano tramite due corrieri turchi. (…); e) di aver cessato il detto rapporto di lavoro con la nel Gennaio del 1982 e di essersi recato in Germania ove, nel Luglio del 1982, venne arrestato in flagranza del reato di rapina; f) di essere stato, in quella nazione, ininterrottamente detenuto dal Luglio del 1982 fino al 1986, epoca in cui venne estradato in Italia, ove continuò ad essere detenuto presso varie carceri fino al Luglio del 1990; g) di essere evaso nel Luglio del 1990 dal carcere di Favignana, ove si trovava detenuto in espiazione della pena inflittagli per l’omicidio in danno di un certo Tilotta, approfittando di un breve permesso e a seguito di sollecitazione rivoltagli dal Vaccarino e dal Messina Denaro, che gli avevano ordinato di ; h) di essersi, infine, durante tale periodo di latitanza, conclusosi con il suo arresto avvenuto in data 5.11.91, dedicato a vari traffici di sostanze stupefacenti col Piemonte, col Lazio e con la Germania. (…). …sia nel giudizio di primo grado che nel corso di questo grado di giudizio.



Si è a lungo discusso sull’appartenenza o meno del collaborante all’organizzazione criminale e segnatamente a quella articolazione associativa facente capo alla provincia di Trapani, attribuendosi da parte dei difensori degli imputati a tale circostanza, posta in dubbio, un rilievo fondamentale e tale da inficiare del tutto la veridicità delle accuse mosse dal medesimo nei confronti dei coimputati”. A questo punto la sentenza affronta il problema e così prosegue: “Da un lato l’obiettiva osservazione delle modalità di esecuzione delle imprese delittuose del propalante, …, caratterizzate da metodiche tipiche dell’associazione mafiosa, il cui sicuro inserimento in associazioni finalizzate al traffico della sostanze stupefacenti, delle quali facevano parte anche soggetti certamente inseriti in e che in essa rivestivano un ruolo fondamentale quanto all’approvvigionamento ed alla commercializzazione delle sostanze droganti, ed, infine, le dichiarazioni di Spatola Rosario e Ciulla Salvatore, che hanno espressamente indicato la qualità di del CALCARA, condurrebbero a conclusioni analoghe a quelle cui sono giunti i giudici di prime cure. Di contro, tuttavia, le contraddizioni concernenti aspetti fondamentali del fatto specifico dell’appartenenza a nelle quali è incorso il propalante e soprattutto le dichiarazioni rese dai collaboranti Patti Antonio, Geraci Francesco e Bono Pietro apportano allo specifico quadro probatorio elementi dei segno decisamente contrario”.

La sentenza a questo punto mette in evidenza alcune contraddizioni emerse da un manoscritto del Calcara e da altre sue dichiarazioni in ordine alla data della sua affiliazione (1991, 11.02.94, 4.10.79) e non dà credibilità alle giustificazioni del Calcara in ordine a tali contraddizioni richiamando, altresì, le dichiarazioni dei collaboranti citati. Osserva che Patti Antonino era capo decina della famiglia di Marsala e che appare strano che egli non conosca un componente della famiglia di Castelvetrano, “facente parte della stessa articolazione trapanese di di quella di Marsala e sottolinea che Geraci e Bono “hanno negato di avere appreso della qualità di di CALCARA. Con riferimento a questi ultimi due soggetti, la Corte precisa che essi “pur non essendo direttamente affiliati, sono sempre stati assai vicini all’organizzazione criminale in questione e ai vertici di quelle articolazioni locali; (…)”.

Sul punto così conclude la Corte:

Gli elementi di segno contrario appena evidenziati che connotano la problematica inerente all’affiliazione del CALCARA a non assumono tuttavia il rilievo decisivo attribuito dai difensori degli imputati. Contrariamente a quanto prospettato, infatti, le perplessità che connotano lo specifico contesto probatorio non autorizzano a ricavarne un giudizio di totale inattendibilità del collaborante. A tali conclusioni potrebbe invero pervenirsi se le emergenze processuali conclamassero come sostenuto una personalità criminale del CALCARA di piccolo cabotaggio ed assolutamente estranea al contesto criminale organizzato e segnatamente all’articolazione trapanese di . Ma, come da qui a poco si dirà, le emergenze processuali dimostrano invece, e in modo inequivoco, il notevole spessore criminale del collaborante e la sua vicinanza ad ambienti mafiosi dell’area territoriale di appartenenza. E allora, le perplessità in ordine all’appartenenza del CALCARA a refluiscono senza tuttavia inficiarla aprioristicamente sulla sua credibilità intrinseca, ma spiegano tutta la loro influenza in sede di verifica degli altri elementi di prova che debbono riscontrare le accuse relative al reato di associazione mafiosa, che vanno valutate con particolare e Maggiore rigore rispetto a quelle relative ad altri reati. In buona sostanza, la sicura vicinanza ad ambienti mafiosi del CALCARA non consente di escludere che egli sia venuto a conoscenza della qualità di di alcuni soggetti. (…). Lo stesso coimputato e collaboratore di giustizia Zichitella Carlo, rettificando una sua precedente dichiarazione – secondo la quale il CALCARA non poteva essere - ha finito con l’ammettere di aver mentito sul punto, al fine di ridimensionare lo spessore criminale di CALCARA che lo aveva accusato precisando che era ristretto nella sezione adibita ai detenuti per delitti di mafia”.

Nel caso in specie, alle organizzazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti appartenevano soggetti certamente affiliati a e con ruoli di rilievo e lo stesso CALCARA non vi rivestiva, di certo, un ruolo secondario. In ordine a tali organizzazioni CALCARA ha reso dichiarazioni dettagliate, coerenti, scevre di contraddizioni rilevanti e ampiamente riscontrate. Il traffico di sostanze stupefacenti, sul quale CALCARA ha ampiamente riferito, faceva capo all’articolazione trapanese di , alla quale fu destinato il carico contenente morfina accantonata nella villa del Lucchese15, carico che, dopo la trasformazione in eroina, doveva essere commercializzato ad opera della famiglia in questione”. Ed ancora: “…rivelatrice di un inserimento del CALCARA in un’area criminale organizzata, quantomeno contigua a appare anzitutto la condanna ad anni 15 di reclusione riportata per l’omicidio in danno di Tilotta Francesco, in ordine al quale CALCARA ha negato il ruolo di esecutore materiale pur ammettendo un suo coinvolgimento nella vicenda, che ha ricondotto alla vendetta subita dalla vittima per non essersi piegato alle richieste estorsive di matrice mafiosa attribuite al Vaccarino e allo Spezia”.

La sentenza prosegue elencando una serie di delitti (cinque) cui ha partecipato CALCARA, “molti dei quali tipici delle attività illecite riconducibili all’associazione mafiosa di ”. Nel soffermarsi sull’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni del CALCARA, la sentenza afferma:

“…nel raccontare un così lungo e complesso vissuto criminale, è umano che si possa non essere in alcuni punti precisi e addirittura non veridici, ma ciò non comporta di certo un giudizio di inattendibilità intrinseca della chiamata, soprattutto ove le incongruenze investano aspetti secondari del racconto16. (…). L’indagine difensiva volta ad esaminare minuziosamente, quasi osservandole al microscopio, le dichiarazioni del collaborante al fine di individuarne tutte le divergenze o inesattezze dimostra, dunque, i limiti derivanti da un approccio metodologico che non può essere condiviso”17.



Con riferimento alle dichiarazioni rese da CALCARA in quel processo sul viaggio relativo al trasporto dei 10 miliardi, così si esprime la sentenza:

Se da un lato alcuni particolari del racconto destano indubbie perplessità, non può dall’altro non tenersi conto che


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