Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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Bliss reagì con allegria infantile alla discesa velocissima

della Far Star.--Non si sente affatto l'accelerazione!--

disse.
--E a propulsione gravitazionale--disse Pelorat.--

Tutto accelera contemporaneamente, noi compresi, per

cui non sentiamo niente.
--Ma come funziona, Pel?
Pelorat alzò le spalle.--Lo sa Trev--disse--ma credo

che in questo momento non abbia molta voglia di parlar-

ne.
Trevize sí era lanciato giù per il pozzo gravitazionale di

Gaia quasi con temerarietà. Come aveva detto Bliss, la

nave rispondeva ai suoi comandi solo parzialmente. Il

tentativo di attraversare le linee di forza gravitazionali in

senso obliquo fu accettato, ma solo dopo una certa esita-

zione. Il tentativo di risalire fu invece completamente


ignorato.
La Far Star era sempre sotto il controllo altrui.
--Non stiamo scendendo un po' troppo velocemente

Golan?--disse Pelorat in tono gentile.


Cercando di non far trapelare la rabbia (più per rispet-

to a Pelorat che per altri), Trevize disse, piuttosto secco:

--La signorina dice che Gaia avrà cura di noi.
--E vero, Pel--disse Bliss.--Gaia non perrnetterebbe

mai che a questa nave succedesse qualcosa di brutto. C'è

niente da mangiare, a bordo?
--Sì, certo--disse Pelorat.--Che cosa preferite?
--Niente carne, Pel--disse Bliss, col tono che avrebbe

usato parlando di lavoro.--Mi vanno bene invece pesce,

uova e vegetali.
--Parte del cibo che abbiamo proviene da Sayshell--

disse Pelorat.--Certi prodotti non ho ben capito che cosa

siano, ma forse vi piaceranno.
--Be', si può fare un assaggio--disse lei, un po' incer-
~ Su Gaia siete vegetariani?--chiese Pelorat.
--Molti di noi lo sono--disse Bliss, annuepdo con for-

za.--Dipende da che tipo di sostanza nutritiva è necessa-

rio al corpo. Voglio dire, in determinate circostanze si ha

più bisogno di una cosa, in altre di un'altra. Ultimamente

a esempio io non ho sentito il desiderio di mangiare car-

ne, per cui immagino che il mio corpo non ne abbia biso-

gno. E non è che sia morta dalla voglia di dolci. Ho con-

sumato soprattutto formaggio e gamberetti. Suppongo

mi farebbe bene perdere un po' di peso.--Si diede una

pacca sulla natica destra, producendo un sonoro schioc-

co.--Dovrei diminuire di due chili buoni qui.
--Non vedo perché--disse Pelorat.--Così avete qual-

cosa di comodo su cui sedervi...


Bliss girò il torso per guardarsi il sedere meglio che po-

teva.--Oh, be', non importa. Il grasso va e viene, non do-


vrei preoccuparmi.
Trevize non partecipava alla conversazione perché sta-

va lottando con la Far Star. Aveva esitato un po' troppo

per l'orbita, e adesso si sentiva l'urlo acuto dell'aria che

faceva resistenza, ai confini inferiori dell'esosfera di Ga-

ia. A poco a poco la nave stava sfuggendo completamente

al controllo di Trevize. Era come se qualcun altro avesse

imparato a governare i motori gravitazionali. La Far

Star, procedendo apparentemente per conto suo, descris-

se una curva verso l'alto, poi, entrata nello strato d'aria

più rarefatta, rallentò prontamente. Scelse quindi una

traiettoria che la portò verso il basso lungo una curva

morbida.
Bliss non badò al fischio penetrante dell'aria e annusò

il contenuto del barattolo aperto da Pelorat.--Dev~essere

buono, Pel--disse--perché se non lo fosse il suo odore

mi disgusterebbe e non mi verrebbe voglia di mangiarlo.

--Infilò un dito dentro e lo leccò.--Avevate ragione. So-

no gamberetti, o qualcosa del genere. Buoni!
Con un gesto di irritazione, Trevize si allontanò dal

computer.


--Signorina--disse, col tono di uno che vedesse Bliss

per la prima volta.


--Mi chiamo Bliss--disse lei, sulle sue.
--E va bene, Bliss. Voi conoscevate già i nostri nomi,

vero?
--Sì, Trev.


--Come mai?
--Era importante che li sapessi, altrimenti non avrei

potuto compiere il mio lavoro. Così li ho imparati.


--E il nome di Munn Li Compor vi è noto?
~` --Lo sarebbe, se fosse importante che lo conoscessi.

~; Poiché non so chi sia questa persona, è evidente che il si-

~:, gnor Compor non sta venendo su Gaia. D'altra parte, gli

~` unici che stanno venendo su Gaia siete voi.


--Vedremo se quanto dite corrisponde a verità.
Trevize guardò il pianeta. Lo circondava uno strato di

nubi che pur non essendo compatto era distribuito in mo-


r~ do uniforme, sicché, anche se rotto a tratti, non consenti-

va di vedere la superficie planetaria.


Trevize premette il pulsante delle microonde e lo scher-

mo radar s'illuminò. La superficie di Gaia rispecchiava

quasi il cielo. Pareva un mondo di isole, come e più di

Terminus. Nessun'isola era particolarmente grande e

lontana dalle altre. Era un po' come avvicinarsi a un arci-
E pelago planetario. L'orbita della nave era inclinata verso

E il piano equatoriale, ma non si vedevano tracce di cappe

E~ di ghiaccio. Non si vedevano nemmeno i segni inconfon-

1~ dibili della distribuzione non uniforme della popolazio-

L ne: I'illuminazione del lato notturno, peresempio, non la-

sciava capire quali fossero le zone più abitate.

L- --Atterriamo vicino alla capitale, Bliss?--chiese Tre-

L vize
1 --Gaia ci &rà atterrare nel posto più adatto--disse la

ragazza con aria indifferente.
~ --Io preferirei una metropoli.

L Intendete dire un posto dov'è raggruppata molta

~ gente~

E --Si.


--Sta a Gaia decidere.

~` La nave continuò la sua discesa e Trevize cercò di di-

vertirsi a pensare su quale isola sarebbe atterrata. Ma

qualunque fosse stata la meta, probabilmente l'avrebbe-

i ro raggiunta nel giro di un'ora.
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La Far Star atterrò dolcemente, senza scosse, senza effetti

gravitazionali anomali. I passeggeri uscirono a uno a

uno: prima Bliss, poi Pelorat, poi TreVize.

Come clima si aveva l'impressione di essere nel periodo

che su Terminus segnava l'inizio della stagione estiva.

j Soffiavà una lieve brezza e nel cielo screziato splendeva

E un sole brillante. Sembrava mattina tardi; il terreno, sot-

to i piedi, era verde, e su un lato si vedevano filari fitti di

alberi che facevano pensare a un frutteto. Dalla parte op-

posta si scorgeva, in lontananza, la spiaggia.


In aria si sentiva un ronzio lieve, come di insetti, e lo

sbatter d'ali di uccelli, o in ogni caso di creature volanti.

Da una particolare direzione arrivava il rumore secco di

qualcosa che poteva essere un attrezzo agricolo.


Pelorat fu il primo a parlare. Non badò né a ciò che ve-

deva né a ciò che sentiva, ma inspirando aria disse:--

Ah, che buon odore, come di torta di mele appena cotta!
Trevize disse:--Quegli alberi probabilmente sono me-

li e per quanto ne sappiamo noi in questo momento qual-

cuno potrebbe stare cuocendo una torta di mele.
--Sulla vostra nave invece c'era un odore di... Be', in-

somma, un odoraccio tremendo--disse Bliss.


--Non vi siete lamentata, quando eravate a bordo--

ringhiò Trevize.


--Per una questione di educazione. Ero vostra ospite.
--E qui l'educazione non vale più?
--Qui sono sul mio mondo. Siete voi gli ospiti. Siete

voi che vi dovete comportare come persone educate.


--Probabilmente ha ragione a proposito del puzzo, Go-

lan--disse Pelorat.--Non c'è modo di dare aria alla na-,

ve?
--Sì--disse Trevize, irritato.--Si può fare se questa

piccolotta ci assicura che nessuno toccherà la Far Star. Ci

ha già dimostrato di poter esercitare un controllo notevo-

le sulla nave.


Bliss drizzò la schiena al massimo.--Non sono poi cvsì

piccola--disse--e se per ripulire la nave avete bisogno

che non sia toccata da nessuno, vi assicuro che sarà un

piacere per me fare in modo che nessuno le si avvicini.


--E dopo ci potete accompagnare dalla persona che

chiamate Gaia?--disse Trevize.


Bliss apparve divertita.--Non so se ci crederete, ma io

sono Gaia.


Trevize la fissò. Aveva sentito e usato innumerevoli vol-

te l'espressione «raccogliere le idee«, ma in quel momen-

to, per la prima volta nella sua vita, ebbe la sensazione di

stare raccogliendole letteralmente. Alla fine disse: --

Voi?
--Si, io. E la terra. E quegli alberi. E quel coniglio tra

l'erba, laggiù. E l'uomo che si intravede fra gli alberi. L'

intero pianeta e tutto quanto c'è sopra è Gaia. Siamo in-
dividui, siamo organismi separati, ma condividiamo tutti

una coscienza globale. La materia inórganica del pianeta


C è meno di tutti partecipe di questa coscienza e gli esseri

umani ne sono partecipi più di tutti, ma ognuno contri-

bulsce all 'insieme.
--Credo che intenda dire che Gaia è una specie di co-

scienza collettiva, Trevize--disse Pelorat.


Trevize annuì.--L'avevo capito. In tal caso, Bliss, chi

governa questo mondo?


4 --Si governa da solo--disse lei.--Quei meli crescono
L~ in filari regolari di comune accordo. Si riproducono solo
L quel tanto che serve a riempire gli spazi vuoti lasciati da-

gli alberi che muoiono. Gli esseri umani raccolgono la

quantità di mele di cui hanno bisogno, altri animali

compresi gli insetti, mangiano la loro parte, e solo quella.


~: --Non mi direte che gli insetti sanno qual è la loro par-

te?--disse Trevize.


--Sì, in certo modo lo sanno. Piove quando è necessa-

rio; a volte ci sono periodi di piogge più intense e prolun-

gate, a volte periodi di siccità. Entrambi si verificano
F quando è necessariO
~ --Anche la pioggia sa cosa deve fare?
! _ Sì--disse Bliss, serissima.--Non è forse vero che

nel vostro corpo tutte le varie cellule sanno cosa devono

fare? Sanno quando moltiplicarsi e quando smettere di
F. moltiplicarsi, quando creare certe sostanze e quando no
~ e quando le creano sanno perfettamente in che quantità
,~ vadano create. Ciascuna cellula è, fino a un certo grado

una fabbrica chimica indipendente, ma tutte quante at-


1~ tingono a un fondo comune di materie prime che vengono

portate loro attraverso un sistema di trasporto comune


, tutte quante versano i rifiuti in canali comuni, tutte

quante danno un contributo alla coscienza collettiva glo-

bale.
E --Straordinario--disse Pelorat con entusiasmo.--

State dicendo che il pianeta è un superorganismo e che

voi siete una cellula di questo superorganismo?
--Era solo un'analogia. Siamo come cellule, ma non

siamo veramente cellule, capite?


--In che senso non siete cellule?--disse Trevize.
, --Nel senso che esiste, come ho detto una coscienza

collettiva, ma ne esiste anche una individúale, la coscien-


L za del singolo organismo, nel mio caso un essere umano...
~ --Per il cui corpo gli uomini smaniano.

--Esatto. Questa coscienza e enormemente piu avan-

zata di quella di una singola cellula. Il fatto che ciascuno

di noi faccia parte di un'entita ancora pib grande che si

trova su un livello piu alto non ci riduce al rango.di cellu-

le. Io rimango un essere umano; al di sopra di noi pera c'e

questa consapevolezza collettiva che supera di molto la

mia comprensione, tanto quanto la mia consapevole~za

individuale supera quella, che so, di una cellula muscola-

re del mio braccio.


--Pera qualcuno avra pure ordinato di prendere il con-

trollo della nostra nave--disse Trevize.


--No, non qualcuno. L'ha ordinato Gaia. L'abbiamo

ordinato noi.


--Anche gli alberi e la terra, Bliss?
--Hanno contribuito in grado minimo, ma hanno con-

tribuito. Sentite, quando un musicista compone una sin-

fonia voi gli chiedete quale cellula particolare del suo

corpo abbia ordinato di comporre la sinfonia e abbia so-

vrinteso alla sua creazione?
--A quanto ho capito disse Pelorat--la mente col-

lettiva, chiamiamola cosi, della coscienza collettiva e

molto piu forte di una mente individuale, pruprio come

un muscolo e molto piu forle di una singola cellula mu-

scolare. Di conseguenza Gaia ha potuto impadronirsi a

distanza della nostra nave assumendo il controllo del

computer, cosa che nessuna mente individuale del piane-

ta avrebbe mai potuto fare, vero?


--Avete compreso perfettamente, Pel--disse Bliss.
--Anch'io ho compreso--disse Trevize.--Non e poi

cosi difficile. Ma che cosa volete da noi? Non avevamo in-

tenzione di attaccarvi. Eravamo venuti a cercare infor-

mazioni. Perche vi siete impadroniti della nave?


--Volevamo parlare con voi.
--Non potevamo parlare gia a bordo della Far Star?
Bliss scosse la testa, con aria grave.--Non sono io che

vi devo parlare.


--Ma non fate parte della mente collettiva?
--Si, ma non so volare come un uccello, ronzare come

un insetto o diventare alta come un albero. Faccio cio che

sono piu adatta a fare, e non sono particolarmente adatta

a darvi le informazioni che cercate. Se ne fossi stata inca-

ricata, avrei potuto ~arvele tranquillamente.
--Chi ha deciso di non attribuirvi questo incarico?
--Noi tutti.
r _ Chi ci fornira le informazioni, allora?

,r _ Dom.

Ll --E chi e Dom?
--11 suo nome per esteso e Endomandiovizamaronde-

yaso eccetera eccetera--disse Bliss.--Persone diverse lo

chiamano con sillabe cliverse usandone alcune in certi pe-

riodi e altre in altri, ma io lo conosco come Dom e penso

che anche voi ricorrerete a questa abbreviazione. Dom

partecipa della coscienza collettiva forse piu di qualsiasi

altro abitante del pianeta, e vive in quest'isola. Ha chie-

sto di vedervi e gli e stato concesso.


--Chi gliel'ha concesso?--disse Trevize. Poi, rispon-

t dendosi da solo, aggiunse:--Si, lo so: voi tutti.


Bllss annui.

--Quando andiamo da Dom?--chiese Pelorat.


~ --Subito. Se mi seguite, vi accompagno da lui adesso

E Pel. E anche voi naturalmente, Trev.


F --E dopo ve ne andrete?--disse Pelorat.

~: --Non volete che me ne vada, Pel?

--A dire la verita, no.
E --Vedete?--disse Bliss, guidandoli lungo una strada

r dal fondu liscio che costeggiava il frutteto.--Gli uomini

E mi si affezionano in men che non si dica. Perfino anziani

signori dignitosi si fanno prendele da ardori giovanili.


Pelorat rise.--Non farei troppo affidamento sui miei

ardoli giovanili, Bliss, ma se li avessi sul serio prefelilei

averli per causa vostra che per causa di qualcun'altra.
--Qh, non sottovalutate i vostri ardori--disse Bliss.--
F Io faccio miracoli, sapete?
Spazient~o, Trevize disse:--Una volta che saremo ar-
E rivati per quanto tempo dovremo aspettare questo Dom?

--E lui che ha aspettato e aspetta voi. Dopotutto Dom,

g attraverso Gaia, si e dato da fare per anni per avervi qui.
Trevize si ferma di colpo, mentre camminava, e lancia

un'occhiata a Pelorat, che sussurra, con voce inudibile:--

Avevate ragione.
Bliss, che guardava dritto davanti a se, disse calma:--

Lo so Trev che sospettavate che io/noi/Gaia fossimo inte-

ressati a voi.
--Io/noi/Gaia?--disse Pelorat, perplesso.
Lei si gir~ verso di lui e gli sorrise.--Usiamo una ricca

serie di pronomi diversi per esprimere le sfumature di in-

r . dividualita che esistono su Gaia. Potrei illustrarveli, ma

intanto io/noi/Gaia da gia un'idea, anche se approssimati-


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va, di quello che voglio dire. Vi prego Trev, continuate a

camminare. Dom sta aspettando e non desidero costrin~

~ere le vostre gambe a muoversi contro la vostra volonta.

E una sensazione spiacevole, per uno che non ci sia abi-

tuato.
Trevize si mosse, lanciando a Bliss un'occhiata carica

di sospetto.
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Dom era un uomo anziano. Snocciolo velocemente le due-

centocinquantatre sillabe del suo nome con un impasto

musicale pieno di espressivita ed en~asi.
--In un certo senso--disse--il mio nome e una breve

biografia di me stesso. Racconta a colui che ascolta, o leg-

ge, o percepisce coi sensi, chi io sia, che parte abbia avuto

nel tutto, che cosa abbia realizzato. Da piu di cinquant'

anni pero mi chiamano Dom, e ne sono soddisfatto.

Quando c'e in giro qualche altro Dom mi si puo chiamare

Domandio, e nelle mie varie relazioni professionali lascio

usare diverse altre abbreviazioni. Una volta ogni anno

gaiano, il giorno del mio compleanno, il mio nome viene,

per esteso, recitato-con-la-mente come l'ho appena reci-

tato per voi con la voce. Fa molta impressione, ma perso-

nalmente e imbarazzante.


Era un uomo alto e cosi magro da sembrare quasi de-

nutrito. Gli occhi infossati brillavano di una luce curiosa-

mente giovanile, che contrastava con i movimenti piutto-

sto torpidi del corpo. Il naso prominente era lungo e affi-

lato, con narici larghe. Le mani, benche avessero le vene

in rilievo, non mostravano segni di deformazione artriti-

ca. Il vecchio indossava una tunica grigia come i suoi ca-

pelli, che gli arrivava alle caviglie. Calzava sandali che

lasciavano le dita scoperte.
--Che eta avete, signore?--chiese Trevize.
--Vi prego di chiamarmi Dom, ~rev. Usare appellativi

e troppo formale e frena il libero scambio di idee tra voi e

me. In anni galattici standard ho appena compiuto i no-

vantatre, ma la festa vera ci sara fra alcuni mesi, quando

arrivero al mio novantaseiesimo anno gaiano.
--Non vi davo piu di settantacinque anni, sig... Dom--

disse Trevize.


--Secondo il metro gaiano non sono eccezionale ne per

l'eta che ho, ne per l'eta che dimostro, Trev. Bene, abbia-

F: mo finito tutti di mangiare?
Guardando il suo piatto, sul quale erano rimasti gli

E avanzi abbastanza consistenti di un pasto poco gustoso e

preparato con poca cura, Pelorat disse con una certa titu-

banza:--Dom, vorrei farvi una domanda forse imbaraz-

~ zante. Se vi suona offensiva vi prego di dirlo subito, e la

l~ ritlrero immediatamente.


@ --Dite pure--fece Dom.--Sono ansioso di rispondere
F a tutte le vostre domande su Gaia.

--Come mai?--disse Trevize.


~; --Perche siete ospiti di riguardo. Allora, qual e la do-

E manda?
Pelorat disse:--Poiche su Gaia tutte le cose sono parte-

cipi della coscienza collettiva, come potete voi, che siete

~; un elemento di tale coscienza, mangiare un altro elemen-

,,' to che partecipa di essa?
E --L'osservazione e giusta, ma tutto segue un ciclo. Noi

F dobbiamo mangiare e le cose che si possono mangiare,

siano esse vegetali o animali o condimenti privi di un'

anima, fanno parte di Gaia. Pero, vedete, niente viene uc-

ciso per sflzio o per sport, e nessuna creatura viene fatta

~ soffrire inutilmente prima di essere uccisa. E non ci

E preoccupiamo affatto di migliorare il sapore dei cibi con

F lunghe preparazioni, in quanto mangiamo soltanto per-

che dobbiamo farlo. Forse voi due non avete gustato que-

sto pranzo; d'altra parte un pasto non dev'essere gustato,

bensi solo consumato.
<~E poi, cio che e mangiato continua in fin dei conti a

e~ esistere nella coscienza planetaria. Poiche parti di esso

b vengono incorporate dal nostro organismo, esso parteci-

pa della coscienza totale in misura maggiore di prima.

Quando moriamo, anche noi siamo mangiati a nostra vol-

ta, anche se solo dai batteri di putrefazione, e veniamo

quindi a partecipare della coscienza globale in misura as-

sai piu piccola di prima. Si sa pero che un giorno pal ti di

noi diventeranno parti di altri esseri umani.~
--Una specie di trasmigrazione delle anime--disse

Pelorat.
--Una specie di cosa, Pel?


--Mi riferisco a un antico mito di cui si parla su alcuni

mondi.
--Ah, non ne so niente. Spero che troverete il tempo di

parlarmene, una volta o I'altra.
--Pero la vostra coscienza individuale non si ricostitui-

r
rà mai più--disse Trevize.--Voi, come Dom, non esiste-

rete più.
--No, naturalmente. Ma che importanza ha? Continue-

rò sempre a far parte di Gaia, ed è questo che conta. Alcu-

ni mistici si chiedono se non potremmo fare in modo da

sviluppare memorie collettive di esistenze passate, ma il

giuclizio-di-Gaia e chc una cosa del genere sarebbe diffi-

cilmente realiz7~abile in praticà, e poi non servirebbe a

nienle. Rcndcrebbe solo meno chiara la coscienza presen-

te. Certo, poiché le condizioni cambiano, anche il giudi-

zio-di-Gaia potrà cambiare, ma a mio avviso questo non

avverrà in un ~uturo vicino.


--Che senso ha che moriate Dom?--disse Trevize.--

Guardate in che ottime condizioni siete, alla vostra vene-

rabile età. La coscienza collettiva non potrebbe...
Per la prima volta, Dom aggrottò la fronte.--No--

disse.--Il mio contributo deve arrivare solo fino a un

certo punto. Ogni nuovo individuo rappresenta un rime-

scolamento completo di molecole e di geni. Nuovi talenti

e nuove capacità si aggiungono così alla coscienza globa-

le: sono necessari, e l'unico modo per averli è fare loro

spazio. Ho dato un contributo maggior~ di quello di mol-

ti altri, ma anch'io ho il mio limite, ed esso si sta àvvici-

nando. Desidero vivere il tempo assegnatomi, non oltre e

non meno.


Come accorgendosi di avere introdotto una nota di tri-

stezza nella conversazione, Dom si alzò e tese le mani

verso i suoi ospiti.--Venite, Trev e Pel--disse.--Andia-

mo nel mio studio, dove voglio mostrarvi alcuni dei miei

oggetti artistici. Spero perdonerete a un vecchio le sue

piccole vanità.


Li accompagnò in un'altra stanza dove, su un tavolino

rotondo, erano posate varie coppie di lenti afrumicate.


--Queste--disse Dom--sono Partecipazioni realizza-

te da me. Non sono un maestro, ma mi sono specializzato

in inanimati, che ai maestri in genere interessano poco.
--Posso esaminare un paio di lenti?--chiese Pelorat.

--Sono fragili?


No, no, potete anche farle rimbalzare sul pavimento,

se volete. O anzi è meglio di no, perché il colpo potrebbe

attenuare la nitidezza della visione.
--Come si usano, Dom?
--Metlete le lenti sugli occhi e vedrete che aderiranno.

~Ion trasmettono la luce, fanno piuttosto il contrario.

F Oscurano quella luce che potrebbe distrarvi, anche se ef-
L fettlvamente le sensazioni raggiungono il vostro cervello

attraverso il nervo ottico. In sostan~a la vostra coscienza

si affina e riesce a cogliere altre sfacccttature di Gaia. In

altre parole, se proverete a guardare il muro sentirete co-

me il muro appare a se stesso.
--Af`f`ascinante--mormorò Pelorat.--Posso fare l'

esperienza ?


~` --Certo. Prendete pure un paio di lenti a caso. Ogni pa-

E io ha Ic sue peculiarità e vi mostra il muro, o qualsiasi al-


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