Liber chronicus parr. Ia di vedeseta


Regalo di S. Eminenza della statua S. Rosario



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Regalo di S. Eminenza della statua S. Rosario

63. Dono fatto da S. Eminenza il Cardinale Arcivescovo alla Chiesa parrocchiale di Vedeseta. - Lì 20 dicembre 1904. -

Oltre le principali prescrizioni ed ordinamenti che fece lo stesso eminentissimo Prelato in seguito alla prima visita pastorale, altre ne fece, tra le quali quella di abolire l’attuale simulacro rappresentante la B. V. del Rosario, e di provvederne un altro scolpito giusta i recenti ordinamenti della S. Congregazione dei Riti. Vedendo egli in questa seconda visita che non fu adempiuta tale prescrizione, risolse di fare un dono lui stesso a proprie spese di un simulacro rappresentante la medesima B. V. del Rosario, ed espose tale suo pensiero al popolo nell’ultimo suo discorso che tenne sul chiudersi della funzione, ordinando altresì che l’attuale simulacro vestito fosse, o abbruciato, ovvero trasportato in un Oratorio della Parrocchia a volontà della popolazione, a tale effetto richiese le misure della nicchia, della statua vecchia, [216] e di quanto doveva essere l’altezza di quella nuova per regolarsi in proposito sul dare la commissione allo scultore, con disegno della stessa nicchia, e relativi dettagli per conformazione in tale opera.

Tali dettagli sono i seguenti:

Larghezza della nicchia Met. 0,95

Altezza compresa la parte semicircolare “ 2, –

“ delle parti laterali di fronte “ 1,65

Profondità di essa “ 0,68

Altezza della statua vecchia senza corona “ 1,55

La corona misura in altezza “ 0,25

La nuova statua con piedestallo misura “ 1,60

non compresa però la corona.

Infatti nella seconda metà del passato mese di luglio, il prefato eminentissimo Prelato diede la commissione per la scoltura del denominato simulacro alla Ditta Nardini Giuseppe e C. abitante in Via Fiori Scuri n. (....) Milano. La quale si impegnò con ogni attenzione, e premura al compito suo, e nella prima metà dello scorso mese di ottobre era già pronto il simulacro per la spedizione, nello stesso tempo fu spedita alla sullodata Ditta la corona della statua vecchia e del Bambino per la riargentatura e allargamento onde adattarla alla nuova, nella seconda metà del su[217] indicato mese di ottobre fu spedito il detto simulacro per ferrovia a Bergamo, levato dalla stazione ferroviaria venne condotto in paese dal carrettiere Musitelli Lorenzo di Vedeseta, e fra il suono delle campane fu tolto dalla cassa, ed esposto nella domenica seguente al popolo che ne osservò ed ammirò la bell’opera. Fu stabilito per la solenne benedizione ed inaugurazione del nuovo simulacro della B. V. del Rosario, il giorno sacro all’Immacolata Concezione il dì 8=otto del corrente mese, chiudendosi in tale circostanza il Giubileo del cinquantesimo anno della definizione del dogma dell’Immacolato Concepimento di Maria SS.ma per opera dell’immortale Pontefice Pio IX di s. m. fatta nell’anno 1854, tale avvenimento dagli arcani disegni di Dio, fu destinato di celebrare all’attuale pontefice Pio X, il quale fece collo straordinario splendore e solennità, e così ordinò fosse ordinato in tutta la cristianità, e in tale ricorrenza fu benedetto il nuovo simulacro, e per la prima volta portato in processione coll’accompagnamento della banda musicale del paese.

Dovendosi collocare la nuova statua nella rispettiva ancona dell’altare, si addivenne alla determinazione di procurare un altro luogo ove collocare [218] la vecchia statua della medesima B. V., a tal uopo fu aperto un incanto tra le frazioni di Avolasio, Regetto e Lavina, riservandosi di aggiudicare alla miglior parte offerente, a tal effetto furono operati tre esperimenti, nei primi due si raggiunse la cifra di £ 30, nel terzo esperimento che avvenne nel giorno 27 ultima domenica del passato mese di novembre, sorsero le sullodate frazioni, fra cui primeggiarono Reggetto e Lavina, tale incanto fu operato in due volte, la prima nell’intervallo delle funzioni, e la seconda dopo di esse, in ultimo fu deliberato a favore della frazione della Lavina per la rilevante somma di ital.e £ 390.



N. 64. Trasporto statua vecchia alla Lavina

Fu deciso di trasportare la prelodata vecchia statua della B. V. all’Oratorio della Lavina nel giorno 18 corrente terza domenica di questo mese, e difatti dopo i vesperi s’avviò la processione solenne condecorata dalle Confraternite del SS.mo Sacramento, dei Luigini, e Figlie di Maria, e accompagnata dal locale Corpo musicale, e decorata anche dalla presenza dei R.di Parroci di Pizzino e Olda, per lo stradale comunale fino al ponte della Valle del Canto, indi per la via provinciale e in ultimo per la cavalcatoria si venne alla Lavina portando il detto simulacro; sulla porta dell’Oratorio fu tolto dal trono, e posto di dentro poscia si chiuse la funzio[219]ne; non è a dire come nella contrada fosse tutto parato per tale circostanza, così anche in Chiesa tutto per opera dei frazionisti i quali si industriarono nel miglior modo, onde preparare un degno ricevimento all’immagine della B. V. del Rosario, Regina del cielo, e nostra Comune Madre. In seguito verrà posta nella nicchia a ciò preparata sull’altare, fra poco tempo sarà chiusa da apposito telaio a vetri, con analoga tendina per coprirla, e relativa corona sul capo, come pure al Bambino, così viene anche questo Oratorio ora arricchito di una statua e il quadro già esistente sull’altare è stato appeso a destra dell’altare, sopra la cornice.

[219]
Capitolo IX
Istituzione del Corpo musicale – Descrizione dei ristauri, riordinamento ed alzamento di un piano della casa parrocchiale – Descrizione dell’acquisto del simulacro della B. V. di Caravaggio per l’Oratorio del Reggetto
N. 65 Erezione del Corpo musicale

Istituzione del Corpo musicale. - Già da qualche anno, certo Locatelli Pietro fu Carlo della famiglia detta [220] dei Conola del casolare dei Roncali situato al di là, cioè sulla sponda destra del fiume Enna, di professione falegname sentendosi inclinato al suono di istromenti musicali, andò in questo frattempo formandosi dei compagni, i quali associaronsi con lui nell’esercizio del suono, provvedendosi di mano in mano i rispettivi istromenti musicali, si raccolsero in numero di circa venti soci, fecero spesso delle esercitazioni, e qualche servizio in feste religiose in paese, e fuori, con spontanee offerte, e col compenso ottenuto in tali servizi, raccolsero un po’ di fondo di riserva onde far fronte alle spese dell’istruzione. Per ciò fare in circostanza di una solenne festa, che si tenne in Peghera, nella quarta domenica di luglio giorno 26 d.to dell’anno 1903, nella quale venne a prestar servizio la banda musicale di Palazzago diretta dal maestro sig.r Pietro Rota-Geroli di colà, vi si portò anche il sullodato promotore Locatelli Pietro, il quale in tale occasione offerse l’incarico per l’istruzione, e pregò il prenominato sig.r Pietro Rota Geroli di accettarlo a nome anche del Rev.do sig.r Parroco locale, questi volontieri annuì e promise che qualora la scolaresca avesse assecondato volonterosamente alle di lui cure e premure, avrebbe preso ogni impegno per bene istruirli, e poco dopo venne un giorno per farne una prova della loro attitudine nel suono, assicurando che lungo l’inverno sarebbe poi venuto a dar principio alle sue lezioni.

A mezzo dell’Autorità comunale e prefettizia si ottenne l’autorizzazione dal rispettivo ministero della guerra per il berretto da provvedersi come distintivo ad ogni membro del nascente [221] Corpo musicale, fatta tale fornitura fu stabilito di fare l’inaugurazione nel secondo giorno del S. Natale dell’anno 1903 alla terza messa. In tale circostanza prima dell'ultima messa il Rev.do sig.r Parroco alla presenza della popolazione benedisse solennemente il berretto di distintivo del novello Corpo della banda, affinché fosse portato in capo in ogni processione religiosa e ad ogni servizio sia in Parrocchia come fuori ad ogni richiesta fatta. Compiuta tale funzione il prefato Rev.do sig.r Parroco rivolse loro saggie [sic!] esortazioni da tenersi nella scuola e in qualunque servizio religioso, in paese e fuori, specialmente nelle processioni, in seguito venne formulato il rispettivo regolamento da osservarsi da tutta la Compagnia. Sul principiare dell’anno successivo 1904, venne in paese il prefato maestro sig.r Pietro Rota Geroli e diede principio alle sue lezioni di musica fermandosi ben otto o più giorni per ogni volta, e in ogni periodo gli venne corrisposto la debita competenza sia per le lezioni, come anche per il vitto e l’alloggio di permanenza, e per fornitura di pezzi di musica da eseguirsi, e nei primi servizii prestati diresse egli stesso le esecuzioni musicali.Tra i servizii prestati nel primo anno d'istruzione viene annoverato quello importante della visita pastorale fatta qui in Parrocchia da Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo nel giorno 14 di luglio del medesimo anno come è notato nella suddescritta relazione a pagina 211 e 212 di quest’opera.

N. 66 Nuova divisa per il Corpo musicale. Aprile 1905. L. 2000

Nella primavera dell’ora scorso anno 1905, si addi[222]venne alla determinazione di far confezionare l’uniforme ciò che si fece fare per opera di certo sig.r Rotondi sarto e fornitore militare in Bergamo, con panno di Germania color bleu scuro e sul modello somigliante a quello dei bersaglieri, colla differenza del chepì invece del cappello con piuma di penne; il chepì, guarnito di bordature e piuma a forma di pennello di colore bianco-rosso, tranne quella del direttore che è bianca, con giubbetto filettato in rosso, spallini in metallo giallo e frangie bianco-rosse, e contrassegni di bordatura in quelli dei capi, e fascia color bleu a tracollo terminante in un fiocco dello stesso colore, pantaloni bordati lateralmente in bianco e rosso, con borsetta in pelle nera lucida. Tale divisa venne pure benedetta nel giorno solenne di Pasqua prima della messa in canto, con relativo discorso, e nella seconda festa di Pasqua facendosi nella Chiesa di S. Bartolomeo le funzioni di chiusura del quaresimale, con solenne processione portando il SS.mo Sacramento, la banda fece bella mostra della sua nuova uniforme prestando lodevole servizio.



N. 67. Ampliamento - Ristauro casa parrocchiale - Anno 1905 - Spesa £ 7.000

Descrizione dettagliata dell’ampliamento e ristauro della casa parrocchiale. - Bene conoscendo il bisogno e la necessità di tale opera già da molti anni, attesa anche la circostanza avvenuta da poco tempo per l’istituzione delle SS. 40’ore, e ansiosamente acclamata, si addivenne alla determinazione di dar mano all’esecuzione di questa impresa, [223] a tal effetto convenne un giorno il Rev.do sig.r Parroco, colla rispettabile Fabbriceria di chiamare i muratori nelle persone dei sig.ri Locatelli Giovanni fu Giacomo d.to Curazza della Lavina, Locatelli Pietro fu Carlo d.to Conola dei Roncali assuntori, Rinaldi Serafino fu Antonio di Olda, e Ciresa Pietro fu Carlo di Vedeseta collaboratori per formulare le intelligenze, e le pratiche, come anche il contratto per l’esecuzione di tale progetto. Diffatti il sullodato sig.r Locatelli Pietro ne formò un piccolo abbozzo nella proporzione di 1/100 diviso in cinque parti dettagliate così distinte:

1. Planimetria del piano terreno così composto: dell’atrio d’ingresso, a sinistra della cucina in cui entravasi salendo un gradino, dello studio e dal lavandino, a destra entravasi nella sala, la quale aveva soffitto a travetti, e pavimento in lastrico (1)194 con caminetto in peristilio di marmo variegato, di fronte vedevasi due aperture, delle quali quella a sinistra che metteva nella scala per cui salivasi al piano superiore, questa era di legno e larga poco più di un metro, dietro un tavolato di cotto, l’altra apertura mette nella scala per cui scendevasi nella cantina sotterranea, la quale era a gradini di pietra, dietro lo stesso tavolato.

2. Planimetria del piano superiore, così formato: dell’andito sopra la scala, (come nella seconda parte dell’abbozzo), a sinistra entravasi salendo un piccolo gradino nella stanza sovrastante alla sala, rischia[224]rata da due finestre, di cui l’una a mezzodì, munita da inferriata e l’altra verso sera senza inferriata, con pavimento in lastrico, e soffitto in legno a travetti, volgendo a destra si entrava in altre due stanze superiori alla cucina, e allo studio, e lavandino, attiguamente alla stanza sopra la cucina, vedevasi un piccolo stanzino formato in due parti da un semplice tavolato in cotto, rischiarato da una finestrella di forma semicircolare sopra l’ingresso, detto stanzino conteneva un letto d’una persona e qualche sedia per ogni caso di necessità. Attesa la differenza di livello di questo piano, entrando nella predetta stanza sopra la cucina si scendeva per un gradino alto circa cent.ri 18, dette stanze erano larghe met. 1,80 quella sopra la stuva195 e met. 2,27 quella sopra la cucina, la loro altezza era di met. 2,76, lo spessore dei muri di tramezzo fra queste due stanze era di met. 0,40, e quello tra la suddetta stanza sopra la cucina e il predetto andito, era di met. 0,67, dette stanze erano pavimentate in cotto, con soffitto di legno a travetti, come pure era l’andito o vestibolo anzidetto, rischiarate da piccole finestre.

Tale abbozzo venne trasformato in disegno nella proporzione di 3/100, dal sig.r Locatelli Giuseppe fu Giuseppe della Lavina e distinto in n. 6 parti, delle quali due riguardano le sezioni planimetriche del piano terreno, e del superiore, eguale anche al terzo piano, la terza sezione rappresenta l’interno della casa così riformata e ampliata di tre piani, come appresso verrà descritto, le altre tre sezioni rappresentano le facciate esterne verso mattina, verso monte e mezzodì, e la principale verso sera in base al nuovo disegno.

[225] Sezione I. Planimetria del piano terreno. - Entrando per la porta salito i quattro gradini del rialzo sempre esistito ed or rinnovato con pietra di Carvico, fatta con gradino e peristilio della stessa pietra, terminante a volta semicircolare con capostipite, la parte curva è difesa da inferriata fatta a disegno colle iniziali C. P. e munita da telaio a vetri di forma pure semicircolare, che serve a rischiarare l’andito d’ingresso, vedesi di fronte a sinistra l’apertura che mette alla scala per cui scendesi nelle sottostanti cantine le quali formano un piano da sé; detta scala era prima posta in senso inverso, cioè che scendevasi piegando a sinistra, ora in base alle pratiche sullodate, è costrutta a risvolto piegando a destra, ed è chiusa da antiporto a mezza luce, a rischiaramento della scala stessa; a destra parimenti di fronte vedesi la scala di vivo difesa da apposita ringhiera in ferro che termina col tavolato, per cui ascendesi ai piani superiori, a piè della quale vi è l’apertura pure a destra, che entrasi nella sala, questa viene lasciata nella sua grandezza primitiva, solo che venne rifatto il soffitto a plafone, e il pavimento in pianelle di cotto, e peristilio tutto all’intorno della prelodata pietra di Carvico, così anche le finestre della cucina e dello studio con nuova inferriata, e relative gelosie, in essa sala trovasi anche un armadio incassato nel muro con maestà, e relative ante che lo chiudono, e questo serve per archivio parrocchiale.

Ritornando dalla sala, a sinistra entrando per la stessa porta, si entra nella cucina, siccome nel nuovo progetto i sun[226]nominati muri di tramezzo sono stati distrutti, sostituiti da tavolati in cotto, e per conseguenza questo piano venne tirato a un solo livello, così anche gli altri due piani superiori, la cucina che prima era larga solo met. 2,25, come sopra si è detto, ora è ampliata, e larga metri 3 e più, con camino il cui contorno è parimenti fatto della medesima pietra, con soffitto a plafone, pavimento in cotto, e rischiarata da una finestra della grandezza di met. 1,40 di altezza per met. 0,90 di larghezza, vicino al camino vi è l’apertura per cui entrasi nel lavandino, il quale è separato dallo studio per mezzo di un tavolato in cotto, press’a poco è della lunghezza di met. 2,40 e della larghezza di circa met. 2, è rischiarato [da] una finestra come prima, e chiuso da un’imposta a mezza luce, e tornando due passi indietro, si entra nello studio della larghezza di met. 2,40 con soffitto a plafone e pavimento in cotto con sopravi ricoperto di legno di larice, rischiarato da una finestra di eguale grandezza delle altre e del pari difesa da una inferriata e chiusa da antiporto a mezza luce, i muri di tavolato sono tutti dello spessore di centimetri 15.

Sezione II. Planimetria del secondo e terzo piano. - Salendo la scala vedesi a metà di essa un’apertura chiusa da due imposte, per la quale accedesi al loggiuolo della latrina, esso è lungo poco più di due metri, e largo un metro, ed è difeso da una sbarra in due lati, formata da aste di ferro, da questa parte la casa è contigua con un cortile di proprietà [227] della famiglia Quartironi, e col fabbricato di ragione della famiglia Musitelli Lorenzo, volgendo a sinistra e salendo per l’altra metà di detta scala, si entra in un corridoio lungo poco più di tre metri e largo uno, e rischiarato da una finestra verso mattina, difesa da inferriata, e chiusa da telaio a vetri, con soffitto a plafone e pavimento in cotto, a capo del quale si entra in una stanza chiusa da antiporto a doppia maestà, soprastante allo studio e al lavandino, rischiarata da una finestra della eguale grandezza di quelle del piano terreno, con soffitto a plafone e pavimento in cotto, come nelle altre stanze appresso descritte, e le finestre contornate da peristilio della medesima pietra di Carvico, tutte egualmente chiuse da gelosie e telai a vetri. Ritornando da questa stanza fino alla scala, e volgendo a destra in altro andito il quale comunica colla stanza sopra la cucina e con quella sopra la sala, questo andito è rischiarato dall’apertura che mette al poggiuolo sopra la porta, esso è formato da una lastra di pietra grigia di un sol pezzo sostenuta da apposite mensole della stessa qualità, lungo met. 2,80 e largo met. 1,20, difeso da relativa ringhiera in ferro fatta su disegno, l’apertura per la quale si va a detto poggiuolo, è chiusa da gelosie, e da imposte a mezza luce, con relative portine serventi ad uso scuri, piegando a destra si entra nella stanza sopra la cucina qui sopra accennata, la quale è meno lunga della suddescritta, è [228] larga metri 3 e più, come nella sottostante cucina, e rischiarata da una finestra di eguale grandezza delle altre, con gelosie, telaio a vetri e scuri, nonché chiusa da antiporto a doppia maestà, uscendo da questa si va nella stanza superiore alla sala, chiu[sa] da antiporto a doppia maestà, come nella sopra accennata, essa è grande come la sala, ed è rischiarata da due finestre delle quali l’una verso mezzodì, munita da inferriata atteso il sottostante fabbricato ad uso cantina, e piano superiore di ragione della vicina famiglia Quartironi, oltre le gelosie e relativo telaio a vetri con scuri, e l’altra verso sera, senza inferriate e il resto come l’altra. Sortendo da questa stanza vedesi a destra una scala di legno per la quale si ascende al terzo piano, a metà della quale vi è altra apertura per cui si va al loggiuolo della latrina la quale è pure innalzata di un altro piano, detto loggiuolo di eguale grandezza e forma del sottostante, con eguale contorno di difesa come il suddetto. Il terzo piano è disposto conformemente come il suddescritto, salvo che non vi è il poggiuolo come sopra si è detto, ma invece vi è la finestra.

Considerato che il vecchio muro maestro tutto all’ingiro è di centimetri 65 di spessore, così ne consegue che il muro maestro del terzo piano parimenti tutto all’ingiro è della grossezza di cent.ri 50, dei vecchi muri di tremezzo venne conservato solo quello tra l’atrio d’ingresso e la sala e superiore andito, e la stanza sovrastante la stessa sala della grossezza di cent. 60. [229] Su questo piano196 viene eretto collo spessore di soli centimetri 50 fino al tetto, ne viene perciò che la stanza corrispondente alla sala riesce in grandezza alquanto maggiore delle sottostanti avendo questa la misura di met. 4,97 in lunghezza e altrettanto in larghezza, ciò che dà metq 24,70 di superficie, essendo la maggiore delle altre due stanze e degli anditi di questo piano stesso che alle medesime accedono, la cui grandezza risulta alquanto di più delle altre sottostanti; la prelodata stanza è rischiarata da due finestre, di cui una verso mezzodì senza inferriata, e l’altra verso sera, sortendo da questa di fianco ergesi la scala pure di legno e coperta di fianco, e chiusa da relativo antiporto, per cui si ascende al soprastante solaio, questo è diviso in due parti, e rischiarato da apposite finestruole di forma ottagonale irregolare, si presenta abbastanza ampio per deporvi cesti, casse e quant’altro abbisogna per la casa, il tetto è disposto in quattro ale, due delle quali di forma trapezzale197 grandi, e due altre alquanto piccole di forma triangolare, e coperto da tegole, con soffitto sotto la gronda tutt’all’ingiro.

Essendo come sopra si è descritto, la casa anteriormente formata di soli due piani, la campanella accennata a pagina 92, era prima posta in capitello innalzato sopra il muro di tramezzo già esistente tra la cucina e l’andito d’ingresso ed ambienti sovrastanti fino al tetto, tale capitello è ora innalzato sopra il muro di tramezzo tra la sala e [230] e l’atrio d’ingresso e superiori adiacenti estensibile fino al tetto, la corda di detta campanella scende per un tubo metallico, fino alla prima scala di pietra, in cui vedesi un ripostiglio fatto appositamente nel muro chiuso da una piccola imposta, che si apre per prendere la corda della stessa campanella, e suonare alla sera dopo il suono dell’Angelus, ed in qualsiasi occorrenza.

Compiuta l’opera da parte dei muratori, poi quella dei falegnami colla posa in esecuzione dei serramenti sopra descritti e della porta d’ingresso fatti in regola d’arte, venne poi quella dei pittori nella persona di certi fratelli Gervasoni di Zogno, i quali decorarono le singole stanze, con tinte, ornati e fregi di vario disegno per cadauna come pure negli anditi e corridoi e nei vani delle scale, nell’esterno, sulla facciata a monte e mezzodì con finte cantonate sugli angoli e tinta color canino, sormontate da capitelli, fascia rigata con fregio sotto il tetto, nel mezzo tra una cantonata e l’altra con tinta color rosso vinato, con contorno allo stipite delle finestre, tra le quali, quelle del secondo piano, sia della facciata principale verso sera, come di quella a mezzodì con cimiero in ornato di bell’effetto, dal piano delle finestre alla linea corrispondente del livello del secondo piano vedesi un primo zoccolo fatto a finta pietra, e balaustra sotto il piano delle stesse finestre, dalla stessa linea di livello del secondo piano, fino al piano delle finestre del piano terreno, vedesi un secondo zoccolo fatto a tinta color di pietra delle cave di Ponte S. Pietro, con [231] rigature figuranti i corsi regolari della disposizione delle pietre, dal suddetto piano delle finestre sino al suolo un terzo zoccolo figurante un vero granito come bene si vede, di più vedesi una tubazione conducente l’acqua dalle canali del tetto sino a basso sia nella facciata principale verso sera, come in quella verso monte.

Sopra l’apertura che mette al poggiuolo una iscrizione scolpita su lapide di marmo bianco incastrata nel muro, così concepita in latino: Domus parochialis Vedesetae Ducatus Mediolani198 anno 1905, timete Dominum, et fugite a non timentibus eum: tale iscrizione era stampata sopra la porta d’ingresso contornatada fregio in colore fatta nell’anno 1730 a spese del Parroco Locatelli Pasinetto. Questa opera tutto compreso ammonta alla cifra di italiane lire settemila cinquecento, diconsi ital.ne £ 7500, più altre £ 1000 spese di proprio peculio dal Rev.do sig.r Parroco, per provvista di colori ed altro, e mano d’opera dei pittori sullodati.



N. 69. Acquisto nuova Madonna da Caravaggio. Regetto. Anno 1905. £ 550 con il portatile

Descrizione dell’acquisto del simulacro della B. V. di Caravaggio, per l’Oratorio del Reggetto. -

Vedendo gli abitanti di detta frazione, di non aver potuto fare acquisto del simulacro della Madonna del Rosario già prima esistente nella Chiesa parrocchiale, per essere stata questa toccata in sorte, ed acquistata dai frazionisti della Lavina per il loro Oratorio, come si è qui sopra descritto a pag 218, i sullodati frazionisti del Reggetto risolsero di [232] provvedersi di una statua della Madonna di Caravaggio la cui festa ricorre nel giorno 26 del mese di maggio di ogni anno, come al suo santuario, e di erigere al loro Oratorio una nuova Cappella onde riporre detta immagine, e conservarla alla pubblica venerazione dei fedeli che vi ricorreranno.

Col mezzo del Rev.do sig.r Parroco locale si rivolsero allo scultore sig.r Nardini Giuseppe di Milano dandogli commissione di erigere una statua rappresentante la Madonna di Caravaggio colla B. Giannetta e portatile tutto compreso. Infatti sulla fine del mese di maggio dello scorso anno, venne condotta in paese, d’essa costa la somma di £ 650, fu stabilito di fare il trasporto di queste due statue unite dalla Chiesa parrocchiale all’Oratorio del Reggetto nella prima domenica di giugno dello scorso anno 1905, compiuta la solenne benedizione in detto giorno, si mosse la processione colla confraternita d’ambo i sessi, coi luigini e figlie di Maria e la banda locale che coi suoi concenti alternati col canto rese solenne processione, giunti sul piano sotto la contrada in cui eravi eretto un arco, fecesi sosta in quel mentre una ragazza lesse e recitò un carme a titolo di benvenuto e saluto alla immagine della Vergine benedetta, poi si mosse all’Oratorio ove deposto il simulacro, fu cantata solenne messa con discorso, e dopo mezz’ora d’intervallo furono cantati i vespri colla benedizio[233]ne e il bacio della reliquia di Maria SS.a. Così ebbe termine la funzione.



N. 70. Erezione Capella Regetto. Anno 1905. £ 3000

Non essendovi luogo adatto per formare la nicchia in cui deporvela, si costrusse previamente una Cappella a fianco di detto Oratorio dalla parte verso mattina, e ad esso unita mediante apertura, su disegno del sig.r Mangili Giovanni di Olda, per opera di certo Manzoni Giovanni pure di Olda, che fu poi decorata a stucco in bel disegno da certo Bonaiti Carlo di S. Giovan. Bianco, l’altare venne fatto in legno con ornati e fregi in oro e a varii colori dalla Ditta Anghileri Pietro di Bergamo, e chiusa con cancello di ferro dal fabbro-ferraio sig.r Mostacchi Giac.o di S. Giovan. Bianco, con gradinata esterna in cemento armato dalla Ditta Invernizzi pure di Bergamo. Tale Cappella è rischiarata da una sola finestra in stile gotico a vetri colorati, in tale occasione venne pure ristabilito e riabbellito l’Oratorio medesimo dallo stesso Bonaiti, e messa una nuova tenda nella nicchia della statua di S. Antonio. Da pii benefattori di questa frazione furono provvisti i candellieri con croce e palme per il nuovo altare della Beata Vergine sotto il titolo di Caravaggio.

Solenne inaugurazione e benedizione dell’altare e Cappella fatta nel giorno 22 di maggio. Dal M. R.do sig. Prevosto di Primaluna, D. Luigi Combi.

[234] Vidi in mea personali visitatione abita in die XXII Mai 1906 et approbavi cum magna laude, et in fide:

pr.ter Aloysius Combi Pr. V. F.199 
In detto giorno dal Reverendissimo sig.r Prevosto plebano suddetto assistito dal sig.r Parroco locale, e dal Parroco di Olda, venne compiuta la benedizione della Cappella e dell’altare, indi fu cantata la messa coll’assistenza del prefato sig.r Prevosto, dopo la quale egli tenne un analogo discorso di circostanza poscia si chiuse la funzione colla reliquia della B. V.

Nel giorno 26 anniversario dell’apparizione della B. Vergine a Caravaggio, si celebrò in essa frazione la solenne festa, durante la messa tenne analogo panegirico il sunnominato Parroco di Olda, dopo breve intervallo furono cantati i vespri cui seguì la solenne processione, portando il venerato simulacro della B. V. di Caravaggio e della beata Giannetta, accompagnata dalle Confraternite, e condecorata dal Corpo musicale locale, così passò sì bella e lieta festa, la quale sarà celebrata in tal giorno anche negli anni avvenire.



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