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Valori pedagogici e spirituali emergenti



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1.2. Valori pedagogici e spirituali emergenti


L'ambiente familiare, sociale e religioso in cui Giovanni­no cresce e costruisce la sua identità, le persone signifi­cative che guidano i suoi primi passi e il suo atteggiamento positivo e recettivo, ci propongono una serie di spunti di ca­rattere pedagogico e spirituale che ancora oggi possono stimo­lare la riflessione ed ispirare la nostra azione.

Elenchiamo, come esempio, alcuni valori ed atteggiamenti che è possibile far emergere nella visita dei luoghi e nella rievocazione dei fatti.


- Compito educativo vissuto da mamma Margherita come impe­gno primario, nonostante i gravi problemi economici.
- Attenzione e rispetto per l'originalità personale di ciascun figlio, ma anche chiarezza nell'individuare gli a­spetti carenti o negativi e determinazione nel corregger­li.
- Abilità nel far crescere nei bambini una retta coscienza morale, il senso della propria responsabilità e l'onestà.
- Capacità di creare un clima di confidenza, schiettezza, limpidezza nel rapporto genitori-figli, attraverso il dia­logo, la dolcezza, la pazienza, l'attenzione.
- Formazione alla laboriosità, al bisogno di rendersi uti­li in casa fin dai primi anni, con lavoretti adatti ai fanciulli.
- Avviare alla costanza nei propri doveri, alla progressi­va metodicità; instillare l'abitudine di portare a termine gli impegni.
- Abituare alla sobrietà di vita, a una certa austerità, senza indulgere troppo ai comodi, alla pigrizia, ai ca­pricci.
- Valorizzare l'apporto formativo della scuola e della cultura, incoraggiando, aiutando.
- Dare il giusto spazio al gioco, all'allegria, al movi­mento e agli interessi infantili, abituando ad armonizzar­li con i propri doveri.
- Incoraggiare la vita di gruppo e le amicizie, con scelte oculate, ben vagliate.
- Formare il cuore all'accoglienza, all'ospitalità, alla generosità; sensibilizzare i fanciulli verso i bisogni e le necessità del prossimo, le sofferenze dei più poveri, facendo loro attuare gesti concreti di carità.
- Educare al senso di Dio creatore, alla contemplazione della sua grandezza nelle meraviglie del creato e alla fiducia nella sua Provvidenza; curare la crescita nella fede e nella speranza.
- Introdurre alla preghiera personale e comunitaria con l'esempio e la partecipazione di tutta la famiglia.
- Avviare ad una metodica celebrazione del sacramento del­la Penitenza, formando la coscienza morale nella frequente revisione di vita o nel quotidiano esame di coscienza.
- Impegno personale dei genitori nella catechesi, nella preparazione ai sacramenti e nella formazione cristiana dei figli, in collaborazione con i pastori e gli educato­ri.
- Nella prima adolescenza facilitare il contatto amichevo­le e confidente con un sacerdote; valorizzare la direzione spirituale giovanile.

2. NOTE STORICO-GEOGRAFICHE E BIOGRAFICHE




2.1. Il contesto storico


Giovanni Bosco nasce il 16 agosto 1815. Da poco più di due mesi (9 giugno) a Vienna si è concluso il Congresso dal quale è scaturita una diversa sistemazione dell'Europa dopo l'esperien­za rivoluzionaria e napoleonica. Siamo agli albori del periodo storico chiamato Restaurazione, per la volontà dei governanti di riesumare le istituzioni politiche e sociali dell'antico re­gime. Anche re Vittorio Emanuele I, ritornato dalla Sardegna nei suoi stati di terraferma (Piemonte, Savoia, Nizzardo, a cui il Congresso di Vienna annette anche la Liguria), con editto del 21 maggio 1814 abroga tutte le leggi, decreti e disposizio­ni del governo francese, restituendo vigore giuridico alle Co­stituzioni emanate nel 1770 da Carlo Emanuele III e alle leggi particolari formulate fino al 23 giugno 1800. Il tentativo, condotto rafforzando nuovamente la nobiltà a scapito della bor­ghesia compromessa col governo precedente, si dimostra presto fallimentare e suscita divisioni, risentimento e malcontento.
Il clima sociale e politico viene aggravato da una grande crisi economica, causata anche dalle guerre degli ultimi anni, che raggiunge il suo culmine nel 1816-1817 a seguito di una spaventosa carestia abbattutasi sul Piemonte. Le popolazioni rurali del Monferrato devono affrontare sacrifici e sofferenze soprattutto per la crisi agricola. Risentono meno del cambio politico e sociale; ne hanno, anzi, qualche vantaggio con la soppressione della leva obbligatoria per tutti e con piccoli sgravi fiscali. La vita della famiglia contadina continua rit­mata dalle stagioni, nella dura fatica dei lavori agricoli, le­gata alle coltivazioni tradizionali necessarie al sostentamento dei suoi membri.

Il fenomeno della migrazione di masse popolari per ora non si manifesta ancora nelle forme macroscopiche che assumerà nei decenni successivi. Le popolazioni rurali piemontesi si dimo­strano saldamente ancorate ai valori familiari, sociali e cri­stiani tradizionali. Continuano ad essere un serbatoio di sane risorse umane per lo Stato e la Chiesa.


Nella capitale e nelle città di provincia, intanto, la borghesia, gli intellettuali, i giovani ufficiali e i rampolli della nobiltà più aperta progettano il futuro con l'occhio at­tento a idee, aneliti ed esperienze di altri paesi europei. Circoli, riviste culturali e società segrete, con nuova co­scienza nazionale, preparano il terreno ad un sostanziale muta­mento che, nell'arco di una trentina d'anni, porta allo Statuto albertino e alle guerre d'indipendenza, attraverso i moti ri­sorgimentali.
In campo ecclesiastico è da segnalare la nomina (1818) del monaco camaldolese Colombano Chiaveroti (1754-1831) ad arci­vescovo di Torino. Uomo culturalmente qualificato, di alta le­vatura spirituale, si dedica con impegno al compito pastorale, nonostante l'età non più giovane e la malferma salute. Con a­zione lucida e metodica riorganizza la diocesi, avvia un'opera capillare di "ricristianizzazione" del popolo dando impulso al­la catechesi e favorendo, in particolare, la predicazione di “missioni” per il rinnovamento morale del popolo. Lo sforzo mag­giore lo concentra nella riorganizzazione disciplinare del cle­ro e nella sua qualificazione pastorale, culturale e spiritua­le, attraverso un'accurata selezione delle giovani leve e una formazione seminaristica più esigente. A lui si deve una nuova impostazione del seminario di Torino, la riapertura di quello di Bra e la fondazione del seminario di Chieri (1829). In breve tempo la crisi vocazionale che travaglia la diocesi viene supe­rata. Negli ultimi anni del governo napoleonico, infatti, le ordinazioni sacerdotali erano scese a poche unità; al termine dell'episcopato di mons. Chiaveroti si superano le cinquanta ordinazioni annuali. L'arcivescovo appoggia e incoraggia, in particolare, l'opera del teologo Luigi Guala (1775-1848) che ha fondato il Convitto Ecclesiastico per la qualificazione pa­storale dei giovani sacerdoti.
Tra le classi popolari, in questo periodo va crescendo la sete d'istruzione e la volontà di superare le barriere dell'a­nalfabetismo, nella consapevolezza delle nuove esigenze ed in­sieme delle opportunità di crescita economica e sociale che si vanno aprendo. Il ritorno agli obsoleti regolamenti scolastici pre-napoleonici aveva gettato l'istruzione elementare nella confusione e nell'abbandono. La situazione viene sanata con la riforma scolastica avviata da Carlo Felice nel 1822, che obbli­ga le amministrazioni comunali ad aprire una o più scuole elementari gratuite. Ogni scuola comunale viene suddivisa in due classi nelle quali si devono istruire i fanciulli nella lettura, scrittura, dot­trina cristiana (primo anno) e negli elementi di lingua italia­na e di aritmetica (secondo anno). Le lezioni iniziano il 3 no­vembre e terminano a settembre, ma nelle zone agricole, di fat­to, la maggior parte degli allievi frequenta la scuola solo nel periodo invernale, quando i lavori campestri non urgono. L'im­postazione dell'insegnamento - che da sempre è affidata, per motivi idea­li ed economici, quasi esclusivamente agli ecclesiastici - su­bisce ritocchi e modifiche nel corso degli anni finché si giun­gerà ad una legislazione più organica nel 1848 (legge Boncompa­gni), premessa della riforma definitiva attuata con la legge Casati (1859), nella quale si determinerà la fisionomia della scuola italiana sino ai primi decenni del Novecento.
Giovannino Bosco cresce in questo contesto e partecipa a­gli aneliti, alle speranze e agli sforzi della sua gente, in un periodo di rapide mutazioni politico-sociali, culturali e scientifiche che mettono le basi dell'Europa moderna. Nella ma­turità anch'egli contribuirà notevolmente a dare un'anima cri­stiana, una spiritualità impregnata di valori antichi e nuovi, alle generazioni di giovani che - soprattutto a livello popola­re e medio - ne costituiranno il nerbo più vivace.

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